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Autore: sour_greentea    20/03/2017    0 recensioni
Il problema era proprio quello. Serge abbassò lo sguardo sull’ormai gelida carcassa che teneva fra le braccia. Riusciva a precepire il dolce tepore, che aveva animato quel corpo fino a poco prima, scivolare via.
Di nuovo.
Ormai non soffriva nemmeno più. Non perché avesse smesso di amarla, ovviamente: non avrebbe cessato mai. Ma aveva ormai raggiunto uno stato di gelida accettazione, privo di qualsiasi dolore o amarezza. Si alzò in piedi, diretto fuori e, armatosi di pala, cercò con lo sguardo per metà cieco un posto abbastanza ampio dove sarebbe stata comoda. Non che importasse davvero. Aveva anche pensato di scavare una specie di fossa comune e, nonostante lei non avrebbe dovuto condividere la propria tomba con nessun...altro, gli pareva comunque irrispettoso. Trovava già irrispettosa la sepoltura “di fianco”. Ogni volta le chiedeva, con quanta più leggerezza possibile, come avrebbe voluto essere sepolta. Lei dapprima spalancava gli occhi, per poi scoppiare in una limpida risata. “Di fianco! Almeno sarei comoda!”
Il ragazzo aveva già preparato la targa che avrebbe funto da lapide, insieme alla semplice cassa in legno. Si trattava, come sempre, di un semplice rettangolo in ferro battuto, sul quale erano incise cifre; in quel caso, 177.
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime | Avvertimenti: Incest, Incompiuta
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Erano passati due giorni da quando Rozen si era risvegliata nella minuscola stanza del bänt albino. In questo periodo aveva passato molto tempo con Oron, mentre lo guardava intento a studiare i suoi pesanti ed impolverati tomi rivestiti di cuoio. -Anche io avevo un libro simile...- mormorò Rozen una volta, fissando le pagine ingiallite e rovinate. -Cosa?- fece lui, riportato alla realtà dalla voce della ragazza. -Avevo un libro somigliante a quello. O meglio, azzarderei che si tratti dello stesso.- poi sorrise.
-Sarebbe una bella coincidenza.- aggiunse. Oron si voltò completamente verso di lei, poi abbassò per qualche istante lo sguardo verso il libro che teneva fra le mani. -Riesci a leggere cosa c'è scritto?- le chiese poi, girandolo verso di lei. Rozen allungò le braccia e prese il volume, portandoselo in grembo e scorrendo con gli occhi le righe per alcuni secondi. -Sì, ecco. Parla di una... ricetta? O qualcosa del genere. È una semplice lista di vari “ingredienti”, credo.- Oron corrugò le sopracciglia. -Come conosci questa lingua?- incalzò subito. -Non ne sono sicura. So di non averla mai studiata o imparata in qualche modo. Però anche il mio tomo era scritto con gli stessi caratteri e tutto sommato sono sempre riuscita a decifrarlo.- Oron riprese il libro e tornò alla propria sedia, un'espressione indecifrabile sul volto. -Ah... perdonami, ti ho fatto distrarre. È che mi annoio un sacco...-  fece Rozen. -No, sta' tranquilla. Anzi, se ti annoi così tanto posso farti leggere qualche libro. Sono tutti scritti con questi grafemi, ma se riesci a decifrarli non c'è nessun problema.- Rozen annuì, e Oron si alzò e si recò nell'altra stanza, per poi tornare con quattro grandi tomi, anch'essi rilegati in pelle e dall'aria antica. Li poggiò accanto al divano e Rozen gli sorrise. -Ti ringrazio.- fece. Oron non rispose e tornò a sedersi. -Solo una cosa- cominciò lei, prendendo il primo volume e sfogliandolo. -Per quanto tempo dovrò restare qui?- -Non lo so. Ti direi fin quando quella ferita non sarà completamente rimarginata, ma il cavaliere di Trystann mi ha ordinato di non farti allontanare.- Lo sguardo di Rozen vacillò un attimo, per poi tornare al libro che teneva fra le mani. Era una specie di romanzo riguardante la storia di un ragazzo e sua sorella, ambientata in una sorta di particolare villa padronale, chiamata Arcadia. La rossa si chiese per quale motivo un bänt avesse quel genere di libri. Non che fosse un male, ma insomma, non era una sorta di stregone? In più Oron le sembrava particolarmente minimalista, perciò non capiva.

