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Autore: LysL    19/03/2017    1 recensioni
Tutti, in quel piccolo villaggio sperduto sui monti Urali, conoscevano la leggenda; Otabek era cresciuto sentendo raccontare della terribile Regina di ghiaccio e del suo castello, nascosto tra le nebbie della montagna, oltre il bosco innevato, in quelle terre che il sole non riusciva a raggiungere.
Dal testo:
Una mano gli artigliò la spalla e Otabek fu costretto a girarsi per assecondare quel movimento; la mano lo spinse in ginocchio nella neve e Otabek percepì la lama spostarsi dalla propria gola fino alla nuca. Era ancora in posizione di svantaggio, ma almeno adesso poteva parlare.
«Chi sei?» chiese e ricevette un calcio tra le scapole; il colpo gli strappò il fiato dai polmoni e lui si ritrovò a boccheggiare, tossendo del sangue per terra, il sapore ferroso gli riempì sgradevolmente la bocca.
«Chi sei
tu? E come ti permetti di venire qui e parlarmi come se fossi un tuo pari.» La testa gli venne strattonata all’indietro e solo in quel momento Otabek vide chi realmente gli stava parlando.
Genere: Angst, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Mila Babicheva, Otabek Altin, Yuri Plisetsky
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Note dell’autrice:
Questa volta ad inizio del capitolo, perché ci sono delle cose che voglio dire.
Prima di tutto, questa sarà la mia prima long, quindi sono nervosissima, anche perché è anche una fantasy!AU, che è uno dei miei AU preferiti e spero di essere riuscita a descrivere tutto come volevo *sigh*
Seconda cosa, ci saranno tante descrizioni e tante parti introspettive, ad un certo punto ci sarà anche dell’angst e del mild gore/quasi splatter – e quest’ultimo lo segnalerò nel capitolo interessato perché non vorrei che nessuno si ritrovasse a leggere di qualcosa che potrebbe urtare la sua sensibilità – perché semplicemente mi piace scriverlo :)
Il titolo della storia è tratto da Breath of Life dei Florence + The Machine, che potete trovare qui!
Come sempre, ringrazio la mia beta _Lady di inchiostro_
E niente, vi auguro una buona lettura e spero che vorrete lasciarmi un commento anche critico!
 
 
Prologo


Tutti, in quel piccolo villaggio sperduto sui monti Urali, conoscevano la leggenda; Otabek era cresciuto sentendo raccontare della terribile Regina di ghiaccio e del suo castello, nascosto tra le nebbie della montagna, oltre il bosco innevato, in quelle terre che il sole non riusciva a raggiungere.
Erano ormai decenni che la Regina se ne stava rinchiusa nella propria dimora, circondata dal ghiaccio e dalla solitudine, ma la paura dei paesani non era diminuita; durante l’inverno, tutti gli abitanti si chiudevano nelle loro case, mantenendo il fuoco sempre acceso, perché credevano scacciasse la magia della Regina. Era permesso uscire solo di giorno, quando il sole assicurava un naturale scudo contro quella stregoneria, e non era raro che non si muovessero dalle proprie dimore di legno per giorni e giorni, in attesa che le nuvole smettessero di coprire la volta del cielo e la neve smettesse di rivestire ogni cosa con il suo manto freddo e silenzioso.
Era durante quei lunghi giorni di noia e torpore che venivano tramandate le storie, soprattutto quelle misteriose che parlavano della Regina e del suo castello.
Pochi l’avevano vista, e ancor meno quelli rimasti in vita, solo l’anziano Yakov era sopravvissuto abbastanza per narrare a tutti del suo aspetto. Otabek si ricordava di come, all’età di sei anni, quel racconto gli fosse rimasto impresso a fuoco nella mente.
Era uno di quei giorni durante i quali era proibito uscire fuori e tutte le famiglie si erano radunate nella capanna più grande del villaggio, che veniva anche usate per le riunioni. I bambini, soprattutto i più piccoli, vedevano quella come un’occasione per giocare, e a loro poco importava delle paure dei genitori, intenti com’erano a rincorrersi e nascondersi.
Proprio durante questi giochi, tutti furono chiamati a raccogliersi di fronte al camino, dove Yakov, stretto nella sua immancabile sciarpa di lana e seduto su una sedia di legno, si preparava ad intrattenere i suoi piccoli spettatori.
I fiocchi di neve turbinavano fuori dalla finestra, accumulandosi sui davanzali, e il vento soffiava impetuoso, ululando come un animale ferito e facendo tremare i vetri della capanna. Otabek ricordava di essersi seduto sul tappeto di fronte a Yakov e di come sua sorella si fosse andata a infilare tra le sue braccia poco dopo, impaziente come lui di ascoltare cosa avesse da dire quello strano uomo burbero, ma che tutti trattavano con rispetto. Quando anche gli altri bambini si furono seduti lì accanto, Yakov cominciò a raccontare.
 
