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Autore: vermissen_stern    05/04/2017    1 recensioni
Storia ambientata durante la Golden Age (dunque prima del film) con un Pitch Black ancora umano e ancora facente parte della fazione dei buoni. Cosa ha spinto il generale Kozmotis Pitchiner a decidere di rinchiudere tutti i nemici del regno in un un'unica prigione? da qui e dalle mie conversazioni con l'autrice Dracarys è uscita fuori questa storiella che sarà, molto probabilmente, di due capitoli.
In quel mentre il signore del castello parve finalmente accorgersi dei suoi ospiti, e nel momento esatto in cui i suoi occhi lattiginosi si voltarono appena verso i nuovi arrivati ecco che al generale dell’armata dorata crebbe il sentore di aver commesso un terribile errore nell’essere giunti fino alla sua corte.
la storia si collega alla raccolta Tales of the Golden Age di _Dracarys_ per l'appunto.
Genere: Dark, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Nuovo personaggio
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Attenzione! La storia che vi apprestate a leggere è legata alla raccolta di _Dracarys_ ossia Tales of the Golden Age – back to basic di cui vi consiglio di dare una occhiata sia perché merita ma anche per comprendere al meglio questa mia storia (si può leggere anche così volendo). Altra premessa forse chi ha dimestichezza con l’universo di D&D conoscerà la razza degli illithid. Ebbene, io li ho pesantemente rivisitati e ci ho messo di mio, tanto che non mi sembrava idoneo mettere la dicitura crossover in quanto, ormai da un ventennio, questa razza è divenuta come creta nelle mani di molti scrittori e disegnatori. Non mi resta che augurarvi buona lettura!

 

 

Dicono che ci sia un tempo per tutto.

Un tempo per amare. Un tempo per avere figli. Un tempo per crescere e prendere decisioni importanti. E poi esiste il tempo della vendetta, sebbene quest’ultimo tempo alle volte può possedere tempi di attesa fin troppo variabili. A volte decadi, altre volte invece… mai.

Kozmotis Pitchiner non aveva mai coltivato l’ideale della vendetta e dei suoi poco fruttuosi risvolti, da sempre legato ad ideali di giustizia che incarnavano una purezza ormai d’altri tempi, ma ci sono casi in cui effettivamente il giovane soldato poteva anche comprendere il motivo che spinge un uomo a desiderare il sangue dei propri nemici. Una famiglia che si spezza ad esempio è sempre un evento che non può essere ignorato o minimamente arginato da un qualsiasi ideologia buonista, e vedere in battaglia i suoi uomini distrutti dalla morte di un amico o di un familiare lo aveva portato spesso a non commentare sulla loro eccessiva violenza e sete di sangue sui nemici presenti in trincea. L’High General of the Galaxies, il signore dell’armata dorata e pupazzo nelle mani dei grassi e pomposi signori delle costellazioni, aveva il suo ben donde di desiderare che la lunga guerra di logoramento che da anni sfiancava quella fetta di universo avesse ormai il suo declino definitivo. Il generale camminava, respirava, dava persino ordini ai suoi uomini impegnati in una guerra senza fine contro nemici ostici e orribili, ma non si poteva certo dire che fosse propriamente entusiasta di come stessero andando le cose.

Mister Kozmotis aveva lasciato a casa moglie e figlia da ormai qualche anno a causa dei dream pirates – un nome piuttosto dolce per delle aberrazioni fatte d’ombra e icore – e se la guerra contro quelle bestiacce continuava a prolungarsi, molto probabilmente non avrebbe mai visto sua figlia crescere per davvero. La prossima volta che sarebbe tornato a casa era alquanto verosimile che la sua adorata Emily Jane avrebbe sfoggiato il fisico prematuro di una giovane donna, anziché quello di una bambina ancora piccola… sempre che ci sarebbe stata una prossima volta.

Aveva deciso di diventare un soldato per proteggere coloro che amava, così come molti altri individui che si erano arruolati per medesimo motivo, ma più andava avanti e più cresceva in lui una angoscia che da ragazzo decisamente non aveva mai sperimentato. Forse complice la leggerezza di quegli anni, solo ora, che su di se aveva tutto il peso di condurre sul campo di battaglia le armate provenienti da ogni quadrante stellare in mano a nobili famiglie solo per titolo e non per animo, avvertiva il sentore di ombre troppo scure strisciare sul suo animo troppo chiaro per comprenderle appieno.

Attualmente la situazione al fronte non era esattamente delle più rosee, e per quanto questa guerra contro un nemico ignoto ai più – ma talmente aggressivo da divorare interi mondi spinto da una rabbia quasi ancestrale – si fosse alternata come le maree che si infrangono su di una costa sempre più martoriata era ormai noto a tutti che non bastava mandare semplicemente al macello uomini valorosi per vedere all’orizzonte una possibile vittoria.

Andava cambiata strategia, ma mai come in quel giorno al gran generale non piacque dover obbedire agli ordini del re in persona. Una persona onesta e di buon cuore, ma secondo il parere di Pitchiner aveva troppi consiglieri che gli ronzavano attorno e che gli sussurravano strategie tutt’altro che sagge.

Poiché solo un pazzo si sarebbe andato a cercare una alleanza con gli inquietanti Illithid, benchè persino tali creature riserbassero lo stesso rancore che il Gran Generale nutriva per i demoni ombra che mangiavano le anime dei bambini indifesi.

Pitchiner non conosceva appieno tali creature dall’aspetto fin troppo alieno per lui – identici ad un uomo nell’aspetto fisico, se si escludeva la pelle violacea, ma dal volto simile ad una specie di piovra con quei loro lunghi tentacoli privi di ventose – per quanto nella Città Dorata avesse notato il passaggio di alcuni mercanti di tale razza ben impacchettati nei loro abiti ieratici e preziosi. Le creature si limitavano al commercio di oggetti esotici destinati ai nobili più stravaganti all’interno del regno, dato che persino il Re non nutriva grande passione per creature prive di corde vocali ma abili nel saper comunicare telepaticamente ogni loro pensiero al prossimo. Per certi versi, se non ci fossero stati i dream pirates a bussare alle porte del regno molto probabilmente ci sarebbero stati gli Illithid ad avere mire molto più aggressive di un semplice scambio commerciale.

