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Autore: musa07    19/03/2017    5 recensioni
" Aver qualcuno che crede in te, che tu possa farcela sempre, non è una cosa da tutti.
Qualcuno che ti infonda la certezza che tu possa farcela ma che con questa convinzione non si stia riferendo ad un risultato riconosciuto dalle masse. No, semplicemente va oltre. Si riferisce alla tua crescita, a quel renderti più forte, che ti permetterà di non inciampare più in quegli ostacoli che a volte la vita ti mette sul cammino [...]
L’impetuosità con la quale è entrato nella tua vita, ancora non l’hai compresa; solo un giorno ecco che hai capito che non ne potevi più fare a meno, che sapere che lui era là era diventato un po’ come l’atto respiratorio. Spontaneo e naturale. Nonché vitale [...]"
E niente, dovevo davvero troppo scrivere qualcosa anche sull’OtaBear, perché è un patato dolcino-dolcino da proteggere
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Otabek Altin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E niente, dovevo davvero troppo troppo scrivere
qualcosa anche sull’OtaBear
perché è un patato dolcino-dolcino da proteggere e amare
e dal quale farsi coccolare e spupazzar…ahehm … couf couf …
Sì, dicevamo?
Ah, ok! Ci sono.
Non ho volutamente messo da parte di chi è il pov
perché ognuno si senta libero di immaginarsi chi preferisce,
anche sé medesima se può far piacere,
per questo motivo non ho indicato nessun tipo di coppia
 (Sì, ok, lo ammetto: è perchè sono una Pliroy shipper e Pliroy writer, 
quindi la mia mente ha qualche difficoltà all'idea di 
aver potuto scrivere, forse, una Otayuri lol)
 
 

 
Free
 
 

 
Aver qualcuno che crede in te, che tu possa farcela sempre, non è una cosa da tutti.
Qualcuno che ti infonda la certezza che tu possa farcela ma che con questa convinzione non si stia riferendo ad un risultato riconosciuto dalle masse. No, semplicemente va oltre. Si riferisce alla tua crescita, a quel renderti più forte, che ti permetterà di non inciampare più in quegli ostacoli che a volte la vita ti mette sul cammino.
Come se non bastasse la sua mano sempre pronta ad afferrarti quell’attimo prima di inciampare ed evitarti, così, di cadere.
 
L’impetuosità con la quale è entrato nella tua vita, ancora non l’hai compresa; solo un giorno ecco che hai capito che non ne potevi più fare a meno, che sapere che lui era là era diventato un po’ come l’atto respiratorio. Spontaneo e naturale. Nonché vitale.
Hai imparato che la potenza sa avere dentro di sé una dolcezza e una morbidezza unica che, proprio perché inattesa, sa sorprendere ancora di più. E conquistare.
Hai imparato che non è un modo di dire che a volte sono i gesti a valere più di mille parole. Gli sguardi. Quello sguardo che neppure sai com’è in grado di modulare, che esprime così tante cose. Con quella punta di dolcezza quasi timida, quasi uno squarcio sulla tela che ti fa veder oltre, dentro di lui. E quante volte la tentazione di allungare una mano verso quello sguardo, quasi a volerlo imprimere sul palmo, a rapirlo e tenerlo sempre con te, nei momenti in cui lui non c’è.
Perché quello sguardo è protezione. È affetto. È unicità.
Come quando ti appoggia la giacca sulle spalle ancora prima che tu senta freddo.
Come ti sta coprendo con la coperta anche adesso, quando l’intorpidimento del sonno, mentre siete seduti sul divano, con la testa che ti cade a penzoloni sulla sua spalla, si sta facendo strada in te in maniera impietosa.
Quando senti che il calore che ti sta fasciando, ancora prima di essere quello della coperta, è di un braccio che ti sta avvolgendo le spalle.
Quando percepisci che il battito cardiaco che ti sta cullando non è il tuo.
 
- Dormi? – ti sussurra e tu mugoli qualcosa in risposta perché semplicemente hai il terrore che anche un singolo respiro possa rovinare la magia di quel momento, reso ancora più magico proprio dalla semplicità della situazione.
E se fino a qualche istante prima il fatto che la strettezza del divano ti aveva fatto sussultare il cuore e fargli fare innumerevoli capriole perché in quello spazio angusto le vostre spalle, le vostre ginocchia si sfioravano e allora avevi quasi cercato di rimpicciolirti col timore di dargli fastidio, ecco che ora addirittura ti fai scivolare giù fino ad appoggiargli la testa sul petto e bearti di quel calore.
 
