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Autore: redmabon    29/03/2017    0 recensioni
[estratto da un capitolo numericamente indefinito.]
«Vedi, ogni fiocco di neve è perfetto nelle proprie linee geometriche che lo distinguono dagli altri. Sono eleganti e non perdono la loro bellezza nemmeno durante la loro caduta, sembra quasi che rimangano sospesi nell'aria. Isolati, ben divisi gli uni dagli altri, come a mantenere la loro unicità. È affascinante questa loro particolarità. Ti dispiace anche toccarli, no? Cioè… perché un qualcosa di così incantevole deve scomparire nel giro di tre secondi, lasciando il posto a qualche gocciolina d’acqua?»
«Credo, di essermi perso qualche passaggio.»
Tenten annuì capendo il suo punto di vista, alzò lo sguardo verso il suo volto e riprese il proprio monologo: «Il punto è che non mi dispiace che tu ti sciolga...»
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Il raiting potrebbe variare con la successiva pubblicazione dei capitoli, come potrebbero anche essere aggiunti ulteriori avvertimenti.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Neji Hyuuga, Rock Lee, Tenten | Coppie: Neji/TenTen
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun contesto
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Come La Neve
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Masashi Kishimoto; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Immagine della copertina presa da: " https://it.pinterest.com/pin/476255729320964835/
"





Mi Piaci Sul Serio 
(parte seconda)
 
L’estate a Konoha era da sempre fastidiosa. Tutti pregavano per un clima secco, che portasse pace e benessere alla giornata in preda al sudore… e invece ricevevano umidità a non finire.
«Non vedo l’ora dell’inverno!» farfugliò Tenten, stesa a quattro di spade sul tappeto erboso del giardino di Lee con il respiro affannoso e il corpo madido di sudore. Continuava a ripetersi che non era stata una buona idea quella di chiedere all’amico delle ripetizioni sulla difesa personale, ma nonostante i propri lamenti, non si asteneva dal continuare a esercitarsi. Alla fine era diventato una sorta di passatempo: loro si divertivano e lei imparava.
Soffiò dal naso. Non era sicura di star imparando qualcosa, dato che nemmeno una volta era riuscita ad atterrare Rock Lee… e se non riusciva a buttare giù lui come poteva pensare di riuscire a difendersi da un omone come Jugo.
Una secchiata di acqua gelata la colpì in pieno, facendola saltare subito in piedi: «Per la miseria, Lee! È fredda!»
«E tu vorresti l’inverno, la neve… il gelo più torrido – strinse gli occhi osservandola attento, ancora con la bacinella tenuta a mezz’aria e una gamba sollevata – e non sopporti un po’ di acqua?» domandò serio, ma con un’espressione furba dipinta in volto.
«Sai che odio l’acqua fredda sulla pancia!» sottolineò, in memoria delle ore che ci metteva per riuscire ad immergersi completamente nel mare.
«In ogni caso l’inverno non ti è mai piaciuto.» le fece presente, afferrando la canna dell’acqua e chinandosi verso la manopola a stella.
La Tamura arrossì e si coprì la pancia abbracciandosi con le braccia: «Lo so. Ma i maglioni, le sciarpe… gli stivali pelosi… Non lo so… mi ispirano di più in questo ultimo period-» la sua affermazione venne tranciata da un bambino dispettoso di nome Rock Lee, che aveva deciso di innaffiarla. Nuovamente.
«LEE!!»
«Non è che tu vuoi l’inverno perché è la stagione in cui hai iniziato a uscire con Jugo?» domandò Lee, minacciandola di riaprire il getto dell’acqua nel caso avesse avuto solo il sentore che la sua risposta fosse una menzogna.
«Ma si può sapere che cavolo vai a pensare?!» urlò rossa, avvicinandoglisi pestando i piedi a terra. Afferrò il tubo dell’acqua e aprì il getto alla massima potenza – posizionando un pollice davanti al beccuccio –, ghignando soddisfatta di essere riuscita a bagnarlo completamente.
«Mi hai chiesto di aiutarti a difenderti e suppongo che sia per paura che qualcuno ti aggredisca. – sputò un po’ di acqua – Ma tu non mi hai mai spiegato la tua motivazione! Non è che vuoi ritentare con quello, quando ricomincerà scuola e vuoi essere pronta al peggio?» ipotizzò Lee, trovando riparo dietro il tronco di un albero.
La Tamura si immobilizzò sul posto, questa volta rimase lei con una gamba alzata, il tubo verde abbandonato sull’erba ancora aperto e con un pugno stretto nel palmo della mano opposta per schioccare le dita. Le dicevano tutti che era una ragazza abbastanza semplice e, lo credeva anche lei, quindi perché mai avrebbe dovuto fare ragionamenti così complessi. Per un ragazzo che l’aveva picchiata, per giunta!
«Perché mai dovrei ritentare con lui? Insomma… capisco che fosse il primo, per-»
«Il primo?! Oddio Ten, ma che hai fatto?!» chiese esterrefatto, assumendo la stessa posizione dell’arcinoto Urlo di Munch.
«Il primo ragazzo con cui mi sono sentita. – dichiarò freddamente, riconoscendo nell’amico la stessa reazione che avrebbe potuto avere suo padre – Come siete precipitosi…» sussurrò l’ultima parte scuotendo affranta la testa.
«Allora mi spieghi perché vuoi continuare con la squadra di pallavolo, se non per lui?» rincarò la dose Lee, incrociando le braccia e pestando i piedi nella pozza d’acqua che si era venuta a formare accanto alla fontanella. Non era colpa sua se l’ultima intervista del mitico Maito Guy, fosse capitato su un libretto per adolescenti e sicuramente non aveva letto apposta quell’articolo che riguardava, il cuore infranto delle ragazze. Quello in cui spiegavano dettagliatamente che alcune, quando un rapporto termina male, le provano tutte per redimere il ragazzo che le aveva piantate. Specialmente quelle testarde.
Il collegamento con Tenten era sorto automaticamente e, i dubbi erano sbocciati come fiori in primavera.
Inoltre, a questi concetti base della psiche femminile, si aggiungeva il fatto che Neji aveva proclamato di essere impegnato e forse lei essendo invidiosa e vogliosa di una storia romantica, si era buttata sul primo che aveva dimostrato un po’ di affetto nei suoi confronti – se affetto si poteva chiamare.
«Okay, Lee… allenarci sotto il sole ti ha fatto venire qualche allucinazione. Andiamo a cambiarci e tuffiamoci in piscina, dai.» chiuse il discorso la ragazza, massaggiandosi una tempia.
«Ten, se vuoi veramente avere un ragazzo, giusto per provare a vedere cosa si prova… – le mise entrambe le mani sulle spalle – La mia proposta e sempre valida.» le ricordò Lee, seriamente preoccupato che l’amica volesse compiere qualche sciocchezza.
«Oh… per i Kami! Abbiamo assistito in diretta ad una dichiarazione?» starnazzò Junko, che ovviamente si era presentata insieme a Neji, nel momento meno opportuno.
Superato il momento “che ci fanno qua loro?”, Tenten optò per un profondo respiro volto a eliminare l’imbarazzo – che mai aveva avvertito così immenso – e si volse verso il patio, pronta a chiarire la situazione con una qualche battuta di spirito.
Il piano fallì, quando ad attenderla incontrò due occhi gelidi e duri che fecero attraversare la mente della ragazza, da improbabili dubbi: Lee poteva inavvertitamente omesso alla coppia di piccioncini che ci sarebbe stata anche lei, quindi Neji poteva essere preoccupato per una zuffa tra gatte (le aveva confidato che sapeva che tra lei e Junko non scorreva buon sangue); la spudoratezza del suo migliore amico, era in grado di far vergognare lo Hyuuga di averli scelti come compagni di avventura – la parole di Junko risuonarono nella mente come campanelli d’allarme –; oppure dover avere a che fare con due individui che con ancora i vestiti addosso non avevano resistito ai palloncini ad acqua; in ultimo, Neji poteva essere geloso.
Credette che con quell’ultima ipotesi, sarebbe scoppiata a ridere davanti a tutti, facendosi scambiare per una pazza da rinchiudere. Eppure…Stranamente… le mancò il fiato.
 
La propria infanzia, l’aveva passata divisa tra casa propria e quella di Lee. Si erano incontrati in terza elementare e avevano stretto amicizia al corso di nuoto che si erano trovati a frequentare assieme: lui era terrorizzato di annegare, Tenten lo assistette finché non fu in grado di rimanere a galla senza braccioli. Dopo quell’incontro quasi ogni pomeriggio dopo scuola, lo passava a casa del ragazzo, dove si abbuffavano dei deliziosi dolci di Fujiko, madre di Rock Lee e, si aiutavano a vicenda con i compiti – piuttosto sottostavano agli ordini imperativi della padrona di casa, che si premurava non continuassero a distrarsi come loro solito.
