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Autore: _Lady di inchiostro_    19/03/2017    1 recensioni
C’è chi dice che la nostra strada è già stata decisa, che è il destino che stabilisce quali difficoltà dobbiamo incontrare durante il cammino, o chi ci accompagnerà durante il percorso.
C’è chi dice che la nostra strada, invece, ce la costruiamo da soli, che siamo noi a decidere chi incontrare, siamo noi padroni delle nostre azioni.
Iwaizumi Hajime aveva sempre creduto nella seconda opzione. Finché non ha incontrato Oikawa Tooru. E allora si chiese se il destino non volesse farli incontrare per davvero, in qualsiasi modo possibile.
***
[Future Fic and What if?] [Tanto angst e cose belle ♥]
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Prologo
~





C’è chi dice che il nostro destino sia scritto nelle stelle. 
Certo, chiunque dovesse sentirsi dire una cosa del genere, probabilmente penserebbe che quella persona sta dando di matto o è semplicemente troppo ubriaca, ma detto in termini meno poetici, c’è chi crede davvero che il nostro destino sia già scritto. 
Come se fosse un pesante tomo di storia, una fonte che aspetta solo lo storico giusto per essere interpretata. 
C’è chi sostiene, invece, che la nostra storia sia ancora tutta da scrivere, e allora bisogna prendere in mano penna e calamaio e completare il tomo da soli. 
E poi c’è l’idea più comune, ovvero che la nostra vita dobbiamo costruircela, ma che a volte il destino gioca con noi, e allora il percorso fa una piccola deviazione. Insomma, è l’opinione di chi sostiene entrambe le teorie. 
Questi discorsi, però, li fanno solo i “grandi”. Li fanno le persone che sono dubbiose della propria vita, chi si chiede cosa farà in futuro, chi si sente costretto a interpretare un ruolo che non vuole e allora vuole cambiare radicalmente stile, interpretazione. 
Questi discorsi non li fanno di certo i bambini. Sono altre le domande che pongono, e sono così ingenue che riescono a scaldare il cuore di chiunque. 



Oikawa Tooru aveva cinque anni, e di queste cose non ne capiva niente, impegnato com’era a giocare con gli altri bambini e a cercare di fare amicizia, il grembiulino blu meticolosamente abbottonato. Non aveva difficoltà a stare con gli altri, anche se era un bambino piuttosto fragile e dalla lacrimuccia facile. Nel complesso, però, le maestre lo adoravano, e come non avrebbero potuto con quel faccino e i capelli castani sempre arruffati? 



Iwaizumi Hajime aveva cinque anni, e anche lui di queste cose non ne capiva niente, impegnato com’era… beh, a starsene in disparte. Non era un bambino molto socievole, capitava di rado che si soffermasse a giocare con gli altri suoi compagni. Preferiva di gran lunga osservare gli insetti che popolavano il piccolo giardinetto della scuola, e qualche volta le maestre si erano ritrovate qualche bel scarabeo che camminava sulla cattedra, causando l’ilarità dell’intera classe. Nel complesso, però, non potevano lamentarsi, quel bambino era un santo e non si lamentava mai. 



Oikawa e Iwaizumi non si erano mai parlati un granché. Forse il castano aveva provato a rivolgergli qualche parola, ma l’altro era troppo concentrato sulla lucertola che voleva acchiappare per dargli ascolto, e questo fu il motivo per cui Oikawa se ne era andato sbuffando e a braccia conserte, offeso. 
Il pretesto per parlare venne dopo un po’ di tempo. Le maestre avevano ben pensato di giocare all’aperto, visto che era una bella giornata, e avevano fatto riunire i bambini in cerchio per farli giocare meglio a pallone. 
All’inizio erano un po’ titubanti, ma alla fine tutto procedette nel migliore dei modi. Fino a quando Hajime – forse involontariamente, forse perché non voleva davvero giocare in quel modo – non mise troppa forza nel lancio e colpì in piena faccia un suo compagno. 
E quel compagno era Oikawa. 
Le maestre rimproverarono subito Hajime, mentre il nasino rivolto all’insù del castano cominciava a sanguinare, e da come le sue iridi tremolarono, le donne capirono che una crisi di pianto era imminente. 
Continuò a singhiozzare anche dopo che riuscirono a calmarlo, portando sia lui che Hajime in infermeria – perché quest’ultimo era stato incaricato di aiutare la maestra a medicare il compagno, per scusarsi di quello che aveva fatto. 
E singhiozzò ancora, seduto su una sediolina di plastica colorata, asciugandosi gli ultimi residui di lacrime con i polsi. 
Smise solo quando Hajime gli infilò nel naso un batuffolo di cotone per fermare l’emorragia, senza troppe cerimonie e con poca grazia – del resto, non era mica colpa sua se quel cretino sapeva solo lagnarsi. 
«Adesso la smetti di piangere?» gli disse, usando un tono brusco, rude
La maestra era già pronta a rimproverarlo di nuovo per il suo atteggiamento, tuttavia non fu necessario. Oikawa stava fissando il suo coetaneo con gli occhi spalancati, e non si seppe mai per quale motivo, ma smise di piangere in quell’esatto momento. 



