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Autore: Laylath    21/03/2017    2 recensioni
[Questa fanfiction partecipa al contest "Ode ai caduti - Il contest dei personaggi morti" indetto da Stratovella sul forum di EFP]
Si dice che nei secondi precedenti la morte una persona ripensi ai momenti più importanti della sua vita.
Si dice anche che venga istintivo cercare di porre rimedio ai danni fatti, pentirsi, chiedere perdono.
La maggior parte delle fragili menti umane è così, pronta ad aggrapparsi ad un ultimo respiro per non sprofondare nell'oblio.
Poi ci sono le eccezioni, quelle che vedono il trapasso solo come una delle basilari leggi dell'universo. Che senso ha provare paura? Per loro quegli ultimi respiri hanno un significato ben preciso. Teso alla sopravvivenza, teso al futuro.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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One last breath to survive




Ossigeno.
La parola su cui si sono fermati i suoi occhi è scritta in modo perfetto, il tratto pulito, e questo gli procura una strana soddisfazione: la malattia non è riuscita a levargli la mano ferma e precisa. L’unica pecca è quella macchia di sangue che copre le ultime tre lettere, con una minuscola goccia al centro della o.
Per fortuna si tratta solo di inutili appunti, non è niente di irrimediabile.
 
Il suo corpo viene lacerato da un nuovo colpo di tosse.
È più debole rispetto ai soliti eppure, beffardamente, è quello che gli sarà fatale. Conosce bene il suo fragile involucro, capisce che quei rantoli sono inutili: anche se non prova dolore, sa che il sangue ha ormai intasato polmoni e gola, l’aria non è più in grado di passare. Dipendesse da lui farebbe  a meno di un simile tentativo di sopravvivere ma deve obbedire alle esigenze del corpo.
Ossigeno.
Scoppierebbe a ridere per l’ironia della sorte: l’ultima parola che gli è concesso vedere è proprio ciò di cui avrebbe bisogno. Nuovo sangue gli gorgoglia in gola soffocandolo, producendo uno strano suono parodia di quell’ultima risata che non si può concedere.
La sua scrittura diventa sempre più sfocata, adesso ci sono delle nuove venature rosse che vanno a sovrapporsi all’inchiostro. Solo che questa volta il sangue è dentro di lui, nei suoi occhi: curiosi e letali vermicelli che gli coprono rapidamente la visuale fissa che gli è ancora concessa.
 
“Maestro! Maestro Hawkeye!” esclama la voce, un’eco lontana.
Sente il suo corpo venir scosso con forza ed è curioso constatare come non abbia più controllo su di esso: è ridotto ad essere una marionetta che viene strattonata nel desiderio di vederla muoversi ancora.
Sei uno sciocco, Roy – si trova a pensare – è la più basilare legge dell’universo.
Ma quel ragazzo è sempre stato così. Intelligente, certo, ma troppo idealista: in questo non è riuscito a correggerlo e la divisa che indossa ne è la prova. Sciocco, tremendamente sciocco: come se scuoterlo così potesse impedirgli di morire.
Come se quella divisa faccia di te un eroe.
“Qualcuno chiami un dottore! C’è nessuno?!”
Berthold Hawkeye vorrebbe sorridere, ma ormai non può più: il suo debole cuore ha ormai perso la battaglia contro la devastante malattia che da mesi lo tormenta. Tuttavia si aggrappa con ferocia alla vita per quegli ultimi decisivi secondi: vuole assicurarsi che tutto vada bene, che la ragnatela intessuta nei minuti precedenti funzioni. È stata un’intuizione azzardata, nata nel momento in cui ha visto il suo ex allievo entrare nella stanza, tuttavia deve concederle una possibilità di sopravvivere, di andare oltre quel tatuaggio che, a conti fatti, equivale all’oblio.
“Riza!” quell’esclamazione giunge stranamente chiara e nitida: ne coglie la disperazione, ma anche il sollievo. Non ha bisogno di vedere l’espressione sua figlia per sapere come si evolveranno le cose: li conosce bene entrambi e sa di averli appena legati con una catena invisibile.
Sopravviverà! – esulta compiaciuto un secondo prima che tutto diventi buio.








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Nda.
Ho ripreso la scena del manga dove Berthold è alla scrivania, piuttosto che quella dell'anime dove sta seduto nel suo letto.