Ormai, però, erano cresciuti e se Lee aveva smesso si spalleggiarla come ai vecchi tempi, Fujiko non aveva abbandonato il proprio debole per le telenovelas, quindi mentre il primo voleva favorire un rapporto civile con Junko, la seconda – alla sua richiesta di asilo – le aveva chiuso la porta a doppi battenti del salotto in faccia, semplicemente perché l’amore tra Candela e Rodrigo doveva avere la sua più totale attenzione. La donna, data la reclame dai tempi prolungati, aveva concesso la propria presenza solo per aiutarla a preparare il guacamole, il tutto tra il “perché mi avvisa sempre all’ultimo che invita i propri amici?” e ante chiuse bruscamente perché piene di barrette energetiche con cui il figlio si drogava e, non snack adatti ad un pomeriggio di relax.
Dopo aver trasportato lo spuntino sul tavolo in giardino era corsa in camera di Lee per stendere ad asciugare i propri vestiti e cambiarsi con il costume. Era abituata a fare come se fosse a casa propria, dunque dopo essersi spogliata, salì sul balcone e stendendo la maglietta, cominciò a osservare si sfuggita la scenetta in giardino: Neji che si abbandonava ad una risata mentre Lee si tormentava l’anima molto probabilmente per un commento fuori luogo che aveva diretto alla Matsumoto.
Quest’ultima momentaneamente fuori dal campo visivo – beatitudine ottica per Tenten – la raggiunse nella stanza, richiudendosi violentemente la porta alle spalle, con il chiaro intendo di attirare l’attenzione su di sé.
«Allora avevo ragione a dire che alla fine il vostro potrebbe rivelarsi Amore.» constatò, facendo un chiaro riferimento allo spiare della ragazza che era velocemente rientrata in casa, accostando le porte a finestra.
«Perchè molte persone hanno la mentalità talmente chiusa da non credere nell’amicizia tra maschi e femmine?»
«Non ero io quella che fino a qualche secondo fa, lo osservava tutta rossa in viso.»
Tenten si portò una mano a sfiorarsi la guancia, riconoscendo la sensazione di bruciore che l’aveva colta quando Junko si era presentata urlando e lei si era voltata verso la coppietta. Nemmeno a Junko era sfuggito quel particolare e, sinceramente le aveva dato fastidio sia il suo improvviso imbarazzo, sia il mutismo in cui si era chiuso Neji quando gli aveva chiesto cosa ne avrebbe pensato se Tenten e Lee si fossero messi insieme.
Tutta quella situazione aveva del ridicolo e a lei non piaceva avere dubbi circa la stabilità della propria relazione. Avvicinare il rampollo di casa Hyuuga era stata un’impresa ardua e, sicuramente non avrebbe mandato all’aria tutti i propri sforzi.
«Che stai facendo?!» urlò coprendosi istintivamente il seno e voltandosi presa alla sprovvista.
«Io mi devo cambiare. Non sono venuta già vestita.» sottolineò Tenten, che tranquillamente si era tolta il reggiseno intimo per infilarsi il sopra del bikini.
«Si ma ci sono io!»
«Non credo di avere qualcosa che tu non abbia già visto.»
Junko osservo la schiena nuda di Tenten mentre faceva spallucce. Quella ragazza non era una di quelle a cui servivano tante moine per prendere confidenza, piuttosto la dava per scontata, come se fosse sua di diritto e tu dovevi stare al passo con lei. Quello era l’esempio lampante del suo pensiero – esclusa la vena pudica, completamente assente.
Il modo di fare della ragazza che ora si stava cambiando anche il pezzo sotto, poteva risultare un problema. Insieme al temperamento frizzante e imbarazzante di Lee, si stavano ritagliando un spazietto fin troppo grande nel cuore di Neji e, lei non poteva permetterlo. Se lo Hyuuga avesse continuato a frequentare assiduamente loro e quegli altri smidollati, Juno temeva che il proprio ragazzo perdesse i contatti con il mondo che entrambi condividevano e, lei non era disposta a rinunciare a tutte le opportunità ed esclusività che lo stesso offriva.
«Io e te abbiamo cominciato con il piede sbagliato. – cominciò a dire, cercando di abbuonarsela ed avere un discorso civile – Ero gelosa solo al pensiero che Neji potesse provare qualcosa per te che… l’altra volta ho detto quelle cose solo per farti star male.»
Tenten annuì lentamente, allacciandosi un pareo alla vita. Forse i propri pensieri erano giusti e Junko faceva solo fatica a gestire i suoi sentimenti, quindi le risultava più semplice allontanare tutti con qualche parola ben piazzata. Inspirò profondamente. Non era ancora totalmente convinta di quella sua facciata, anche perché doveva ammettere che ci aveva pensato tanto a quelle sue affermazioni, certe volte anche dandole ragione.
«La smetterai quindi di insistere con me e Lee?»
«No, mi spiace… Cioè – scosse la testa – Io voglio che Neji capisca a che genere di relazione aspiro… Io vi invidio…»
Il volto della Tamura cominciò nuovamente a muoversi dall’alto verso il basso, intuendo cosa intendeva la ragazza: «Non potrete mai essere come noi. Neji è schivo, difficile da far aprire.» sorrise al ripensare a quanto tempo avessero impiegato lei e Lee a stringere amicizia con il diretto interessato.
«Proprio per questo volevo chiederti un consiglio, dato che lo conosci da più di me.»
Quel momento di intesa, di tacita unione mentale femminile, era il momento che la Matsumoto stava aspettando. Si era ripromessa di utilizzare quello che aveva scoperto tramite estenuanti ricerche in rete, solo per ricattare Neji in futuro se l’occasione l’avesse richiesto, ma era molto più proficuo lanciare la bomba ora. Giusto per far ricredere Tenten della fiducia che lo Hyuuga riponeva in lei, perché era certa che lui non avesse detto nulla.
«Come hai reagito quando ai saputo che Neji era orfano di madre?» domandò, lasciando a bocca spalancata quella ragazza che l’ascoltava tutta orecchi e ora mostrava uno sguardo sbarrato.
Tutto era partito da quella lettera: da Yukari, c’era scritto. La reazione di Neji l’aveva sbalordita, quindi si era imposta di cercare informazioni e, l’unica notizia che aveva trovato era della madre del fidanzato, la cui memoria veniva continuamente infangata da delle sporadiche lettere da parte di persone che volevano giocare con i sentimenti del padre di Neji – sperando forse in un crollo psicologico che avrebbe portato alla disfatta l’azienda.
«Non è divertente come scherzo.» dichiarò Tenten che nonostante i pensieri turbati, non aveva smesso di controllare Junko, che ora sembrava ridere sotto i baffi.
«Per i Kami! – si coprì la bocca con la mano – Allora non ne sapevi nulla!»
«Non farò la spia del vostro segreto, stai tranquilla.»
«Grazie. – le accarezzò la schiena con fare materno – Ora andiamo giù, prima di farli preoccupare.» si congedò, per poi uscire con la stessa velocità con cui aveva dato quella macabra notizia.
Tenten la seguì a ruota, imponendosi di sorridere e non destare alcun sospetto.
 
Nonostante l’inizio deludente, il pomeriggio si era concluso al meglio. Rock Lee aveva dato esibizione dei propri tuffi migliori – nonostante tanto di simbolo di divieto stampato su una facciata della piscina ottagonale –, Tenten era rimasta pensierosa ed in ammollo fino al mento per la maggior parte del tempo e Neji, aveva fatto da spoletta tra la propria ragazza distesa a prendere il sole e i due amici intenti a spruzzarsi di acqua.
L’argomento principale di tutta la giornata era la necessità di far nascere una storia d’amore tra Tenten e Lee e, Junko sembrava molto propensa a portare avanti la propria campagna, infatti, anche dopo essersene andata con l’auto che il padre le aveva inviato, aveva cominciato a tartassare lo Hyuuga di messaggi in cui lo incoraggiava a spingere i due a mettersi insieme. Peccato che a Neji andasse bene così e non voleva che mutasse nulla tra loro: i suoi amici potevano intraprendere storie romantiche con qualcuno, il punto importante è che non fosse tra di loro.
