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Autore: Ronnie the Fox    02/04/2017    1 recensioni
Gli basta poco, la vista di quella maledetta macchia di sangue scarlatto sulla neve bianca, perchè si renda conto che se da un giorno all'altro Izaya dovesse sparire, se l'inseguimento avesse fine e quel circolo vizioso trovasse la propria conclusione, allora sarebbe costretto ad affrontare il vuoto di un'esistenza che non ha poi molto senso.
Ed è assurdo che a riempire il vuoto sia rimasto soltanto l'odio appassionato che prova per l'informatore e per tutto ciò che egli dice e fa con il preciso intento di provocare una reazione da parte sua, è tanto assurdo da essere perfettamente plausibile.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izaya Orihara, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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E' solo.
I fiocchi di neve cadono pigri dalle nuvole che oscurano il cielo e si sciolgono già nel momento stesso in cui si posano sui suoi abiti, ma non prima di avergli lasciato avvertire il brivido del gelo che gli si insinua fin nelle ossa.
Eppure non fa un passo per allontanarsi o cercare riparo.
Lascia invece che il proprio sguardo rimanga concentrato su una serie di macchie scarlatte che svelano involontariamente la direzione in cui Izaya Orihara è fuggito nel tentativo di salvarsi la pelle. Questa volta ha rischiato davvero grosso.
Ma Shizuo non riesce più ad essere arrabbiato, almeno non quanto dovrebbe esserlo essendosi lasciato sfuggire la perfetta occasione per vendicare anni di tormenti e soprusi. Forse perfino porvi fine in maniera drastica e definitiva.
Eppure non sente nemmeno il familiare bruciore al petto e allo stomaco causato dall'ira; il suo posto è stato preso da un'opprimente amarezza, che non gli permette di staccare gli occhi dal punto in cui, fino a poco tempo prima, Orihara giaceva schiena a terra e cappotto imbrattato del proprio stesso sangue, certo che fosse giunta la sua ora.
Ed è proprio quando le immagini dello scontro riprendono vita, non richieste, nella sua mente e un ennesimo brivido di freddo gli scuote le membra, che per la prima volta si domanda da quanto tempo, senza che se ne sia accorto, la vista del sangue abbia cominciato a fargli provare un vago senso di nausea piuttosto che la consueta soddisfazione nella consapevolezza di aver ferito il nemico giurato.
Forse perchè il rosso non risalta sull'asfalto sporco quanto lo fa ora sulla neve appena caduta, o forse è solo una spudorata bugia fabbricata per mascherare una verità che non è pronto ad accettare e, tutto considerato, probabilmente non lo sarà mai.
Perchè significherbbe dover accettare di essere diventato, con il passare del tempo, dipendente da Izaya Orihara, dal suo sorriso sfrontato e dal tono irritante della sua voce in modo non troppo diverso da chi per vizio o per disperazione diventa dipendente da alcolici, dal gioco d'azzardo o da qualche sostanza stupefacente. 
Gli basta poco, la vista di quella maledetta macchia di sangue scarlatto sulla neve bianca, perchè si renda conto che se da un giorno all'altro Izaya dovesse sparire, se l'inseguimento avesse fine e quel circolo vizioso trovasse la propria conclusione, allora sarebbe costretto ad affrontare il vuoto di un'esistenza che non ha poi molto senso. 
Ed è assurdo che a riempire il vuoto sia rimasto soltanto l'odio appassionato che prova per l'informatore e per tutto ciò che egli dice e fa con il preciso intento di provocare una reazione da parte sua, è tanto assurdo da essere perfettamente plausibile.
Ci sono ben poche certezze nella mente di Shizuo, ma tra esse c'è sicuramente la decisione di non voler affrontare quel vuoto, qualsiasi cosa accada.


