Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: fra_eater    02/04/2017    3 recensioni
In una insolita giornata di sole nella cupa Londra, la piccola Lily Evans si reca al St.James Park con la sua famiglia ed è lì che inco ntra un bambino antipatico, saccente, che rompe il suo giocattolo preferito... chissà se non lo rincontrerà anni dopo?
Fic partecipante al contest "Evocami col mio nome, ti svelerò i miei segreti" indetto da Setsy sul forum di EFP.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Petunia Dursley, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Errori del passato
 
 
Il St. James Park quel giorno pullulava di bambini e, del resto, come dare torto a quelle famiglie che sfruttavano appieno quel giorno di inconsueto caldo nella normalmente piovosa e cupa Londra primaverile?
Sembrava che quel giorno tutte le famiglie della Gran Bretagna con bambini dai 4 ai 10 anni si fossero date appuntamento lì, a fare pic-nic  scambiando quattro chiacchiere con i vicini conosciuti in quello stesso istante, venendo meno alla freddezza e l’indifferenza che accomuna gli inglesi tutti i giorni.
“Wow, non credevo che ci fosse tanta gente”.
Un uomo alto passò la mano libera tra i capelli rosso scuro, guardando preoccupato la quantità di persone che occupava ogni centimetro all’ombra delle secolari querce “Forse non è stata una buona idea venire oggi a Londra” aggiunse voltandosi verso la donna al suo fianco che teneva stretta la mano di una bambina di circa 7 anni con lunghi capelli biondi e un viso dai tratti lievemente equini, con il naso sottile e il collo lungo che scrutava nervosa con gli occhietti scuri la folla di sconosciuti che rideva di fronte a sé.
“Papà, io voglio rimanere!” strillò a gran voce una bambina che stringeva la mano dell’uomo.
“Lily!” la rimproverò la donna,con voce vellutata ma ferma.
La donna, che sicuramente doveva essere la madre delle due bambine, aveva lunghi capelli legati in una traccia scura e gli occhi verdi, corrucciava le labbra struccate mentre cercava con lo sguardo una soluzione.
“Lily, se non troviamo posto per sederci è inutile rimanere” le spiegò la donna, ottenendo un broncio dalla bambina con i capelli rossi come il padre e gli occhi verde come i suoi.
“Tu che vuoi fare, Petunia?” chiese l’uomo, rivolgendosi all’altra figlia che era saldamente stretta alla mano della madre.
Sentendosi chiamata in causa, Petunia trattenne il fiato, schizzando velocemente gli occhi dal padre alla sorella,poi alla madre e infine alla persone sotto gli alberi “C’è tanta gente…” mormorò timidamente.
“Ma abbiamo fatto tanta strada per venire qui!” protestò Lily, battendo i piedi sull’erbetta morbida e mettendo su il broncio, stringendo tra le braccia un orsetto di peluche con un fiocco rosso al collo.
I due coniugi si scambiarono un’occhiata; in effetti la bambina aveva ragione, avevano fatta tanta strada per arrivare lì e sarebbe stato un vero peccato sprecare quella giornata di sole e bel tempo in macchina.
“E va bene” rispose la madre con un sorriso accondiscendente che fece saltare di gioia la figlia più piccola e trasalire la grande che lanciava occhiate nervose in giro.
Il tempo per cercare il posto adatto dove sedersi non fu poco, ma la felicità e il trasporto delle due bambine non poteva che rallegrare i due genitori, anche Petunia si era lasciata coinvolgere dall’esuberanza della sorellina.
Una volta steso il telo sotto una grande quercia in compagnia di altre due famiglie allegre, le due bambine chiesero il permesso di andare a giocare vicino al fiume che scorreva nel grande parco e, quando lo ottennero, si diressero correndo in quella direzione per chiedere a un gruppetto di bambini se potessero giocare insieme a loro.
Petunia non impiegò molto a trovare una compagna di scuola con cui isolarsi a parlottare, mentre Lily giocava ad acchiapparsi con altri bambini che avevano più o meno la sua età.
Con il piccolo orsetto stretto tra le mani, la bambina gridava e saltava e rideva con quei nuovi compagni di giochi di cui non sapeva nemmeno il nome, senza nemmeno accorgersi di essersi allontanata troppo dalla sorella e di conseguenza dai genitori.