Il loro modo di dimostrare affetto era quello di travolgerti con le proprie emozioni, pensieri e sentimenti senza pretendere chissà che cosa in cambio. Tu dovevi solo essere in grado di destreggiarti in quel fiume di amore incondizionato in cui ti ritrovavi, sopravviverci. Come potevano due fuochi simili riuscire a condurre una relazione, senza affogare? Rock Lee dava tutto quello che aveva, si metteva in ridicolo e sembrava non riuscire a capire quando qualcuno ricambiava, invece Tenten voleva rendere felici tutti, ti concedeva un’altra chance e non aspettava nemmeno un grazie se ritrovavi la retta via tramite il suo aiuto. Entrambi avevano dei problemi ad accettare quello che seminavano, quindi come potevano stare insieme senza rischiare di distruggersi ancora prima di cominciare?
Quello era a grandi linee quello che aveva riferito in risposta all’amico, che aveva approfittato della momentanea assenza della Tamura, per chiedere se lui li avrebbe trovati una bella coppia come la sua ragazza sembrava aver ragione di credere.
«Ma l’avevi detto tu che chi si somiglia di piglia!» gli ricordò Lee, sfregandosi l’asciugamano sui capelli corvini.
Neji si guardò intorno con circospezione. Quelle erano state le fatidiche parole che lo avevano fatto prendere in antipatia da Tenten durante il primo anno di liceo, quando aveva ipotizzato una loro relazione solo sulla base di quel detto. Non aveva voglia di commettere due volte lo stesso errore.
«Che dire. Poi vi ho conosciuto meglio e ho cambiato opinione.»
«Quindi ora sei per gli opposti si attraggono?» fece ironico l’altro, muovendo su e giù le proprie folte sopracciglia.
«Basta che le due persone non siano ai poli opposti.» dondolò la testa, facendo finta di ponderarci su.
«Allora perché stai con Junko?»
La domanda era sorta spontanea a Rock Lee. Sapeva fare due più due e quei due erano proprio la stessa faccia della medeglia: lui futuro amministratore delle aziende Hyuuga, lei figlia di un ricco imprenditore; lui intelligente e bravo persino a grattarsi la pancia, lei cocca di tutti i professori e rappresentante studentesco; popolari entrambi; altezzosi entrambi (Neji lo era solo all’inizio, poi dopo aver conosciuto loro era diventato più umano); lui spropositatamente posato e lei spropositatamente antipatica.
«…»
«Perché voi non vi autodistruggete?»
«Noi non ci somigliamo tanto come te e Ten’. Siamo simili e, nel caso, non interferiamo con il pensiero dell’altro.» spiegò Neji, cercando di essere il più esauriente e conciso possibile.
Junko era brillante e accattivante, poteva risultare a tratti subdola ma faceva parte del suo fascino. Stare con lei era facile: cresciuta in un ambiente benestante come lui, sapeva perfettamente come comportarsi, come muoversi nel campo degli affari e chi lusingare per ottenere quello che voleva. Non doveva spiegargli nulla. Semplice.
«Una relazione abbastanza piatta.» commentò Tenten prima di mordersi il labbro, raggiungendoli rivestita con il cambio asciutto e un casco rosa stretto tra l’avambraccio e il fianco.
«Una storia da persone mature.» la apostrofò atono lo Hyuuga, che non ci trovava nulla di male in tutto quel rispetto reciproco in cui navigava la propria relazione.
La ragazza storse il naso a quella correzione. I suoi genitori avevano sempre scontri di opinione: litigavano e facevano pace. Non poteva immaginare una relazione senza almeno un battibecco. Poteva capire la bellezza di essere d’accordo sulla maggior parte delle cose, ma se secondo me stai facendo una cazzata te lo devo dire, a maggior ragione se sei il mio ragazzo.
La Tamura poteva concepire in un sol modo la relazione tra quei due: piena di conversazioni frivole e estremamente insignificante. A quel punto non poteva nemmeno supporre come lui e Junko fossero riusciti a parlare di un argomento delicato come quello della madre.
«Ma se non vi dite realmente quello che pensate, come maturerete? – domandò genuina – Se io stessi con qualcuno voglio crescere con lui, avere una mia idea e confrontarmi. Superare un problema insieme e non da sola. Mi sembrerebbe solo una relazione vacua.» affermò, prima di darsi mentalmente della stupida. Forse stava prendendo tutta quella faccenda sul personale, indispettita dal fatto di essere stata tenuta allo scuro di tutta la faccenda. Abbassò lo sguardo sconfortata, richiudendosi in quel mutismo che l’aveva accompagnata per tutto il pomeriggio.
Lo Hyuuga si sentì preso in contropiede. Era cresciuto in un ambiente molto rigido, che il più delle volte stava stretto per le regole ferree su cui era stato costruito. Suo padre lo avrebbe volentieri incoraggiato ad una storia così, ma nella sua famiglia sembrava necessario ottenere il consenso di tutto l’albero genealogico solo per la scelta di cosa indossare. E in quel caso la volontà era esercitata da Hiashi, che doveva controllare che l’azienda avrebbe avuto dei degni successori. Neji si era adattato a quella prospettiva e non aveva mai voluto sperimentare cosa significasse deludere il capo.
Scosse la testa e socchiuse gli occhi per scrutare meglio l’amica, che si stava comportando in maniera sin troppo inusuale, con quel comportamento quasi remissivo: «Hai un casco in più?».
 
Il benzinaio più vicino al punto in cui lo scooter si era spento senza possibilità di appello, distava a tre chilometri. Una ventina di minuti (esagerando) a piedi – trascinandosi dietro il veicolo. La compagnia con cui spendere quel tempo c’era, il paesaggio pure e una vasta gamma di argomenti di cui parlare a disposizione.
Peccato che Tenten non riuscisse a pensare ad altro che la confidenza di Junko e lo Hyuuga, fosse una principessina intrattabile quando qualcosa lo irritava. Quindi oltre la vista del tramonto dietro le montagne, non c’era nulla di divertente o rilassante in quella passeggiata.
«Questo non sarebbe successo se avessi lasciato guidare me.» sottolineò nuovamente Neji, che nonostante si fosse offerto di spingere il motorino aveva mantenuto quel suo atteggiamento indispettito. Odiava i ritardi, in particolar modo quando questi avvenivano in concomitanza con le cene di famiglia. Non aveva voglia di sedersi al tavolo, sentire i vaneggiamenti dello zio circa le sue grandi capacità aziendali e poi abbassare il capo in maniera colpevole e dispiaciuta, quando Hiashi cambiava argomento e faceva la paternale al ritardatario di turno, sottolineando la sua pessima gestione del tempo. Non era mai successo e avrebbe preferito non succedesse mai, ma ormai il danno era fatto.
«Credo ti si sia incantato il disco.» mormorò Tenten, stufa sia di ascoltare gente che continua a ripetersi – vedi il pomeriggio passato con Junko –   e anche di scusarsi. Aveva cominciato a implorare il suo perdono quando la spia rosa della riserva si era accesa e, sicuramente non avrebbe continuato per tutta la durata della sua vita.
Un sonoro sbuffò anticipò un repentino aumento dell’andatura di Neji, che in meno di trenta secondi riuscì a distanziare di un bel pezzo Tenten, costringendola ad accennare una corsetta per raggiungerlo.
«Neji-ii, ti prego sono stanca! – fece plateale prendendolo sottobraccio – Tanto ritardo per ritardo che differenza fa?!» domandò, inclinando il capo sulla spalla del ragazzo e concedendosi un rumoroso sbadiglio. Aveva passato la mattina a fare la lotta senza successo con Rock Lee – quindi, in aggiunta, era frustrata per i continui insuccessi –, il pomeriggio a sguazzare in piscina e tenere a bada gli istinti omicidi verso la petulante Junko, in conclusione pensava di meritarsi un minimo di comprensione. Era fisicamente e mentalmente provata sia per correre, sia per condurre una discussione con Neji.
«Da quanto vanno avanti le lezioni con Lee?» stabilì una tregua, diminuendo il passo e tentando di arrivare, per vie indirette, ad un argomento che gli aveva dato da pensare per tutta la giornata. Tenten e Lee si erano sempre autoproclamati suoi amici, ma appena succedeva qualcosa di interessante lo veniva sempre a sapere all’ultimo. Senza contare che era stranamente seccato per non essere stato minimamente preso in considerazione come istruttore.
«Da quando gli ho raccontato dell’incontro con la Sanguisuga.»
Lo Hyuuga le diede una sbirciata con la coda dell’occhio, incuriosito dal suo parlare biascicato. Era talmente provata che aveva cominciato a camminare con gli occhi chiusi, abbracciata al suo braccio e con le labbra socchiuse. Ultimamente non avevano avuto modo di passare un po’ di tempo da soli e le erano mancati i suoi modi invadenti che con il tempo aveva iniziato ad accettare. Sembrava anche passato quell’atteggiamento distante che aveva dimostrato per tutto il pomeriggio: evitando di guardarlo direttamente facendo gare di apnea. Doveva essersi anche leggermente ustionata perché aveva le gote e il dorso del naso particolarmente rossi.
