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Autore: _Leef    03/04/2017    3 recensioni
Dean Winchester, diciassette anni, è un liceale popolare e ribelle che vive nella piccola Lawrence assieme alla madre e al fratellino Sam.
Castiel Novak, diciassette anni, è un ragazzo semplice, figlio del reverendo e di grande fede, che nel tempo libero fa volontariato ed è appassionato di astronomia.
Pur essendo così diversi, tra i due nascerà qualcosa quasi per caso, ma niente andrà come previsto.
[ Ispirata al romanzo "A walk to remember" :) ]
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Parte I

 

La mia vita cambiò per sempre quando avevo diciassette anni.

Molti quando lo dico si chiedono cosa diavolo possa essermi successo di così fondamentale o terribile da segnarmi inesorabilmente per il resto dei miei giorni.

Mi guardano persino in modo strano, ma non me ne è mai importato moltissimo, né mi sono mai preso la briga di spiegare.

Ho sempre vissuto a Lawrence, in Kansas, e non mi sono mai sentito in dovere di dare spiegazioni a nessuno, anche perché raccontare la mia storia richiederebbe molto più tempo di quanto chiunque sia in grado di concedermi.

Quello che ho passato, che abbiamo passato tutti, non si può riassumere in qualche frase di circostanza. Quelli che mi conoscono meglio, conoscono anche la mia storia perché, essendo cresciuti insieme, abbiamo tutti condiviso quel periodo e Lawrence non è mai stata una metropoli nemmeno quando ero giovane.

Comunque, nonostante siano passati anni, ricordo ancora tutto chiaramente.

In certi momenti vorrei tornare indietro nel tempo per spazzare via tutta la tristezza ma se lo facessi cancellerei anche i ricordi, perdendo anche la gioia.

Perché c'è stata anche quella, nonostante tutto.Tanta gioia, quella gioia che ti penetra dentro da qualsiasi poro della pelle e ti scalda, ti ama, ti fa sentire speciale anche solo per un secondo.

Mi chiamo Dean Winchester, questa è la mia storia e tenterò di non tralasciare nulla.

Prima vi verrà da sorridere, poi forse verserete qualche lacrima; non venitemi a dire che non siete stati avvisati.

 

Lawrence, Kansas, parecchi anni prima, una vita fa.

 

-Dean ti prego non facciamo cazzate come l'ultima volta.-

La voce di Benny mi giunge all'orecchio piuttosto irritata ma nel suo tono percepisco comunque che la birra lo ha fatto andare su di giri e che non si sarebbe tirato indietro.

Solo in quel momento stacco la bocca da quella appiccicaticcia per il lucidalabbra di Lisa e scocco al mio amico un'occhiatina divertita, per poi tracannare il resto della birra che avevo in mano. -Andiamo, è stato divertente.-

Lisa fa ancora qualche moina aggrappandosi alla mia giacca di pelle, ma la ignoro perché in lontananza sento il rumore del motore del furgone di Adam, che si fa sempre più vicino.

Adoravo quelle serate passate in compagnia dei miei amici, a fare casino in qualche posto sperduto della nostra città ancora più sperduta.

E' una delle cose che preferisco fare, per scappare dalla quotidianità soffocante di casa, non pensare a niente per una volta, nonostante mi dispiacesse lasciare Sammy da solo a sopportare la mamma.

-Siete sempre crudeli con i nuovi arrivati- borbotta Lisa, tirandomi ancora una volta per il colletto della camicia spiegazzata di flanella che indosso, con il preciso intento di violentarmi la bocca.

Benny sbuffa e si allontana da Andrea, la sua ragazza fissa da ormai qualche mese che fino a quel momento aveva tenuto stretta a sé, appoggiandosi al cofano della mia Impala, con un sorrisetto smagliante. -Smettila di rompere Lisa.-

-Nessuno li obbliga a farlo- aggiungo subito dopo, stringendomi nelle spalle e abbandonando l'ennesima bottiglia di birra vuota vicino alle ruote della macchina di Benny.

-Potremmo tornare al ballo- propone Andrea e Lisa sembra apprezzare quell'idea, infatti mi lancia un paio di occhiate speranzose con il preciso intento di intenerirmi.

-Lo sai che non ballo- le dico, ficcandomi le mani nelle tasche del giaccone perché sta già iniziando ad irritarmi e forse è davvero il caso che io me ne trovi un'altra il prima possibile.

Benny scoppia a ridere, sfregandosi le mani nel tentativo di scaldarsele. -Sì, gli ho visto fare un paio di mosse, è stato raccapricciante.-

Gli tiro un pugno sulla spalla e -Stronzo- sbotto, scoppiando a ridere subito dopo.