E' così facile, quando appena qualche giorno dopo il suo sguardo incrocia per una seconda volta quello di Izaya dall'altra parte della strada, lasciare come per inerzia che la propria mira sia un poco meno accurata del solito, quanto basta perchè l'ennesima arma improvvisata che si è trovato a portata di mano manchi di un soffio il bersaglio e atterri con un tonfo metallico sul marciapiede, a distanza irrisoria dall'informatore che rimane, tuttavia, illeso. Altrettanto facile è, la settimana successiva, fingere un momento di esitazione proprio quando, avendo costretto al muro l'eterno avversario e tenendo ben stretti tra le dita i lembi del suo cappotto, sarebbe perfettamente in grado di estirpargli quel suo maledetto sorriso dal volto in maniera permanente; gli permette invece di divincolarsi dalla sua presa e dileguarsi in un istante, senza nemmeno risparmiargli un sorrisetto ironico e quello che suona come un commento sarcastico e pungente ma che Shizuo per la prima volta decide di ignorare in favore di riprendere l'inseguimento.
Il gioco continua sempre uguale a se stesso, il giorno seguente e quello dopo ancora, anche se a guidare Shizuo è ora una nuova consapevolezza; quella di aver smesso da tempo di combattere per uccidere. Piuttosto che continuare ad autocommiserarsi, disprezzando se stesso per il proprio patetico status di predatore contro natura restio all'idea di spargere altro sangue, gli piace pensare che, in qualche modo, sia lo stesso anche per Orihara.
Immagina di trovare una conferma delle proprie congetture  in fugaci segnali colti a stento nella furia della lotta, nel suo guardarsi alle spalle come per accertarsi che Shizuo non si sia arreso o lo abbia perso di vista, nelle sue smorfie compiaciute, nella lama del coltello che gli accarezza il collo come farebbero le labbra di un'amante e non incide mai troppo a fondo nella carne. Forse è lo stesso Izaya a lasciarglielo credere, congratulandosi con se stesso per aver trovato un nuovo modo così divertente di tormentare psicologicamente il suo avversario, un'altra debolezza da sfruttare per vederlo confuso, o irritato, o entrambe le cose allo stesso tempo. Shizuo, dal canto suo, preferisce almeno per una volta ignorare questa eventualità.


L'inverno è quasi giunto al termine, lasciandosi alle spalle le ultime brevi giornate di gelo, quando una sera si rendono conto di essere entrambi esausti, senza più fiato per il lungo inseguirsi vicendevolmente sulle strade semi-deserte di Ikebukuro con il vento freddo della sera che spazza i vicoli illuminati a fatica dai lampioni a sferzare fastidiosamente le loro membra. Concedersi una tregua viene naturale quasi quanto respirare.
Ad accogliere la loro ritirata , a pochi isolati di distanza, l'atrio vuoto di un locale, popolato unicamente dai camerieri, intenti lucidare i tavoli in attesa della clientela.
L'impressione di aver commesso un imperdonabile errore nel permettere a Izaya di seguirlo fin lì o di non aver scelto lui stesso di prendere una strada diversa per allontanarsi da lui il più velocemente possibile continua a tormentare Shizuo anche quando da parecchi minuti, ormai, si trovano a condividere uno spazio esiguo, riempito soltanto dal rumore appena percettibile dei loro respiri che cercano lentamente di stabilizzarsi. 
Non si guardano nemmeno, ognuno immerso nei propri pensieri.
E che razza di pensieri siano quelli che possono occupare la mente di Izaya Orihara, Shizuo non è esattamente sicuro di volerlo sapere.
Restare anche soltanto un momento di più sarebbe puro masochismo, se ne rende perfettamente conto, tanto più quanto Izaya sa dimostrarsi fastidiosamente imprevedibile e se lo volesse gli basterebbe davvero poco per estrarre il coltello dalla tasca interna del cappotto e sfregiargli il volto con un fendete ben assestato, prima ancora che lui possa reagire. Una tale possibilità è sufficiente a convincere Shizuo a sbirciare con la coda dell'occhio l'avversario che, da parte sua, si esibisce nella perfetta imitazione di un atteggiamento tranquillo e disinteressato nei confronti di tutto ciò che lo circonda.
La sua espressione, mentre si passa una mano tra i capelli e si aggiusta il cappotto, si sarebbe potuta quasi definire angelica. 
Ogni sorriso, ogni parola, ogni singolo movimento, per quanto spontaneo possa apparire, è in realtà ben congegnato con il preciso intento di convincere il prossimo a fidarsi di lui.
Shizuo lo sa fin troppo bene; abbassare la guardia e cadere vittima di una simile trappola sarebbe una debolezza troppo grande, un errore troppo stupido per poter essere perdonato. 