Prima di partire aveva avuto modo di consultarsi in biblioteca per quanto riguardava la fisionomia e la vita sociale di tali esseri, e il quadro che ne era uscito, prendendo con cautela le informazioni che aveva raccolto, non erano certo delle più rosee. Quindi ecco che i dubbi su una possibile alleanza andavano allargandosi ad ogni paragrafo scrutato velocemente con sempre più angoscia a tormentargli la bocca dello stomaco.

Gli Illithid erano originari di un pianeta alquanto remoto situato da qualche parte nella costellazione di Andromeda. La geografia non era esatta poiché tali alieni erano piuttosto restii a dire nero su bianco quanto possedessero e quanto si stavano accingendo a possedere nei quadranti stellari non in mano ai nobili del regno di Tsar Lunanoff XI – se si esclude la casata Andromeda misteriosamente scomparsa più di un millennio fa, e di cui rimanevano solo le sbiadite insegne nel palazzo reale – ma a parte tale dettaglio a rendere ancor più inquietanti questi esseri era la loro storia e la loro fisionomia.

Erano un popolo di soli uomini.

Non esistevano donne tra gli Illithid, e pare che tali alieni sopperissero a tale mancanza con il ventre di altre donne umanoidi geneticamente compatibili a loro. Tale assurdità si era creata circa mille anni or sono, a causa di un non specificato morbo che aveva infettato la popolazione femminile originaria del loro pianeta natale portandole – dopo circa un centinaio scarso di anni – ad estinguersi dato che su Illium VI smisero di nascere bambine.

Una situazione drammatica – e lo stesso Pitchiner non poteva esimersi dal considerarla una vera e propria tragedia – che aveva portato inesorabilmente un popolo incredibilmente saggio e pacifico, incline allo studio della scienza e della conoscenza di ogni arte, ad abbandonare i propri interessi culturali per abbracciare la spada e la corruzione… nella speranza di trovare una via di fuga da una estinzione annunciata.

Le donne illithid all’interno della loro società erano alquanto importanti, ma mito e realtà si intrecciavano nelle informazioni raccolte dall’onesto generale nel poco tempo che ebbe a sua disposizione per prepararsi al fatidico incontro, dunque dovette prendere con le pinze ciò che aveva scoperto in quelle poche ore spese a leggere vecchi tomi polverosi. Si mormorava dunque che tali femmine possedessero capacità telepatiche uniche, in grado di comunicare con il feto che si portavano in grembo e riuscire in tale modo a comunicargli tutta la conoscenza che il loro popolo aveva acquisito nel corso dei secoli. Quando però il morbo fece la sua apparizione – e secondo alcuni si trattava di una punizione delle loro divinità per aver peccato di poca saggezza – tale dono venne irrimediabilmente a mancare… e gli illithid si scoprirono improvvisamente comuni mortali.

La mancanza di questo legame tra madre e nascituro corruppe un intero popolo, spaccandosi irrimediabilmente in due distinte fazioni. I filosofi mantennero un temperamento tutto sommato “pacifico” con le altre razze umanoidi, divenendo una confederazione di astuti mercanti privi di scrupolo; mentre la classe operaia divenne quella più temuta di tutti, la casta dei guerrieri, prendendosi con la forza i pianeti loro alleati nella disperata ricerca di una cura che garantisse la sopravvivenza della loro specie.

Ma anche in questo caso gli dèi giocarono un fato beffardo ai loro sudditi deludenti, facendo in modo che dai rapporti inter specie nascessero solo altri illithid maschi. Tutte le creature femminili che nascevano dal grembo delle loro mogli umane erano identiche alle genitrici che le avevano create, prive di poteri telepatici ma allo stesso tempo invulnerabili a qualsiasi attacco psichico non gradito.

Era stato così anche per la casata nobiliare della costellazione Andromeda? Ridotti in schiavitù psichica e “costretti” ad amare i loro invasori sempre più assetati di potere e nuove colonie? Con tutta probabilità non era andata così diversamente da come Kozmotis Pitchiner se l’era immaginato mentre sfogliava le pagine ingiallite dei libri da lui letti, e tuttavia si riversava il diritto di considerare una possibile alleanza con quelle creature un suicidio annunciato.

Avevano un nemico in comune, certo, e l’armata dorata attualmente non se la stava passando benissimo… ma allearsi con un popolo costantemente ai ferri corti tra casta dei guerrieri e confederazione mercantile non era esattamente la cosa più geniale mai concepita da mente umana. Per quanto stimasse il proprio re doveva ammettere che era ancora troppo giovane e ingenuo per crede a quello che usciva dalla bocca dei suoi consiglieri… ma ormai era decisamente troppo tardi per piangersi addosso, e l’astronave su cui si trovava sarebbe arrivata a breve nel luogo dell’incontro prestabilito.

 

[…]

 

Il pianeta Aladaar si trovava in un sistema solare piuttosto comune. C’erano un totale di sette pianeti che ruotavano attorno ad una nana gialla, e quello in cui si era deciso il luogo dell’incontro aveva la peculiarità di essere costantemente messo in ombra da un gigante gassoso violaceo che, nel tempo, aveva fortemente influenzato la fauna e la flora del posto in modo tale che si abituassero ad una quasi perenne notte e approfittassero al meglio delle poche ore di crepuscolo offerte dalla poca magnanimità del colosso gassoso che si cibava di luce.

“gran bel posticino… per niente inquietante, nooo…”

“Taci, sergente! Ti ricordo che gli abitanti qui possono udirti anche se stai sussurrando!”

Per quella spiacevole gita fuori porta il generale dell’armata dorata si era portato appresso due suoi uomini meritevoli di fiducia. l’irriverente sergente Euron e la tenente Olympia. Ragazzi giovani e di buona famiglia, ma abbastanza lontani dalla cerchia dei nobili manipolatori da potersi guadagnare la sua fiducia. La nave li aveva portati fino ad uno spazio porto non molto lontano da dove si sarebbero dovuti recare – la cosiddetta residenza estiva di Darius Adaar V, la Casa della Mezzanotte un tempo appartenuta alla famiglia Andromeda, colui che aveva la voce più grossa all’interno della casta dei guerrieri e dunque una sorta di leader riconosciuto da tutti… anche dai mercanti – e il gruppetto ben impacchettato nelle loro armature dorate fu sorpreso di vedersi scortare alla residenza del signore locale da un gruppo di uomini normali anziché illithid. Uomini dal volto serio, poco inclini alla conversazione, tanto da lasciare Euron abbastanza perplesso non vedendosi risposte divertite alle sue domande scherzose. Un certo disagio iniziò a farsi sentire sulla pelle del drappello di impavidi soldati, e nel mentre che entravano all’interno della residenza estiva lo stesso Pitchiner volle rimarcare il concetto di discrezione ai suoi alleati.