Amando particolarmente il Team Mustang e avendo dunque avuto modo di trattare Riza, mi sono trovata ad approfondire la figura di suo padre.
Per quanto appaia in una sola scena, per giunta in flashback, questo personaggio riveste, nell'economia della storia, un ruolo veramente importante che sta alla base di tutta la trama relativa a Roy e Riza. A lui si deve la creazione dell'alchimia del fuoco, a lui si deve il ruolo svolto da Roy ad Ishval... a lui si deve l'incontro tra Roy e la sua futura guardia del corpo: è colui che fornisce la chiave di lettura per questi due personaggi fondamentali.
Di lui si sa ben poco, la maggior parte delle informazioni ci viene da quel flashback dove ha quel breve dialogo con Roy prima di morire.
Tuttavia dalle sue parole e dalle affermazioni fatte in seguito da Riza, si evince come fosse una persona estremamente chiusa in se stessa, ossessionata dalla sua alchimia, dalla sua ricerca. Una persona che afferma che, una volta compiuta la sua ricerca, l'alchimista muore ha chiaramente una visione a senso unico della propria esistenza.
Da queste considerazioni parte la mia visione di Berthold come padre praticamente assente, che solo marginalmente si è occupato della figlia (Riza dice che è riuscito a farle avere una buona educazione, ma dubito che vi abbia provveduto personalmente). Fin qui tutto potrebbe rientrare nel quadro della normalità, se non fosse per la questione del tatuaggio.
Berthold muore nel 1905, quando Roy ha 20 circa vent'anni ed è appena diventato soldato: supponendo che l'Accademia militare duri due anni e presumendo che vi si entri dunque a 18 anni si evince che Riza all'epoca della morte del padre sia molto giovane, non ancora maggiorenne. Di conseguenza il tatuaggio le è stato fatto in un'età praticamente adolescenziale. Quanto può essere stata consenziente Riza in una simile circostanza? Non pensiamo alla soldatessa che abbiamo imparato a conoscere, ma ad una ragazza che vive isolata col padre in condizioni non proprio abbienti, costretta a convivere con l'ossessione del genitore per l'alchimia, quasi una scomoda sorellastra che ha tutte le attenzioni. Una sorellastra che ha la priorità su tutto, anche sulla possibilità di una vita normale per Riza: quel tatuaggio non è forse una condanna a non potersi creare una famiglia? E soprattutto quanto può essere stata consenziente una ragazzina a farsi marchiare la schiena in un modo simile? Un lavoro tale sicuramente ha richiesto più giorni e dev'essere stato estremamente doloroso... e che ne sa Riza dell'alchimia? Viene fatta veicolo della ricerca del padre, praticamente costretta perché l'unica a disposizione. Ma quanto c'è di autodeterminazione in quella ragazzina sola? Le parole che poi pronuncia davanti alla tomba del padre (partono sempre da un "diceva che..." come se ripetesse passivamente qualcosa di imparato a memoria) paiono quasi un meccanismo di difesa per negare l'orrore subito che, se non è violenza, molto ci si avvicina.
A conferma di questo ci sono le frasi che pronuncia la giovane soldatessa quando, ad Ishval, chiede a Mustang di bruciarle la schiena:
"potrò una volta per tutte tagliare il legame con mio padre e l'alchimia stessa e rinascere come Riza Hawkeye, una persona qualunque".
Parole di una persona finalmente adulta ed in grado di affrancarsi in qualche modo da quello subito in passato.

In conclusione Berthold a parer mio è tutto meno che una figura paterna: lucido nella sua decisione, probabilmente in parte folle, come magari lo sono alcuni geni. Non a caso ho trovato uno strano parallelismo tra le vicende di Riza e quelle di Nina Tucker, pure lei vittima di un padre alchmista: due modi diversi, ma altrettanto orribili in cui le figlie diventano solo un mezzo. 
Da quest'ultima riflessione è partita la mia idea di questa flash: se l'alchimia è stata la tua ricerca di vita allora è ovvio che farai di tutto per farla sopravvivere. Il tatuaggio sulla schiena di Riza garantisce questa sopravvivenza? Custodita sì, ma destinata a perire senza mai venir usata... ha davvero senso dopo che Berthold ci si è dedicato anima e corpo? Ecco che alla luce di questo quell'ultimo dialogo con Roy, dove gli aveva affidato la figlia, assume una chiave di lettura completamente diversa da quella di un uomo che, in punto di morte, chiede scusa al mondo. Quell'inattesa visita dell'ex allievo diventa lo stimolo per un ultimo disperato tentativo di far vivere la sua opera.
L'ultimo respiro citato nel titolo è quello teso a garantire la sopravvivenza dell'alchimia del fuoco, quella che tutto sommato costituisce l'essenza stessa di questo personaggio così particolare.

Lucido, spietato, tanto che della sua fine coglie soltanto dettagli curiosi ed ironici (segno di una mente che, nonostante tutto, è ancora attiva e pronta a receperire gli aspetti interessanti di quest'ultima esperienza, se vogliamo dire, scientifica), Berthold 
Hawkeye, almeno in questa flash diventa ancora di più una figura di peso in FMA ed è per questo che ritengo che sia degno di venir ricordato. Perché in pochi minuti ha praticamente scritto il destino non solo di Roy e Riza, ma anche del futuro di Amestris.
  
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