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Autore: _Pathfinder_    21/03/2017    2 recensioni
E' passato oltre un secolo da quando gli Arcangeli hanno abbandonato le terre di Helemir, costringendo gli umani a soccombere sotto la furia degli eserciti di Non-Morti.
Alyssa era ancora una bambina quando assistette alla caduta del proprio regno ed alla morte del padre, legittimo re di Brimaria. Da allora vive come prigioniera del clan dei vampiri Voldaren, reclusa nel proprio stesso castello, ora sotto controllo degli usurpatori.
Lei non ha spade, magie o eserciti a disposizione. Ha solo la sua religione, unita ad un'incrollabile speranza: un giorno gli Arcangeli torneranno a Brimaria e la aiuteranno a riprendersi il regno.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Prologo
Innocenza

 

Cattedrale privata della famiglia Imperiale, Brimaria

 

Tutto era pronto per la celebrazione.

Bianchi drappi con decorazioni dorate si stagliavano lungo le ampie pareti della cattedrale, illuminati dalla calda luce della mattina. Mentre l'anziano sacerdote sistemava l'altare con tutto il necessario, i fedelissimi stavano rapidamente prendendo posto nelle prime file.
Nonostante il culto degli Angeli fosse stato dichiarato illegale da più di due decenni, la famiglia imperiale di Brimaria non aveva rinunciato alle proprie usanze di corte: all'inizio di ogni stagione si organizzavano grandi cene e ricevimenti, i cui inviti erano riservati ad una ristretta cerchia di nobili e parenti, onde evitare un'eccessiva risonanza pubblica.

Quella mattina vi era un'invitata speciale alle celebrazioni.
Ancora nella propria stanza, Alyssa, la figlia del re di Brimaria, fissava con espressione annoiata lo specchio. Mentre diverse servitrici di corte erano indaffarate con la sua acconciatura, lei era persa nei propri pensieri, dove qualunque bambina di appena cinque anni si rifugerebbe in una situazione simile. Certo, poter finalmente assistere alle grandi celebrazioni in onore dell'Arcangelo Briselda era esaltante, ma proprio non capiva come mai dovesse vestire quegli scomodi abiti eleganti e, soprattutto, perdere così tanto tempo per farsi arricciare i capelli.

Un rumore sordo interruppe i suoi pensieri, mentre si rese conto che la porta della sua stanza era appena stata spalancata di netto. Ad entrare, preceduto da due guardie armate, fu il Re Lothar*, suo padre. Le appariva stranamente sereno in volto, al contrario del resto della corte, decisamente in ansia per i preparativi.
Mentre si avvicinava alla figlia, le ancelle si fecero da parte rapidamente, interrompendo bruscamente il proprio lavoro.
- Sembri davvero una principessa – le disse, passandole una mano sopra la testa.
- Io sono la principessa. Non ricordi? - rispose lei, con una spavalderia mista ad ingenuità tipicamente infantile – Me l'hai promesso. Hai promesso che un giorno sarò io la principessa -
Lothar rise di gusto, facendo tintinnare le placche della sua imponente armatura da cerimonia.

- Hai ragione, figlia mia. Ti ho fatto una promessa – le disse, aiutandola a scendere dalla sedia – Ed oggi compiremo il primo passo. Questa è la tua prima Celebrazione di Briselda. E' un giorno importante -
E lo era davvero, secondo la cultura delle terre del Nord: nei tempi in cui il culto degli Angeli veniva ancora celebrato pubblicamente, i giorni delle Celebrazioni rappresentavano per i credenti delle vere e proprie tappe di vita, passaggi dall'infanzia all'adolescenza, dall'adolescenza alle responsabilità degli adulti, e così via. Erano momenti sacri, in cui ogni cittadino votava la propria fede incondizionata all'Arcangelo protettore della propria città.

Quando, tuttavia, il culto fu dichiarato illegale, le cattedrali pubbliche furono bruciate e saccheggiate, i simboli sacri profanati ed i sacerdoti perseguitati o costretti alla fuga. Solo ristrettissime cerchie di fedeli potevano ancora professare liberamente il proprio credo, tra cui, in stretta segretezza, la famiglia imperiale di Brimaria.
Alyssa strinse saldamente la mano del padre, mentre percorrevano i bianchi corridoi marmorei del castello. Nell'altra mano, teneva una bambola di pezza raffigurante l'Arcangelo protettore di Brimaria, con tanto di ali di stoffa ed armatura disegnata. Non se ne separava mai, ci giocava sempre e fantasticava su come sarebbe stato incontrare veramente Briselda, la Luce del Nord. Avrebbero giocato insieme? Le avrebbe insegnato a volare? Come faceva a proteggere Brimaria da sola? Erano tutte domande a cui solo la fantasia di Alyssa riusciva a dare risposta, spesso sotto forma di interminabili sogni ad occhi aperti, poi tradotti in disegni e altre bambole da cucire.

