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Autore: maryjinnyjackson    03/04/2017    0 recensioni
Louis Tomlinson/Harry Styles
Note: parents!AU
Una mattina che sembra iniziare come tante altre si conclude in modo inaspettato.
Oppure: Harry ha una voglia matta di cupcakes e Louis è costretto a uscire di casa per comprarglieli.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Louis osservò il cielo grigio che prometteva pioggia imminente. Sbuffò, mentre controllava di aver preso un ombrello e si stringeva con un brivido nel cappotto. Era febbraio, eppure dal tempo sembrava pieno inverno. Si maledì mentalmente per non aver preso una sciarpa, e si chiese per l'ennesima volta cosa avesse fatto di male per aver dovuto abbandonare il calore di casa sua. 
Decise di non prendere la macchina, poiché la meta era vicina. Si incamminò di buon grado, e si prese del tempo per osservare Londra intorno a sé. Le persone si affrettavano ad andare al lavoro, alcuni probabilmente in ritardo, vide alcuni uomini eleganti costantemente al telefono a discutere chissà quali affari, un gruppo di donne in un dehor di un bar che chiaccheravano del più e del meno, un paio di ragazzi su una panchina che, a giudicare dagli zaini e dalle espressioni maliziose, Louis suppose che avessero saltato la scuola... Gli era mancato tutto questo. Era bellissimo tornare in Inghilterra, dopo quella breve vacanza a Los Angeles.
Dopo che la band si era sciolta, Louis si era sentito un po' sperduto. Libero - e ancora adesso non capiva se fosse un bene o un male -, ma sperduto. Perché quel gruppo di amici che aveva affrontato qualsiasi cosa insieme, per la prima volta si era diviso. Ognuno poteva andare per la sua strada. Liam si era preso del tempo per sé e la sua ragazza. Niall si era dato al golf e scriveva qualcosa quando gli pareva, senza impegno. Zayn aveva continuato la sua carriera ormai già avviata, non senza qualche problema inerente all'ansia. E Harry... Harry aveva continuato in quel mondo. Nel mondo dello spettacolo. Cantare, recitare, qualsiasi cosa che avesse avuto a che vedere con l'intrattenere - Harry era nato per quello. 
Louis avrebbe mentito se non avesse ammesso di essersi sentito messo da parte. Ma era giusto così. Anche lui avrebbe dovuto trovare la sua strada da solo, a quel punto. Aveva mille opzioni, bastava scegliere. Per prima cosa si sarebbe occupato di Freddie, ovviamente. Ma c'era comunque qualcosa, o meglio, qualcuno, a cui non voleva rinunciare. Anzi, dopo lo scioglimento della band, stare insieme sarebbe stato solo più semplice. 
In meno di dieci minuti arrivò a destinazione. Il piccolo bar con l'insegna a forma di muffin era davanti a lui. Entrò dopo aver visto in vetrina cosa gli interessava.
"Buongiorno", sorrise una signora dall'aspetto cordiale e le rughette ai lati degli occhi. Louis adorava quel tipo di persona. Significava che sorrideva spesso. 
"Buongiorno signora, mi potrebbe fare un pacchetto con tre cupcakes: uno al cioccolato e menta, uno velvet e uno alla vaniglia con quelle perline sopra?", chiese con gentilezza. La signora annuì e in pochi minuti esaudì la sua richiesta. Louis ringraziò, pagò, e uscì, per poi ritornare sulla strada di casa. 

"Ce ne hai messo di tempo!", borbottò Harry, aprendo la porta indossando solo i boxer. Aveva gli occhi chiusi e, dopo aver richiuso la porta dietro di Louis, si spiaccicò una mano sulla faccia per reprimere uno sbadiglio. "Freddie non ha fatto altro che urlare e piangere per la tua assenza così lunga", sospirò, dirigendosi verso la stanza del piccolo, mentre Louis si toglieva il cappotto e posava il pacco sul tavolo del soggiorno già apparecchiato per la colazione. 