Ma proprio quando ha preso la propria risoluzione e la sua mano è già sollevata per raggiungere la maniglia della porta, Izaya decide di rompere il silenzio.
«Mi sorprendi continuamente, Shizu» dichiara all'improvviso «Proprio quando sono convinto di aver finalmente capito come funziona la tua testa e quali saranno le tue prossime mosse, ecco che fai l'esatto contrario di ciò che mi sarei aspettato.  E' quello che fa di te un soggetto estremamente interessante ma, ahimè, è anche il motivo per cui non posso fare a meno di odiarti.»
Lo sguardo di Shizuo cerca istintivamente quello dell'altro, che rimane tuttavia distante, come se quella non fosse che una semplice considerazione espressa da alta voce e non certo di un tentativo di imbastire una conversazione che, Shizuo può ben immaginarlo, considerato il preambolo non sarebbe potuta terminare che con ripresa delle ostilità. Anzi, forse non sarebbe terminata affatto, prima che i due decidessero di saltarsi di nuovo alla gola.
E non sa cosa sia ad infastidirlo maggiormente, se gli insulti -nemmeno troppo velati- celati dietro quelle affermazioni o il suo rifiutarsi di concedergli anche solo uno sguardo facendolo sentire così privato di ogni considerazione. Un ascoltatore, nulla più, senza diritto di replicare o difendere se stesso dalle accuse che gli vengono rivolte.
Forse si tratta di un gioco nuovo, in cui Izaya sembra avere tutte le intenzioni di coinvolgerlo, volente o nolente. Forse ha finito per annoiarsi delle loro battaglie giornaliere e ha deciso di spostare la guerra su un campo a lui più congeniale, quello delle parole.
Shizuo non è mai stato bravo con le parole, ha sempre preferito l'azione immediata mentre Izaya, tra i suoi innumerevoli difetti, ha il vizio di parlare decisamente troppo anche quando la situazione non lo richiede affatto.
«Per esempio, non avrei mai pensato che una bestia come te fosse in grado di provare compassione. Puoi immaginare la mia immensa sorpresa, allora, quando nel momento in cui avevo ormai accettato di morire per mano tua e avere una volta per tutte la conferma di quale sia la tua vera natura anche al prezzo della mia stessa vita, all'improvviso tu mi abbia lasciato andare. Cos'è che ti ha frenato, Shizu?»
La domanda uccide sul nascere qualsiasi tipo di commento pungente Shizuo avesse pensato di rivolgergli come risposta alle sue insinuazioni e lo lascia tutto ad un tratto incapace di reagire. La voce gli muore in gola, i pugni si stringono fino a far sbaincare le nocche e sì che in quel momento non desidererebbe altro che spaccargli il naso con un colpo ben assestato.
Si astiene dal concretizzare la visione appena generata dalla sua immaginazione soltanto nel disperato e faticoso tentativo di dimostrare all'altro che si sbaglia, si sbaglia nel considerarlo alla stregua di un animale completamente soggiogato dai propri istinti e si sbagila nel ritenere che per lui l'unica risposta possibile sia ricorrere continuamente alla violenza.
Lascia così il tempo all'informatore di rivolgergli uno sguardo divertito e alle sue labbra di distendersi in un ghigno pieno di autocompiacimento.
«Rispondimi sinceramente e in cambio ti confiderò anche io qualcosa di vero su di me» conclude.
Il silenzio che segue sembra durare un'eternità intera, in cui Shizuo si rende conto che in tutti quegli anni non ha mai sostenuto il suo sguardo così a lungo come lo sta facendo ora. Un pensiero futile, ma che allo stesso tempo ha il potere di turbarlo in qualche modo. Come se solo in quel momento avesse realizzato che quello che ha rincorso per tutta una vita, che ha tante volte cercato di uccidere avvalendosi della propria detestata forza fisica è un essere umano come lui, o almeno ne ha l'aspetto. Se sotto la maschera si nasconda poi un demone risalito dalle profondità dell'inferno con il solo obiettivo di rovinargli l'esistenza, questo davvero non saprebbe dirlo.