A quel punto però Adam scende dal suo furgone sbattendo la portiera e dietro di lui c'è un ragazzetto che sembra troppo nervoso per star fermo. -Perché non ci torni tu al ballo anziché rompere i coglioni, Lisa?-

Il nuovo arrivato, Garth mi è parso di capire in questi giorni, guarda Adam con un sopracciglio inarcato, mentre ci incamminiamo verso l'impianto di purificazione dell'acqua accanto al parcheggio dove ci siamo dati appuntamento.

-E' sempre così?- mi chiede questo tizio che è tutto orecchie a sventola e sorrisetti di denti storti, e sembra davvero un topo, e per un attimo mi chiedo dove Adam lo abbia rimediato.

Rido divertito e gli appoggio un braccio attorno alle spalle nel modo più amichevole possibile. -Fidati amico, a volte è anche peggio.-

Seguiamo gli sghignazzi del resto del gruppo fino alla torre di controllo delle vasche più alta. Abbiamo sempre avuto la strana mania di far fare strane prove di coraggio a quelli che volevano entrare nel nostro gruppo, ed è sempre divertente perché Adam se ne inventa con notevole maestria una più spericolata dell'altro. Spericolate certo, ma io e Benny ci divertiamo da morire nel vedere quei ragazzetti sfigati pronti a tutto pur di essere accettati da noi, pur di entrare nel branco.

E' bello, ti fa sentire potente, ti dà un'importanza che fondamentalmente non hai.

Adam si ferma, si siede sul muretto di confine, si accende una sigaretta e lancia un'occhiata divertita a Garth. -Okay, ecco il patto. Devi buttarti nell'acqua da lassù e poi sarai dei nostri. Tutto qui. Allora?-

Mi sfilo la giacca di pelle e la appoggio sul muretto accanto ad Adam, poi do un'incoraggiante pacca sulla spalla a Garth che sembra essersi fatto improvvisamente minuscolo tutto appallottolato nel suo giaccone a quadri. -Tranquillo, mi butto anche io con te.-

Lui lancia un'occhiata sospettosa alla vasca alle mie spalle. -Quanto è profondo?-

Mi stringo nelle spalle. -Non lo so, scopriamolo no?-

E a quel punto iniziamo a salire insieme la scaletta, fino alla cima della torretta; una volta su sento gli sghignazzi e i commenti dei miei amici di sotto, e faccio passare davanti a me Garth. Ignoro le battutine stupide del tipo “Allora? Muovetevi!” o “Spero che tu non abbia mangiato pesante!” di quei coglioni e faccio un mezzo sorriso al topo.

Lui fa ondeggiare sospettosamente lo sguardo tra me e l'acqua sotto di noi. -Lo hai già fatto prima, vero?-

Annuisco. -Certo, lo abbiamo fatto tutti.-

Garth sospira e si sfila il maglioncino e le scarpe, sistemandosi sul bordo della torretta, poi guarda di sotto.

-Dai, al tre- lo incoraggio, appoggiando una mano sulla sua spalla. -Uno... Due... Tre.-

Lui si lancia subito ma io dopo una rapida finta rimango fermo sulla torretta, lasciandomi sfuggire una risata divertita.

Sciaff.

E' tutto quello che riesco a sentire, prima che altre risate dei miei amici mi raggiungano. Urlano forte, talmente forte che sento chiaramente tutto quello che dicono. Rido ancora una volta, appoggiandomi le mani sulle ginocchia e guardando la superficie dell'acqua incresparsi sempre meno, aspettando che Garth spunti fuori.

Ma lui non riemerge. Non come dovrebbe.

Il corpo del ragazzo inizia a galleggiare e ad un tratto attorno a me è tutto un Dean, Dean, si è fatto male, Dean, scendi, ve l'avevo detto, tiralo fuori dall'acqua, Dean, cazzo, merda, finiremo in galera.

In un attimo sono giù dalla torretta e mi tuffo in acqua, recuperando il corpo esanime di Garth. Respira ancora ma c'è sangue sulla sua testa e pesa un sacco per essere così magro. A malapena riesco a portarlo a riva senza annegare.

-C'era un tubo laggiù- sbotto, esaminando la ferita sulla sua testa. -Credo ci abbia sbattuto contro.-

Non so come la mia voce faccia ad essere così calma. Sono tutto bagnato, le mani mi tremano per l'ansia e il freddo e ho i capelli appiccicati alla faccia che non mi fanno venere assolutamente niente. Cerco di ignorare i mugolii spaventati dei miei amici che stanno dando di testa, tentando di mantenere comunque il sangue freddo.