Mandò gli occhi al cielo e strinse le labbra tra i denti, pensando che con quelle risposte generiche non sarebbe mai arrivato al nocciolo della questione.
«E quando ci hai parlato?» provò nuovamente, rallentando ulteriormente il passo.
«Uno degli ultimi giorni di scuola, mi ha chiamato nel suo ufficio.»
«Non intendevo con il coach.»
Tenten che nonostante la stanchezza e il principio di sonno alle porte, aveva faticosamente aperto gli occhi non appena Neji si arrestò. Guardò prima lui – principalmente il profilo netto della sua mandibola dato che non si sarebbe mai voltato –, poi davanti a sé, notando l’insegna del benzinaio e poi nuovamente l’amico, che ora la scrutava attento, mettendola in soggezione.
«Ma tu non eri stanca alla guida? Oppure progettavi un omicidio di massa?» domandò ironico, riuscendo a farla sorridere.
«È diverso! Lì c’era l’aria sulla pelle che mi teneva sveglia. – spiegò grattandosi gli occhi – Adesso mi batteva addosso il sole e io mi abbiocco subito se sto vicino a qualcosa di caldo.» continuò stiracchiandosi per poi invitarlo senza successo a darle il cambio nel traino dello scooter.
«Molto opportuno, dunque, usarmi come cuscino.» la rimproverò, posizionando il mezzo davanti la pompa della benzina.
«Non mi sembravi dispiaciuto.» affermò divertita l’altra, armeggiando con lo zaino alla ricerca del portafoglio. Corrucciò le sopracciglia contrariata, constatando di avere solo seicento yen*. Un po’ poco.
«Mi sembrava maleducato interrompere il tuo riposo… Posso darti qualcosa se ti serve.» si offrì Neji, allungando una mano verso la tasca posteriore dei propri bermuda.
«Oh! No, no, no… – inserì le banconote e coprì il beccuccio del portello – Mi bastano per portarti a casa e tornare indietro!» lo rassicurò, sgranando gli occhi preoccupata quando lui non rimise i propri soldi.
«Sono stato io a chiederti un passaggio. Non vorrei che rimanessi a piedi a causa mia.» fece, conteggiando i soldi e facendo un passo verso di lei.
«Andrò piano. – lo rassicurò Tenten, puntellandogli le mani sul petto, sperando di riuscire a tenerlo lontano dalla macchinetta – Mo-ooolto piano
La sua strategia però sembrava non funzionare molto bene, dato che con facilità l’aveva costretta ad arretrare. Infine, il tentativo falli miseramente, quando la schiena della Tamura toccò la fresca superficie di metallo.
 
Era stato estremamente facile mettere alle strette l’amica. Principalmente perché la ragazza tendeva a non prestare particolare attenzione alla postura e all’equilibrio, quindi non gli era costato particolar sforzo bloccarle con una mano i polsi dietro la schiena e, mantenerla ferma facendo pressione contro di lei con il proprio corpo. Gli rimaneva pure una mano libera per infilare le banconote nell’apposito slot, tu pensa!
Quando si voltò nella sua direzione, con tanto di ghigno soddisfatto dipinto in volto, non riuscì a trovare le forze di farle presente che le lezioni di Lee non avevano portato ad alcun risultato utile: perché chissà come mai un po’ gli rodeva non essere stato richiesto come istruttore. L’espressione stupita e gli occhi liquidi di lei però, lo costrinsero a tacere, costringendolo per certi versi a contemplazione di quel volto che sembrava così diverso e attraente da come se lo ricordava.
Rimasero immobili in quella posizione per qualche secondo di troppo, o almeno quanto bastasse per mandare il cervello di Tenten in completo blackout. Infatti la poverina, aveva sostituito la tristezza per la confessione di Junko, con l’immenso stupore di sentirsi bene, protetta tra le braccia di Neji. Si trovava talmente a proprio agio che inconsapevolmente stava bramando di ricevere un bacio e sempre inconsapevolmente aveva leggermente inclinato il capo, sperando che il ragazzo intuisse il da farsi.
Lo Hyuuga che aveva scambiato quella mossa come un gesto di pentimento, decise di mettere tutte le carte in tavola, sperando di riuscire a chiarire quella situazione, che ormai gli stava dando da pensare da quando aveva sorpreso lei e l’amico a discutere.
«Senti, ho fatto per caso qualcosa che ti ha dato fastidio? – la vide sgranare gli occhi e decise di procedere velocemente ed il più chiaramente possibile – Sappiamo entrambi quanto Rock Lee sia pessimo ad insegnare, quindi perché non hai chiesto aiuto a me?»
«Sei sempre così impegnato. Non volevo di certo annoiarti con i miei problemi…»
«Un po’ di tempo lo avrei trovato per un’amica.»
Con quell’ultima parola, la mente di Tenten sembrò risvegliarsi da un bellissimo stato di trance e si diede della stupida a credere che Neji potesse essere segretamente interessato a lei. Era realisticamente impossibile e, il fatto che si fosse interessato a qualcosa di così frivolo, era solo una questione riguardante il classico orgoglio maschile.
«Se Junko ci avesse sorpreso così… – scosse la testa per fagli notare che i loro nasi si sfioravano – Pensi che avrebbe creduto che ci stessimo solo allenando? Non ci stiamo simpatiche già di nostro, non voglio alimentare gelosie per nulla.» dichiarò, sentendosi un’egocentrica nell’intendere che poteva essere destinataria dell’amore di Neji.
«Sono degno di fiducia.» dichiarò, allontanandosi roseo in volto e lasciando interdetta Tenten.
♦♦♦
Era il tramonto e la luce filtrava dalla finestra accanto il letto, creando un stupefacente effetto ottico entrando in contrasto con il giallo ocra delle pareti. Rendeva l’ambiente veramente caldo e accogliente.
Tenten sostava proprio di fronte a quell’apertura, con alcuni raggi del sole che le si riflettevano sul viso, costringendola a mantenere lo sguardo basso. Le sue braccia erano distese davanti al busto e sovrapposte, mentre le dita sembravano aver intrapreso una qualche lotta che non avrebbe dato alcun vincitore. Era nervosa e Neji non poté che supporre il peggio, in particolar modo quando quella ragazza non si faceva sentire per tempi prolungati e continuava a sfuggire al suo sguardo.
«Come mai sei passata da queste parti?» domandò, tradendo il suo tono calmo con l’irritazione derivante da quella visita a sorpresa. Lui era il genere di persona che detestava con tutta l’anima le sorprese, l’amica avrebbe fatto bene a inviargli un messaggio per chiedergli se era libero e non appendersi al campanello.
Quella sua mossa aveva disturbato sia lui, che suo padre e suo zio venuto per una veloce riunione di famiglia. Più che riunione era stata una sorta di proclamazione di un editto, che prevedeva il giovane costretto a tornare a frequentare il club di pallavolo. Hiashi aveva saputo per vie indirette che Neji aveva abbandonato quell’attività pomeridiana per motivi insulsi, quindi gli era stato caldamente consigliato di portare la domanda di ammissione con l’inizio dell’anno nuovo. Tre ragioni aveva portato a suo favore l’uomo: la prima era che una persona che non è in grado di appianare i dissapori in squadra non dimostra grande leadership; la seconda, riguardava il non portare a termine impegni a cui era stata data la propria disponibilità; la terza era la futura ammissione all’università che sarebbe stata facilitata e vista di buon occhio, se ci si fosse presentati con un curriculum che presentava oltre grandi doti intellettuali anche impegno sportivo.
Si può quindi addurre, che il morale di Neji non fosse dei migliori, quando aprendo la porta si era trovato davanti una Tenten trafelata.
«Sono… sono passata in un brutto momento?» chiese, dimostrando allo Hyuuga di non aver totalmente perso il dono della parola. Fece scivolare le bretelle dello zaino sulle braccia e, togliendoselo, cominciò giochicchiare con lo stesso, indecisa sul dove poggiarlo. Lo sistemò sulla scrivania, ma un’occhiataccia dell’amico gli fece capire sia che il suo tempismo non era dei migliori e sia che quella superficie dovesse rimanere perfettamente intonsa.
«Mi dispiace, va bene? – lo osservò prendere la sua borsa e appenderla all’attaccapanni accanto alla porta – Ma dovevo parlarti urgentemente e, non riuscivo più ad aspettare.» affermò guardandolo dritto negli occhi e cercando di darsi un certo tono.