Aveva una fame pazzesca ma doveva controllare suo figlio. "Amore mio, papà è tornato!", gridò, raggiungendo Harry nella camera del piccolo. Trovò quello che era il suo ragazzo - da anni, ormai - con in braccio suo figlio, e si fermò un attimo sulla porta, incantato. Harry stava scontrando il suo naso con quello di Freddie, ed era tremendamente tenero. Il bambino ridacchiò, per poi tendere le manine e afferrare un ciuffo dei capelli - non più così lunghi - del riccio. Louis si avvicinò cauto, meravigliandosi per l'ennesima volta di uno scenario così familiare e quotidiano. Se qualcuno gli avesse detto quattro anni prima che un giorno avrebbe vissuto quel momento, non gli avrebbe mai creduto. 
"Eccomi", sorrise al bambino, che spostò l'attenzione sul papà dagli occhi blu. 
"Babà", trillò Freddie, allungando la mano che non stava stringendo i capelli di Harry verso di lui. 
Louis si avvicinò ancora e, presa la manina, la baciò con dolcezza. "Mi sa che qualcuno qui vuole mangiare", ridacchiò Harry, e Louis annuì. Prese il bambino dalle braccia del suo ragazzo e insieme si diressero in cucina.

"Harry vai a vestirti che fa freddo", Louis lo abbracciò da dietro, mentre il riccio scaldava il latte per il bambino. Freddie stava seduto sul seggiolone battendo il legno con un cucchiaio, probabilmente credendo di produrre chissà che musica. 
"Grazie, ma sto bene così", rispose Harry, appoggiando la testa all'indietro sulla sua spalla. 
"Come vuoi", replicò Louis, convinto che Harry si sarebbe preso come minimo un raffreddore. Il riscaldamento funzionava, ma non si poteva alzare molto e Louis si ripromise di farlo aggiustare il prima possibile.
Harry sospirò e si girò, fronteggiando il liscio. Scrutò per un po' il suo volto, e poi si avvicinò alla sua bocca.
"Non mi hai ancora salutato bene", si lamentò contro le sue labbra. Non lo stava nemmeno sfiorando, eppure Louis sentì un brivido. Com'era possibile che gli facesse ancora quell'effetto? Esattamente come il primo giorno. 
Louis alzò le sopracciglia. "Immagino che debba rimediare", replicò, e annullò le distanze facendo scontrare le loro bocche. Harry era caldo sotto le mani di Louis, che non persero tempo e si mossero lungo la sua schiena, premendoselo contro il petto. Louis iniziò una lenta tortura, fatta di ansimi e gemiti, di scontri di denti e scambi di saliva e lingue che si intrecciano e si incontrano e danzano insieme. Il 'ding' dello scalda biberon li interruppe, ed entrambi sobbalzarono. Risero per lo spavento e si preparano a mangiare. 

"Louis, hai preso quelli della signora Stewart?", chiese Harry, osservando il pacchetto di cupcakes con diffidenza.
L'interpellato stava dando il biberon a Freddie e contemporaneamente cercava di bere il suo tè. "Certo, perché?", chiese, aggrottando le sopracciglia.
"Hanno cambiato buste. Prima erano azzurre", sospirò Harry, deluso.
Louis trattenne un sorriso. Adorava il riccio anche per queste piccole cose. Non poteva evitare di rattristarsi per una - che altri avrebbero definito stupidaggine - futilità come una busta di una pasticceria. Louis lasciò Freddie al suo biberon e allungò una mano per accarezzare il volto di Harry.
"Ti amo, Harold", sussurrò, e Harry gli regalò uno di quei sorrisi che arrivavano a illuminargli gli occhi, rendendoli ancora più verdi del solito. 
"Anch'io, Lou", rispose. 
Continuarono a mangiare, mentre Freddie mormorava dei versi di apprezzamento per il latte. 
Harry raccontò a Louis dell'intervista che avrebbe dato il giorno dopo per il suo nuovo album, e di quanto l'idea di essere solo al contempo lo eccitasse e lo spaventasse. "E se poi faccio un casino? E mi lascio sfuggire qualcosa? Qualcosa... su di noi?", rabbrividì. 
Louis sorrise, scuotendo la testa e prendendo un morso del cupcake alla vaniglia. "Non succederà, stai tranquillo".
"Come puoi esserne così sicuro? Proprio ora che ci stanno lasciando un po' in pace...".