-Ehi voi, che fate laggiù!-

E' la voce della guardia che sorveglia l'impianto. La vediamo puntarci la torcia contro a poche vasche di distanza, poi sentiamo che blatera chiaramente qualcosa contro il suo walkie talkie. Adam, come il fottuto bastardo quale è, se la dà a gambe; Benny mi aiuta a tirare lontano dall'acqua il corpo di Garth.

-Dean, vieni via- dice poi, prendendo a correre verso la sua macchina.

Io rimango accanto al corpo esanime del topo, tenendogli la testa ferma. Noto che ha gli occhi leggermente aperti e le labbra contratte in una smorfia di dolore. Non penso stia per morire ma è comunque ridotto male.

-Shh, te la caverai.-

Dannazione. Sento lo sgommare ripetitivo di tutte le macchine dei miei amici e io sono l'unico fesso rimasto accanto a Garth che sembra sul serio sul punto di svenire, ora.

Poi si aggiungono anche le luci rosse e blu e l'inconfondibile suono della sirena della polizia; lancio un'occhiata indecisa al ragazzo steso di fronte a me e prendo un grosso respiro. Non posso rischiare.

-Devo andare, mi dispiace.-

Coro all'Impala, ma non faccio nemmeno in tempo a salire bagnando tutti i sedili e a mettere in moto che mi ritrovo una volante alle calcagna. E davvero, normalmente sarei riuscito facilmente a seminarla, non è la prima volta che scappo dalla polizia, ma bagnato, spaventato ed infreddolito diventa tutto davvero più complicato.

Sterzo bruscamente quando una seconda pattuglia mi taglia la strada e puntualmente finisco contro un paio di bidoni dell'immondizia, sbattendo violentemente la testa contro il volante. Non che avessi avuto il tempo di allacciarmi la cintura, insomma.

Il motore fa un piccolo rombo di protesta, poi si spegne definitivamente con un sussulto e la paura di aver distrutto la vecchia macchina di mio padre si insinua prepotente dentro di me ed è più forte della paura di andare in galera. Un gemito di dolore esce dalle mie labbra e strizzo gli occhi quando un poliziotto che probabilmente ha mangiato troppe ciambelle mi punta la torcia in faccia.

-Dean Winchester- dice solo, con voce annoiata. -Chissà perché non sono sorpreso.-

Mia madre mi ucciderà, lo so.

 

Il giorno dopo è domenica, e non so quanto la scena di cui mi ritrovo protagonista sia meglio della prigione.

Me ne sto seduto sulla mia sedia, con un cerotto in fronte per coprire il brutto taglio che mi sono fatto la sera prima sbattendo contro il volante, sotto lo sguardo severo di mia madre. Persino Sammy che ha tredici anni mi sta fissando come se gli avessi appena distrutto tutta la preziosa collezione di libri. Mocciosetto.

-Forse dovrei chiamare tuo padre- dice mia madre all'improvviso, mettendomi di fronte un piatto di uova e bacon e fissandomi con un cipiglio sconsolato. Non è la prima volta che faccio qualche danno, ma questa volta io e i miei amici con le nostre bravate avevamo quasi ucciso qualcuno. Quella consapevolezza mi fa scorrere un brivido lungo la schiena mentre affondo la forchetta nelle uova.

-No- dico, risoluto. -Io con lui non ci parlo.-

Mamma stringe le braccia al petto dopo aver detto qualcosa a Sammy e mi fissa arrabbiata. Sì, questa scena è decisamente peggio della prigione. -Devi smetterla di avere questo atteggiamento. Anche se noi non stiamo più insieme, tu hai bisogno di un padre.-

Certo, come se io potessi mai perdonarlo per averci abbandonati. Non lo voglio nemmeno un padre. Sto bene così.

-Oggi accompagnerai tuo fratello in chiesa per la messa.-

Mi irrigidisco sulla sedia, lasciando cadere la forchetta nel piatto. -Cosa? Perché io!?-

-Il reverendo Novak si è raccomandato che voi foste tutti lì- aggiunge mia madre severamente, iniziando a sparecchiare e aprendo il rubinetto del lavandino subito dopo. -Non fare storie, Dean, è il minimo che tu possa fare dopo quello che hai combinato.-

Mi faccio piccolo per la vergogna, incassando la testa nelle spalle. Sammy ride e io gli tiro un calcio da sotto al tavolo, lui in risposta mi fa la linguaccia.

Così mi arrendo, perché so benissimo che andare contro a mia madre su una decisione del genere significherebbe morte certa e, ripeto, lei è qualcosa di tipo cento volte peggiore della prigione.