Quando era arrivata non era stata accolta nel migliore dei modi e le presentazioni erano andate peggio. All’urlo di un uomo che chiedeva chi fosse alla porta e una smorfia contrariata di Neji, era stata accompagnata nel salottino dove si era trovata di fronte a due persone identiche tra loro e molto somigliante al proprio amico. I capelli lunghi, portati legati dietro le spalle e uno sguardo più duro, gelido e indagatore ammetteva una certa differenza. Il fatto che fosse stata guardata come l’ultimo anello della catena sociale, l’aveva fatta sentire molto a disagio – tanto che la pelle d’oca che le era venuta in quel momento, ancora non le era passata.
«Del genere?»
«Hai intenzione di farti crescere i capelli in quel modo?» rispose dopo un attimo di esitazione Tenten, che si era sempre chiesta come mai lo Hyuuga avesse una chioma più bella della sua – il caschetto di lui non era lontanamente paragonabile alla sua capigliatura mossa e particolarmente crespa in quel periodo.
Neji corrugò le sopracciglia irritato e incrociò le braccia davanti al petto: «La tua esistenza quindi dipende dal mio taglio?».
Sapeva perfettamente che l’amica stesse tentando di alleggerire l’atmosfera, ma in quel momento non era in vena di farsi passare il nervosismo. Era totalmente interessato a crogiolarcisi dentro per poi convenire che per rendere giustizia al padre, avrebbe dovuto evitare di ripensare a quella conversazione e seguire le regole. Come sempre. E poi Tenten era sua amica, quindi avrebbe dovuto farci lo scalpo col suo malumore.
Prese un profondo respiro, vergognandosi di quel suo comportamento che metteva in evidenza il proprio malessere e cercò di rimediare al proprio tono acido: «Cos’è che ti affligge, deve essere importante se sei venuta da me e non sei andata da Lee». Così sembrava più un ragazzo geloso in fase premestruale, ma era il meglio che era riuscito a dire e nel migliore dei modi.
«Oh ti prego non sforzarti. Così più che tranquillo sembra che hai un palo nel culo.» lo riprese Tenten, sfoggiando le maniere sboccate a cui ricorreva solo quando si stava per adirare.
Cattivo segno.
«Che finezza invidiabile.»
La Tamura arrossì violentemente, sia per il richiamo che per il motivo – più che nobile, almeno dal proprio punto di vista – che l’aveva spinta a fargli visita: «Perdonami se non mi atteggio come la tua ragazza o tutti quegli ingessati con cui hai a che fare!» si congedò raggiungendo velocemente l’appendiabiti per poi imboccare la porta. Non fece in tempo a scostarla leggermente dallo stipite che Neji, con un braccio l’aveva richiusa e bloccata.
«E tu cosa ne puoi sapere della gente con cui ho a che fare?» domandò schietto, parlando alla schiena di Tenten che era rimasta voltata verso la maniglia.
«Allora dimmelo tu.» borbottò osservano di sottecchi l’avambraccio impiantato sul legno appena sopra il proprio volto.
«Non è il tuo mondo, non capiresti.»
«Come posso consolarti… – strinse lo zaino – o gestire il tuo malumore se tu ti ostini a nasconderti?» chiese seria, prima di sentirsi afferrata per una spalla e girata fino a toccare con tutta la schiena la porta. Strinse maggiormente gli occhi che teneva chiusi, immaginandosi lo sguardo indurito di Neji che la osservava con superiorità. «Non mi serve qualcuno che si limita a sopportarmi per gentilezza.» dichiarò, mentre le parole di Junko le turbinavano nella mente sembrando più veritiere che mai.
Neji ascoltò incredulo quelle parole. Tenten non era mai stata tipa da fare certi pensieri, quindi qualcosa aveva dovuto farle credere una simile cosa oppure le erano giunte all’orecchio delle voci sbagliate. La sua ragazza lo aveva avvisato che lei avrebbe potuto risentire del suo più che giustificato allontanamento – avere una ragazza significava dover togliere tempo alle amicizie.
Non la perse un secondo d’occhio, osservandola socchiudere prima un occhio – che richiuse immediatamente – e poi aprirli lentamente entrambi. Si stupì ulteriormente vedendoli lucidi.
«Tu e Lee andate ben oltre l’umana sopportazione, oltre la gentilezza bisogna avere tanta pazienza. – cercò di rubarle un sorriso e sistemarsi la coscienza – Perché sei passata?»
«Non mi ricordo. Sinceramente mi è passata la voglia.»
«Insisto.» sussurrò Neji all’orecchio di Tenten, bloccandole i movimenti chiudendola maggiormente tra di sé e la porta.
La mora, che non aveva ancora smaltito il nervosismo, continuò a fare la sostenuta anche se la vicinanza dell’altro era fosse sia strana che destabilizzante. «Convincimi.» mormorò con un tono un po’ diverso rispetto a quello che si aspettava sentir uscire dalle proprie labbra. Ovviamente anche lo Hyuuga aveva notato quella intonazione più seducente che capricciosa.
Sentirsi studiata nello stesso modo in cui si rinveniva un fossile appena ritrovato, cominciò a far sentire Tenten veramente accaldata e, la stessa cominciò a guardare il soffitto alla ricerca di una qualche via di fuga. Le sembrava di essere ritornata da quel dannato benzinaio, solo che il silenzio in cui erano in stallo era molto più imbarazzante.
Non reggendo più quella situazione ridicola, la ragazza si lasciò sfuggire il movente che l’aveva spinta sino a casa del proprio interlocutore: «Perché non ci hai mai detto di tua madre?»
Neji si era seduto sulla sponda più vicina del letto, le mani sulle ginocchia e il volto rivolto verso il pavimento. Tutta la sua materia grigia completamente bruciata nel tentativo di capire come a Tenten fosse venuto in mente di tirare in ballo un argomento del genere.
«No… non dovevo chiedertelo così. Sono stata indelicata… io… per i Kami!... Vole-»
«Non c’è bisogno che tu aggiunga altro. – sollevò una mano placando il suo farfugliare – Non è un argomento di cui parleremo mai.» dichiarò guardandola freddamente, prima di sdraiarsi con la schiena sul letto e coprirsi gli occhi con il braccio sinistro. Non che non avesse il coraggio di guardarla, ma principalmente perché anche il solo ripensarci gli appesantiva le meningi.
Non gli interessava come fosse venuta a conoscenza di quel particolare della sua vita e sapeva, che facendo così otteneva come risultato quello di alimentare i suoi dubbi. Domande alle quali non voleva dare spiegazioni semplicemente perché sì, gli mancava il coraggio. E quella consapevolezze era già difficile da ammettere a sé stesso, per la cronaca.
Internamente sperava di riuscir a proteggere Tenten e anche Rock Lee da quel mondo che aveva rovinato il fegato di sua madre tanto da costringerla ad andarsene, lasciando solo un bigliettino pregno di scuse e dolore. Con il tempo aveva provato a ricontattarlo tramite quelle lettere che erano state scoperte da pettegoli di quartieri che avevano subito riferito agli uffici stampa. Hiashi per trattenere lo scandalo e anche proteggere il fratello minore, si era adoperato per far passare tutto come una morte improvvisa che non aveva fatto altro che dare alla concorrenza motivi per inviare lettere anonime a Hizashi, che come proprietario del 25% dell’azienda, era momentaneamente psicologicamente instabile – dunque facile da far cadere insieme alla parte di società che gli apparteneva. Come avrebbe spiegato alla ragazza che sicuramente in quel momento lo stava fissando con gli occhi ricolmi di delusione, stringendo spasmodicamente le bretelle dello zaino, che non aveva mai avuto il coraggio di ricontattare la madre perché sarebbe stato come tradire il secondo comandamento dello zio: “chi ci volta le spalle non è degno del nostro saluto” – il primo ovviamente riguardava una vitale e totale dedizione al lavoro.
Sì, era terrorizzato all’idea che l’amica potesse trovare rivoltanti i modi che gli Hyuuga avevano di rapportarsi con i così detti “traditori”, seppur aventi il medesimo cognome. Basti pensare che quando si era saputo della fuga, all’interno della famiglia, sua padre si era dovuto sorbire una lunga lavata di capo da parte del proprio padre, perché aveva scelto una donna che egli aveva definito inadatta al ruolo di moglie di un membro si spicco dell’azienda – da lì la diminuzione della fetta d’azienda a lui destinata: da 50 a 25 nel giro di quindici minuti e un paio di chiamate.
Come avrebbe potuto reagire Tenten venendo a conoscenza dello schifo che regnava in quella classe sociale che tutti definivano come agiata. Permettersi lussi e avere ricchezze alle volte era questione di regole rigide e fastidiose come una puntina in un calzare.
