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Autore: malpensandoti    26/03/2017    2 recensioni
I tuoi “I love you too” a fine serata mi facevano andare a dormire con un sorriso, lo stesso che avevo quando mi venivi a prendere sotto casa, quando mio padre faceva battute stupide e tutto andava bene.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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me lo avevano detto: non innamorarti, non innamorarti di un americano. 
io non ci son riuscita, io non ce la faccio. 
 
 
do I chase the night or does the night chase me? 




Mi sei passato a prendere come ogni weekend. 
La tua macchina sapeva di musica alta, una musica che non mi è mai piaciuta, che come al solito ho abbassato appena chiusa la portiera. 
Mi hai chiesto come stessi e poi dov’è che mi sarebbe piaciuto andare. 
La prima volta che siamo usciti c’era una luna immensa che a pensarci ancora non ci credo, mi hai portata al confine dello stato, sotto al gazebo che s’affaccia su uno dei tanti fiumi, con indifferenza mi hai detto “Sull’altra sponda c’è il Wisconsin, lo sapevi?” 
Io non lo sapevo, figurati. Ho scoperto più cose quella sera che in sette mesi, gli stessi che conto da quando sono arrivata. 
(a volte credo che sia stato tu a farmi innamorare così tanto della luna, questo però non te lo voglio dire, non ancora)
A scuola sei sempre stato uno dei pochi a salutarmi costantemente, nonostante io non sapessi il tuo nome, nonostante non parlassimo quasi mai. Quando mi hai parlato della tua ragazza ricordo di essermi sorpresa: io non sono abituata alla gentilezza che vuole essere solo gentilezza, io non sono abituata a chi vuole solo quello che chiede, che non pretende e non maschera altro. 
Mi hai parlato della tua tristezza per telefono, mi hai detto di lasciar perdere mentre continuavi a raccontarmene, mi hai detto che un ragazzo non piange, che questi sono gli standard, che è così e basta. Ti ho risposto che nell’antica Grecia gli eroi erano tali anche perché sapevano piangere, che non dovevi preoccuparti con me, che io non avevo intenzione di giudicarti, che di uomini piangere ne avevo visti e scritti molti e tutti non erano che più umani, più veri. 
In una delle nostre chiacchierate, in una delle nostre sere insieme - me la ricordo perché c’era sempre più freddo, perché arrivava l’inverno lentamente - ti sei fermato nel mezzo di una frase per chiarire il fatto che tu fossi un femminista. Mi sono venute le lacrime agli occhi e nel guardarti ho pensato dolcemente che ti avrei voluto come padre dei miei figli. Era un pensiero da bambina, un pensiero stupido e divertente che sicuramente ti avrebbe fatto ridere, oggi mi rendo conto che un giorno spero di incontrare qualcuno come te. 
Sei sempre stato attento che io fossi sicura, che stessi bene: ti sei arrabbiato tantissimo quando sono scesa all’improvviso dalla tua macchina, mi ha dato dell’incosciente come un fratello maggiore protettivo e con la stessa espressione hai minacciato di parlare a quei ragazzi che mi infastidivano, quelli che mi facevano sentire a disagio. 
Mi ripetevi che ero bellissima, che ero perfetta, così un giorno ti ho chiesto com’è che si facesse a riconoscere l’amore per un amico dall’amore per una persona per cui sei innamorato. Mi hai risposto che è qualcosa che senti dentro e basta, qualcosa che sai già. 
I tuoi “I love you too” a fine serata mi facevano andare a dormire con un sorriso, lo stesso che avevo quando mi venivi a prendere sotto casa, quando mio padre faceva battute stupide e tutto andava bene. 