Louis rifletté. In effetti, da quando gli One Direction si erano divisi, a parte qualche esibizione di Louis con Steve Aoki e il clamore della sua "rottura" con Briana, né lui né Harry si erano più visti in giro. Avevano deciso di tenere ancora nascosta la loro relazione, a parte agli amici stretti e ai parenti che già sapevano tutto da tempo, per poter occuparsi del bambino senza pressioni di privacy. Volevano una storia tranquilla e semplice, e per ora andava bene così. Sicuramente un giorno avrebbero reso noto a tutti ciò che li legava. 
Per fortuna si erano mossi con discrezione, ed erano riusciti a prendere quell'appartamento a Londra, facendone un porto sicuro. C'erano ancora scatole da sistemare, ma almeno non avrebbero avuto scocciatori che gli ronzavano intorno, finché fossero rimasti nascosti. Avevano avuto bisogno di tempo per poter imparare di nuovo a viversi, dopo la volta che avevano litigato furiosamente e si erano lasciati per qualche mese di pausa. Era stato terribile, soprattutto perché era successo dopo la decisione di prendere una madre surrogata per avere un bambino. La donna era ormai incinta, e i rispettivi manager avevano proposto a questa Briana di comparire come ragazza di Louis per una volta o due. 
E così Harry e Louis non avevano vissuto la gravidanza della donna come avrebbero voluto. Avevano fatto mille piani e castelli in aria al riguardo, ma di fatto passarono sei mesi separati. Andavano a vedere le ecografie da soli e, se si incrociavano nel corridoio della clinica, distoglievano lo sguardo e non si salutavano. Liam e Niall andavano dall'uno all'altro, non sapendo più a che dio appellarsi per farli ragionare. Poi, un giorno, Liam aveva semplicemente chiesto ad entrambi chi volessero aver vicino per il resto della loro vita, chi vedessero seduto insieme a loro su una poltrona circondato da nipotini, quaranta anni dopo. Ed entrambi avevano risposto come da copione. 
Harry e Louis si erano accorti che - per quanto ci provassero - non potevano vivere separati, e che stare lontani così tanto tempo era stata una scelta infelice. Si erano persi la gravidanza del loro bambino solo per orgoglio, dunque si ripromisero che non avrebbero più sbagliato in quel modo, ora che erano tre.
Louis ripensò a quanta strada avevano fatto da quando erano partiti per quella giostra che era stata la loro vita da quelle audizioni di X Factor. Ora aveva una famiglia che, per inciso, gli mancava terribilmente anche quando si assentava per qualche giorno per registrare un brano con qualcuno o per presenziare alle cerimonie di spettacolo. E quando era Harry a non farsi vedere per colpa del lavoro, era ancora peggio. Avevano instaurato una routine stupenda e non c'era nulla che fosse fuoriposto. Persino le litigate. 
Così rispose al suo ragazzo: "Ne sono sicuro, perché quella è la tua strada. Quando canti, si vede lontano un miglio che sei nel tuo elemento. Che sei nato per quello", sorrise, sincero. 
"Dici?", sussurrò, lusingato dalle sue parole. Louis annuì convinto. Poi passò un peluche colorato a forma di orso a Freddie, che era ancora sul seggiolone, mentre Harry si alzava e iniziava a radunare tazze e rifiuti per portarli in cucina. 
Louis gli prese delicatamente una polso e lo tirò verso di sé. Harry alzò gli occhi al cielo e si sedette a cavalcioni sulle sue ginocchia. 
"Ouch, non sei più una piuma, Styles", lo rimproverò scherzando Louis. 
"Mi stai dando del ciccione?", strillò Harry, offeso. 
"No", Louis ridacchiò, "Ti sto dando dell'uomo maturo e tremendamente sexy con solo questi boxer addosso", mormorò contro la sua bocca, tirandogli l'elastico dei suddetti. Harry non poté evitare di far scattare i fianchi, prima di alzarsi, inorridito per ciò che aveva fatto.
"LOUIS! C'è Freddie a un passo da noi!", gridò, afferrando poi le tazze e battendo in ritirata in cucina. Louis ridacchiò quando lo sentì lamentarsi: "Pervertito".
Quella sarebbe stata una bella giornata.