Lui voleva proteggere quella fetta di normalità che non credeva di poter mai possedere ma che con prepotenza, si era infilata nella sua vita nel momento in cui gli era stato consentito di frequentare la scuola pubblica. Non potevano essere definite come consone e poco fastidiose le prime volte che Lee si era autoinvitato a casa sua impuntatosi di dover assolutissimamente amicizia con lui, oppure sentirsi dare dello “stupido idiota” da Tenten che non aveva paura di offenderlo e così perdere dei privilegio legati al passare del tempo insieme a lui. Era stato obbligato a divenire loro amico e, specialmente in occasioni come quella, si chiedeva perché avesse acconsentito a una cosa del genere. Non poteva accontentarsi di quelli che gli ronzavano intorno solo per ricevere benefici e, che conseguentemente, non avrebbero fatto domande inopportune per paura di perderli?!
La bocca di Neji si arricciò in una smorfia disgustata, pensando che Lee e Tenten gli avessero regalato l’amicizia più vera e sincera che si potesse desiderare e che lui era stato la prima ad intaccare con le proprie omissioni.
Sentì la porta sbattere e dei passi pesanti allontanarsi nel corridoio, rumore che rimbombò nelle proprie orecchie come se lui le stesse camminando affianco.
Forse sarebbe stato meglio per tutti se avesse cominciato a frequentare il giro di Junko, almeno non avrebbe dovuto deluderli altre volte e rovinare il ricordo che aveva della loro amicizia.
♦♦♦
Rock Lee sostava sulla passerella del lago, con le gambe larghe e le mani puntellate sui fianchi, respirando a pieni polmoni l’aria della natura e sentendo già la tranquillità che si appropriava del suo corpo. Sì, un po’ di campeggio pre-scolastico, era proprio quello che ci voleva per affrontare carichi il nuovo anno scolastico! Si congratulò nuovamente con sé stesso di essere riuscito a convincere quasi tutti a partecipare a quella gitarella e poi, si tuffò di testa compiendo qualche metro sottacqua prima di riemergere e, sventolando una mano per aria, invitare gli altri ad imitarlo.
«Io col cavolo che mi butto.» asserì Ino, per la quale se l’acqua non era cristallina talmente tanto da contare le pietre sul fondale, non c’era nessuna possibilità di immergersi.
«Dai bionda, non è male come credi.» la incitò svogliatamente Karui, un abituè di quel posto visto che d’estate lavorava come motivatrice nel campo sportivo costruito qualche albero più in là.
La Yamanaka cercò l’appoggiò di Tenten, che non arrivò in alcun modo dato che si era già prodigata ad imitare la nuova arrivata, che si era raccolta velocemente i rossi capelli e tirata via la maglietta, dando visione a tutti di quella meravigliosa pelle di ebano. Però non solo lei era stata attratta dalla bellezza di quella pelle scura che risaltava in contrasto con le sue iridi gialle, voltandosi, infatti, aveva scorto Choji che raggiungendoli in pedalò, aveva spalancato talmente tanto le fauci da potergli controllare l’ugola.
Accanto a lui, pedalava fiaccamente Shino Aburame, un ragazzo che la bionda considerava bizzarro a prescindere, dato che se ne stava con felpa e cappuccio anche sotto il sole estivo. L’aveva costretto ad andare con loro Kiba, ma non aveva preso confidenza con nessuno e non solo a causa del suo mutismo, ma principalmente perché spariva la mattina presto e tornava solo a metà pomeriggio. A dirla tutta, era particolarmente strano trovarlo lì con loro – ma mai quanto vederlo incappucciato su un pedalò!
«No… – richiamò l’attenzione delle ragazze Tenten, poggiando una mano sulla spalla di Ino – Non ditemi che quello è testa ad ananas?» domandò per poi indicare una mano arpionata al posteriore della barchetta, da sopra cui spiccavano alcuni spuntoni neri.
Quell’appellativo era nato nel momento in cui il Nara si era appisolato durante un falò serale, con la testa poggiata accanto al cesto della frutta e, il suo codino alto era andato a sovrapporsi alle foglie dell’ananas creando una serie di risate generali quando Naruto, si accorse di quella singolare somiglianza.
Come allora, anche in quel momento Shikamaru se ne stava appisolato in un’enorme ciambella gialla, comodamente trascinato al largo e rilassato come una lucertola al sole. Si svegliò di soprassalto quando udì delle risate acute di sottofondo, che lo portarono a constatare che Tenten e Karui stessero ridendo della sua geniale trovata, mentre Ino lo osservava con disappunto, forse vergognandosi di averlo come amico.
L’attenzione di tutti, però, venne attirata da un urlo inumano che aveva anticipato il tremolare incontrollato della passerella in cui gli altri stavano sostando. Akamaru, un cagnolo- bestione su quattro zampe, stava correndo felice seguendo un frisbee lanciatogli dal padrone, che sbadatamente aveva mirato al lago, dimenticandosi che il proprio animale da compagnia avesse paura dell’acqua. Quindi, quando gridò “Akamaru fermo!”, era già troppo tardi. Il cane aveva fatto gli ultimi metri in scivolata sul proprio sedere appena notato il pericolo e, nella sua epica frenata era cascato nelle tetre acque, trascinando con sé anche Ino.
«Fossi in te, correrei.» gli suggerì Karin, la cugina di primo grado di Naruto, che dopo aver assistito a quella triste scena, si era ritrovata accanto un Inuzuka senza fiato e totalmente sbiancato. Il ragazzo accolse il suo consiglio e, dopo aver ingollato un po’ di bile, girò i tacchi e si allontanò fischiettando, come se nulla fosse successo.
Karin Uzumaki si era unita a quel capeggio di fine estate, solo perché costretta da sua zia, troppo preoccupata che la sua prima nipote passasse troppo tempo con i ragazzi più grandi e non della sua età. La seconda rossa del gruppo, si era presentata spazientita al ritrovo di quel giovedì mattina, stato emotivo che era aumentato conoscendo Junko, la fidanzata di Neji, la classica tipa che ha sempre la puzza sotto il naso e a cui non va mai bene nulla. Certo, lei non era da meno – suo cugino la definiva rompicoglioni di natura – ma almeno non cercava in alcun modo di nasconderlo come faceva quella.
Non aveva nemmeno un bel rapporto con Ino e Tenten, ma tutte avevano trovato in Junko, un argomento di discussione che riusciva a metterle sulla stessa lunghezza d’onda. Anche con Karui, quella bocca larga che aveva sempre un’opinione su tutto e che li raggiungeva ogni sera, era riuscita a legare solo per quella inamicizia con la castana. Per il resto, sopportava le altre sia per far contento Naruto, che a causa del suo acceso altruismo – sicuro lascito genetico della madre – si era offerto di trovarle degli amici che non frequentassero l’università e sia perché quel belloccio di Sasuke Uchiha, sembrava frequentare quella gente. Pensandoci bene: vederlo in costume a passeggiare sulla riva del lago, valeva quel sacrificio. Inoltre non era l’unico a presentarsi bene! Anche Neji Hyuuga e Rock Lee avevano sfoderato un bel fisichino – ma il secondo perdeva di interesse solo guardandogli le folte sopracciglia.
Lo Hyuuga, invece, poco felice di dover passare così tanto tempo nel verde – in quanto per nulla amante della vita all’aria aperta – si era ritrovato a passare i pomeriggi a giocare a carte con l’Uzumaki, che dimenticandosi di mettere la crema si era preso un’insolazione tale, da costringerlo all’ombra per evitare di grattarsi ogni due per tre.
«E con questa mano... chiudo!» dichiarò convinto il biondo, sistemando sul tavolo il suo ultimo tris di cinque prima di scartare.
Neji alzò un sopracciglio contrariato: «Ti ricordi quella carta che avevi messo capovolta sul tavolo dicendo: “Questa la scarto dopo!”?»
Naruto annuì con enfasi, sorridendo vittorioso e sformando quei tre baffi per guancia che Karin e Tenten – in un raro momento di accordo – gli avevano disegnato con un indelebile mentre dormiva.
«È appiccicata al tuo avambraccio.» chiarì, scacciando con la mano alcuni moscerini.
«Ma che stai a dir-… – guardò prima il proprio braccio alzato, poi l’amico ed infine nuovamente il braccio – Ma non è giusto! Sono sicuro che l’hai fatto apposta!» esplose come inorridito, sventolando quell’asso di picche come se avesse finalmente trovato l’arma di un delitto.
«Non sono Houdini. Come dovrei aver fatto ad attaccare una carta sotto il tuo gomito, senza che te ne accorgessi?» chiese seriamente incuriosito, chiudendo il proprio turno e decretando la vittoria nell’ennesima partita a scala quaranta.
«Ce-eeerto. Ora chissà perché chiudi tu?! – strabuzzò gli occhi in direzione di quell’ultimo tre scartato – Ammetti di barare!» lo punzecchiò, incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio.
