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Autore: Shikayuki    28/03/2017    2 recensioni
Dal testo:
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Il tappeto si fermò del tutto emettendo un lungo beep, allora Hajime sbuffando recuperò il suo asciugamano e, avvolgendoselo intorno al collo sudato, si avviò verso lo spogliatoio. Camminava sempre con rabbia, pestando i piedi sul pavimento nero e maledicendosi per essersi dimenticato la borraccia nella fretta di recarsi in palestra. Avrebbe racimolato degli spiccioli per prendersi una bottiglietta alle macchinette nell’atrio, ma prima avrebbe dovuto calmarsi. Si lasciò cadere sulla panchina nello spogliatoio, sbuffando di nuovo frustrato, l’asciugamano sulla testa che gli ricadeva a coprirgli la visuale e le spalle, i gomiti poggiati sulle ginocchia divaricate, la schiena curva.
Era incazzato Hajime, come mai nella vita.
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Buon compleanno EmsEms
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: purtroppo i personaggi e le ambientazioni non mi appartengono!



Buon compleanno Bubu <3



It's caving in around me what I thought was solid ground.



Hajime pestò di nuovo il piede sul tapis roulant, mettendoci tutta la rabbia e la frustrazione che aveva dntro. I Five finger death punch pulsavano arrabbiati nelle sue orecchie, dettandogli il ritmo della corsa. Aveva il respiro pesante, le sopracciglia corrucciate, il sudore gli imperlava la pelle e poteva sentire chiaramente la sua canotta leggera aderire alla sua schiena fradicia. Un passo, un altro passo, un ritmo cadenzato. Il contatore del tempo segnò i quarantacinque minuti e il ritmo del tappeto iniziò a diminuire gradualmente, mentre una scritta gialla segnalava l’inizio della fase di defaticamento. Grugnì e si adattò a rallentare. Aveva già girato praticamente tutti gli attrezzi della palestra, erano più di due ore che era là dentro, le cuffie ben piantate nelle orecchie e tanta incazzatura da sfogare. Era cresciuto in quel posto, era come una seconda casa per lui, ed era solito rifugiarvisi soprattutto quando voleva scappare da qualcosa, o meglio da qualcuno, un qualcuno con dei grandi occhi nocciola, degli stupidi capelli ondulati ad arte ed un sorriso che avrebbe voluto prendere a pugni perennemente. Nessuno lo aveva disturbato, neanche i ragazzini che di solito lo attorniavano in cerca di consigli, oppure gli altri ragazzi con i quali si allenava ogni tanto scambiandosi pareri. Si erano limitati tutti quanti a salutarlo con cenni del capo e a lanciargli curiose occhiate di sfuggita, presumibilmente intuendo che non era il caso di disturbarlo.
Il tappeto si fermò del tutto emettendo un lungo beep, allora Hajime sbuffando recuperò il suo asciugamano e, avvolgendoselo intorno al collo sudato, si avviò verso lo spogliatoio. Camminava sempre con rabbia, pestando i piedi sul pavimento nero e maledicendosi per essersi dimenticato la borraccia nella fretta di recarsi in palestra. Avrebbe racimolato degli spiccioli per prendersi una bottiglietta alle macchinette nell’atrio, ma prima avrebbe dovuto calmarsi. Si lasciò cadere sulla panchina nello spogliatoio, sbuffando di nuovo frustrato, l’asciugamano sulla testa che gli ricadeva a coprirgli la visuale e le spalle, i gomiti poggiati sulle ginocchia divaricate, la schiena curva.
Era incazzato Hajime, come mai nella vita.

«Andrò a Tokyo. Mi hanno preso nella nazionale, inoltre sono riuscito ad ottenere la borsa di studio in Astronomia e l’università è abbastanza vicina a dove dovrò allenarmi e anche la loro squadra è abbastanza forte…»
Aveva lasciato cadere la frase così e quelle parole avevano iniziato a fare breccia nel cervello di Hajime, che quel giorno sembrava andare a rilento. Lo aveva guardato aggrottando la fronte, non recependone ancora completamente il senso.
«Buon per te?»
«Sono in squadra con Ushiwaka e la cosa mi fa incazzare, ma sono in Nazionale, continuerò a giocare, io…»
La voce gli si era spezzata, a quanto pare erano entrambi incapaci di comprendere i loro veri sentimenti, capire come si sentivano davvero riguardo a quella nuova situazione. Hajime si era preparato per anni a quel momento, ma dopo il leggero infortunio dell’altro e la loro sconfitta ai preliminari dello Spring break, avevano entrambi pensato che quella convocazione non sarebbe mai arrivata. Avevano fatto progetti e scelto università, scivolando lentamente nella vita da adulti che ognuno si aspettava da loro. Però alla fine era arrivata e Hajime aveva potuto sentire chiaramente il rumore dei loro progetti che s’infrangevano contro la realtà della vita.
Non aveva detto nulla all’altro, si era solo voltato, i pugni serrati e rigidi lungo il corpo, e solo la voglia di andarsi a distruggere in palestra per non pensare.