«Ucciderti sarebbe stato come concederti la vittoria» sospira infine «Una soddisfazione? Certo. Mi avrebbe finalmente concesso di vivere una vita tranquilla? Probabile. Ma avrei dovuto passare il resto dei miei giorni sapendo che, in fondo, avevi sempre avuto ragione nel definirmi una bestia, un animale e che dopotutto non sarei riuscito mai ad essere nient'altro che questo.»
Evita accuratamente di menzionare gli altri motivi che lo hanno condotto a quel gesto di apperentemente immotivata compassione, ma Orihara, in ogni caso, pare soddisfatto.
«Davvero interessante.» mormora, più a se stesso che all'altro ragazzo, sorride tra sè e sè e ancor prima che Shizuo possa fare qualcosa, sparsice con una rapidità tale da lasciarlo interdetto.
Quando si precipita fuori, è già troppo tardi. Di Izaya nessuna traccia, e ad accoglierlo soltanto una sferzata di vento freddo, sufficiente a farlo rabbrividire e costringerlo a stringersi nei propri vestiti troppo leggeri.
Nel frattempo, la neve ha ricominciato a cadere.


E' trascorsa qualche ora da quella surreale conversazione, tempo in cui Shizuo ha fatto ritorno al proprio appartamento e ha messo in atto tutta una serie di fallimentari tentativi di rilassarsi e concentrarsi su qualcosa che non sia il fantasma del sorriso compiaciuto di Izaya Orihara, quando il familiare suono del cellulare che squilla richiama inaspettato la sua attenzione. Sul display, al posto di una serie di cifre ad indicare la provenienza della chiamata, semplicemente la dicitura "numero privato". 
Shizuo inarca un sopracciglio e lo lascia squillare per quasi un intero minuto, incerto sul da farsi, prima di decidersi a rispondere. Dall'altro capo della linea lo raggiunge il tono fin troppo allegro di una voce ben conosciuta.
«Ah, finalmente! Cominciavo a pensare che non avresti risposto.»
A quel punto deve ricorrere a tutto il proprio autocontrollo per non mandare in pezzi l'apparecchio serrandolo tra le dita della mano o lanciandolo dall'altra parte della stanza con tutta la propria forza.
«Cosa vuoi?»
«Stavo quasi dimenticando la mia parte dell'accordo, che sbadato! Vediamo, da dove posso cominciare?» una pausa, che Shizuo sospetta abbia come unica utilità quella di testare la sua pazienza e di aumentare la sua frustrazione, poi Izaya riprende a parlare «Temo non esista un bel modo per dirlo. Sei diventato la mia ossessione, Shizu. Vivo per i momenti in cui riesco a intravedere l'essere umano che si nasconde dietro il mostro e stasera mi hai regalato una performance meravigliosa. Forse dovrei ringraziarti. Quando contro ogni aspettativa dici o fai qualcosa  che non ero riuscito a prevedere, ecco, lo odio e lo adoro allo stesso tempo.
Desidero e temo allo stesso modo di vederti morire per mia mano dopo una lunga agonia.
Faccio grande affidamento su di te per sfuggire alla noia e ultimamente, mi duole dirlo, questa città sta diventando terribilmente noiosa e prevedibile.
Ora che lo sai, vedi di non deludermi, in futuro, intesi?
E con questo ti auguro una buonanotte, Shizu~ »
Il suono della chiamata che viene chiusa, poi più nulla.
Nel silenzio che segue, con il telefono ancora sollevato all'altezza dell'orecchio, Shizuo Heiwajima si lascia sfuggire un sorriso.


Note dell'autrice: 
Eccomi qua con un'altra fanfiction, straordinariamente a poca distanza dall'ultima che ho pubblicato! Nell'ultimo mese o poco meno sono ricaduta pesantemente nel fandom di Durarara, con tanto di rewatch di entramb le stagioni e lettura dei primi volumi della light novel. Erano...Quanti, cinque anni da quando avevo letto il manga e visto la serie per la prima volta?
E niente, se il lupo perde il pelo ma non il vizio, allora la volpe perde il pelo ma non l'ossessione per le vecchie OTP.
Spero dunque che abbiate apprezzato e, come sempre, commenti, recensioni e quant'altro sono sempre ben accetti!
Alla prossima (si spera non troppo lontana nel futuro) pubblicazione!~

-Ronnie


  
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