“non siamo qui in visita di piacere. Lasciate parlare me e vedrete che ce la caveremo in poco tempo. Occupatevi solo di inchinarvi a lui e a porgergli i doni da parte del nostro re”

Il gruppo infine si lasciò alle spalle il misterioso – quanto affascinante – paesaggio esterno della brughiera che circondava il cupo palazzo di Adaar, e si addentrò attraverso il portone in bronzo che si aprì al cenno dei soldati umani che li stavano scortando.

La tenente – piuttosto graziosa per essere una arciere delle retrovie, dal volto non ancora martoriato dalle battaglie – strinse a se il proprio scrigno di spezie preziose, dando un’ultima occhiata all’esterno e a quei suoi misteriosi cespugli di lavanda che si accompagnavano a quegli arbusti dalle bacche violacee iridescenti come se stesse entrando nel ventre di un mostro ancora dormiente. L’interno del palazzo era scarsamente illuminato da fiaccole e lampade ad olio in terracotta, illuminando con una certa magistrale atmosfera i vari corridoi che attraversarono in perfetto silenzio.  Le calde luci artificiali che accompagnavano il passaggio dei militari illuminavano i bassorilievi intagliati nella grigia pietra rivelando scene di caccia e di battaglia – con protagonisti gli illithid – ed altre dall’aspetto più licenzioso che mostravano scene di vita quotidiana. Per quanto, per la donna soldato, non sembrava esserci molta quotidianità nel modo in cui alcuni illithid ispezionavano in maniera invasiva una schiava pronta per essere venduta all’asta. Con i tentacoli sinuosi – sebbene intagliati nella dura roccia – che andavano ad infilarsi ovunque nelle carni di quella donna dallo sguardo indecifrabile, rendendo Olympia piuttosto inquieta e desiderosa di concludere il prima possibile quella spiacevole faccenda.

“questi bassorilievi… non mi piacciono per niente” mormorò Olympia, ottenendo però solo l’ilarità di un sergente ancora troppo giovane per saper rispettare il rango altrui.

“Ora siete voi a bisbigliare, tenente! Io mi preoccuperei di più a non inciampare visto che non si vede quasi niente”

“gli illithid non hanno bisogno di molta luce per muoversi, sergente… mappano un luogo tramite i loro poteri mentali. E ora silenzio”

Neppure a Pitchiner quel posto entusiasmava. L’architettura della villa aveva subito pesanti ritocchi nel corso dei secoli, ed ora presentava cupole rivestite in bronzo così come molte delle colonne presenti all’interno della residenza. Tale decoro conferiva una certa atmosfera all’ambiente perennemente in ombra del pianeta, lasciando che le fiaccole e la luce violacea della perenne aurora che sovrastava l’atmosfera del pianeta regalassero un aspetto tanto inquietante quanto esotico all’intero edificio. Una sorta di monito al viandante inesperto, e per quanto i tre soldati fossero tutto meno che degli sprovveduti persino loro avrebbero preferito evitare di doversi addentrare fino a li.

Infine, il trio dorato si trovò a doversi fermare di colpo di fronte ad una porta in legno intarsiato di strani motivi floreali. Una delle guardie umane disse loro di aspettare fuori, dopodiché sparì attraverso quelle doppie porte lasciando che per un momento uno strano suono metallico fuoriuscisse da quella nuova stanza misteriosa. Quel suono durò pochi secondi, ma secondo l’esperienza del generale qualcuno si stava esercitando in un duello contro un individuo decisamente molto scarso.

Quando finalmente le porte si aprirono del tutto le guardie dettero il permesso a Pitchiner di entrare, e tutto ciò che una di loro si limitò a dire al trio di uomini della capitale fu solo un “sua eccellenza Adaar V è ora disposto a ricevervi”.

Fu come entrare in un altro mondo. I soldati dall’armatura dorata si ritrovarono a dover stringere momentaneamente le palpebre a causa del cambio di ambiente decisamente repentino e inaspettato, ritrovandosi da ambienti semibui ad un cortiletto interno avvolto da una luce artificiale (molto probabilmente di natura magica).

Il luogo dell’incontro si mostrava come un cortile dal terreno sabbioso e di modeste dimensioni, circondato da un porticato di colonne granitiche dove, alle sue ombre, una donna in abiti semplici ma ricchi scrutava il goffo combattimento che si stava tenendo al centro del giardino in compagnia di un illithid con indosso un’armatura leggera.

A quella donna il generale dell’armata dorata avrebbe dato una età approssimativa di trentacinque o trentotto anni, e i suoi occhi scuri erano unicamente puntati su un unico combattente all’interno di quella strana arena. Pitchiner non aveva mai visto un bambino illithid prima d’ora, ma quella creaturina faceva comunque impressione per quanto sua madre lo stesse osservando con tutto l’amore che una donna poteva nutrire per il figlio. Per il soldato veterano tali alieni erano a dir poco ripugnanti, con la loro pelle viola e quei lunghi tentacoli – quattro in totale, senza contare che erano privi di naso – che coprivano la loro bocca ed arrivavano fino alla vita, eppure il gran capo si era dato parecchio da fare per generare il proprio erede.

Il famigerato Darius Adaar V si mostrava come un illithid piuttosto possente. Alto circa due metri – come molti di quelli che appartenevano alla casta dei guerrieri – aveva la parte superiore del corpo segnata in diversi punti da cicatrici causate dalle immani battaglie che aveva combattuto in prima persona. Come unico vestiario indossava una tunica color vinaccia legata alla vita da corde in pelle dorata – da quello che aveva capito Pitchiner era un abbigliamento tipico di quella specie, quantomeno per l’intimità della propria casa. Un po’ come un pigiama per intenderci, dunque un abito tutt’altro che consono per accogliere ospiti importanti – e tra le mani impugnava un giavellotto con la quale si proteggeva, e a volte attaccava, dai colpi del bambino.

“usa meglio quelle gambe, figlio mio! Non tutti i tuoi nemici cadranno ai tuoi piedi con un attacco psichico… piega le ginocchia… esatto!”