Neji chiuse gli occhi e inspirò profondamente. Perché mai avrebbe dovuto prendersi la briga di intortarlo? Era un uomo con un certo onore lui! Quando aprì gli occhi, la prima cosa che il suo sguardo mise a fuoco, non fu l’espressione offesa dell’Uzumaki, ma bensì un cane che si accingeva ad uscire dall’acqua proprio accanto alla sdraio dove la propria ragazza, stava prendendo il sole.
Non riuscì nemmeno ad emettere qualche suono per avvisarla, che Akamaru prese a scuotere il suo lungo pelo inzuppando irrimediabilmente Junko, che si spaventò immediatamente scattando in piedi. Proprio accanto a lei notò Kiba che si metteva disperato, le mani nella corta zazzera che portava in testa.
«ECCO… – pronunciò lentamente Junko, sbattendo le palpebre – Ora non solo PUZZO… MA MI SARÓ PURE PRESA LE PULCI.» gridò in direzione del padrone di quel cane dalle dimensioni di un pony troppo cresciuto, sbattendo la rivista che stava leggendo sul telo mare.
La Yamanaka che aveva raggiunto la riva insieme a Shikamaru, dato che si era agganciata alla sua ciambella scambiandola per un salvagente, aveva assistito alla scena in diretta e, ora si stava nascondendo sghignazzante dietro le spalle dell’amico.
Karin scambiò un’occhiata compiaciuta con lei, immaginando cosa sarebbe mai capitato all’Inuzuka se solo la tipina infradiciata avesse messo le mani sul suo collo.
«A dire il vero, gli ha messo le gocce proprio ieri sera. – la informò Karui che l’aveva raggiunta insieme a Tenten, guadagnandosi un’occhiata grata di Kiba – Non dovrebbe evitare di fare il bagno per almeno venti giorni?!» chiese infine, facendo mutare immediatamente l’atteggiamento del ragazzo. Quella Karui riusciva a lisciarti e, pugnalarti sotto la cintura, in meno di trenta secondi.
«Tecnicamente Akamaru odia l’acqua, quindi è stata tutta colpa mia. – ammise per poi voltarsi verso Junko con degli occhioni da cucciolo – Mi spiace.» si sforzò a scusarsi. Rock Lee era stato chiaro con tutti: dovevano riuscire ad integrare la ragazza nel loro gruppo ma nel momento in cui tutti gli fecero notare il suo pessimo carattere, lui aveva risposto risoluto con un “Forse è perché non riesce a legare con noi e non sa come comportarsi. Comunque non importa quello che pensiamo noi, Neji sembra star bene con lei e noi dobbiamo farli star bene con noi.”, dando sfoggiò di tutto il suo affetto incondizionato nei confronti dello Hyuuga.
Junko, però, sembrava non aver sentito nulla di quello che aveva detto il ragazzo, quindi con quell’odoraccio di cane bagnato che le impregnava il suo nuovissimo costume di Guess, le ginocchia unite e le braccia allargate verso l’esterno urlò a pieni polmoni che non ne poteva più e che se ne sarebbe andata –causando un’esplosione di felicità interna a tutti, anche a Rock Lee che non voleva ammetterlo.
Quest’ultimo era arrivato insieme a Shino e Choji, proprio mentre la fidanzata di Neji dichiarava le proprie intenzioni. Aveva assistito alla sua camminata furiosa verso la tenda delle ragazze e aveva incrociato le braccia deluso, nel momento in cui tutti tranne lui e Neji, scoppiarono a ridere.
Tenten che aveva sviluppato una particolare empatia nei confronti del proprio migliore amico, intuì il messaggio subliminale nascosto dietro le sue labbra contratte poi, osservando l’espressione crucciata dello Hyuuga, aveva deciso di seguire Junko per cercare in qualche modo di farla ragionare. La Yamanaka e Karui l’avevano seguita a ruota, solo curiose di vedere la figlia viziata dell’imprenditore rompersi un’unghia mentre faceva le valige.
«E tu, non vai con le altre?»
«E che me ne viene a fermarla? Non frequento assiduamente il vostro gruppetto di sfigati da dover per forza essere accomodante con lei.»
«Parte di questo campeggio era riuscire ad integrare Junko…» farfugliò Rock Lee, che emotivo com’era aveva già gli occhi lucidi per la delusione.
«Sì, Lee ce l’ha messa tutta per convincerli a partecipare – pose una mano sulla spalla del ragazzo – potresti farlo per rendere felici loro due.»  le propose Choji, totalmente sedotto da quello sguardo indifeso. Shikamaru scosse la testa in direzione del ragazzo tanto grosso quanto in grado di essere soggiogato da cose tenere – sì, l’Akimichi andava matto per i video dei gattini su Youtube.
«Oh, credimi. Nemmeno Neji la vuole qui.» riprese Karin, piegando un braccio sull’anca che aveva spinto verso l’esterno mentre con l’altra mano si sistemava gli occhiali sul naso.
Kiba inviò un’occhiata interrogativa a Shikamaru mentre accarezzava la testa del suo cane, l’amico però per tutta risposta gli concesse uno sbadiglio con tanto di stiracchiamento. L’Inuzuka ancora non riusciva a capire come tanta intelligenza e arguzia fossero contenute in quel bradipo umano.
«Sveglia-aa! Non avete notato un po’ di attrito tra quei due??!» domandò plateale, come se fosse l’unica ad aver notato il loro atteggiamento.
Delle facce che la guardarono attonita, la costrinsero ad illuminarli ulteriormente sulle proprie supposizioni: «Cioè stanno insieme e non si sfiorano nemmeno?»
«Neji è un tipo molto riservato.»
«Nel senso che è timido?»
«Nah! Diciamo che è restio a mostrarsi tutto love-love con qualcuno. – sentì Choji schiarirsi la voce e si affrettò ad aggiungere – o qualsiasi altra emozione/atteggiamento che lo facciano sembrare interessato a qualcuno.»
«Davvero? Tu credi sappia mascherare così bene il proprio interesse?» fece retorica controllandosi le unghie smaltate perfettamente di rosso.
Lee, Choji e Shikamaru che avevano seguito attentamente quello scambio di battute – forse l’ultimo con un po’ meno interesse –, ora attendevano l’arringa finale di Karin, dato che Kiba sembrava non voler difendere ancora lo Hyuuga.
«Volete dirmi che solo io l’ho notato andare in fissa sulla Tamura?»
 
Se non si trattava di un allenamento intensivo, oppure la scelta della migliore barretta energetica in circolazione, o anche una partita/incontro importante, Lee non dimostrava particolare attenzione ai particolari. Quel pomeriggio, però, pensò di aver sviluppato una speciale vista da aquila dato che non perdeva occasione di controllare la maniera in cui Neji guardava la propria amica. Sinceramente non avvertiva particolari differenze, a parte un proprio lancinante bruciore agli occhi.
Nel disperato tentativo di capire cosa ci fosse di così tanto diverso dal solito, cominciò a tirarsi i capelli, riuscendo ad arruffarsi quel liscio perfetto. Si sdraiò e cominciò a osservare il firmamento, sperando che almeno le stelle gli suggerissero la giusta direzione di pensiero – se riuscivano a farlo con i viaggiatori, magari potevano farlo anche con il suo cervello poco intuitivo, no?!
«Si può sapere che hai da lagnarti?» domandò Neji, sedendoglisi accanto intanto che si grattava un paio di punture di zanzara.
L’idea di mettere un po’ di distanza tra lui, Lee e Ten’ era stata dura da portare avanti. In particolare a causa di un messaggio di scuse che gli aveva inviato quest’ultima, pentita di averlo costretto a ripensare ad un argomento così delicato e costringendolo a darle delle spiegazioni. No, non sarebbe stato per nulla facile ridurre al minimo i loro rapporti se si sentiva rincuorato da qualche parolina sentita. Quei due gli erano entrati sotto pelle come un tatuaggio, sarebbe stato difficile da rimuovere: i ricordi di loro insieme erano tanti e dirgli addio era più difficile di quanto pensasse.
«Per i Kami, Neji che hai fatto alla faccia?!» domandò urlando e incrociando gli indici delle mani, come a voler simulare un esorcismo.
Lo Hyuuga si era presentato con delle occhiaie che potevano far invidia ad uno zombie e la voce roca, quasi strozzata, non aiutava di certo a far sparire quell’immagine dalla propria mente.
«Tutto bene con Junko?»
«Sì, perché?»
«Perché non le sei andato dietro quando se n’è andata?»
La domanda più che lecita dell’amico lo costrinse a voltarsi verso lo stesso, dandogli mostra delle famigerate occhiaie da panda che gli erano state rinfacciate. L’espressione impensierita che gli stava rivolgendo, gli fece capire che fosse giunto il momento di confidarsi con qualcuno.