Lo spogliatoio era deserto e silenzioso, i rumori della palestra non lo raggiungevano e riusciva persino a sentire il rombo del sangue che gli scorreva agitato nelle vene, per lo meno finché non percepì un rumore di passi leggeri. Una sensazione di umida freschezza gli pizzicò il collo, lasciato scoperto dai drappeggi dell’asciugamano. Non si mosse, neanche un piccolo sussulto sorpreso: se lo aspettava.
Un paio di scarpe sportive nere, dei polpacci lunghi e tonici dalla pelle diafana ed una mano dalle dita lunghe ed affusolate che stringeva la sua borraccia comparirono nel suo limitato campo visivo.
«Hai dimenticato questa a casa Iwa-chan.»
La voce era allegra, spensierata come sempre, con quel tono petulante studiato a posta per farlo incazzare, ma che per la prima volta non gli suscitò alcuna reazione. Continuò a rimanere fermo in quella posizione, i gomiti sempre ben piantati sulle sue cosce e le mani unite, strette tra loro.
Il ragazzo di fronte a lui sospirò, per poi inginocchiarglisi davanti, anche se comunque non poteva vedere il volto di Hajime, ben barricato dietro la sua cortina di microfibra colorata.
«E quindi è arrivato il momento dei discorsi, eh? Bene, allora ascoltami bene, ho qualcosa da dirti da un bel po’… poi magari puoi decidere se prendermi a pugni o meno, ma per il momento ascoltami.»
Il nuovo arrivato emise una risata cristallina e Iwaizumi poteva immaginarlo così vividamente nella sua testa che gli sembrava quasi di vederlo attraverso la stoffa fitta: la testa leggermente reclinata indietro, i ciuffi ribelli sulle guance che ondulavano al movimento della sua testa, le labbra piegate in un sorriso dolce e gli occhi… tristi. Lo conosceva abbastanza bene da sapere che quello che aveva sicuramente stampato in faccia, era uno dei suoi sorrisi falsi, di quelli che si fanno nelle situazioni spinose, cercando di alleggerire il tutto. C’era una leggerissima nota isterica in quel suono cristallino.
«Iwa-chan, io ho sempre guardato alle mie spalle e c’eri tu, nei momenti felici, in quelli tristi e soprattutto in quei momenti in cui mi facevo quasi del male, troppo preso da me stesso. Mi hai sempre rimesso in piedi a suon di pugni e strigliate per bene ed io…»
Oikawa esitò giusto un attimo prima di poggiare una mano sul ginocchio nudo di Hajime, che trasalì a quel contatto, sentendosi pervadere da una leggera scossa elettrica. Era bollente la pelle di Tooru, anche in confronto alla sua, accaldata e sudata dallo sforzo fisico.
«Io non ho mai immaginato la mia vita separata dalla tua, eppure ho dovuto capire che è necessario. Dobbiamo crescere entrambi e per farlo dobbiamo seguire le nostre strade, senza influenzarci troppo. Però… però questo non comporta che dobbiamo separarci, perché io ti voglio nella mia vita. Io ho bisogno di te nella mia vita, Iwa-chan.»
Hajime non stava capendo le parole del ragazzo, si era fermato al punto in cui diceva che dovevano separarsi e una sensazione soffocante lo aveva afferrato alla gola. Lui non voleva separarsi da Tooru, lui voleva continuare ad aspettarlo sotto casa, lamentandosi per il suo essere perennemente in ritardo, voleva continuare a sentirlo blaterare su cose inutili tutto il giorno, lagnandosi di se stesso, voleva prenderlo a pugni e continuare a vedere quel sorriso che gli faceva solo venir voglia di tirargli una testata sul naso. Lentamente si fece scivolare via l’asciugamano dalla testa, e piantò i suoi profondi occhi verdi con quelli caldi e color cioccolato di Tooru. Erano così limpidi e tranquilli, come se quello che gli aveva appena detto non contava nulla per lui, che gli fecero venire il voltastomaco. Sentì la rabbia montargli di nuovo dentro e senza rendersene conto scattò in avanti, afferrando Oikawa per il bavero della sua tshirt ed attaccandolo agli armadietti di ferro dietro di lui. Il violento impatto riverberò per tutto lo spogliatoio deserto, spandendosi in un forte rumore metallico, per poi scemare. Il respiro di Iwaizumi era accelerato, il petto gli si alzava ed abbassava velocemente, il braccio destro già caricato all’indietro, pronto a sferrare un pugno. Non sarebbe stata la prima volta che avrebbe dato un pugno ad Oikawa, ma forse sarebbe stata la prima volta in cui glielo avrebbe dato per fargli male, per distruggerlo, per fargli provare almeno un po’ del dolore che aveva dentro. Ma dolore per cosa, poi?
Tooru lo guardava tranquillo, un sorrisetto ad increspargli quelle labbra perfette, che Hajime si era ritrovato ad osservare così tante volte, mentre si muovevano modellando parole che raramente stava davvero ad ascoltare.
«Se vuoi picchiarmi posso capirlo. Lo farei anch’io, sai? È una vita che mi faccio schifo per questa cosa e forse un tuo pugno sarebbe la giusta espiazione. Fammi male, Iwa-chan.»
Hajime tentennò a quelle parole, ma non abbassò il pugno, ancora indeciso sul da farsi.
«Che cosa stai dicendo, idiota?»
La voce gli uscì in un ringhiò che spaventò persino lui, ma si tenne bene dal mostrarlo. Un tono graffiante, animalesco, rabbioso, risentito.
Oikawa lo guardò, la fronte aggrottata, l’espressione pensierosa. Poi un lampo di qualcosa gli attraversò il volto, la sua espressione si distese ed iniziò a ridere. Rideva talmente tanto che presto rimase senza fiato, gli occhi lucidi di lacrime ilari che a breve avrebbero preso a scorrergli sul viso.
