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Autore: readyforthestorm_00    09/04/2017    1 recensioni
Guang-Hong Ji era un ragazzo davvero timido. Non era un amante del rischio, e raramente era entusiasta quando si trattava di conoscere nuove persone, che era esattamente il motivo per cui riuscì a sorprendere tutti quelli che conosceva, anche se stesso, quando decise di registrarsi ad un programma di scambio internazionale. Non che questo lo fermò. Era preparato per lo shock culturale, gli sconosciuti, anche per il cibo strano.
Quello per cui non era preparato era Leo de la Iglesia.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Guang-Hong Ji, Leo De La Iglesia
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Note della traduttrice:
Salve! Come potete ben leggere, questa storia non è una mia creazione, ma di Nikanaiko, che ci ha donato questo capolavoro. Mi sono innamorata di questa storia appena la ho letta, e mi sembrava un vero peccato non condividerla con il fandom italiano. Quindi...buona lettura! E spero che questa storia vi piaccia almeno la metà di qunto è piaciuta a me.
Questo è il link alla storia originale:

http://archiveofourown.org/works/8592382/chapters/19704115
 



Capitolo I
Il grande salto

 
Guang-Hong doveva ancora decidere cosa pensava degli aereoporti. Non ci era mai stato prima di quel giorno, ma ora che ne aveva visti un po’, questi avevano…onestamente fatto poco per aiutarlo a plasmare un parere. A volte erano caotici, intensi, così trafficati che poteva a malapena evitare che la testa gli rotolasse dritta giù dalle spalle, ma la maggior parte del tempo erano tranquilli, silenziosi, quasi vuoti, e Guang-Hong voleva quasi dire che erano noiosi…se non per il caotico Yang del loro Yin.

Se Guang-Hong avesse dovuto assolutamente scegliere una parola per descrivere la sua esperienza, comunque, la parola che avrebbe scelto sarebbe stata “surreale”. Era strano, vagare alle dieci di sera in una stanza inusuale e stranamente sterile e sapendo che si trovava nelle Filippine. Era come stare in una terra magica, sapendo che c’erano unicorni e fate appena fuori i grigi muri di plexiglass che lo circondavano, ma non essendo in grado di vederli da sé. Dopo tutto, aveva solo tre ore -- che non erano sembrate per nulla un lungo tempo fino a che non era stato costretto a sopportarle – prima che il suo aereo decollasse, ed era terrorizzato all’idea di perdere il suo volo. Così sedette in quella stanza aperta e sorprendentemente vuota per la maggior parte di quelle tre ore, rannicchiato in una sedia grigia al suo terminal, mangiando con le ginocchia incastrate nel manico della sua valigia, nel caso qualcuno avesse provato ad approfittare delle sue mani piene. E quando quelle tre ore furono terminate, quella terra magica che non aveva nemmeno avuto l’occasione di guardare con attenzione non fu altro che un ricordo, e Guang-Hong fu di nuovo nel cielo, strizzando gli occhi per provare a vedere le cime strutturate dei cirri alla luce della luna e chiedendosi come sarebbe stata la sua nuova famiglia.

Beh, la sua famiglia temporanea. La sua famiglia fino a Maggio.

La famiglia de la Iglesia.

Gli era stato detto che non erano una famiglia ordinaria. Quattro ragazzi e una madre single. A quanto pareva, anche la più piccola della famiglia era nel programma di scambio, il che significava che Guang-Hong avrebbe incontrato probabilmente solo quattro di loro. Vivevano a San Francisco, e quella, beh…quella era l’unica informazione che era stata data a Guang-Hong.

 Più di nove mesi passati con una famiglia di completi sconosciuti…

L’idea fece in modo che Guang-Hong si mangiasse le unghie anche quando rimise piede sul terreno solido. O almeno quello che ne era rimasto. Era riuscito a dormire un po’ durante il viaggio verso gli Stati Uniti, ma tra i sedili e l’ansia di sapere di stare per incontrare le persone con le quali avrebbe trascorso la maggior parte dell’anno successivo, aveva passato gran parte delle tre ore a tremare, cercando di non pensarci.

Non per dire che non era eccitato. Lo era. Conoscere il paese…perfino lo stato – dove molti dei suoi film preferiti erano stati prodotti…affinare le sue abilità in inglese fino al punto che sarebbe stato in grado di vederli nella loro lingua originale senza avere il bisogno di concentrarsi così tanto…e imparare di più sulla cultura americana di prima mano… Certo che era eccitante. Ma anche terrificante. E se non fosse piaciuto alla sua famiglia ospitante? E se fosse stato bloccato, per mesi, in una casa piena di persone che gli lanciavano occhiatacce ogni volta che alzava la testa?

Si stava ancora preoccupando quando vide il trio di cartelli fatti a mano che si agitavano verso di lui dagli Arrivi. Tre cartelli fatti con dell’ordinaria carta da stampante 8x11 e pennarello nero. Tre cartelli sui quali si leggevano tre differenti caratteri cinesi disegnati in modo malfermo. Tre cartelli che stavano chiamando per un certo “Ji Hong-Guang”

Oh.

