Anime & Manga > Lupin III
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Autore: Fujikofran    19/03/2017    5 recensioni
Questa ff è liberamente ispirata a un fan manga che ho letto, "Take me, take me" e, essendo in giapponese, mi era quasi impossibile leggere di che parlasse, ergo la trama e la storia sono comunque mie, ho tratto solo ispirazione dai disegni. Dopo una spiacevole e drammatica situazione, Jigen, insanguinato ma non ferito, raggiunge Fujiko, in una casa che hanno occupato. L'uomo si trovava lì per due motivi: essere ricompensato profumatamente per aver sorvegliato una villa durante una cena e per capire come, con l'aiuto della banda, rubare tutti gli averi dei proprietari. Il piano salta, ma la vita va avanti. Canzone da ascoltare durante la lettura "E" di Vasco Rossi
Genere: Drammatico, Erotico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fujiko Mine, Jigen Daisuke
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ti odio, ma ti voglio'
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Lo scrosciare della pioggia si stava rivelando insostenibile, eppure pioveva da un paio di minuti, durante i quali sembrava dovesse venire giù l’intero Universo. Fujiko Mine, appena uscita dalla doccia, indossava soltanto un asciugamano, quando si precipitò a chiudere la finestra del soggiorno, per impedire alla pioggia di entrare nel luogo che aveva scelto come rifugio momentaneo ovvero una villa abbandonata sicuramente da poco tempo, dato che era in perfetto stato. La donna si vestì e, non appena avvertì che qualcuno stava cercando di aprire la porta d’ingresso, estrasse la sua pistola dalla giarrettiera e, nel momento in cui si aprì la porta, la puntò contro l’intruso. No, non era un intruso, era Daisuke Jigen, suo “collega”, ma, soprattutto, colui con il quale aveva un rapporto non esattamente idilliaco, anche se, quando i loro occhi si incrociavano, il nervosismo che caratterizzava le loro conversazioni veniva meno. Lo vide avanzare, silenzioso, col cappello calato sugli occhi e del sangue sulla giacca e sul viso. Si spaventò a morte, soprattutto perché lui non la guardò in faccia e si diresse verso il bagno, lasciando del sangue sul pavimento. Era preoccupata e lo seguì, chiedendogli se fosse ferito.

-No, io sto bene, ma lasciami perdere, è successo un macello e non ho voglia di parlarne- le disse, mentre si era seduto al bordo della vasca e stava controllando la temperatura dell’acqua. Si tolse la giacca e la posò a terra: l’avrebbe lavata in seguito – ora lasciami in pace, voglio fare un bagno-

-Sei sicuro di stare bene? Mi sembri scosso e…-

-Vattene!- urlò l’uomo strattonando Fujiko, che perse l’equilibrio e cadde a terra –Mio Dio, scusami…Senti, appena finisco qui, ti raggiungo e ti racconto tutto-

-Sei il solito, prima mi dai addosso e poi mi chiedi subito scusa-

-Credimi, se ti fossi trovata al mio posto, avresti fatto la stessa cosa. Purtroppo, ci sono situazioni per cui è difficile mantenere la lucidità. Ti prometto che saprai tutto quello che è accaduto. Comunque, domani dobbiamo andarcene da qui e avvisare Lupin e Goemon: tirerà una brutta aria, se non tagliamo la corda-

-Peccato, questa bella casa…-

-Al diavolo! Ci tieni più alla pelle o alla casa?-
Fujiko gli diede ragione.
 
 
Jigen si era appena rivestito, anche se sentiva il bisogno di asciugarsi ancora e, con un asciugamano al collo, raggiunse Fujiko in soggiorno, per raccontarle quanto gli era accaduto. La donna lo fissava, come se il gesto di passarsi l’asciugamano sul collo le sembrasse piuttosto erotico.

-Ti avevo parlato di quella villa, del fatto che dovevo sorvegliarla stasera per una cena speciale e che, come compenso, il padrone mi avrebbe offerto dei diamanti?-

-Beh, sì, siamo qui per questo- rispose Fujiko.