Quando le mamme vennero a prenderli, le maestre spiegarono l’inconveniente, eppure non ci furono problemi di sorta: le due donne erano amiche, o meglio, chiacchieravano spesso mentre aspettavano che i bambini venissero congedati, e quello gli aveva permesso di scoprire che avevano partorito nello stesso ospedale a distanza di un mese. 
Presero la cosa con filosofia, e la madre di Hajime riprese il figlio con una dolcezza che riusciva comunque a smuovere il bambino, facendogli provare qualcosa di caldo all’altezza del petto e simile al senso di colpa; non per quanto successo, ma per paura di aver fatto intristire la mamma.
Si scusarono entrambi con un inchino, Tooru che non riusciva a togliere gli occhi di dosso a Iwaizumi, incuriosito.
«Ci vediamo domani, Iwa-chan!» esclamò, quando quest’ultimo e sua madre si stavano già incamminando verso casa. Ottenne solo un cenno con la mano forzato dalla stessa signora Iwaizumi, ma questo non gli impedì di sorridere ugualmente. 



Purtroppo, il giorno dopo, Iwaizumi Hajime non venne. E non venne neanche nei giorni avvenire. 
La possibilità di diventare suo amico, per Oikawa, era sfumata via col vento.



Si dice che nella vita, non importa in cosa tu credi, ci saranno sempre delle persone che decideranno di restare al tuo fianco e delle persone che, invece, decideranno di andarsene; o che saranno costrette ad andarsene. 
Oikawa e Iwaizumi erano cresciuti, e avevano entrambi la loro personalissima idea su come girasse il mondo. 
Se è vero come si dice che noi siamo i giocattoli del destino, allora il destino aveva giocato con loro due. Perché aveva deviato il percorso, perché aveva ricongiunto persone che si erano allontanate. 
E allora, in questi casi, è giusto dire che alcune persone sembrano essere destinate per stare assieme.







Delucidazioni:
*entra piano piano da una porticina*
Salve a tutti! Vi starete chiedendo che cosa sia esattamente questa cosa… E’ la mia prima Long. Quindi siate clementi.
No, a parte lo scherzo, è una cosuccia insulsa su cui lavoro da un po’ di tempo. In realtà, ho cominciato scrivendo dei semplici dialoghi, finché la mia beta non ha pubblicato questa storia qui, e mi è venuto il lampo di genio. E sì, lo so che per adesso non ha a che vedere con quello che c’è scritto qui, ma pazientate e vedrete.
Quindi niente, è una storia che sfocia nell’angst (fin troppo) e nel fluff, e sono arrivata ad un punto di non ritorno, mi faccio schifo da sola :’)
Commenti sempre aperti, fatemi sapere se ho catturato la vostra attenzione! <3 
Uh, ultima cosa, penso che tutti voi sappiate in cosa consista più o meno la leggenda giapponese sul filo rosso; se non è così, ecco a voi la pagina Wikipedia, vi darà qualche informazione generale.
Che dire, hasta la vista, e ci si vede alla prossima ;)
_Lady di inchiostro_


P.S: psss! Se volete qualche aggiornamento in più, sono anche su Twitter… *vola via* 
  
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