Quello doveva essere il suo nome, vero?

Dopo tutto, quella era l’America. Così poche persone parlavano Mandarino lì. Probabilmente avevano cercato il suo nome su Internet e mischiato un po’ le lettere. Probabilmente. A meno che  non ci fosse qualcuno che arrivava con un nome incredibilmente simile.
Beh, era possibile, no? E se c’era qualcuno con un nome così vicino al suo? dopo tutto, c’erano solo tre persone. Non avrebbero dovuto essere quattro? Ma forse la quarta era andata al bagno. Quello avrebbe potuto essere il motivo per cui le lettere erano mischiate; perché aveva passato le sue a qualcun altro.

Guang-Hong deglutì. Non c’era niente da fare. Avrebbe dovuto chiedere.

Con il cuore che gli martellava nelle orecchie, Guang-Hong si avvicinò al trio, le ruote della sua valigia che facevano rumore dietro di lui mentre la trascinava lungo la moquette blu profondo.

La più grande del gruppo, una donna di mezza età con la pelle baciata dal sole e dai doppi capelli neri legati in una coda di cavallo, lo notò per primo. Voltò il capo, e c’era uno sguardo chiaro, gentile, e materno nei suoi occhi, uno sguardo che fece già sperare a Guang-Hong che quella fosse la sua madre ospitante.

Non dovette nemmeno dire “scusatemi” prima che la donna parlasse.

“Sei tu Guang-Hong Ji?” chiese la donna.

Il sollievo inondò il corpo di Guang-Hong. Provò a nasconderlo, stando più dritto che poteva. Annuì timidamente, non fidandosi di parlare.
La donna gli offrì la mano. “È un piacere conoscerti”, disse dolcemente. “Il mio nome è Elena de la Iglesia. Questi sono i miei figli. Beh, metà di loro almeno. Isabela…” Sua figlia posò un telefono rosa nella tasca, così che le sue mani fossero libere per salutare. “…e Enrique.” Anche il ragazzo alla sua destra, una persona sorprendentemente muscolosa che sembrava essere nella prima metà dei suoi vent’anni, gli offrì la mano. Guang-Hong si assicurò di stringere entrambe le mani che gli erano offerte, non importava quanto fosse strano toccare dei perfetti sconosciuti. Cultura diversa, regole diverse.

“Piacere di conoscervi,” disse Guang-Hong. Le parole avevano a malapena lasciato la sua bocca quando cominciò a dubitarne. Il suo inglese normalmente era davvero buono, ma era così nervoso che iniziò immediatamente a preoccuparsi di aver messo le parole di quella semplice frase nell’ordine sbagliato.

“Oh mio Dio!” squittì la ragazza, Isabela. “Il tuo accento è così carino!”

Guang-Hong, la cui carnagione rosea faceva sembrare che stesse arrossendo continuamente indipendentemente dalla situazione, bruciò di una tonalità ancora più accesa di rosso.

“Isabela,” la rimproverò Elena prima di dire qualcosa che…non era Inglese? Guang-Hong impallidì. Quello non era Inglese, giusto? Non era che la sua intera comprensione della lingua era volata fuori dalla finestra il secondo che era diventato nervoso?

La donna sembrò avvertire la sua preoccupazione e la sua espressione si ammorbidì in un sorriso accogliente. “Non preoccuparti. Siamo una famiglia di lingua inglese per la maggior parte. Non sarai tagliato fuori. Per adesso, preoccupiamoci di farti uscire dall’aereoporto, va bene?” Lo stomaco di Guang-Hong brontolò prima che potesse effettivamente rispondere.

Il sorriso di Elena si allargò con un calore che Guang-Hong mai aveva visto in sua madre. “Parleremo di cosa ti piace mangiare sulla strada verso casa”…Guang-Hong suppose che era quello che era. Casa fino a Maggio.

Annuì.

Il viaggio fino alla casa dei de la Iglesia fu…strano. Nessuno sapeva cosa dire o come reagire. Era nuovo ed insolito per ognuno di loro. Guang-Hong era nel sedile posteriore, sfortunatamente bloccato vicino ad Isabela.

Dire che Isabela non gli piacesse non era del tutto corretto. Non pensava male di lei. Desiderava solo che avesse potuto sedere vicino ad Enrique invece. Era più sulla sua lunghezza d'onda. *

“Scusa per l’odore,” disse Elena, guardando Guang-Hong dallo specchietto retrovisore..

Guang-Hong, che aveva notato lo strano deodorante dal momento che era salito, scosse la testa. “È okay,” insistette, ma, per essere onesti, aveva un odore piuttosto cattivo. Almeno l’aria all’esterno aveva un buon odore. Fantastico, addirittura. Molto meglio che a Shangai, a dire il vero. Ma non aveva intenzione di esporre tutta la macchina alla furia estiva di Agosto solo perché non gli piaceva l’odore.
“Sei davvero silenzioso,” disse Isabela improvvisamente, ricordando a Guang-Hong perché avrebbe preferito sedere vicino ad Enrique.
Prima che Guang-Hong potesse ricordare come far funzionare la sua voce, Elena fortunatamente rispose per lui: “Saresti silenziosa anche tu se non fossi abituata alla lingua intorno a te.”

