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Autore: EternallyMissed92_    23/03/2017    7 recensioni
È passato un anno esatto dalla sua morte. Un anno in cui lentamente, giorno dopo giorno, si è lasciato morire anche lui. Lui, un povero dottore convinto che il tempo avrebbe lenito il dolore e guarito il suo lutto. Ma il tempo non è una medicina, John lo ha capito troppo tardi. Non disinfetta le ferite, non le cura; le riapre e scava, scava a fondo, avvelenando il sangue, contorcendo le viscere.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimers: niente mi appartiene. Sherlock è di proprietà di Steven Moffat, Mark Gatiss e della BBC. [Questa flashfic ha partecipato al contest “Tutto fa un po' male - anche 500 parole -” sul forum di EFP indetto da S.Elric_].
Nick EFP e FORUM: EternallyMissed92_/KikiEchelon92
Fandom scelto: Sherlock (BBC)
Contesto: dopo la 2x03, senza tenere conto degli avvenimenti a partire dalla 3x01
Coppia (se presente): Nessuna
Rating: Giallo
Avvertimenti/Note: Missing Moments
Citazione utilizzata per intero: 13. Fai che gli sia dolce anche la pioggia nelle scarpe, anche la solitudine.
Note autore: Questa è la primissima storia che scrivo nel fandom di Sherlock e ammetto di essere un po’ preoccupata/emozionata/nervosa. La flashfic è suddivisa in due brani, composti da 250 parole ciascuno, aventi points of view diversi – il primo di John, il secondo di Sherlock – che ripercorrono ed avvengono nello stesso momento. È stato arduo entrare nelle loro menti, considerato poi il contesto in cui ho voluto inserirli, ovvero dopo il finale di “The Reichenbach Fall”. Non è il massimo dell’originalità, tutt’altro, quindi prendete questa storiella come se fosse una sorta di esperimento, soprattutto perché l’ho scritta in neanche mezz’ora (potete immaginare la schifezza che ne è uscita fuori, insomma xD). Come ho già scritto qualche riga più su, la mia flashfic non tiene conto degli avvenimenti che ci vengono mostrati a partire dalla 3x01: qui Sherlock non ritornerà mai, neanche dopo due anni, e John continuerà a crederlo davvero morto. Lo so, sono una dannata masochista, ma dopotutto il contest richiedeva storie che sprizzassero angst da tutti i pori ed io ho cercato di attenermi il più possibile. Vi auguro comunque buona lettura e, se dovesse farvi veramente schifo, avete il via libera al lancio dei pomodori! -Martina-.

 

 

LE VITE SPEZZATE

 

Il vento gelido e funesto sferza il viso deperito di John Watson, mentre la pioggia scrosciante gli colpisce il corpo come fosse fatta di lame taglienti, inzuppandogli i vestiti. Il freddo gli penetra la carne, ghiaccia le ossa, ma non gli importa. Imperterrito resta lì, immobile e silente, davanti alla tomba di Sherlock Holmes.
È passato un anno esatto dalla sua morte. Un anno in cui lentamente, giorno dopo giorno, si è lasciato morire anche lui. Lui, un povero dottore convinto che il tempo avrebbe lenito il dolore e guarito il suo lutto. Ma il tempo non è una medicina, John lo ha capito troppo tardi. Non disinfetta le ferite, non le cura; le riapre e scava, scava a fondo, avvelenando il sangue, contorcendo le viscere.
John deglutisce, cercando di sciogliere quel dannato groppo in gola che gli asfissia il respiro, ma non ci riesce. Ormai vinto, si sottomette al volere di un dolore insopportabile e, con violenza inaudita, sbatte un pugno sul marmo gelido della lapide.
«Perché?», mormora, la voce incrinata. «Perché ci hai fatto questo, fottuto bastardo?»
Poi, come un fantoccio a cui sono stati recisi i fili, crolla in ginocchio. China la testa e si copre il volto con le dita, premendo con forza la bocca contro il palmo delle mani per soffocare i singulti. Cela il proprio pianto agli occhi del mondo, quel mondo falso in cui Sherlock era la persona più vera.  
Perché John Watson non crederà mai che Sherlock Holmes lo ha ingannato.

Mai.

*

Nascosto dietro un’imponente statua funebre raffigurante un angelo dalle ali dischiuse, Sherlock Holmes scruta da lontano il tumulto interiore di John Watson. Gli occhi glaciali fissano la sua schiena ricurva e squassata dai singhiozzi, le mani che ne coprono il viso straziato, le ginocchia tremanti immerse in quella coltre di terra fangosa. Il consulente investigativo sa – deduce – che John è ancora arrabbiato con lui perché non è ritornato, perché non ha smesso di essere morto.
Sherlock affonda le mani nelle tasche del cappotto scuro e serra le mascelle. Lui, che ha sempre pensato ai sentimenti come ad un difetto chimico, oggi prova odio. Odia quel bastardo calcolatore, quel freddo impostore, quel genio sciagurato che, con astuta maestria, ha inscenato il proprio suicidio sotto gli occhi pieni di sgomento del suo unico amico. Il solo ed unico. Il migliore.
Si odia per aver mentito a John, insinuando in lui il dubbio come una serpe tossica e letale. Si odia per averlo ingannato, facendogli credere di essere la mente folle che ha inventato Moriarty per sopperire alla noia, lo sciacallo che si nutre di vittime per sentirsi vivo. Si odia per avergli detto addio in maniera così meschina, fingendo la sua stessa morte per salvarlo. Si odia per doverlo lasciare da solo per sempre.

Sherlock Holmes distoglie lo sguardo e lo punta verso il cielo, affidando ad esso i suoi ultimi versi per John Watson. Prega chiunque si trovi lassù, affinché gli sia dolce anche la pioggia nelle scarpe, anche la solitudine.

   
 
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