«Stiamo litigando perché mi riscriverò al club di pallavolo.» ammise, strappando un paio di ciuffi d’erba.
Gli occhi di Rock Lee brillarono di una luce sinistra, di quelle abbaglianti e che fanno suppore un perfetto errore di comprensione: «Guarda che Ten’ sa badare a sé stessa. Poi la sto istruendo bene!». Si indicò con il pollice e sogghigno soddisfatto, mascherando il dispiacere che qualcuno gli volesse soffiare il posto di migliore amico, avendo un pensiero così gentile ed altruistico nei suoi confronti.
«Non lo metto in dubbio. – sì, come no – Più che altro sono i miei che mi spronano a continuare, però tu e Junko avete avuto lo stesso pensiero. Solo che lei l’ha presa peggio, ingelosendosi e dandomi il tormento per accantonare l’idea.»
«Allora evita di tornarci! Secondo me, entrambe interpreteranno la situazione in maniera differente rispetto a quello che credi tu.» lo invitò poco galantemente Lee, sbuffando già annoiato da quel discorso. Non capiva come mai un ragazzo che otteneva sempre quello che si proponeva, non riuscisse a dire di no e, spiegare che i motivi più che ragionevoli che l’avevano costretto ad abbandonare la squadra, fossero validi.
«Per questo ho intenzione di ripetere fino allo svenimento ad entrambe perché lo stia facendo.»
«Davvero? Perché a me sembra che Ten’ ti limiti a fissarla!» sbottò, dando una risposta totalmente sbagliata alla domanda che l’aveva costretto sveglio e l’aveva condotto a quella situazione. Pensavano che lui non si fosse accorto che tra di loro qualcosa si fosse spezzato e che nessuno tra i due facesse qualcosa per rimediare. Nel suo piccolo aveva provato a far parlare l’amica, ma lei aveva costantemente negato rimandando la cosa ad una sua impressione personale. Ora era chiaro che Ten avesse visto quella decisione di Neji come un suo modo di dirle che non sapeva badare a s stessa e lei, si era offesa – ed anche molto.
Neji socchiuse gli occhi sorpreso da quella affermazione. Sinceramente non aveva ancora parlato dell’argomento con la ragazza perchè aveva sia paura del suo trarre le conclusioni sbagliate e sia perché, dopo quel famoso messaggio le loro interazioni erano diventate fredde quanto bastava da non destare sospetti negli altri – ma sembrava che Lee non se la fosse bevuta, soprattutto se si era scoperto un così abile osservatore.
Certo, più volte lo sguardo dello Hyuuga si era soffermato su Tenten. Le ragioni variavano dalla paura insensata che un’amica fedele come lei potesse rivelare qualcosa spinta da un moto di ripicca personale, sia perché non sapeva come recuperare quel distacco che si era creato tra loro. Rinviava il momento del chiarimento perché sapeva che lei gli avrebbe chiesto perché per una volta non dicesse un no secco e, questo li avrebbe condotti al fatto che lui non aveva possibilità di opporsi per lisciarsi lo zio dittatore e, lei gli avrebbe chiesto le ragioni che per motivi già espressi, non era intenzionato a darle.
Nuovamente erano entrati in una situazione di stallo e, per la seconda volta toccava a lui fare un passo verso di lei. Era meglio evitare la possibilità che frequentasse persone sbagliate e poi lo prendesse a pugni sul petto per farlo svegliare. Istintivamente si portò una mano a toccarsi il torace, mascherando quel gesto come a volersi sistemare la canottiera. Subito il ricordo si lei che lo abbracciava, felice del loro rappacificamento, gli scaldò il cuore. Si passò entrambe le mani sul viso, come se lo stesse lavando platonicamente con dell’acqua fresca. Pensò di essersi rammollito di colpo e questo, non andava bene!
«Qualunque cosa sia successa tra di voi… – riprese a parlare Lee, alzandosi e ravvivandosi la sgargiante ed aderente tutina verde – ...Io questa volta non posso metterci il becco. Se lei ha fatto qualcosa ed è troppo cocciuta per scusarsi, discutici e vedrai che nolente o volente ammetterà i propri errori.» disse, dando per scontato che la colpa fosse del carattere di Tenten e allontanandosi gli fece un cenno di saluto con la mano.
«Ti ricordo che Ten’ è una persona buona. Agisce di impulso senza cattiveria ed ammette i propri sbagli.» gli urlò da lontano, prima di cominciare a correre.
Con quell’affermazione scagionava l’amica dalle stesse accuse che le aveva rivolto precedentemente e, al contempo risuonava nella mente dello Hyuuga, veniva recepita dai suoi neuroni e come brividi veniva inviata alla spina dorsale, costringendolo a compiere dei grandi movimenti circolari con le spalle.
Lee aveva ragione. Ten’ sbagliava sempre i tempi, alle volte era inopportuna e fin troppo diretta, ma in fin dei conti agiva per il bene di chi gli era intorno. Durante quel pomeriggio gliel’aveva anche fatto intendere, ma lui non aveva prestato attenzione perché troppo impressionato da quella frase che aveva avuto il potere di gelargli il sangue nelle vene: “Non mi serve qualcuno che si limita a sopportarmi per gentilezza.”
Lei non era andata da lui perché provava pena nei suoi confronti, ma semplicemente perché spinta da un moto da crocerossina. Era preoccupata e voleva solo dargli la possibilità di sfogarsi, togliersi quel peso che lo opprimeva e fare in modo di non dover più mentire e ammettere che sì, sua madre non c’era più. L’aveva fatto nel suo modo impacciato di affrontare discussioni importanti e si era sentita ancora più inadatta quando l’aveva trattata freddamente.
In virtù di quella fatidica frase, il loro rapporto si era incrinato e lei non si era più esposta con lui per paura di sembrare invadente ed essere respinta. Lui seguendo il ragionamento di uscire con gli amici di Junko – sollevata e rincuorata da quella sua decisione – non aveva avuto modo di chiarire e ora si ritrovavano a quel punto morto.
«No… non è per nulla così.» sussurrò al vento estivo, sicuro che avrebbe portato via le parole che gli erano sfuggite prima che giungessero alle orecchie ormai distanti di Lee.
Quello che aveva davanti non era come la situazione dell’altra volta. Lei non si era chiusa a riccio, si era lasciata scivolare le cose addosso facendo finta che non le importasse. Quell’atteggiamento non era da lei, infatti non riusciva a mantenere un contatto visivo con lui, troppo ferita dal proprio atteggiamento istintivo e dal modo di reagire di Neji.
Tenten adorava quando lui le raccontava qualcosa di sé. Lo Hyuuga poteva chiaramente notare le sue iridi dilatarsi quando le narrava un aneddoto della sua vita, sapendo che era genuinamente contenta del suo ruolo da confidente. Spesso e volentieri aveva rivangato episodi generici della sua infanzia solo per poter godere di quell’attimo dove i suoi occhi erano così felici e grandi e a lui bastava quello.
Però forse era un atteggiamento di sufficienza e la Tamura aveva perfettamente ragione a pensare che la sua fosse solo gentilezza. Nuovamente gli tornò alla mente quell’abbraccio, il primo dei tanti che gli aveva riservato, ma anche il più significativo. Capì che quella sera lei non era contenta solo per il loro chiarimento, ma anche perché aveva mostrato un lato vero, quasi affettuoso, dimostrando di essere cresciuto e diventato migliore.
Neji si ritrovò a pensare che sempre si era adoperata per quell’obbiettivo, ma non perché facesse bene a lei, ma principalmente a lui. Grazie ai suoi famosi “stupido idiota” era riuscito a vedere le insistenze di Lee come un tentativo di fare amicizia e non di approfittarsi di lui, grazie ai suoi silenzi e occhiate deluse era riuscito ad ammettere i propri sbagli per la prima volta e forse, grazie alla sua indelicatezza poteva superare il trauma della madre…
*dovrebbero essere cnque euro (spero di non aver sbagliato con la conversione)

 
[to be continued]



 


Buona Sera! – o Notte come la si voglia intendere, io preferisco non dirlo nonostante l'ora poichè mi sembra sempre un sinosnimo di "Buona Nanna" e la notte è ancora giovine.
Bando alle ciance senza senso, mi scuso per Orrori grammaticali, refusi e tutto quello che è incorretto sperando che nonostante tutte queste brutte cose il capitolo possa risultare piacevole! 

Ringrazio le anime che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate, quelle che leggono silenziose e le più timide che mi inviano mp complimentosi, rendendomi orgogliosa del mio piccolo operato.



Un bacio,
redmabon.

 
   
 
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