La sua attenzione fu presto catturata da uno scoiattolo che si aggirava tranquillo sul terreno, sicuramente in cerca di cibo, “Guardate!” urlò agli altri bambini, ma nessuno le prestò attenzione e mentre lei camminava con  passo felpato per non spaventare l’animaletto, i compagni di gioco correvano nella direzione opposta intenzionati a cercare l’albero più grande del parco su cui arrampicarsi.
Lily si piegò sulle proprie gambine, sporcando d’erba le ginocchia dei blue jeans con i fiori rosa ricamati, cominciò a muoversi sui gomiti, stando ben attenta a non macchiare la magliettina lilla e si trascinò lentamente, il fido orsetto stretto in pugno che seguiva il suo stesso destino.
Lo scoiattolo bruno muoveva le orecchie e il nasino, attento a percepire ogni minimo rumore e odore intorno a sé.
La bambina trattenne il fiato. Voleva prenderlo, ma non voleva fargli male; voleva solo portarlo dalla mamma per farle vedere quanto era stata brava a prendere quell’animaletto.
Era a pochi centimetri da lui.
Lo scoiattolo, ignara preda si poggiava sul terreno per cercare qualcosa da mangiare, poi si risollevava, rizzando la coda cespugliosa e guardandosi intorno, probabilmente in cerca di cibo.
 Lily sorrise, cantando vittoria dentro di sé, allungando la mano libera, ben attenta a non muovere il ben che minimo filo d’erba.
Era a pochi millimetri, se allungava leggermente le dita poteva sfiorare la codina morbida, poi l’animaletto scappò via e davanti allo sguardo confuso e deluso della bimba comparvero due scarpe da ginnastica grigie.
Lily sollevò lo sguardo lentamente. Alle due scarpe seguirono due gambe magre strette in pantaloni da tuta blu, poi una maglietta a maniche corte rosse indossati da un bambino che poteva avere all’incirca la sua stessa età con capelli neri e grandi occhi castani, le labbra corrucciate in un sorrisetto di sfida “Che stavi facendo?” chiese il piccolo sconosciuto con una voce squillante che dava una conferma della sua età.
La bambina si alzò in piedi “L’hai fatto scappare!” strillò, sbattendo i piedini e non curandosi di togliere la terra dai suoi vestiti.
Il bambino di fronte a lei non parve per niente colpito dalle sue parole, anzi “Non bisogna catturare gli animali” sentenziò con fare austero “Potrebbe essere un mago cattivo”
Lily strabuzzò gli occhi “Perché?” chiese innocentemente.
Il bambino saltò all’indietro, tappandosi la bocca “Niente!” strillò, scuotendo il capo con veemenza.
Lily si guardò intorno “Dove sono gli altri?” chiese, improvvisamente allarmata.
“Qui non c’è nessuno, solo tu” rispose il bambino dai capelli neri e spettinati guardandola con sufficienza.
Lily corrucciò le labbra. Quel bambino le stava antipatico. Aveva mandato via lo scoiattolo e ora la trattava come una bugiarda, ma ben presto dovette fare i conti con una cosa ancora troppo grande per lei: la consapevolezza di essere lontana dai genitori, probabilmente persa.
 Lily corrucciò le labbra tremule per non piangere e strinse a sé d’istinto l’orsetto fidato, il suo unico compagno in quel momento di sconforto per farsi coraggio.
“Che cosa stupida che stai facendo” la derise il bambino.
“Che cosa?” chiese lei, tirando su col naso.
“Stringi l’orso come una lattante”
“Non è vero!”
“Si che lo è!” rispose lui con sguardo di sfida, gli occhi castani guizzanti.
“Lui è il mio migliore amico!” strillò la bambina “E tu sei solo un bambino cattivo e strano”
Il ragazzino rimase un attimo interdetto, colpito da quell’ultima parola.  Strano. Sembrava che nessuno glielo avesse mai detto prima d’ora. La rabbia lo pervase velocemente.
 Lui non era strano.
Non lo era.
 Non lo era.
“Io non sono strano!” strillò “Tu sei solo una stupida babbana!” e cercò di strapparle l’orsetto di pezza dalle braccia.
Lily, spaventata da tale violenza improvvisa, strinse ancora di più la presa,cercando di liberare la zampa del suo amico dalle grinfie di quella bestia formato bambino. Lo sconosciuto sembrava in preda a un’euforia assurda, un’ira troppo grande dovuta a chissà quale motivo oscuro.