Rozen chiuse il terzo volume quando era già tardi. Affondò nel divano, sbadigliando, e lasciando quasi cadere il libro dal proprio grembo. I piccoli globuli di luce che le fluttuavano attorno emanavano una luce fioca, come fossero stanchi anch'essi. Oron era uscito, e, nonostante avesse rassicurato la ragazza che non ci avrebbe messo molto, la rossa aveva l'impressione che fosse passato un bel po' di tempo. Considerando che Oron era un tipo abbastanza schivo e riservato, e che viveva in un paio di minuscole stanze sottoterra, da solo, la cosa non la preoccupava: anche lei, se fosse stata al suo posto, avrebbe preferito prendere un bel po' d'aria; si rendeva conto che la sua presenza lì non era particolarmente ben accetta. Non perché Oron non fosse gentile, ovviamente. Ma Rozen sapeva di poter essere stressante, o almeno, questo era quanto James le ripeteva spesso. Nonostante non avesse fatto molto quel giorno, si sentiva sfinita, perciò non le ci volle molto prima di scivolare in un pesante sonno.

Questa volta, la coppia di bambini si era divisa. Lei giaceva addormentata in quella che sembrava la camera di un maschietto, nel letto che sembrava enorme in confronto a lei. In posizione quasi fetale, le sue manine stringevano le coperte verdi pistacchio a righe beige, mentre il volto era solcato dalle lacrime. Il tempo pareva sospeso. Era come se l’attesa della bambina fosse eterna ed... inutile. Insulsa. Un senso di agitazione attanagliò il cuore di Rozen, che si svegliò, sobbalzando. Stai tremando, stupida… Tentò di calmarsi mettendosi a sedere e guardandosi attorno, nel buio. Passò le palme delle mani sul proprio volto una, due, tre volte, sperando di placare quella sensazione angosciante che si stava facendo largo dentro di sé. Era inutile. Era tutto inutile. James l’aveva abbandonata lì. -Fanculo James- ringhiò fra i denti, scattando in piedi. Voleva fuggire. Aveva solo bisogno di scappare, di correre via, prima che quel posto diventasse troppo opprimente. I suoi respiri si fecero sempre più veloci, mentre dei piccoli globuli di luce apparvero ad illuminare la stanzetta. Afferrò uno dei mantelli poggiati sull’unica sedia e lo indossò, sperando di non morire assiderata. Non che le importasse. Aveva solo bisogno di uscire da lì, o sapeva che sarebbe morta comunque.

***

 Una Rozen smagrita, livida e sporca inciampò su un mattone fuoriuscito dalla strada malridotta. Rotolò poco più avanti, nel fango, e fece per alzarsi, invano. Provò a trascinarsi avanti, verso il cancello, ma era troppo esausta e le mancava il fiato. Doveva correre. Se solo fosse arrivata a quel cancello sarebbe stata al sicuro. L’avrebbero raggiunta presto...
Il sangue sgorgava ormai copiosamente da una gamba, lasciando dietro di sé una scia scarlatta e dall’odore pungente. Il suo cervello non ragionava più. Mise insieme le sue ultime forze e continuò ad avanzare, carponi, mentre la fatica le si accumulava sulle spalle. Non avrebbe permesso che tutti i suoi sforzi sarebbero stati vani. I respiri si fecero sempre più veloci, e mentre la mente le si annebbiava, un peso le saltò sulla schiena, seguito da un ringhio. Cadde definitivamente a terra, e il colpo le tolse il fiato. Alzò lo sguardo vacillante. La villa padronale dai mattoni scuri fu l’ultima cosa che il suo cervello riuscì ad elaborare.


 
   
 
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