Nel mentre che insegnava alla creatura come combattere il suono della sua voce si fece strada nei cervelli dei presenti – in un modo un po’ fastidioso almeno all’inizio, dato il ronzio che inizialmente si fece strada nelle loro menti – risultando avere un timbro vocale tanto caldo quanto dannatamente autoritario. Non era chiaro se gli illithid si creassero un timbro vocale ad arte nei loro cervelli, ma per Kozmotis era senza ombra di dubbio una tecnica alquanto stupefacente. Quantomeno per un comune mortale come lui, dato che quella voce che sentivano era il minimo per una creatura capace di spappolare la mente di un avversario.

Il bimbo continuò a colpire e cercare di parare gli attacchi del possente genitore come meglio poteva, aizzato da quest’ultimo, e dopo altri quattro colpi andati malamente a vuoto si fece prendere dalla tipica frustrazione infantile… abbandonando il giavellotto sulla sabbia e placcando il padre alla vita. Cercando così di farlo cadere a terra seppur inutilmente e scatenando la sua ilarità.

“Ouch! Wow… decisamente impressionante figliolo” il guerriero rise, divincolandosi con delicatezza dall’abbraccio del figlio piccolo “ma credo che dovremo rimandare il nostro allenamento…”

In quel mentre il signore del castello parve finalmente accorgersi dei suoi ospiti, e nel momento esatto in cui i suoi occhi lattiginosi si voltarono appena verso i nuovi arrivati ecco che al generale dell’armata dorata crebbe il sentore di aver commesso un terribile errore nell’essere giunti fino alla sua corte. I tentacoli di Darius si mossero, e i tre ospiti osservarono come il suo volto mostruoso si produsse in uno strano sorriso, pieno di malizia ben poco celata, fatto di candidi canini e di uno sguardo licenzioso come se avesse avuto di fronte la più seducente delle concubine… o un piatto di carne umana da raggirare a proprio piacimento.

Uno sguardo che durò ben pochi secondi, poiché tosto il mostro si voltò del tutto verso i propri ospiti, depositando su una rastrelliera il giavellotto precedentemente sfruttato.

“Adirus… porta tuo fratello Sduari e tua madre alla Residenza del Crepuscolo, i miei ospiti non possono aspettare oltre”

Il giovanotto che fino a quel momento era stato all’ombra del colonnato – pure lui alto quanto il padre – annuì solennemente così come un soldato ubbidisce fedelmente al proprio generale, accompagnando una silenziosa genitrice e un turbolento fratellino verso luoghi meno cupi in cui trascorrere il soggiorno su quello strano pianeta.

Rimasti finalmente soli Kozmotis Pitchiner si fece finalmente coraggio, irrigidendo istintivamente la schiena per darsi aria di autorità, e avvicinandosi al signore del posto porgendo i propri saluti notò che Adaar allargò un poco le braccia per dar loro un caloroso benvenuto.

“I miei omaggi, generale Darius Adaar V. sono Kozmotis Pitchiner, L’High General of the Galaxies al servizio di sua maestà, il re Tsar Lunanoff XI… Portiamo con noi dei doni per-”

“Si rilassi generale. Si rilassi! Siete mio ospite per questa eterna notte” Pitchiner non seppe se ridere o meno a quel gioco di parole dell’illithid, pertanto optò per un cauto mezzo sorriso “direi che le formalità non ci servono, i nomi lunghi non mi sono mai piaciuti… e per i miei uomini sono semplicemente Adaar”

Con un gesto della mano invitò il gruppetto a seguirlo nei meandri della residenza, e per quanto fosse poco piacevole allontanarsi da un luogo pieno di luce il terzetto decise comunque di compiacerlo. Anche perché non potevano fare altrimenti, erano pur sempre ambasciatori di pace.

“Non sapevo che vi foste portati appresso la famiglia. Spero di non aver interrotto un momento particolare…”

“Non sono sposato, se è questo che intende generale” in effetti lo aveva pensato, e solo per questo il soldato in armatura dorata si pentì di non essere stato cauto. Anche se la creatura non gli aveva letto nella mente “ma apprezzo il suo interesse… attualmente la mia famiglia si trova in un palazzo più accogliente di questo. Le mie donne non apprezzano tutto questo buio, di conseguenza la Residenza del Crepuscolo è un ambiente molto più tranquillo e pacifico”

Per essere più chiaro la creatura pizzicò i nervi del cervello dei presenti facendo venir loro una nausea momentanea – non essendo abituati alla comunicazione telepatica – e immediatamente l’immagine mentale di un palazzo non dissimile da quello in cui erano, ma più piccolo e senza la presenza di bassorilievi inquietanti, si materializzò in ciascuno dei presenti in tutta la sua bellezza. Un eterno tramonto governava sulla brughiera dai frutti violacei luminescenti, e la presenza del gigante gassoso era decisamente più mite. Alcune donne si trovavano nel grande giardino a chiacchierare, altre ancora erano dentro la villa e si dedicavano alla tessitura del telaio, e tutte erano protette da eunuchi umani senza più personalità alcuna se non quella di proteggere la cosiddetta famiglia del loro signore.

La visione infine terminò, lasciando per qualche secondo i tre soldati disorientati, ma continuarono comunque a camminare per il breve corridoio fino a giungere in una stanza  illuminata da diverse fiaccole e da alcuni bracieri in cui stavano bruciando rametti di sandalo. La suddetta stanza era piuttosto grande decorata da colonne rivestite in bronzo, e per quanto fosse tutto sommato spartana, se si escludevano i bassorilievi presenti ai lati delle due navate, al centro era presente quello che a conti fatti era un trono in pietra composto da tentacoli – o fiamme – granitici che si avviluppavano tra loro per protendersi poi verso l’alto. Il trono di Adaar per essere precisi, e fu proprio li che andò a sedersi in modo lievemente ironico. La schiena si adagiò pigramente contro lo schienale rivestito in velluto scuro, e tenne le gambe leggermente divaricate per stare più comodo. Un atteggiamento tutt’altro che consono per un uomo importante, basti pensare a re Lunanoff e al modo impettito quando si sedeva sul proprio pomposo trono, e per la tenente Olympia parve essere un gesto anche provocatore e arrogante di chi si sentiva di avere il coltello dalla parte del manico.