 Lily cercò di spingerlo via, ma, con quel gesto, il moretto diede un ultimo, forte strattone alla sua vittima di pezza, portandosi come trofeo della lotta il braccio sfilacciato del povero orsetto prima di arrivare con il sederino per terra.
Alla vista del suo migliore amico mutilato, gli occhi verdi di Lily si riempirono di lacrime, le labbra tremarono sempre di più e gli strilli di rabbia e disperazione si levarono nell’aria.
“Jimmy!” strillò la bambina “Hai fatto male a Jimmy! Hai rotto Jimmy!”.
Le sue urla si levarono alte nel parco e ben presto alcuni adulti che passavano da lì corsero a vedere cosa fosse successo, trovando solo una bambina dai capelli rossi piangente con un orsetto senza un braccio in mano e l’arto mutilato poco lontano da lei. Del bambino con i capelli neri, colpevole di tale delitto, nessuna traccia.
Al suo incontro con i genitori, la bambina ancora tremante, urlò le sue accuse contro il piccolo sconosciuto che aveva orribilmente fatto del male al suo migliore amico di pezza, la piccola àncora della sua infanzia, e chiedeva tra le lacrime di andare via da quel posto.
Dopo diversi minuti in cui la madre le asciugava le lacrime e le spiegava che il suo amichetto sarebbe presto tornato alla sua forma originale dopo averlo portato all’ospedale dei peluche – ovvero la nonna che era un’abile sarta-, la bambina si calmò, ma l’euforia dei giochi e la gioia della bella giornata erano ormai perse, strappate via come un braccio di pezza viola.
Le parti si erano invertite: Petunia giocava a saltare la corda con alcune bambine, mentre Lily sedeva indispettita accanto alla madre, convinta che se non avesse abbandonato il fianco del genitore non poteva incappare in nessun mostro con gli occhi castani e i capelli spettinati.
Dopo pranzo, un rapido pic-nic consumato sotto le fronde della quercia, i coniugi Evans decisero che era il caso di togliere le tende, anche perché il broncio di Lily era talmente pronunciato che metteva tristezza solo incrociandolo per sbaglio.
Il povero, ferito Jimmy giaceva nella capiente borsa della signora Evans mentre i restanti membri della famiglia raccoglievano le loro cose pronti per andare via e concludere la giornata.
“Petunia!” urlò il padre alla figlia maggiore che stava prendendo il thè immaginario con le nuove amichette “Dobbiamo tornare a casa!” ; le proteste non furono poche, ma l’uomo fu irremovibile e a bassa voce sussurrava “Dobbiamo portare Jimmy in ospedale” per tranquillizzare la figlia più piccola e per strapparle invano un sorriso.
Una volta giunti all’autovettura, l’attenzione della madre delle bambine fu catturata da qualcosa incastrato nel tergicristalli del lunotto posteriore.
Era un biglietto scritto con una calligrafia disordinata, incerta, come di un bambino che stava iniziando ad avventurarsi nella scrittura.
Dopo averlo letto sorrise e fece vedere il contenuto al marito che, dopo un attimo di smarrimento, rise e chiamò le figlie “Credo che questo sia per Lily”  esclamò.
La bambina, sentendosi chiamata in causa, sollevò lo sguardo, incuriosita. La madre le porse il biglietto e lei arrossì, erano poche lettere, ma lei non sapeva ancora leggere bene; riconosceva i segni sul foglio ma non era in grado di articolarli.
“Me lo leggi per favore?” chiese alla sorella maggiore che prese il foglietto e, dopo alcuni attimi passati a decifrare la scrittura fatta di lettere di dimensioni differenti e dal tratto tremolante, apostrofò “Scusami”
“Qualcuno deve essersi pentito” ridacchiò il padre mentre apriva il bagagliaio e, prima che qualcuno potesse dire qualcosa in risposta, l’uomo si accigliò e prese dall’interno qualcosa di bianco e grigio e piccolo.
“Che cos’è, caro?” chiese la signora Evans poggiando il cestino del pranzo nel vano vuoto.
“Come diavolo sono riusciti a metterlo?” chiese l’uomo a un non ben definito interlocutore “La macchina era chiusa a chiave e inserito l’allarme” e rivelò il contenuto della sua mano: una civetta di peluche dall’aria vissuta, probabilmente compagna di giochi del bambino pentito.
Dopo molte perplessità, famiglia Evans salì in macchina, il nuovo venuto stretto tra le mani della bambina dai capelli rossi.