Di conseguenza torno in camera mia strisciando i piedi e mi infilo una camicia bianca sopra ai jeans, l'unica che ho, perché Dean non osare presentarti in chiesa con quelle tue magliette oscene e quindi eccoci qui. Una volta che anche Sammy ha infilato il suo completo della domenica, prendo le chiavi della macchina -che ha il parafango un po' ammaccato ma non sarà un problema per me ripararlo- e guido verso la parrocchia della città.

 

-Signore, grazie per aver evitato una tragedia ieri sera e per aver protetto uno dei tuoi figli. E ti preghiamo affinché gli altri ragazzi coinvolti ritrovino la strada.-

Il reverendo Michael Novak era uno dei motivi per i quali odio andare in chiesa. E' capo della parrocchia della città da quando Dio consegnò a Mosè le tavole dei comandamenti.

Okay, forse esagero, ma è comunque parecchio vecchio e ha la pelle traslucida e trasparente e la sua chioma è candida come il pelo di un coniglio piuttosto brutto, con pochissimi capelli neri sparsi qua e là un po' a casaccio.

Quando ero piccolo mi divertivo a dire cose strane mentre lui passava, nascondendomi poi dietro al primo albero che trovavo e tappandomi la bocca per non essere trovato, elettrizzato come solo un bambino poteva essere. E lui diceva cose come “So che sei tu, Dean Winchester, e lo sa anche il Signore.”

Un ansia vivente. Ma, cosa ancora più strana, è che quel vecchio predicatore rompipalle ha un figlio.

Si chiama Castiel. Un nome assurdo per un tipo che vive nel ventunesimo secolo, ma non ci si può aspettare di meglio da un genitore in fissa con la religione. Come me, frequenta l'ultimo anno delle superiori e ovviamente è tipo quello con i voti migliori della scuola.

Lawrance è talmente piccola da avere solo una scuola elementare e quindi eravamo stati compagni di scuola da sempre, e mentirei se dicessi di non avergli mai parlato. Una volta, in seconda, era stato il mio compagno di banco per tutto l'anno e in quel periodo avevamo scambiato qualche parola, ma questo non significa che passo tutto il tempo a ronzargli attorno, anche allora.

A differenza del padre però, Castiel è proprio un bel ragazzo. Insomma, sono etero e non cieco, so riconoscere un bel culo quando ne vedo uno.

Voglio essere chiaro, è carino, con un fisico piuttosto ben tenuto per uno che si nasconde sempre sotto maglioni larghi e non sa nemmeno cosa siano le t-shirt, e che sembra ogni giorno in procinto di affrontare un colloquio per diventare bibliotecario. Ha gli occhi blu, di un blu impossibile, coperti perennemente da una spessa montatura scura e il viso è incorniciato da una matassa di capelli neri perennemente spettinati che lo fanno sembrare sempre appena sveglio.

Ma Castiel non è esattamente il tipo di persona che io e i miei amici frequentiamo.

Ed è proprio Castiel che, mentre canta nel coro con quella orrenda tunica verde acido, mi lancia un'occhiata comprensiva, senza traccia di rimprovero, piantandomi addosso quei suoi fanali blu come se fossi io l'unico colpevole. Certo, solo io sono stato beccato, ma tantè.

Perché ovviamente Castiel sa. Lui sa sempre tutto, perché la gente lo adora e quando lo vedono è come se una strana maledizione li costringa a dire solo verità e belle parole e improvvisamente si redimono per qualsiasi loro peccato.

Ma non io, anche se sotto quello sguardo intenso mi sento a disagio, motivo per cui mi agito sulla panca beccandomi una gomitata da Sammy che tiene le mani giunte come il migliore dei chirichetti.

Castiel continua a cantare ma non la smette nemmeno di fissarmi, e cazzo -si può pensare cazzo in chiesa?- ma non ha tipo bisogno di leggere le parole? Probabilmente no, visto che canta nel coro da quando ha imparato a parlare.


Okay, se siete arrivati fin qui siete proprio dei santi.
Beh, non c'è moltissimo da dire in realtà, la storia parla da sè, spero solo di essere riuscita ad incuriosirvi. Dovrei riuscire ad aggiornare una volta a settimana, forse anche più velocemente perché l'ho già scritta tutta, si tratta solo di trovare il momento per postare :)
Ovviamente è volutamente ispirata al romanzo " A walk to remember " di Sparks, e anche dall'omonimo film: molte scene sono tratte da queste due opere, altre invece sono modificate ed completamente inventate da me, ovviamente il tutto rivisitato in chiave Destiel.
Se non avete ancora visto il film o letto il libro vi consiglio di farlo, a me è piaciuto moltissimo!
Fatemi sapere cosa ne pensate, mi farebbe molto piacere!
Baciotti, e al prossimo capitolo!

   
 
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