Quando arrivarono alla cattedrale, Alyssa notò il padre rivolgere qualche parola ai soldati posti a guardia dell'ingresso. Era impossibile scorgere il loro volto, nascosto da minacciosi elmi scuri.
Mentre quei tre parlottavano, diverse persone di corte entravano per prendere posto. Alcuni salutarono Alyssa, facendole complimenti per il suo nuovo sgargiante vestito. Tutte attenzioni a cui lei non prestava la minima attenzione o interesse, anzi. Si limitava a contraccambiare i saluti educatamente, come le era stato insegnato dai maestri di corte.

- E' tempo di entrare – disse Lothar, inginocchiandosi di fronte a lei – Ma prima ho un regalo da farti -
La bambina rimase un attimo interdetta, mentre il padre afferrò il medaglione che portava al collo, nascosto dalla pesante armatura. Aveva un colore argentato ed una forma rotonda, con al centro una piccola parte in vetro, contenente un liquido rossastro che ondeggiava al muoversi della collana.

Mentre Lothar sistemava il medaglione attorno al collo di Alyssa, lei si domandava freneticamente cosa fosse e, soprattutto, cosa contenesse.
- Dicono che il sangue degli Angeli sia immortale, esattamente come loro – la anticipò lui – Dicono che questo medaglione contenga il sangue di un Angelo della schiera di Briselda. E' un antico cimelio di famiglia. L'ho sempre tenuto con me, ma adesso voglio che sia tu a portarlo -
Lei singhiozzò, un po' infastidita dal peso del medaglione, ma allo stesso tempo esaltata all'idea di possedere un tale oggetto magico, tutto per sé.
- Non perdiamo altro tempo. Il sacerdote ci aspetta. Entriamo – disse Lothar, accompagnandola all'interno.

Alyssa era seduta in prima fila, accanto al Re. A fianco a lei, vi era un trono vuoto, un tempo assegnato alla Regina, che la bambina non ebbe mai modo di conoscere. Dietro di loro vi era un folto gruppo di seguaci di corte, alcuni soldati, altri semplici diplomatici o tesorieri, in numero comunque ristretto.
Il sacerdote era un uomo anziano, ma decisamente robusto di costituzione. Stava recitando a memoria alcuni passi sacri che Alyssa faticava a comprendere, ma seguiva con interesse e passione, compensando con la propria fantasia i limiti della sua capacità di comprensione verbale e, soprattutto, dell'astrusità del linguaggio parlato dal sacerdote.
Dietro l'altare vi era un'imponente effigie, rappresentante l'Arcangelo Briselda. Il suo epiteto ricorrente era “Luce del Nord”, da ricollegarsi alla posizione geografica di Brimaria, che era appunto la regione più settentrionale tra quelle dell'Alleanza. Alyssa era affascinata dal suo aspetto, quasi ossessionata: i suoi folti capelli dorati, le enormi ali bianche, gli occhi azzurri come il ghiaccio rappresentavano per lei la perfezione, un modello da imitare. Ed il fatto di avere anche lei i capelli di un colore chiaro, simile a quello delle raffigurazioni di Briselda, incendiavano le fantasie ed i sogni della piccola, persa nella speranza di poter essere, un giorno, un Angelo anche lei.

Mentre Alyssa era persa nei propri pensieri, il padre le diede un leggero colpo con il gomito.

- E' il tuo momento – le sussurrò, cercando di non farsi notare dai presenti.

A quel punto, la bambina notò che il sacerdote aveva smesso di parlare e la fissava, in attesa di un suo gesto. Alyssa si alzò, tenendo sempre con sé la bambola e si avvicinò goffamente all'altare, ostacolata dalla scomodità di quell'abito da cerimonia. Quando si voltò, notò imbarazzata come tutti i presenti la stavano fissando in religioso silenzio, facendola involontariamente sentire poco a suo agio.
Il sacerdote le si avvicinò, conducendola proprio davanti all'altare, al centro della navata principale. Da lì, iniziò a recitare un lungo cantico in una lingua a lei sconosciuta, a cui i presenti rispondevano ciclicamente ripetendone alcuni versi. Nel dubbio, Alyssa rimase in silenzio, osservando il rituale evolversi sotto i propri occhi senza muovere un dito, ma tenendo stretto il suo giocattolo preferito. Anche i presenti mantenevano un rigoroso silenzio, alcuni inginocchiati in segno di preghiera, altri in piedi.
- La luce di Briselda vegli su di te, Alyssa – disse il vecchio, poggiando una mano sopra la spalla della bambina. Era questo il rituale di cui le aveva parlato il padre la sera prima? Si aspettava un qualcosa di più sgargiante, ma era comunque emozionante.