‘Tzk, magari pensa di avere pure il pacco grosso…’ pensò la giovane donna, sentenziando dunque in modo cinico la postura un po’ scomposta del signore di quel mondo lontano. Pentendosene immediatamente di aver pensato una simile considerazione di fronte ad una creatura dagli immensi poteri psichici.

‘Sei curiosa di scoprirlo?’

La voce de mostro si insinuò in lei con una semplicità tale da farle correre lungo la schiena brividi poco piacevoli di paura misti ad imbarazzo, e per quanto avesse il volto parzialmente messo in ombra dal cappuccio della propria mantella arrossì di vergogna per aver aizzato l’ilarità di un mostro potente e pericoloso. A quanto pare solo lei aveva avvertito la voce di Darius, poiché gli altri due uomini non si voltarono minimamente verso l’arciera per ammonirla.

“mi è stato riferito che siete qui da me in cerca di protezione” iniziò Adaar, una volta che i soldati dell’armata dorata lasciarono avanzare il loro generale “ricordatemi dunque per quale nemico siete venuti qui, e perché mai dovrei darvi retta”

“mio signore, siamo giunti fino a qui per una alleanza che possa giovare a tutti e due” iniziò a parlare così il generale dell’armata dorata, sperando dunque di attirarsi le simpatie di una creatura ora un po’ scettica “gli orrori oscuri che si fanno chiamare dream pirates si stanno facendo audaci ad ogni giorno che passa. Alcune nostre colonie sono cadute in mano a questi mostri, e i fronti aperti sono troppi per i miei uomini…”

“… e il valore di un singolo uomo non vale contro la quantità numerica della stupidità. Si generale, conosco anche io questo detto. Non sono come il vostro re che non ha mai visto in vita sua un campo di battaglia… quindi parliamoci chiaro”

Fu decisamente duro nell’etichettare quasi come un rammollito il loro giovane sovrano che, per quanto in fin dei conti l’illithid non avesse tutti i torti, era tutto meno che un regnante che mandava senza ritegno i suoi soldati alla morte. Il volto del sergente Euron si fece più serio, ma fu ben attento a non pensare diverse imprecazioni che mettessero a repentaglio l’intera missione diplomatica. Doveva lasciar parlare gli “adulti” della situazione, ed il fatto che Pitchiner non batté ciglio era già un buon inizio.

“il nostro sovrano ha ponderato saggiamente l’idea di allearsi con voi, Adaar. Non siete uno qualunque nel vostro popolo” forse i complimenti diretti non erano esattamente saggi dato che il guerriero in questione non era un vanitoso, ma una spintarella non poteva far certo del male “abbiamo un nemico in comune. Possiamo farci forza a vicenda, in quanto dubito fortemente che i mercanti illithid ci appoggeranno concretamente fornendoci gli strumenti adatti a contrastare i dream pirates”

Darius contava assai nella casta dei guerrieri, le informazioni che gli erano state fornite dallo stesso re Lunanoff  dicevano il vero, ed anche se l’illithid stava andando verso la soglia della cinquantina era ancora un individuo piuttosto giovane per la sua razza che di anni poteva camparne anche più di centosessanta. Dunque di tempo per espandere ancor più maggiormente i propri territori e far tremare ulteriormente la confederazione dei mercanti – zittendo persino gli altri guerrieri della sua casta – e lo stesso regno delle costellazioni ne aveva eccome… dunque era cosa piuttosto saggia avercelo come amico che come nemico.

Ma non si aspettò, così come gli altri due soldati che lo accompagnavano, che il signore del palazzo si mettesse a ridere in modo cupo e beffardo. La sua risata riecheggiò in modo minaccioso nelle loro menti, tanto che il generale dell’armata dorata si ritrovò a deglutire in maniera impercettibile e portare la mano – nascosta dal mantello scarlatto – sul pomello della propria spada. Come se non bastasse dalle ombre della sala emersero svariate figure tentacolari – altri illithid con indosso delle tuniche più semplici e meno pompose di quelle dei mercanti – che si posizionarono tra una colonna e l’altra tenendo gli occhi biancastri sui tre stranieri giunti da lontano. In poche parole tutta quella situazione puzzava terribilmente di trappola.

“gran bel discorso, generale… davvero! E suppongo che abbiate portato dei doni per comprare il mio consenso”

“non siamo qui per comprare proprio nessuno!” ora il generale aveva decisamente abbandonato il tono accondiscendente di prima per abbracciarne uno molto più indignato e severo “la situazione è grave… ora siamo noi, ma un domani potreste essere voi se solo allentate l’allerta contro quelle empie creature!”

Kozmotis non aveva detto qualcosa di sbagliato, a suo dire quei demoni ancestrali e poco intelligenti erano davvero una minaccia per ogni stella dell’universo, eppure questo non parve far riflettere il signore del castello che, con un ordine telepatico ai suoi uomini, lasciò che gli altri guerrieri avvolti in tuniche di seta prendessero in mano la situazione. O per meglio dire le fiaccole fissate alle colonne.

Le creature – alte quasi quanto il loro signore –alzarono le fiaccole zampillanti di caldo fuoco appena appiccato verso l’alto, affinchè la volta della grande sala venisse illuminata il più possibile da quel loro gesto telepaticamente dettato da Adaar.

“caro il mio generale… sapete perché definiamo quelli che voi chiamate dream pirates semplicemente degli esseri fastidiosi?”

Pitchiner non era sicuro di voler capire quello che l’illithid voleva dire loro, ma spinto dalla curiosità e dall’istinto volle dare prudentemente una occhiata al soffitto per vedere ciò che tanto premeva che vedessero. Il suono di sorpresa e spavento che fuoriuscì dalla bocca del suo sergente lo avvisò in anticipo su quale follia avrebbe messo gli occhi, e le parole di Darius bastarono a rendere il tutto ancor più surreale di quello che già era.

“perché contrariamente a voi noi sappiamo come tenerli a bada, tanto che si dimostrano essere ottima malta con cui tenere su i nostri palazzi… ma d’altronde a noi illithid non piace buttare via niente”

Ora che la luce delle fiaccole era puntata verso l’alto poteva ben vedere i mattoni che formavano la volta della sala erano circondati da una malta nera come la pece ma brillante come il diamante. I dream pirates, il cui corpo informe e nero il generale conosceva assai bene date le battaglie che aveva conseguito contro di loro, erano stati smembrati e maciullati a tal punto da essere amalgamati con la sabbia per essere usati come reagente solidificante per tenere su quel palazzo restaurato pesantemente. Una crudeltà unica secondo il suo modesto parere – non ne aveva mai ucciso neanche uno ma al massimo messi in fuga o catturati per poterli poi interrogare in seguito – e per sicurezza volle controllare anche le piastrelle sotto i suoi piedi come colto da un viscerale terrore.

