Je
ne
vis que dans ses yeux
Philippe dorme
beato, i lunghi capelli corvini a incorniciargli i lineamenti dolci.
Pareva un angelo, un dono di Dio sceso sulla terra per benedirlo.
Oppure un fanciullo, ancora nel pieno della primavera della vita. Ma
c'era poi tanta differenza fra un angelo, un fanciullo e Philippe?
Tutti e tre erano accomunati da una certa ingenuità innocente,
qualcosa che li rendeva infinitamente piccoli e infinitamente grandi
al contempo.
Eppure, ora che il Re di Francia aveva deciso di
spedire suo fratello al fronte, Chevalier era turbato. La sola
persona che amasse e stimasse più di se stesso stava per partire, e
il suo ritorno era un enorme punto interrogativo, un ponte
traballante e instabile che poteva condurlo a un baratro di
solitudine o a un avvenire di cui non conosceva la forma.
Di
sicuro, da quando gli era stata comunicata la decisione del Re,
Chevalier non aveva più avvertito quel senso di calda sicurezza che
provava quando era al fianco di Philippe, sensazione che lo faceva
sentire a suo agio e che in un certo senso lo rassicurava. In questo
momento prova solamente un senso di abbandono che lo strangola,
bloccandogli la gola. Piccoli singhiozzi involontari scuotono il suo
petto, tuttavia si ostina orgogliosamente a reprimerli. Perché non
riesce a gioire della fortuna del suo amato? Tornerà trionfante e
finalmente sarà riconosciuto in tutto il suo valore. Il Sole sarebbe
stato poco più luminoso di quel nuovo, giovane astro che lo avrebbe
bagnato con la sua gloria e avrebbe fatto risplendere indirettamente
anche lui.
Allora cos'è quel
pensiero che nella notte si insinua nei suoi più oscuri pensieri? Il
terrore di perdere il proprio status? Certo, questo è quello che
pensa la corte. La maschera di cera che Chevalier porta
costantemente
è ciò che lo contraddistingue e che gli permette di sopravvivere a
tutto il veleno di cui si nutrono i nobili francesi. Nessuno conosce
ciò che si cela al di sotto di questa pelle fittizia. Nessuno,
tranne colui capace di far colare via la cera.
Il dormiente si
desta nel momento in cui una lacrima ribelle scavalca ogni
resistenza
e fugge veloce sul corpo nudo di Chevalier. Philippe non parla,
l'anima ancora intorpidita dal sonno. Allunga una mano, cerca la
pelle dell'amato; egli rifugge il suo abbraccio, non vuole, non
accetta.
Perché donargli affetto? Nel migliore dei casi
l'avrebbe dimenticato per un soldato o un popolano, nel peggiore
avrebbe aspettato invano qualcuno che mai sarebbe tornato.
«
Come posso abbracciarti? Troverai un
amante migliore. »
La
maschera cade, ma dura un istante. Dalla finestra, le stelle odono
la
sua sentenza fredda, tagliente, malinconica, sola e, subito dopo,
scorgono una mano invisibile che assicura sulla nuca di Chevalier la
sua solita, imperturbabile, impassibilità. Si volta, un gesto
stizzito che asciuga le perle di rugiada che, illuminate dalla luna,
sono le uniche testimoni della sua debolezza. Inizia a raccogliere i
vestiti in modo disordinato, nemmeno si cura di assicurarsi se siano
effettivamente i suoi e fa per andarsene. L'unica cosa capace a
farlo
desistere dal suo intento è la voce confusa di Philippe.
«
Come... Come puoi dirlo? Io ti penserò, non potrei non farlo. Puoi
venire con me... »
Lui, Chevalier, partire per la guerra? Ne
avevano già parlato e la sua risposta non sarebbe cambiata. Il suo,
il loro posto non era tra i fangosi campi di battaglia, tra il
sangue
e la morte, ma a corte, adorati come dèi
scesi in terra. Come il Re che lo stava privando della sua luce. Se
solo ci fosse stato Philippe al suo posto...
« Come sei
romantico. Mi inviti a una guerra. »
Il tono vorrebbe essere
sarcastico, e sarebbe capace anche di fingerlo, ma è stanco di
mentire. Perché farlo se Philippe avrebbe intuito tutto?
«
Chevalier tu... hai
paura?
»
Sul volto di Philippe compare sorpresa. In tanti anni,
mai ha veduto l'amato pieno di paura. L'aveva visto spaventato,
preoccupato al massimo, ma la paura era cosa ben più profonda.
L'inquietudine era, in Chevalier, spesso accompagnata da nervosismo,
dall'incapacità di trovare pace. Di solito, quando si trovava in
quello stato d'animo, sistemava il suo aspetto senza posa,
crucciandosi prima di un ciuffo di capelli ribelle, poi di una ruga
che sembrava aver rovinato il suo volto, infine faceva chiamare un
sarto, cosicché gli confezionasse un nuovo abito.
Invece ora
sembrava solo, perso, confuso dal corso degli avvenimenti. Poi, ad
un
tratto, Philippe intuisce. Quello che turba Chevalier non è la
preoccupazione che lo tradisca. È la fobia della
solitudine.
Immediatamente, Philippe lo invita a raggiungerlo nel
letto, così che possa rassicurarlo meglio. Il piglio deciso che ha
assunto fa sì che Chevalier gli obbedisca senza ribattere. Gli fa
posare la testa sul suo petto e ne accarezza i boccoli biondi, in
modo che possa sentirsi a suo agio.
A quel punto, le difese di
Chevalier crollano miserabilmente. Forti singhiozzi e copiose
lacrime
sgorgano dal suo corpo, la liberazione di un peso che si porta
dentro
da tanto. Non piangeva da quando era un infante.
E Philippe è lì,
Philippe lo ascolta e lo lascia sfogare. Lo aiuta a calmarsi e lo
rassicura. Lo abbraccia, lasciandogli qualche bacio sul capo.
«
Se tu non vuoi venire con me, porterò l'anello d'oro con incisi i
nostri nomi. Lo guarderò ogni sera e ogni mattina, così da avere
sempre impressa una tua immagine. Lo porterò con orgoglio e
racconterò di te a coloro a cui darò fiducia. ''L'ho amato e lo amo
ancora, lo amerò finche sarò in vita. Lo amerò anche da morto, se
è concesso ai trapassati.'' »
« Non dirlo, ti prego. Se tu...
se non dovessi
tornare piangerò tre giorni, o forse di
più? Farò straripare la Senna e tutti i fiumi, così che chi
ti avesse
privato della vita muoia e bruci all'inferno. »
Philippe accenna
un sorriso. Sa di essere riuscito nel
suo
intento, l'ha rassicurato.
Chevalier si protrae
verso di lui, alla ricerca di un bacio. Dopo averlo ricevuto, non
passa molto tempo prima che Morfeo lo prenda tra le sue
braccia.
Dolcemente, Philippe lo guarda. Si sente completo.