I tuoi silenzi erano così spaventosi che pur di riempirli mi arrabbiavo con me stessa, l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era che fossi stanco, che sarebbe tutto finito e che io sarei rimasta sola. Così ogni volta che stavi meglio te lo facevo giurare. Giurami che non mi lasci, giurami che non mi lasci. 
Io non sono riuscita a farti stare meglio, non ce l’ho fatta perché non ne sono mai stata in grado. Ho cercato però di amarti, di dimostrarti con fatica che nonostante i brutti giorni io ero sempre lì, che ti bastava poco per raggiungermi, che la luna ci aspettava come tutti i fine settimana. 
Abbiamo sempre parlato una lingua che non mi piace, che non sa di poesia, fredda e stretta come il tuo inverno. 
Io penso diversamente, penso che se ho voglia di abbracciarti lo faccio, che se voglio piangere lo faccio. Io penso con altre parole che a volte vorrei dirti ma tanto so non capiresti. 
Sono istintiva, tu questo lo sai. Lo sapevi quella volta che sono scesa dalla tua macchina, la volta che ti sei messo a seguirmi e mi hai detto: “Sono disposto a seguirti fino a casa. Da sola non ti lascio”, quella in cui ascoltando Einaudi mi sono messa a piangere e ti ho chiesto scusa per le mie parole vuote a colmare il tuo silenzio che urlava. 
Mi dispiace, mi dispiace non averlo ascoltavo come meritava. Mi dispiace, va bene? 
Ho cercato - cerco - di amarti come ho potuto, ma è difficile quando con te ogni parola ha un diverso suono, quando innamorarsi con te significa cadere, quando non mi parli e io non so che fare. 
Non sarò sempre qui per te. Ho ottanta giorni ancora e poi tornerò a casa, dall’altra parte del mondo, e so per certo che non ci rivedremo più. Lo sento - come hai detto tu è qualcosa che sai e basta. 
A volte siamo anche più distanti di quanto saremo tra tre mesi, e io mi chiedo se sia l’unica a sentire la mancanza di quella luna così grande. 
Mi hai voluto tanto bene, sì. Me ne vuoi ancora. Ma. 
Mi hai mai amata? Io non capisco, lo sai. La mia lingua non dipende dal contesto, noi siamo diretti, le parole hanno un solo significato, le emozioni non si confondono per non creare guerre. 
Cos’è che ti spaventa così tanto? 
Ti ho fatto giurare di non lasciarmi perché sapevo che un giorno inevitabilmente lo avrei fatto io. 
Il nero dei tuoi occhi mi fa tremare, mi fa paura e non so perché. 
In classe una volta hai detto che detesti quando le persone ti toccano, io ho sorriso e ho pensato a quella volta che in piedi sulla panchina ti ho sentito così coraggioso da appoggiare la testa sul mio ventre, farti stringere come un bambino. 
A volte credo che sia stato tu a farmi innamorare così tanto della luna, a farmi capire che dopo il tramonto c’è dell’altro, che il buio se condiviso non fa così paura. 
Nei miei pensieri egoistici mi sono ritrovata a pensare che non troverai mai qualcuna che ti amerà come ti amo io. 
(la tua ragazza non ha mai capito, io invece sì) 
Invece ti auguro di sì, ti auguro di trovare chi ti amerà anche meglio di quanto abbia mai fatto io, che non si arrabbi per i tuoi silenzi, che non scenda dalla tua macchina all’improvviso, che non ti nasconda cose che potrebbero farti infuriare e che soprattutto abbia il tempo necessario affinché tu possa cadere. 
Ti auguro una persona che ti mostri il mondo di cui io faccio parte e che stando qui sembra sempre più lontano. Qualcuno che non abbia bisogno di abbassare il volume della musica che ti piace tanto per capirti, che parli la tua stessa lingua, che abbia in testa le tue identiche parole. 
Ti auguro qualcosa di più semplice, di più vicino. 
In un’altra vita forse avremmo avuto il tempo necessario, forse io avrei capito se mi ami come io amo te. 
Ora è troppo tardi. Ora si è fatta quasi l’alba. 
(tu però giurami che non mi lasci. Giurami che non mi lasci) 
  
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