“Quella cosa è sporca!” esclamò Petunia, arricciando il naso con disgusto mentre Lily ci passava le dita incuriosita.
“Le scuse fatte con il cuore devono sempre essere accettate, bambine” esclamò il padre “Anche se ancora mi chiedo come abbiano fatto ad aprire la macchina” e imboccò la strada per tornare a casa.
 
 
 
I passi degli stivali neri riecheggiavano sul marciapiede della deserta di Godric’s Hollows
I rossi capelli della donna stretta nel cappotto nero ondeggiavano nell’aria. Le mani erano strette intorno a uno scatolone con dentro i ricordi di un’infanzia ormai perduta.
Giunta al numero che cercava salì i pochi scalini,poggiando lo scatolone su un ginocchio per permettere ad una mano di buttarsi alla ricerca delle chiavi nella tasca.
Una volta trovate e inserite nella toppa, entrò senza troppe cerimonie nel corridoio, sbuffando per lo sforzo e guardandosi intorno, come se si aspettasse di trovare qualcuno.
Con ancora lo scatolone in mano andò alla ricerca degli inquilini dell’abitazione, i passi certi di chi conosce il posto come le sue tasche.
Giunta in un piccolo salone, dove due divani bianchi fronteggiavano un tavolino su cui erano poggiate tre bottiglie di birra, scosse il capo osservando con disappunto chi occupava i due mobili: un uomo con i capelli neri spettinati e gli occhiali sul viso, che dormiva a bocca aperta, e un enorme cane nero, in risalto sul mobilio chiaro.
Il sonno dell’uomo non doveva essere molto pesante perché spalancò gli occhi non appena la donna iniziò a tossicchiare.
“Oh, Lily!” mormorò con un sorriso, poi improvvisamente i suoi occhi si spalancarono, come se si fosse ricordato di qualcosa e saltò giù dal sofà, velocissimo ad afferrare le bottiglie verdi “Sveglio subito Sirius” esclamò.
“Lascialo stare” ribattè lei, con un velo di malinconia che non sfuggì agli occhi del ragazzo.
“È andata così male?” chiese, avvicinandosi alla ragazza cauto, quasi a chiederle il permesso.
Gli occhi di lei si riempirono velocemente di lacrime. Lui corse ad abbracciarla e a portarla nella stanza accanto, stando ben attento a chiudere la porta per non svegliare l’animale.
“Oh, James” sibilò “ Lei è stata così… così…” non le uscirono le parole. James le prese lo scatolone dalle mani e lo poggiò su un tavolo. Si erano spostati in cucina.
“Petunia è sempre stata perfida” continuò per lei “Anche al funerale di tuo padre. Poteva essere più..”
“Oh, no, no” esclamò Lily, asciugando le lacrime “Petunia non è perfida, è solo… dura.”
“Glaciale,direi”
“Non le sei mai andato molto a genio” disse a mo’ di giustificazione per la sorella “ è solo che non ti conosce e…”
“Lily” la interruppe, fissandola serio “Lei non vuole conoscermi. Né vuole conoscere te”.
Lei non rispose.
James le rivolse un sorriso dolce “Perché non mi dici cosa c’è in quello scatolone mentre preparo il thè? O preferisci della cioccolata?”
Lily Evans sorrise all’uomo “Cioccolato” disse con un sorriso calmo togliendo il cappotto pesante.
James cacciò la bacchetta dalla tasca posteriore dei jeans e la agitò verso la credenza da cui volò via una tazza celeste con i pois bianchi per posarsi accanto all’uomo.
“Quando hai detto preparare pensavo che lo avresti fatto senza magia” commentò la ragazza facendo frusciare i lunghi capelli e utilizzando un mazzo di chiavi per tagliare lo scotch che chiudeva lo scatolone.
Il ragazzo fece spallucce “Perché sforzarsi quando si può usare la magia?” e con un altro colpo di bacchetta accese un fornelletto della cucina per poi poggiarci sopra un pentolino colmo di latte e cacao solubile. L’occhiata scettica di Lily lo portò a grattarsi nervosamente una guancia “Allora?” tentò di cambiare discorso “Cosa c’è nella scatola?” chiese afferrando un cucchiaio e immergendolo nel liquido bruno.
Lei ridacchio senza farsi vedere. Da quando vivevano insieme, James aveva cercato di avvicinarsi al suo mondo nelle piccole cose con risultati più o meno brillanti. Ancora rideva nel pensare alla caffettiera scoppiata sulle piastrelle della cucina.