Le scanalature delle piastrelle recavano la stessa componente nera che era servita a tenere su i mattoni del tetto, e continuando ad osservare quella crudeltà gratuita al generale dell’armata dorata parve quasi che quella malta si muovesse appena – come se in qualche modo fosse ancora viva in uno stato di perenne dolore – ma con tutta probabilità si trattava solo di un gioco di luci e ombre dettato dalle fiaccole presenti.

“Lei… mi sta prendendo in giro…”

Le parole gli uscirono in maniera flebile mentre continuava ad osservare quelle frattaglie nerastre sfruttate come cemento per fissare al suolo le mattonelle grigie e informi – stava letteralmente camminando su un mare di cadaveri – ma fu solo quando alzò nuovamente lo sguardo che fu sicuro di impazzire per davvero.

Gli occhi dorati di Pitchiner osservarono sconvolti come la sala si era fatta improvvisamente grigia e statica, ed ogni suo ospite presente era fermo immobile come congelato da un potente incantesimo temporale. La tenente Olympia aveva uno sguardo preoccupato marcato in viso, ripresa nell’atto di tentare di divincolarsi da qualcosa di invisibile lasciando che lo scrigno prezioso le scivolasse dalle mani e rimanesse a mezz’aria, con tutto il suo contenuto che a breve si sarebbe rovesciato su quell’orribile pavimento. Accortosi di quella strana situazione il giovane Euron parve voler intervenire per aiutare il proprio superiore, congelato nell’atto di urlare il nome della ragazza ed estrarre – istintivamente e scioccamente – la spada dal proprio fodero. Molto probabilmente non sarebbe venuto a capo di nulla, perché proprio alle sue spalle uno degli uomini di Darius stava avvicinandosi al sergente per poterlo rendere inoffensivo con i propri robusti tentacoli già esposti sopra la bionda capigliatura del ragazzo. Una situazione a dir poco psicotica, perché il generale della armata dorata non riusciva a capire se ciò che stava osservando stava accadendo realmente oppure era solo frutto della sua paranoia.

E soprattutto… perché vedeva un Adaar ancora seduto in trono ed un altro – quest’ultimo a colori anziché in bianco e nero come il resto del panorama – che si avvicinava a lui con passo tranquillo?

“Si stava facendo un po’ troppa confusione… quindi perdonerete questa mia intrusione, dato che ci tenevo a parlare solo con voi e basta”

A poco a poco Kozmotis Pitchiner comprese che quella creatura si era semplicemente fatta strada nel suo subconscio in maniera tanto facile quanto imbarazzante – perché il soldato si reputava abbastanza granitico per quanto riguardava la propria psiche – e per quanto la cosa lo rendesse inquieto tanto bastò per calmarsi e sentire che cosa aveva da dire la potente creatura a cui stava chiedendo una alleanza.

“Mi auguro che sia qualcosa di importante, allora! Per gli dèi, Adaar… che diavolo sta succedendo?! Che avete fatto ai miei uomini?!”

“succede, mio caro generale, che avete un’indole fin troppo simile a quella che avevo io molti anni fa… e non si preoccupi troppo per i vostri soldati. Attualmente sto… facendo vedere una cosa alla piccola Olympia”

Il tono di voce che usò l’illithid lasciarono alquanto disgustato il soldato umano – perché qualunque cosa stesse facendo al suo tenente era sicuramente qualcosa di immorale – così come il suo gesto di andare a sfiorarle con un tentacolo il viso contratto in una smorfia angosciata, ma a parte aprire la bocca per lamentarsi ulteriormente non potè dire alcuna parola in quanto Darius Adaar V non gli lasciò il tempo di esprimersi.

“che ci crediate o no ero esattamente come voi un tempo. Ligio al mio dovere, fedele ai miei superiori… fino a quando non assaporai sulla mia stessa pelle il sapore del tradimento”

Con un gesto della mano lo invitò a scrutare i bassorilievi presenti in sala, e questi, come mossi dalla magia, si misero a muoversi per raccontare quella che a conti fatti era la storia personale dell’illithid che aveva di fronte. Gli fu facile riconoscerlo perché il vero Adaar possedeva una cicatrice che gli passava sopra l’occhio sinistro, e altrettanto aveva il fregio scolpito nella grigia pietra.

“Non conservo molti ricordi dei miei genitori, in quanto sono morti quando ero ancora troppo piccolo per poter ricordare. Ma conservo buoni ricordi dell’accademia militare in cui sono cresciuto. Io, e molti altri come me”

I bassorilievi animati mostrarono quello che sembrava essere un orfanatrofio militare destinato ai figli dei caduti della casta dei guerrieri. A quanto pare Darius era molto giovane quando perse entrambi i genitori in una guerra fratricida con altri illithid – una grande guerra durata anni tra due signori della guerra cefalopodi – ma stando ai bassorilievi crebbe bene ed ebbe modo di crearsi persino una famiglia. Una analogia decisamente simile a quella di Kozmotis che, proprio come il Darius raffigurato nella pietra, aveva moglie e figlia piccola ad aspettarlo a casa.

“a diciotto anni avevo già una carriera militare ben collaudata, tanto da divenire il più giovane generale dell’armata del signore che servivo. Anche se, con tutta probabilità, la guerra in corso richiedeva dei generali capaci a prescindere dalla loro età… e tuttavia, nonostante le molte battaglie, avevo qualcosa per cui vivere”

Una donna dal volto indecifrabile si avvicinò all’Adaar in tenuta militare una volta che questi entrò dalla bidimensionale porta di casa. I due si abbracciarono, e dal loro abbraccio, una volta che si sciolse, sbocciò una bimba piccola.

“All’epoca ero fortemente legato ai valori che mi erano stati insegnati, e anche se contrariamente a lei non mi facevo scrupolo a eliminare i miei nemici facevo sempre in modo che i miei duelli fossero costantemente alla pari”

Un intento nobile, e francamente parlando Pitchiner faceva un po’ fatica a crederci. Ma in fin dei conti cosa ci avrebbe guadagnato a mentirgli spudoratamente? Proprio un bel niente, e quello sguardo malinconico che riuscì a intravedergli mentre osservava l’intimo quadretto familiare che era un tempo la sua vita non sembrava essere pura finzione. Poi la scena cambiò, e si vide un giovane Darius mentre leggeva un dispaccio importante che gli era stato portato direttamente al fronte.