 

All'improvviso si udì un urlo provenire dall'esterno.
Tutti i presenti si voltarono di colpo, istintivamente spaventati.
Ne seguì un altro, poi un altro ancora. Infine il silenzio.
Alyssa guardò confusa il padre, con gli occhi sbarrati. Il re Lothar si alzò di scatto e dopo aver tentennato un paio di secondi, fece un gesto alle guardie che, in tutta risposta, sguainarono le spade e si avvicinarono alla porta.

- Che succede, padre? - chiese la bambina, sempre più spaventata dalla situazione. Il re si avvicinò a lei, con una mano che circondava già saldamente l'elsa della spada.
Le urla ricominciarono, questa volta più nitide e vicine. Suoni di spade e di colluttazioni risuonavano sempre più chiaramente, poco fuori le porte ancora sbarrate della cattedrale. Alyssa si nascose dietro al padre, tenendolo stretto per la mano.
- Prendete posizione, uomini – urlò lui, sguainando finalmente la spada.

Ma prima che potesse aggiungere altro, gli enormi portoni della cattedrale si spalancarono. Ne seguirono istanti di panico brevi, ma all'apparenza eterni, nella frenetica attesa di scoprire quale fosse la natura di tale scompiglio.
Un folto gruppo di uomini entrò all'improvviso, assalendo le guardie poste all'ingresso. Erano molti, troppi rispetto alle truppe imperiali. Indossavano vestiti scuri e lunghi, ma la loro carnagione era stranamente pallida e biancastra, con volti quasi interamente ricoperti da pitture tribali. In pochi istanti, le poche guardie rimaste furono sopraffatte dalla furia degli assalitori e collassarono al suolo, sporcando di un rosso vivido i bianchi pavimenti sacri della cattedrale.

Alyssa si nascose dietro il padre, mentre il re indietreggiava lentamente, spada alla mano.
- Papà, ho paura – disse lei, sul punto di piangere.

Lothar non rispose.

Eliminate le guardie, fu il turno del resto dei civili. Alcuni tentarono di raggiungere le finestre, altri supplicarono in ginocchio, ma nessuno riuscì ad evitare il massacro. In poco tempo, anche i loro corpi crollarono al suolo, privi di vita.
L'ultimo a subire tale sorte fu il sacerdote: il vecchio, anziché fuggire o supplicare invano, si rifugiò nelle preghiere, ripetendo fra sé e sé versi incomprensibili, prima che una delle spade trafisse inesorabilmente la sua gola.

Rimasero solo Lothar ed Alyssa.
Il re aveva capito di non poter più indietreggiare. Mentre gli sconosciuti assassini lo circondavano con sguardi minacciosi, egli si rendeva sempre più conto di come fosse ormai giunta la sua ora.
La piccola non aveva ancora lasciato andare la mano del padre, convinta che egli sarebbe stato uno scudo infallibile e che la avrebbe protetta da tutto e da tutti, come ogni figlia giustamente crede.
- Chi siete? Cosa volete? - disse lui, con voce incredibilmente autoritaria, nonostante il contesto.
Una figura si stagliò dal gruppetto, avvicinandosi al re, senza però proferire parola. Fissava in maniera distorta ed allucinata la propria spada, ancora sporca dal sangue appena versato dalle vittime imperiali. Prima di parlare, passò due dita lungo la lama, raccogliendo il liquido rossastro e portandolo vicino alle labbra.
In quel momento, Alyssa notò la sua dentatura, sporgente e chiaramente diversa da quella umana.

E' un vampiro. Come quelli delle storie” pensò lei, senza però avere il coraggio di farsi avanti.

Fu in quel momento che gli altri uomini iniziarono ad avvicinarsi, spade alla mano, verso il re e la bambina. Lothar spinse indietro Alyssa, in un ultimo, disperato tentativo di difenderla, per poi lanciarsi contro gli altri.
Riuscì a colpirne uno, poi un altro. Era un abile combattente e lo stava dimostrando anche in punto di morte. Ma gli avversari erano troppi ed pochi istanti più tardi fu sopraffatto. Crollò a terra, sotto gli occhi della figlia.
Alyssa corse su di lui, ormai privo di sensi. Aveva resistito, cercato di essere coraggiosa, ma alla vista del padre morente non riuscì più a contenere le lacrime. Si inginocchiò vicino al suo corpo, coprendosi il volto, mentre il sangue del re lentamente sporcava le punte del bianco vestito della piccola. Per un attimo non considerò il resto degli uomini, ancora lì a fissarla ad armi sguainate, noncuranti del suo panico e del suo pianto che echeggiava nel silenzio della cattedrale.
Senza togliersi le mani dagli occhi, Alyssa sentì l'assassino avvicinarsi lentamente a lei, per poi accovacciarsi a pochi centimetri da lei.
- Perché piangi, bambina? - disse lui, con tono gelido e distaccato – Quello che hai visto oggi non è niente in confronto a quello che vivrai per il resto della tua vita -

 

   
 
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