Aprì le ante di cartone e quel che vide le provocò un groppo alla gola.
James sollevò un sopracciglio, curioso.
Pian piano, Lily iniziò a prendere il contenuto e poggiarlo accuratamente sul tavolo.
“Sono i ricordi di una vita” disse prendendo un piccolo portagioie ovale, sollevò il coperchio e una leggera melodia invase la stanza.
Un quaderno verde, dei libri illustrati, una bambola, una collana di tappi di bottiglia, tutti questi oggetti e anche altri stavano sul tavolo, a ricordare alla ragazza una vita passata.
“Oddio!” lanciò un urletto eccitato e dal fondo della scatola emerse un peluche di un orsetto di peluche, con al braccio uno spesso filo blu “Questo era il mio preferito” esclamò la ragazza stringendolo al petto e accarezzandolo piano “Una volta andai a un parco e un bambino antipaticissimo gli strappò il braccio”
“Ma in cambio ti regalò una civetta di peluche”
Lily strabuzzò gli occhi “Come fai a saperlo? Hai utilizzato Legilimens?”
Le labbra di James si assottigliarono e si incresparono leggermente, la mano passò veloce sui capelli già spettinati e le guancie si imporporarono leggermente “Io conosco quell’orso perché sono stato io a strapparlo”.
Gli occhi verdi di Lily si spalancarono “Che cosa? Vuoi dire che quel bambino eri tu?.”
“Tu mi feristi profondamente quel giorno” James sembrava sulla difensiva “E poi mi ero sentito in colpa e…”
Ma un forte stridore lo interruppe e saltò in avanti.
Alle sue spalle non si era reso conto che il latte aveva iniziato a bollire talmente tanto che tutto il suo contenuto si era riversato sul fornello, spegnendolo e macchiando tutto quanto.
Lily corse ad aiutarlo, ma prima di prendere una spugna lo baciò sulle labbra “Sei sempre stato un piccolo infame” esclamò “Ma sei anche molto dolce”.
James sorrise e si protese a baciare a sua volta la ragazza.
“C’è un po’ di cioccolata anche per me?”
I due si voltarono, ancora abbracciati. Sulla soglia della cucina era comparso un ragazzo dai lunghi e mossi capelli neri, con una barba incolta e a piedi nudi “Ovviamente se avete finito di pomiciare” .
 “Fattela solo, Sirius” esclamò James, prendendo uno strofinaccio e lanciandolo all’amico che lo prese al volo “Io e Lily dobbiamo andare da una parte”.
“Dove?” chiese la ragazza incrinando leggermente il capo, con uno sguardo confuso.
Lui sorrise, con un sorriso storto che le regalava quando aveva una sorpresa in serbo da un po’ e che stava aspettando proprio quel momento per dargliela “Al St. James Park, ovvio”.
Lily rise “E cosa hai intenzione di rompere questa volta?”.
“Nulla” disse facendo spallucce “Ho voglia di ripassare dall’inizio per scrivere un nuovo capitolo”.
“Oh come siamo dolci. Da diabete, oserei dire” il sarcasmo di Sirius era tagliente come un coltello “Mi raccomando, portatemi un regalo”
“Un guinzaglio nuovo?” rispose Lily.
“Io direi una museruola” commentò James.
Sirius sbuffò “Possibile che abbiate sempre la mania dei cani?”
“Possibile che tu sia fastidioso come un ammasso di pulci?” ribattè James e i due amici cominciarono a bisticciare, lanciandosi battutine e insulti.
Lily prese il peluche, osservando con attenzione il segno dell’ago della nonna, la pelliccetta logora e non più morbida e il fiocco rosso e sfilacciato. Fu in quel momento che si accorse di qualcosa incastrato proprio lì.
Era il biglietto di scuse.
 Il suo sorriso si riempi di nostalgia. Strinse il giocattolo forte al petto, tornando ai momenti felici della sua infanzia insieme alla sua famiglia e ripensando anche a quello strano primo incontro con James.
In fondo era riuscito a farsi perdonare. Quel giorno le aveva regalato un suo giocattolo, ora, dopo la morte dei genitori e la freddezza di Petunia, le aveva donato uno scoglio a cui legarsi.
Anche quel giorno, James aveva dimostrato che dietro il suo sguardo sfrontato e i suoi modi da bullo, c’era un ragazzo dolce, sensibile ed era per questo che lo amava.
 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: fra_eater