“la mia disfatta avvenne il giorno in cui il mio sire mi mandò importanti istruzioni su come affrontare l’ultima parte dell’assedio al palazzo in cui si era rintanato il suo avversario. Gli ordini parlavano chiaro: tutti andavano sterminati, comprese donne e bambini. Nessuna linea di sangue doveva sopravvivere a quella guerra… e come avrete ben intuito, mi rifiutai”

Quale bestia avrebbe mai potuto attaccare bambini indifesi (esclusi dream pirates)? Si trattava di un argomento che Kozmotis si era sempre rifiutato anche solo di pensare marginalmente, troppo puro d’animo per concepire una simile barbarie come l’infanticidio, eppure non era così ingenuo da non sapere che la fuori c’erano persone prive di scrupoli pronte a tutto per il potere.

“venni accusato di alto tradimento, dandomi la pena massima che si usa dare alla feccia come me. La totale lobotomia e asservimento. Fui abbastanza forte da liberarmi e fuggire, ma il verdetto raggiunse anche chi non doveva raggiungere…”

L’immagine di un Adaar incatenato in prigione si ruppe come frammenti di vetro, e correndo verso la sua casetta asimmetrica il giovane generale fece la sua agghiacciante scoperta. Portandolo nello sconforto e dolore più totale.

Moglie e figlia erano scolpite nella pietra con tutta la brutalità e la delicatezza che solo una mano illithid poteva ricavare dalla roccia. Smembrate a colpi d’ascia erano aperte come la corolla di un fiore elegante, i cui fiori caddero verso il nero inchiostro che si aprì dopo quella brutale esecuzione. Forse l’oscurità in cui Pitchiner si ritrovò avvolto non era altri che la mistificazione del dolore e dell’odio che la creatura doveva aver provato alla vista di quello scempio insensato e inumano. Due povere creature aperte e private degli organi interni – perché è risaputo che sono un popolo che non butta via niente – che hanno segnato definitivamente un uomo che aveva il dovere di proteggerle.

“Avete passato dei momenti terribili, Adaar… non riesco minimamente ad immaginare quanto dolore abbiate potuto provare”

Il generale dell’armata dorata sussurrò quelle parole al buio più totale, e il suo pensiero istintivamente andò alla sua famiglia attualmente al sicuro su di un pianeta lontano. Cosa avrebbe potuto fare se i nemici del regno avessero scoperto dove le teneva non riusciva neppure a immaginarlo, si trattava di una cosa troppo sconvolgente per poter essere concepita da mente umana, e poteva solo immaginare come tale evento avesse segnato una creatura aliena che possedeva – stando a quanto era scolpito nella roccia – una umanità che non gli avrebbe mai dato a causa di un aspetto e modi di fare piuttosto discutibili. La risposta alle sue inquiete domande mentali arrivò dalla cupa voce del condottiero, che a quanto pare non aveva finito con la sua storia.

“no… non potete minimamente immaginarlo, generale. Soprattutto per quello che accadde dopo e che mi ha reso quello che sono ora”

All’improvviso il buio lasciò lo spazio ad altre immagini incise nella fredda pietra, e il ragazzo che possedeva degli ideali lasciò lo spazio ad un uomo violento assetato di vendetta. Il giovane Adaar, dopo aver convinto diversi uomini a seguirlo, decise di organizzarsi per muovere guerra al suo ormai ex sire. Con pochi uomini riuscì a infiltrarsi nel palazzo del signore della guerra che un tempo serviva, compito che a quanto fare fu abbastanza semplice in quanto conosceva il posto a menadito, e a quel punto fu ben felice di potergli mozzare la testa per mostrarla ai propri fratelli che altro non poterono fare che accettare quel nuovo violento leader.

Ma non bastò. Adaar non si accontentò di una semplice testa, e la sete di vendetta si trasformò in uno stile di vita che gli avvelenò il sangue e modificò il suo docile pensiero.

Le immagini si susseguirono veloci e violente come gli eserciti che avanzavano simmetrici e coordinati nello spazio bidimensionale e astratto della pietra, non dando tregua neppure a coloro che chiesero una alleanza – o una resa – all’illithid spezzato dal dolore e dal tradimento. Molti della casta dei guerrieri provarono a fermarlo, ma più la sua rabbia cresceva più i suoi poteri si facevano sopraffini, tanto da diventare il fustigatore di un popolo corrotto all’osso e propenso solo a combattere per un titolo o una fetta di terreno brullo.

Il cuore di Darius si era indurito, divenendo venale quanto un mercante e feroce quanto un inquisitore, e al giovane Pitchiner fu chiaro che la sete di conquista dell’illithid non si sarebbe fermata finchè tutta la società del suo stesso popolo alieno non si sarebbe nuovamente riunificata sotto la sua feroce dittatura.

“Voi mi somigliate molto, e quelli come noi sono preda facile di complotti e pugnalate alle spalle… è la troppa onestà che rende l’individuo vulnerabile. Dunque il consiglio che posso darvi è di non essere troppo buono con i vostri nemici, nemmeno contro quelle creature che voi chiamate dream pirates”

Sentendo la voce del mostro alle proprie spalle il soldato si voltò di scatto con uno sguardo tra il rimprovero e lo sconvolto. Ora le figure intagliate sulle lastre di pietra avevano smesso di danzare la loro macabra scena di morte e decapitazioni, e la stanza era ritornata a essere quella di prima, con lo scenario delle figure congelate nell’atto di possibili tafferugli compromettenti. Il condottiero umanoide aveva usato la povera tenente Olympia come scusa per distrarre anche i suoi stessi uomini e poter interagire tranquillamente con il generale dell’armata dorata… ma i suoi ammonimenti decisamente non piacquero a Kozmotis.