Come poco prima, quando eravate sulla banchina della stazione e continuavate a far arrivare e partire ogni tuo convoglio, perché nessuno dei due si decideva a permetter all’altro di andar via e lui ti aveva visto aver continui brividi di freddo, testimoniati anche dalle nuvolette ghiacchiate che uscivano dalle vostre bocche. Ti aveva studiato per un attimo piegando la testa di lato e sussurrandoti poi, con una voce da brivido, Hai freddo, e ti aveva attirato a sé dopo essersi sbottonato la giacca per accoglierti e trasmetterti il calore direttamente del suo corpo.
Avevi sgranato per un istante gli occhi, ma subito ecco l’accoccolarsi con gratitudine, crogiolandosi in quella stretta calda e sicura, intrecciando le braccia sulla schiena del tuo cavaliere.
Quel tuo cavaliere dalle poche parole ma dai mille gesti.
- Grazie … - avevi bisbigliato appena, valutando che un cuore solo era troppo poco per contenere tanta emozione. Era tutto così perfetto che avevi temuto, anche solo respirando, di veder frantumare il tutto come un bicchiere di cristallo. Come lui ti stava accarezzando la schiena, come ti aveva posato un lieve bacio, appena sfiorato, tra i capelli, come ti aveva stretto maggiormente a sé l’attimo immediatamente successivo, e tu non avevi potuto far altro che affondare la testa sull’incavo della sua spalla, sapendo per certo che il suo volto stava passando ogni gradazione del rosso per l’audacia di quel gesto. Come il tuo viso, del resto.
E i treni lasciati arrivare e partire erano divenuti tre e, alla fine, anche l’ultimo se n’era uscito pigramente dalla stazione senza averti al suo interno.
 
Ecco perché ora ti trovi sul divano del suo piccolo appartamentino e ti senti sollevare da quelle braccia così forti e, nuovamente, poggi la testa sulla sua spalla, inspirandone piano il profumo della sua pelle.
- Dove andiamo? – biascichi, nell’intorpidimento del sonno.
- Ti porto a dormire. – ridacchia piano, mentre apre la porta della camera con una lieve spinta della punta del piede e ti poggia con cura estrema sul letto, dopo averti rimboccato le coperte e averti mormorato un Buonanotte.
Ti lasci andare ad un piccolo sospiro ma quando senti che si allontana e lo vedi recuperare delle coperte per sé, per andar a dormir sul divano, ecco che quando ti passa nuovamente a fianco per posarti, speri, un piccolo bacio della buonanotte sulla fronte, lo blocchi, afferrandolo per i lembi della felpa.
- Beka? – lo chiami.
Hai imparato così presto a chiamarlo col suo nomignolo.
Hai imparato così presto a fidarti di lui, come mai prima in vita tua. Ma non per ingenuità.
 
E Otabek ti ricambia lo sguardo ma tu continui a tacere. L’imbarazzo della richiesta che hai sulla punta della lingua - per voi che non vi siete ancora baciati, troppo goffamente imbranati tutti e due, che state ancora varcando quel confine che vi separa dall’essere molto più di semplici amici - è davvero tanto; e ti limiti a guardarlo, mordicchiandoti il labbro inferiore.
- Dimmi. – ti invita lui con calma, senza fretta.
E in quell’unica parola c’è tutto. Ciò che Otabek  ti trasmette. Che va sempre tutto bene, che non servono grandi discorsi per capirvi, perché il silenzio con lui non pesa mai. E quel sollevarsi lieve del labbro che lo fa sorridere appena, e che gli forma una piccola fossetta sulla guancia sinistra, è qualcosa da proteggere. E di speciale, perché così raro.
- Dormiamo insieme? – ce la fai a chiedere alla fine, e attendi.
- Certo. – è la risposta e allora, al colmo di una felicità che ti riempie completamente il cuore ed è in grado di scacciar via ogni malinconia, gli fai spazio nell’angusto lettino, forse davvero troppo piccolo per due persone. Poco male, pensi, vorrà dire che non avrai nessuna scusa per non potergli stare addosso.
Le sue braccia, ancora una volta, ti circondano mentre siete distesi di fronte e riprendete a parlare tra di voi, ridacchiando piano, quasi abbiate paura di svegliare chissà chi, mentre volete semplicemente tenere quei momenti solo per voi due.
È divertente da stuzzicare e prendere amorevolmente in giro uno come Otabek, perché – pare – non scomporsi mai e quando se ne esce con quelle piccole risatine gutturali, beh: ecco che davvero il cuore fa una capriola.
 
- Cosa ci trovi in una persona come me? – proferisci ad un certo punto, a bassa voce.
Sgrana gli occhi, Otabek, interdetto, per poi sorriderti dolcemente.
- Chi è l’idiota adesso qui? – e di nuovo quel piccolo sorriso appena accennato.
- Io non ho niente da offrirti. – prosegui, quasi tristemente, fissandolo dritto negli occhi ed è allora che lui, ritornato serio, ti prende il volto tra le mani e il bacio che ne segue, lieve, appena sfiorato, sa proprio di Otabek e del suo modo d’essere, pregno di tutte quelle che sono le sue peculiarità.
La determinazione, il coraggio, la risolutezza ma anche la delicatezza, la sua ruvida dolcezza. Ed un bacio che dura veramente la frazione di un battito di ciglia ma che ti ha dato ogni risposta.
– Mi permetterai di scaldare il tuo cuore? – ti chiede, rosso in viso da far una tenerezza assurda, ma continua a tener lo sguardo fisso su di te, valoroso.
- L’hai già scaldato, idiota! – lo ammonisci, pur conservando una dose di dolcezza nel tono, mentre ricerchi una sua mano e la fai intrecciare alla tua.
 
Ora davvero quel letto così stretto è il vostro Paradiso in terra.
 
 
FINE
 


Scritta tipo all’una di notte mentre si vaneggiava in merito a dubbie parole di dubbia inflessione dialettale, ma come sempre: dettagli!
 
 
   
 
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