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Autore: Liffo    30/03/2017    0 recensioni
Il Grande "Matisse" noto mafioso della cronaca di un paesino anonimo deve compiere una scelta: Uccidere sia i genitori che i figli, o graziare i secondi.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Beatrice

"Comportati bene figlio mio"

 

 

La luce lunare filtrava da uno spiffero della finestrella tinta di violetto. Le tendine azzurre alternate ad altre rosa donavano quasi tenerezza all'orrore di quella scena. Una donna era accasciata a peso morto su una culla. I capelli lunghi e neri scendevano dalla parte opposta alla gonnella gialla. Dopo il rumore dello sparo che nessuno avrebbe sentito solamente due vocette si udivano, alternate. Erano dei piccoli pianti, spaventati, ma non dall'orrore, solo dal fragore. L'autore della scena camminava con passo felpato nella cameretta, i pantaloni grigi carezzavano le scarpe in vernice nera. La giacca accostata ai pantaloni, invece, sembrava immobile nel movimento. Due occhi azzurri e stanchi guardavano la propria opera, due occhi azzurri e stanchi scrutavano le creaturine che, piano piano, concludevano il loro pianto. Piccole condanne che nella loro tenerezza ed innocenza impedirono ai genitori di pagare il dovuto. Un gran dovuto. Un maschietto e una femminuccia. Gemelli. Lui biondo con gli occhi azzurri, tutto il padre. Lei mora con gli occhi verdi, tutta la madre. Poteva farli fare la stessa fine dei genitori? Si, ovvio: il grande "Matisse" aveva creato quadri d'orrore ben più strabilianti. Voleva? No, non sta ai figli pagare i debiti dei genitori.

 

Nella notte genitori e figli scomparvero. Scomparvero in due modi diversi.

 

 

Lo sapeva già. Si sarebbe beccato l'ennesimo cazziatone. Il vecchio e sua sorella gli avrebbero fatto l'ennesima ramanzina. Forse sua sorella di più. Il vecchio, forse già non respirava più. Il "Leone" della famiglia Colombetti, così chiamato per l'indolenza e l'abitudine nel lasciare ogni cosa importante alla donna della famiglia, arrivòappena in tempo alla porta che questa si aprì e due occhi verdi come il migliore degli smeraldi grezzi si scontrarono, duri, in quelli di cielo terso. Una candida mano, sottile ed affusolata, colpì, tesa, le tempia coperta di fili d'oro, corti, ma luminosi. Semplice e di effetto. Poi un retrofront di lei seguito dal profumo di pesche, sollevato dai lunghi capelli di seta nera. Pochi passi, il sollevamento di un tappeto, l'apertura di una botola e quindi l'ovvia discesa. Il profumo della lavanda ad addolcire l'odore di vecchio. La "Leonessa" lo scortò al letto del grande "Matisse", che già da tempo aveva smesso di colorare di rosso, bianco e nero le pagine dei giornali. Egli giaceva quasi immobile sul proprio letto, resprante a fatica. Gli occhi stanchi, la bocca che si stirò in un sorriso vedendo il "Leone". I suoi due tesori erano entrambi presenti, solo loro, come da lui richiesto. Iniziarono parlando delle formalità, quindi delle facezie. Come sempre.- E quando non rimase altro da dire, si salutarono, fino all'ultima ora di ognuno.

 

 

Perchè? Perchè lasciarlo andare? Perchè Permetterglielo proprio nel suo momento di debolezza? Perchè Permettere al "Leone" di fuggire con la "Leonessa" incinta? La mano di Beatrice Colombetti stanzava sul ventre. Ferma come suo solito, ma contenente l'impotenza e la tristezza. Come sarebbe sopravvissuta senza Elia? Come sarebbero sopravvisuti? I rivali l'avrebbero saputo prima o poi. Finalmente debole. Finalmente senza la minaccia della Leonessa. I Colombetti distrutti. La mano strinse di più, il suo bambino non sarebbe morto per colpa sua, come lei non era morta per colpa dei suoi genitori. Doveva farcela.

 

 

La Gravidanza fu gravosa. Difficile portare una vita in grambo e allo stesso tempo organizzare la Famiglia al meglio. Per difenderli tutti assieme ai loro interessi. La grande sera arrivò. Arrivò quasi inaspettata. Le luci d'ospedale si sostituirono con rapidità impressionante alla sensazione di bagnato. Le urla dei piccoli si sostituirono a quelle della madre. Piccoli. Due bambini. Il Signore l'aveva graziata con due bambini. O era forse Ironia? Le ricordava di essere manchevole di un pezzo? Non lo sapeva e non voleva pensarci. Fosco e Flavio sarebbero stati l'unico pensiero a distrarla dai suoi doveri.