«Sei un idiota Iwa-chan. Scommetto che il tuo cervello da gorilla di montagna è rimasto incagliato sulla parte del “è necessario separarci”, vero?»
Rise di nuovo, mentre Hajime lo guardava come se fosse impazzito – e forse era davvero così -, totalmente incapace di capire cosa fare. «Se non lo hai capito, ti sto dicendo che ti amo Iwa-chan. Ti amo presumibilmente dal primo giorno che le nostre mamme ci hanno fatto incontrare in ospedale. Forse persino dal momento in cui ho iniziato a respirare. Si, sono gay, e lo sono per te, il mio migliore amico. Magari detto così lo capisci… okay, ora puoi picchiarmi.»
Hajime guardò Tooru e Tooru guardò Hajime, con un sorrisetto beato stampato sul volto. Il braccio di Iwaizumi lentamente si abbassò, andando a stendersi al lato del suo corpo, mentre l’altro continuava a premere Oikawa contro gli armadietti, anche se non ne sentiva più la sensibilità. Tooru gli sorrise e, scostando dal suo petto il braccio ormai innocuo, si avvicino al ragazzo di fronte a sé, ora totalmente imbambolato.
«Ti amo Iwa-chan, e ti amerò per sempre, anche nella prossima vita ed in quella dopo ancora.»
Lo abbracciò, stringendolo forte a sé, trasmettendogli tutto il calore del suo corpo longilineo, che Hajime tante volte aveva visto nudo, spesso soffermandosi a chiedere come mai lo trovasse tanto bello.
Era gay? Non lo sapeva, non se l’era mai chiesto. La sua testa era nel pallone e tra le braccia di Tooru la situazione non stava migliorando affatto. Il ragazzo profumava del suo solito bagnoschiuma preso rigorosamente nel reparto femminile, la sua pelle era così liscia e pulita contro la sua sudata e la differenza tra i loro incarnati era ipnotizzante. Era gay? Forse si, ma non troppo. Era gay per Tooru? Questo decisamente si.
Gli tornarono alla mente tutte le cose che lo infastidivano di quel flagello divino che gli stava attaccato addosso, ma anche tutte le cose belle che avevano visto e vissuto insieme.
«Non lasciarmi mai Iwa-chan. Gay, non gay, fidanzato, non fidanzato… prometti di non abbandonarmi. Scrivimi. Mandami messaggi tutti i giorni, e-mail, fai foto, parlami anche delle cose più inutili, tipo di quanti biscotti hai messo nel tè. Ma non solo, mandami delle lettere ogni tanto, mettici dentro qualche foto stampata, usa penne ad inchiostro, imprimici anche l’aria che respiri… non lasciarmi.»
Quelle parole lo colpirono come avrebbe dovuto fare il suo pugno con la faccia di Tooru, prendendolo dritte allo stomaco. La voce rotta del suo – ormai ex? – migliore amico lo ferì e lo curò allo stesso tempo. Finalmente tutto fu più chiaro ai suoi occhi: tutte le volte che diventava irritabile quando l’altro usciva e poi gli narrava le sue vicende con qualche nuova e bella ragazza; quando scherzava con gli altri ragazzi della squadra, magari mezzi svestiti negli spogliatoi; quando usciva con persone che non includevano anche lui.
Hajime era sempre stato possessivo verso Tooru, voleva che fosse assolutamente suo e di nessun altro. Era amore quel sentimento? Poteva definirsi tale? Forse, o meglio, forse era un principio di amore, un sentimento che aveva covato nel suo cuore senza mai riuscire a dargli un nome o un significato. Sarebbe mai riuscito a diventare amore? Assolutamente si. Era a casa in quell’abbraccio, quel luogo era decisamente il posto per il quale era nato… o forse era Oikawa che era nato per essere il posto destinato a lui. Non aveva importanza, importava solo che Hajime aveva trovato il suo luogo, le sue risposte e la sua pace.
Non lo avrebbe aspettato più sotto casa alla mattina, vedendolo correre giù per le scale, un biscotto tra le labbra e le dita che inciampavano nell’allacciare la giacca. Non lo avrebbe scovato più nella palestra ad orari improbabili, intenzionato a sfinirsi in allenamenti massacranti. Non lo avrebbe più caricato sulle spalle e riportato a casa quando sforzava troppo il ginocchio ed il dolore non gli permetteva di camminare: lui non lo diceva, ma Hajime aveva imparato a capirlo da quel leggero velo di sofferenza nei suoi occhi. Ma quelle erano cose che comunque, con la fine delle superiori, sarebbero sparite comunque. Tooru ci sarebbe stato, si sarebbero andati a trovare a vicenda e, come diceva lui, si sarebbero sentiti tutti i giorni, tutto il giorno, anche per raccontarsi quanti biscotti avevano messo nel tè. Ed infine, Hajime gli avrebbe scritto almeno due lettere a settimana, sapeva di doverlo fare, non era una scusa negoziabile: Oikawa altrimenti lo avrebbe massacrato di messaggi petulanti.
Senza accorgersene si ritrovò a ricambiare l’abbraccio, il volto seppellito nell’incavo caldo del collo di Tooru, che rise leggermente e quella risata gli arrivò gorgogliante, attraverso la pelle sottile e candida del suo collo.
«Sei uno scimmione sgraziato, lo sai?»
«Taci.»
«Rude, Iwa-chan!»
Hajime si limitò a stringerlo più forte, quasi stritolandolo.
«Io ti aspetterò, lo sai?»
Ancora silenzio.
«Allora, mi scriverai tutti i giorni?»
Hajime continuò a non rispondergli, continuando a tenerlo stretto tra le braccia, cercando di trasmettergli tutto quello che voleva dire con un abbraccio. Non era mai stato capace di esprimersi molto a parole e Tooru lo sapeva bene, per questo sorrise semplicemente, alzando una mano ed iniziandola a passare delicatamente tra i corti capelli corvini dell’altro.
«Sai che hai proprio bisogno di una doccia, Iwa-chan? Puzzi un po’…»