-Sì, ma il piano era che domani, con l’arrivo di Lupin e Goemon, avremmo rubato tutti i gioielli dalla casa di quel vecchio e ora è andato tutto a rotoli-

-Infatti, io domani sarei dovuta presentarmi per distrarre il tipo e addormentarlo con lo spray, per poi…-

-Niente, è saltato tutto. Ma andiamo con ordine. Io ero lì a controllare la casa palmo per palmo, il padrone si stava organizzando per la festa e aveva impartito gli ordini al maggiordomo e alle cameriere. Anche sua moglie era presente e, poco prima, lontana dagli occhi del marito, si era lasciata andare a un complimento nei miei confronti. Mi aveva detto che sono un bell’uomo e io le avevo sorriso. Non sapevo che altro fare, i complimenti mi imbarazzano sempre. Per colpa di quell’attimo, non mi sono reso conto che era entrato un uomo, piuttosto corpulento. Io non lo avevo visto, probabilmente era riuscito a introdursi in casa dall’entrata posteriore, che io dovevo sorvegliare, insieme a quella principale. Da solo, evidentemente, non bastavo, ma il vecchio mi aveva assunto più per scrupolo che per un vero pericolo. Forse sapeva che stesse rischiando la vita oppure temeva una ritorsione, ma questo io non sono riuscito a capirlo, non ne ho avuto il tempo. Li ho sentiti discutere e la cosa ha attirato non solo la mia attenzione, ma anche quella degli altri presenti e, così, mi sono precipitato, trovandomi davanti una scena assurda: una cassaforte aperta, il ladro con uno zaino pieno di soldi e il vecchio che inveiva, nonostante il bastardo gli stesse puntando la pistola-

-Forse lo conosceva?-

-Forse, sì. Sta di fatto che io non ho fatto in tempo a sparagli per fargli cadere la pistola: il ladro mi ha battuto sul tempo e ha sparato al vecchio, uccidendolo sul colpo. Stavo per saltare addosso a quel tipo, quando si è puntato la pistola alla tempia e si è fatto esplodere le cervella, parte delle quali mi è finita addosso, insieme al sangue. Sono scappato subito, non per vigliaccheria, ma credo per lo choc-

-Oh, mamma...ma è orribile!-

Jigen annuì e si accese una sigaretta.

-Sai che quando ho provato a rimuovermi quei brandelli di materia grigia mi stavo per scottare, per quanto erano bollenti?-

-Basta, ti prego! Mi fa veramente schifo!-

-Scusami, ma non volevi che ti raccontassi tutto?-

-Sì, ma potevi almeno evitarmi tutto questo...il sangue, le cervella…-

-Purtroppo è andata così-

-Certo, ma tu non ci arrivi da solo, non hai un briciolo di sensibilità, questa è la verità!-

-Quanti ne hai visti morire sotto i tuoi occhi? Almeno quanto me o quasi. Solo che tu forse sei capace di dimenticare, mentre ogni persona che io vedo morire, muore insieme a me. Il mio corpo è vivo, ma il mio animo no-

Fujiko, ancora nervosa, non gli replicò, ma, al contrario, sembrò provare un leggero moto di compassione, per le parole dell’uomo, che, senza dir nulla, iniziò ad avvicinarsi a lei.

-Che c’è, Fujiko, ti sto facendo forse pena? Ti sembro un debole? Probabilmente hai ragione-

-No, io…-

Si interruppe, non appena Jigen le accarezzò il viso.

-Guarda che puoi pensarlo, eh- le disse con un mezzo sorriso.

-No, non ti vedo come un debole, è che mi dispiace per quello che ti è successo e allora… No, niente-

La donna smise di parlare, ancora una volta, quando incontrò gli occhi di Jigen, che la fissavano intensamente. Quando la baciò sulla bocca, non oppose resistenza, anche se, in quell’istante, non voleva ricambiare quel bacio. Gli accarezzò la barba e fece per abbracciarlo, ma lui le afferrò i polsi e la spinse verso il muro, aderendo al suo corpo. Sollevandole un lembo del vestito all’altezza della coscia, notò che aveva la pistola e la buttò per terra; non voleva scherzi. Poi iniziò a baciarla sul collo, in maniera sempre più voluttuosa e lei avvertì la sua eccitazione premere contro di sé.