 

 

Rapiti. Rapiti. Cosa aveva osato dirgli quell'incapace. I suoi bambini. I suoi cuccioli in mano a qualcuno. Ad un Nemico. Ad Elia? No. Un Nemico. I gemiti del malaugurato portatore di cattive notizie si facevano sempre più flebili. Un climax discendente di rumori nel silenzio della grande casa. Dallo sparo al sussurro. Il silenzio quindi. Silenzio ripieno di una sola domanda: Dove? Dov'erano i suoi bambini. Tutta la famiglia si sarebbe messa a cercarli. Tutta la famiglia si mise a cercarli. Vivi. Trovarli Vivi. La furia negli occhi verdi della leonessa spaventava ogni singolo uomo che la vedeva. I capelli neri come la notte strappati a manciate, i denti bianchi digrignati, ruggiti i suoi ordini, ringhi le sue promesse.

L'abbiamo trovato.

 

Ditemi dove.

 

Davanti a lui la leonessa tremava. In braccio al suo nemico il piccolo Flavio dai capelli biondicci e gli occhi neri Non erano visibili, ma lei quel colore lo conosceva. Un nero che nella sua ricorrenza li rendeva simili. Prova che lui fosse suo figlio. La pelle candida morbida nell'atto del dormire, le manine chiuse e piccine sul pancino. La gelida e dura bocca di una pistola sulla fontanella. Beatrice Colombetti era impotente davanti a quella visione. Nemmeno la pistola retta nella mano destra poteva donarle sicurezza.

Hai perso. Li ucciderò.

 

Uccidili. Ti sfido ad Ucciderli. Sappi che appena tu ucciderai uno dei miei bambini io ucciderò te. La tua Famiglia. I tuo amici e i loro affetti. Ucciderò la tua Chiesa. La tua Congrega. Ucciderò me stessa, tuo carnefice e poi ucciderò il tuo Dio ed i suoi Angeli pur di riavere il mio bambino indietro. Con me.

Col Mio Amore.

 

Lui tremò all potenza di quelle parole. Di quell'odio che prometteva una catena di omicidi e deicidi. Il nulla per un bambino. Pensò troppo. Uno sparro risuonò nell'aria. Il Nemico sconfitto. Il Futuro Salvo.

 

 

Passarono gli anni. I Bambini crebbero. Diventarono ragazzi. Poi Giovani Adulti. E poi Adulti. Ma Beatrice non ebbe la gioia divedere il suo Fosco crescere. All'età di diciassette anni il fratello lo cacciò via in maniera invisibile. La Leonessa non lo seppe mai. Non seppe degli insulti. Non seppe delle botte. Non seppe degli abusi. Fosco fu spinto a fuggire, così che l'ambizione di Flavio si potesse compiere. Flavio voleva il dominio dopo sua Madre. Voleva i Colombetti ai suoi piedi. Perchè lui era la "Tigre". Fosco timida "Lince" non era fatto per il dominio. Ed era più grande di quindici minuti. Pianse Beatrice. Flavio promise di cercarlo. E nella finzione rinchiuse la madre in false speranze.

 

 

Amara la fine. Amare le promesse divenute insegnamenti. Promesse di rabbia divenute fermo pensiero nella mente del figlio. Per Flavio pure Dio sarebbe dovuto morire. Pure sua Madre sarebbe dovuta morire. Beatrice ricorda quella notte di Disperazione. Ricorda la promessa. Capisce il pensiero del figlio. Flavio alto e bello. Un fisico atletico contornato da corti capelli biondi tirati indietro. Come Elia amava fare. Occhi neri d'abisso che tutto vuole mangiare. Ma non trema. Comprende. E nel comprendere è calma. Sorride d'amarezza Beatrice Colombetti, nata Chiara Eleonora Trettico. Ancora ricorda quel nome sentito solo in culla. Le rughe sul volto, maschera di orgoglio e saggezza, sono morbide nel loro sorriso. Gli occhi, nascosti in parte dalle lenti non mostrano paura. Solo Consapevolezza. Già Arresa. Si era arresa al destino nel momento in cui li aveva accettati. Un prurito sulla sommità della testa, ma nessuna mano passa tra i capelli tinti di nero. Silenzio. La mano di Flavio trema impercettibilmente. Vuoto. Il corridoio dai muri grigi ed il pavimento di moquette verde. Quella sarà la sua ultima stanza. Almeno c'è suo figlio. Il suo tesoro.

 

Comportati bene figlio mio.

 

Le ultime parole di Beatrice Colombetti hanno l'effetto di un terremoto nel cuore del figlio. Ma la scelta è già stata compiuta. Lo sparò di omertoso silenzio vola verso il ventre che ventotto anni prima ha generato il suo assassino. Una lacrima nell'occhio destro di lei. L'amore sconfitto dall'ambizione. Sola sua colpa. Delle parole risuonano nel ricordo della Leonessa.

 

Ucciderò anche me Stessa. 

   
 
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