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Shikayuki's corner: Buonsalve a tutti <3 Sono resushitataaaaaH (sushi, gnam!)!!! Mi dispiace essere stata via a lungo, ma sono in trip bruttissimo tra Romics da incubo ed uni ed è tutto un big mess, ma chi mi segue sul mio delirante profilo fb (mi dispy per voi) già ne sa qualcosa XD Questa è una cosina così, veloce veloce, che avevo iniziato a scrivere ad inizio mese e poi avevo lasciato lì a marcire in attesa di qualche segno divino. Beh, il segno divino è stata quella petulante di EmsEms, che però oggi fa il compleanno, e visto che abitiamo lontane (sigh), questo sarà il suo regalino <3 Buon compleanno di nuovo Bubu <3 (e scusami per questa cagata immensa, ma l'ispy mi ha abbandonato tra una sfiga ed un'altra~)
Per questa ff però devo anche ringraziare di cuore la mia splendida CoinqEfp (prima o poi stanerò il tuo profilo u.u), che mi ha aiutato a superare la mia crisi mistica da "ho scordato come si scrive" e mi ha fatto da beta mentre piangevo sulla tastiera disperata... i muffin te li sei meritati tutti <3
Oooookay, spero davvero che vi sia piaciuta e se vi va fatemelo sapere, con una recensione, un MP, una molestata sulla mia pagina o profilo privato... anche i vaffanculo son ben accetti, nyan ~ Alla prossima <3

EDIT (perché l'autrice è tarda!): la canzone dalla quale ho ripreso il titolo è questa: Coming down ATTENZIONE, VIDEO DAI CONTENUTI FORTI CHE NON C'ENTRANO NULLA CON LA SHOT. Invece la canzone che mi ha ispirato la shot, mentre appunto stavo in palestra sul tapis roulant è questa: Under and over it. Sono entrambe dei Five finger death punch e non c'entrano nulla con la shot, me l'hanno solo ispirata con le loro sonorità... si, sono strana, lo so XD

PAGINA AUTRICE: Hecate - Shikayuki Efp
PROFILO AUTRICE: Shikayuki Efp chiedetemi tutti l'amicizia, ho i biscotti *^*

  
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