-Perché, Daisuke?-

-Perché fingi sempre di cadere dalle nuvole? Non è la prima volta che succede-

- Perché ora? Proprio ora che…-

-Perché, dopo quello che ho vissuto stasera, mi sento morire e io voglio, invece, sentirmi vivo. Voglio che tu possa aiutarmi in questo, ti prego! Dimostrami che sono ancora vivo! Non voglio approfittare di te, non prenderla così-

Fujiko non rispose e continuò a farsi baciare, avvertendo le labbra di Jigen sempre più desiderose di lei, non solo del collo, ma di tutto il resto. Le strappò un lembo del vestito e le afferrò un seno. Alla donna non restò che reagire, afferrando il viso di lui per insinuarsi nella sua bocca, mentre stava per slacciargli la cintura dei pantaloni. Ma l’uomo le impedì di proseguire, sollevandola e portandola in camera da letto, come se fosse un oggetto. La adagiò sul letto, non fu delicato e lei inizialmente si arrabbiò, poi si mise su un fianco e lui, da dietro, l’afferrò e le infilò una mano negli slip. In quel momento sembrarono quasi calmarsi entrambi. Del resto, voleva darle solo piacere e ci stava riuscendo.

-Prendimi, prendimi- furono le uniche parole di Fujiko e stava per essere accontanta.

Jigen, infatti, si slacciò la cintura e i pantaloni, poi tirò leggermente giù i boxer, per liberare ciò che Fujiko stava reclamando. Non si fece attendere e, dopo preliminari spinti, la prese, da dietro, mentre le afferrava i seni e la baciava sulla schiena. In quel momento erano sparite le loro solite tensioni, gli attriti reciproci nonché gli atteggiamenti che li portavano perennemente a scontrarsi. Erano quelli i veri Fujiko e Jigen oppure si trattava di uno dei vari attimi che li portava a dimenticare il mondo intorno a sé nel modo più naturale di sempre? Jigen poi si fermò, per baciare Fujiko sulle labbra e sul collo, per accarezzarle i capelli e assaporare quella donna, inebriandosi di lei. Si mise supina, per abbracciarlo e baciarlo: era pronta a proseguire il momento di passione che li aveva colti e lui stava sopra di lei, per guardarla negli occhi e lasciare che i loro sguardi rivelassero qualcosa di diverso da ciò che erano soliti dirsi. Jigen si aggrappò al cuscino su cui era poggiata Fujiko e, mentre lei abbracciava forte la sua schiena, lui spingeva sempre più forte. Nella foga del momento, non si erano nemmeno svestiti: lei aveva il vestito sollevato e lui i pantaloni e i boxer abbassati. Per questo, i due avvertivano un caldo eccessivo, che però non smorzava la loro eccitazione, che per Fujiko arrivò al massimo quando sentì che Jigen era venuto dentro di lei. Fu percorsa da un brivido, per tutto il corpo, fino a quando non si sentì rilassata, mentre lui era stremato. Si spogliarono, per infilarsi a letto e, colti dal sonno, dormirono fino alla mattina inoltrata. Nel risveglio, si accorsero che erano abbracciati, si scambiarono uno sguardo, poi un sorriso, infine un bacio.

-Fujiko, io ti a…-

Voleva dirle “ti amo”, Jigen, ma Fujiko si era alzata di colpo, per affacciarsi alla finestra e scrutare il cielo, per rendersi conto se stesse piovendo o meno. Non glielo disse più, quando lei si sedette a bordo del letto, ma l’attirò a sé, prendendole le mani. Fecero l’amore ancora una volta, poi si preparano per andare via.

-La guidi tu la moto?- domandò Fujiko e Jigen annuì.

-Sbrigati, dobbiamo andare incontro a Lupin-

© 2017 by Fujikofran
 
https://www.youtube.com/watch?v=wYMuL0z2uJk
 
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