Dopo essersi vestito, Harry sentì squillare il suo iPhone. Sbuffò, sicuro che sarebbe stato il suo manager che voleva parlargli dell'intervista, e sbloccò la chiamata senza nemmeno guardare. 
"Ciao Hazza! Come stai? Ascoltami bene, ti ricordi, vero, che oggi mi avevi promesso che saremmo andati a fare shopping insieme?", la voce squillante di Cara Delevingne gli ruppe quasi un timpano e lo costrinse a maledirsi internamente per essersi dimenticato di un appuntamento con lei. Ripensò a quando lo avessero combinato, ma non si ricordò nulla. Probabilmente stava davvero impazzendo, tra il bambino, il lavoro e Louis, era un periodo proprio pieno. Concordò con Cara che si sarebbero visti mezz'ora dopo a Piccadilly - avrebbero fatto il possibile per mascherarsi e non farsi riconoscere - per poi fare un bel giro di shopping sfrenato. Harry si accorse che erano settimane intere che non usciva di casa per sprecare soldi in vestiti e accessori vari. Era davvero cambiato.
Avvertì Louis che sarebbe uscito con Cara e gli disse che sarebbe tornato presto. 
"Fai pure con calma, amore", canticchiò Louis, mentre metteva il bambino a giocare sul tappeto della sala, "Non ti preoccupare per una volta, ora sono tornato e ci penso io a Freddie".
Harry gli sorrise e gli stampò un bacio sulle labbra fini. "Mi sei mancato. Non andare più ai Grammy il prossimo anno", fece una smorfia. Louis ridacchiò e gli diede una pacca affettuosa sul sedere per incitarlo a uscire di casa.
"Me ne vado, tranquillo! Ieri sera non mi pareva che volessi che me ne andassi così tanto!", buttò lì, e Louis arrossì, mordendosi la lingua per non insultarlo a dovere. Harry lo salutò con una mano e finalmente Louis sentì la porta chiudersi. 
Ora cominciava il bello.

Harry era estenuato. Non si ricordava assolutamente cosa volesse dire fare shopping a Londra di sabato mattina. Praticamente era la definizione di suicidio. Cara non stava zitta un secondo, e ad Harry un po' era mancata, ma a volte gli prendeva una voglia matta di schiacciare un bottone e spegnerla. Gli raccontava di St. Vincent, la sua ragazza, di come si amassero e volessero andare a vivere insieme. 
"Come avete fatto tu e Louis a capire quando?", gli chiese poi, mentre entravano nella boutique di Yves Saint Laurent, la preferita da sempre di Harry.
"Beh, suppongo che-", Harry ci pensò un attimo, mentre dava un'occhiata a delle camicie di seta, "quando capisci di voler davvero svegliarti ogni giorno e vedere quel viso, allora sei pronto. Ci saranno incomprensioni all'inizio, ma poi... ne sarà valsa la pena", le rispose. Cara lo stava guardando con gli occhi a cuoricino.
"Sei romantico da far schifo, Styles!", rise poi, arruffandogli i capelli nemmeno fosse stato un cane. Quando si comportava così gli ricordava troppo Gemma. Sua sorella gli mancava, si appuntò mentalmente di scriverle per vederla. 
Continuarono ad entrare e uscire dalle boutiques più costose di Londra, e Harry si accorse che Cara gli stava facendo comprare un sacco di cose. 
"Questa camicia è perfetta! Guarda come ti cade bene sulle spalle! Devi comprarla, stai una favola! Ricordami, perché non vuoi fare il modello?". 
Ed Harry la lasciò fare, immaginandosi che fosse semplicemente felice di vederlo dopo tanto tempo.
Venne il momento di tornare a casa. Harry stava letteralmente dando di matto perché erano esattamente due ore e mezza che non vedeva suo figlio, e "dio solo sa cosa gli ha fatto Louis". 
Cara insistette per tenerlo ancora un po' fuori, dicendogli che mancavano ancora i negozi di Chanel e Armani, ma Harry fu irremovibile. Dato che Cara sporse il labbruccio come una bambina di cinque anni a cui hanno preso il giocattolo preferito, sospirò e le concesse ancora un negozio. Scelse Armani.
  
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