 
«Vedere la Regina di Ghiaccio è una sorte che non augurerei nemmeno al mio peggior nemico. È terribile e ti rimane nell’anima, non va più via. A volte riappare nei miei sogni e mi ricorda che non potrò mai liberarmi di quest’esperienza.
Ero molto più giovane di adesso, quando la incontrai, ma lo ricordo come se fosse ieri. Mi ero perso nel bosco, fuggendo da un gruppo di fuorilegge che volevano derubarmi; il bosco è stregato, come sapete, e nessuno, a memoria d’uomo, ne era mai uscito vivo, così mi ero ormai rassegnato all’idea che non avrei più rivisto la mia famiglia e il mio villaggio. Vagai due giorni, consumando le provviste che avevo con me, in attesa che il freddo avesse la meglio sul mio corpo, quando all’improvviso vidi una sagoma muoversi tra i rami carichi di neve.
Non sapevo chi fosse, e per un attimo dimenticai dove mi trovavo. Chiamai quella persona, ma mi rispose solo il lieve fruscio del vento gelido, così cominciai ad arrancare nella neve alta più del mio ginocchio e la seguii.
Arrivai di fronte ad un lago ghiacciato, tutt’intorno a me era avvolto da una foschia bianca e spessa, e nemmeno il sole riusciva a filtrare attraverso le nubi; la figura scivolò leggiadra sul ghiaccio, come se stesse volando e non feci in tempo a seguirla, cercando di non rompere la lastra gelida, che scomparve inghiottita dalla nebbia.
Continuai ad avanzare fino a quando il mio corpo non si arrese, vinto dal freddo e dalla stanchezza, cadendo sul ghiaccio. Solo a quel punto mi resi conto del mio errore: di fronte a me, circondato da alte pareti ghiacciate ed imponente come niente che avessi mai visto in vita mia, si stagliava un castello interamente di ghiaccio trasparente.
Provai a tornare indietro, ma non ne avevo più la forza, il gelo mi aveva succhiato via ogni energia rimasta e aveva terminato anche l’ultima striscia di carne essiccata.
Poi la vidi. Il cuore mi trema ancora al ricordo. È la donna più bella che io abbia mai visto, d’una bellezza eterea, spigolosa e simmetrica come il Ghiaccio di cui è sovrana, una bellezza terribile. Avanzava piano, con eleganza, scostando il lungo vestito che sembrava filato dalla brina e dall’argento.
“Chi siete voi? E come siete arrivato qui?” Mi chiese. Vi aspettereste una voce stridula, invece era, per quanto impossibile possa sembrare, calda e severa. Il terrore mi aveva bloccato la lingua, ma in qualche modo riuscii a risponderle. “Perso.”
Lei mi guardò e mi parve quasi che i suoi occhi affilati mi stessero trafiggendo l’anima. Si voltò alla propria destra, e solo allora mi accorsi della presenza di qualcun altro. Riconobbi la figura che avevo seguito: un ragazzino dall’aria fredda e infastidita.
“Yurochka, perché hai portato qui questo umano?” Gli chiese, e sentii un brivido percorrermi la schiena; non era un brivido di freddo.
Il ragazzino mi fissò con aria sprezzante, prima di risponderle. “Era entrato nei nostri domini, mia signora.” La sua voce era molto più profonda di quello che mi sarei aspettato, ma il suo tono esprimeva più emozioni della Regina stessa.
Lei pose nuovamente lo sguardo sul mio corpo mezzo assiderato e mi voltò la schiena, sollevando una mano verso il suo compagno. “Portalo via, non voglio cadaveri nella mia terra.”
Il ragazzino si inchinò e volse la testa verso di me e, con un veloce movimento del polso, una stregoneria, senza dubbio, mi fece cadere in un sonno profondo.
Quando mi risvegliai mi trovavo in una capanna al limite esterno del bosco. Le persone che vi abitavano, una famiglia di boscaioli, mi raccontarono di avermi trovato privo di sensi nella neve, respiravo ancora e vollero fare un tentativo. Sono loro molto grato, senza il loro aiuto non sarei qui. Dopo qualche settimana fui pronto a tornare al villaggio, dove fui accolto dai miei cari, ma nulla fu più come prima. Sembrava che avessi perso la capacità di amare, e non passava giorno senza che sognassi il meraviglioso viso della regina, come se la mia anima fosse rimasta con lei. Ancora oggi, non ho mai amato alcuna donna, e continuo a chiedermi perché sia capitato a me, questo destino crudele. Vivere senza amore, senza una compagna di vita, senza conoscere ciò di cui tutti parlano e di cui tutti cantano, è un destino che non augurerei neanche al mio peggior nemico. Tenetelo bene a mente, e non inoltratevi mai nel bosco stregato, potreste non essere tanto fortunati.»
 
 
Quella notte, Otabek sognò di correre, rincorso da una figura bianca e senza volto, e di perdersi in un fitto labirinto di alberi dai tronchi scuri e i rami spogli che scricchiolavano al vento, come la neve sotto gli scarponi.
  
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