“non ho intenzione di iniziare a macchiarmi le mani di sangue per prevenire un possibile attacco alle mie spalle! Non sono uno sciocco, ho già provveduto a mettere la mia famiglia al sicuro” decretò il giovane soldato, ora nuovamente in se e convinto di non poter toccare l’orlo della follia come prima di quell’assurda conversazione “sangue richiama altro sangue, Adaar… e senza offesa, ma non ho intenzione di diventare come voi”

“e questo è un segreto talmente importante che neppure io riesco a leggere dove le tue donne siano… buon per te, generale. Ma allora, se non vuoi fare quel tipo di prevenzione prova ad adottare un’altra strategia più pulita”

Pitchiner non badò molto al fatto che il mostro gli aveva dato del “tu” abbandonando in parte l’etichetta che si doveva tenere durante quegli incontri ufficiali, perché all’improvviso la voce dell’illithid divenne come velluto nel suo cervello. La possente creatura dalla pelle violacea stava accarezzando parti della psiche dell’High General of the Galaxies che non erano così forti come lo stesso essere umano credeva che fossero – non come la sua volontà di tenere segreta l’ubicazione in cui aveva nascosto moglie e figlia a causa della guerra – avvertendo ogni sua futura sillaba come la più ragionevole delle soluzioni.

“vai ai confini del tuo regno, nel pianeta più remoto che tu conosca, e lì fai costruire una prigione abbastanza grande da poter contenere tutte le aberrazioni che terrorizzano quei maiali dei tuoi nobili… se non vuoi sporcarti le mani, allora imprigionali tutti affinchè non possano più nuocere a nessuno e men che meno alla tua preziosa famiglia”

Darius non gli stava esattamente comandando di fare qualcosa di simile, ma la malsana idea di stipare tutti i dream pirates che avrebbe catturato in un’unica prigione alveare non gli sembrava poi così malvagia come invece inizialmente gli era sembrato. Giusto poco prima che gli invisibili tentacoli dell’illithid gli accarezzassero la mente convincendolo a poco a poco che quella era una scelta migliore che avere morti sulla coscienza.

“Se li uccidessi tutti non sarei dissimile da loro… ma imprigionarli? Potrebbe funzionare, si…” mormorò il generale umano assorto nei propri pensieri, ben sapendo che persino al re questa soluzione sicuramente sarebbe piaciuta. Poi si ridestò, guardando nuovamente severo in volto il mostro tentacolare “e per quanto riguarda il motivo per cui siamo venuti qui? Potremo contare sul vostro supporto?!”

“farò in modo che un piccolo contingente di miei uomini si interessi dei vostri fronti più caldi, avete la mia parola…”

Adaar annuì solennemente al generale a cui aveva sfiorato la mente nel modo giusto, anche se quella loro collaborazione molto probabilmente non avrebbe avuto una lunga durata. Ma ciò non aveva importanza, in quanto era ora che il gran soldato dall’armatura dorata se ne ritornasse nella propria astronave e comunicasse la lieta novella al suo re bamboccio.

 

[…]

 

Non seppe dire esattamente quando i suoi piedi salirono sulla rampa metallica dell’astronave militare con cui erano giunti fino al pianeta Aladaar, ne tantomeno quando dette ordine ai piloti di ripartire alla volta della capitale, ma quando Kozmotis Pitchiner riprese possesso delle proprie facoltà mentali fu per mano stessa del suo giovane sergente.

“Generale! È tutto a posto? Avete lo sguardo un po’ perso…”

Qualunque cosa fosse successa all’interno della residenza di Adaar V non sembrava aver lasciato segni evidenti ai suoi due luogotenenti che, contrariamente al loro generale, non mostravano evidente pallore e sguardo assorto. Era come se Euron ed Olympia non avessero subito sulla propria pelle gli attacchi psichici di Darius e il suo gregge, mentre il loro signore ricordava tutta la tremenda chiacchierata con quegli esseri dalla dubbia moralità.

Si trovavano nella cabina personale del generale, usata prima dello sbarco per un breve briefing sulla missione diplomatica, ed entrambi i suoi fedelissimi erano seduti di fronte a lui in attesa di una risposta. L’equipaggio aveva imbandito la tavola circolare con alcune vivande piuttosto semplici – alcune ricciole di pane farcite di carne secca e una bottiglia di vino rosso proveniente dai sistemi in mano alla famiglia Orion – ma nessuno dei presenti in tavola sembrava essere dell’umore per mangiare qualcosa. Agli occhi dei due giovani soldati Pitchiner mostrava due profonde occhiaie, e solo in parte i due ricondussero quell’aspetto fisico al trauma dovuto alla strana telepatia degli illithid.

Il generale tuttavia si riprese, raddrizzando la schiena sullo schienale in pelle e borbottando qualcosa con fare imbarazzato.

“sto… bene, sergente Euron. È stato un lungo viaggio e la comunicazione con quelle creature è stata particolarmente intensa… è stato così anche per voi due?”

“A dir la verità abbiamo parlato ben poco con gli individui presenti, avete fatto tutto voi e quell’Adaar” disse ad un certo punto la tenente, dopo una rapida occhiata con il suo sottoposto “abbiamo avvertito entrambi un certo mal di testa ad un certo punto, questo è vero, ma suppongo che per lei sia stato molto più faticoso dover gestire un dialogo con quelle creature orribili. Ad ogni modo, è fatta non è vero?”

I doni erano stati consegnati e accettati, perché la diplomazia lavorava anche di questo, ma Pitchiner rabbrividì mentalmente nel constatare come ai suoi due uomini di fiducia era stato fatto letteralmente il lavaggio del cervello.

Erano ancora loro, ma la parte riguardante la discussione avvenuta nella sala del trono era stata completamente modificata nei loro cervelli. E quel mal di testa che avevano provato ad un certo punto ne era sicuramente la prova.

“Si, tenente. È fatta… adesso possiamo riprenderci le nostre colonie”

Dentro di se il generale dell’armata dorata rabbrividì di angoscia per il modo in cui quelle creature erano capaci di risvoltare una qualsiasi mente per poterla poi usare a proprio uso e consumo, ritrovandosi dunque a dover dar ragione a quei tomi polverosi che ammonivano gli incauti di non avventurarsi troppo nei territori appartenuti un tempo agli Andromeda. Per fortuna era stato abbastanza forte da non farsi raggirare da Darius quel tanto che bastava per proteggere il regno e la propria famiglia.

E quella voce flebile che gli accarezzava la mente, così simile al velluto e incredibilmente convincente, era sicuramente quella del suo subconscio che gli diceva di sbrigarsi a costruire una prigione tanto grande da poter contenere tutti i nemici del suo amato regno.

  
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