Beh, in parte era vero almeno. Stare in America prendeva la già silenziosa natura di Guang-Hong e la moltiplicava. Comunque, essere silenzioso non era niente di nuovo.

“Beh, dovremmo rimediarci,” disse Isabela gettando un braccio intorno alle spalle di Guang-Hong con un occhiolino giocoso. “Non riuscirai a passare un anno intero intorno a noi senza imparare ad essere un chiacchierone, lo prometto.” Guang-Hong si sedette dritto, irrigidendosi nel sedile. Non era abituato ad un contatto così costante, né se lo era aspettato. Tutti gli Americani erano così affettuosi o era solo Isabela? Guang-Hong sapeva di aspettarsi piccole quantità di contatto, come stringere le mani e così via, molto prima di salire a bordo dell’aereo per l’America, ma tutto quello era molto di più di quello per cui si era preparato. Inoltre, Guang-Hong non era sicuro che fosse necessariamente una brutta cosa. Dopo tutto, non era quello il punto del programma? Conoscere culture diverse e lasciare che influenzassero la tua personalità? Ma quanto voleva davvero cambiare Guang-Hong? Era piombato in questo nuovo mondo e vedere qualcosa di così diverso così velocemente –

“Isabela,” rimproverò Enrique, che, fino a quel momento, era stato silenzioso come Guang-Hong. “Lascialo stare. È in un nuovo paese. Tutti sarebbero nervosi.”

“Ma non sei eccitato?” chiese Isabela, e anche se lei – fortunatamente – si ritrasse, il suo sorriso non lo fece. Non lo aveva mia fatto dal momento in cui si erano incontrati. Se Guang-Hong avesse scoperto che era permanentemente attaccato alla sua faccia, non ne sarebbe stato sorpreso. “Nuovi mondi, nuove persone…”

Guang-Hong annuì sommessamente. “Si,” disse piano, il più piccolo dei sorrisi a stirargli le labbra. “Lo sono.” E guardando il mondo curvare intorno alle colline a alla strada attraverso il finestrino, vedendo il mondo trasformarsi mentre scendevano improvvisamente lungo la discesa ripida di una collina, Guang-Hong seppe che era la verità.

La macchina si fermò davanti a una casa a due piani che sembrava essere per metà di mattoni e per metà semplicemente dipinta a mattoni. Enrique, che era molto, molto più grande del piccolo Guang-Hong, si offrì di portare la gande valigia dentro, cosa per cui Guang-Hong fu molto grato quando vide le scale che portavano all’ingresso. Potevano anche essere solo tre, ma per una valigia così pesante, erano anche troppi. Guang-Hong, comunque, tenne il suo bagaglio a mano sistemato sulle spalle, anche solo per avere qualcosa da fare con le sue mani.

E fu anche una buona cosa, perché entrare nella casa dei de la Iglesia si rivelò essere più snervante di quanto Guang-Hong avrebbe potuto immaginare.

Il secondo che la porta fu aperta, Guang-Hong fu immediatamente colpito dalla sorpresa. Sorpresa per il fatto che non era stato in grado di sentire quella musica assordante dall’esterno, perché dal momento che la porta non fu più lì a smorzarla, Guang-Hong fu sicuro che i suoi timpani dovevano essere esplosi. Sobbalzò e strinse la cinghia sulle sue spalle più forte che poteva, facendo diventare le nocche bianche, al posto di coprirsi le orecchie e fare una scortese prima impressione sulla sua famiglia ospitante.

Alla sua destra, Enrique disse…qualcosa – o forse la mimò con le labbra, per quello che Guang-Hong poteva sentire – prima di lanciarsi in avanti. Guang-Hong seguì poco dietro, senza nemmeno fermarsi a chiedere se avesse dovuto togliersi le scarpe, troppo spaventato di essere lasciato indietro, anche con ogni muscolo del suo corpo che indietreggiava a ogni battito della canzone. LOVE – ME – HATE – ME – SAY – WHAT – YOU – WANT – ABOUT – ME – Le sue orecchie stavano già vibrando. Chi ascoltava la musica a un volume così alto? Chi poteva sopportarlo?

La risposta a quella domanda, apparentemente, era un ragazzo dell’età di Guang-Hong, o forse un po’ più grande. I suoi lunghi capelli marroni – più chiari di quelli del resto della famiglia – catturavano la luce con ogni scatto animato della sua testa, riflettendo solo un po’ di rosso ogni volta che incontravano il sole. Le sue braccia erano nude, scoperte dalla sua canotta, mostrando dei muscoli slanciati che si flettevano con ogni energica spinta verso il basso, guidando lo sguardo del suo nervoso spettatore fino alle sue cosce aperte. Il ragazzo aveva gli occhi chiusi, apparentemente troppo perso nella musica per notare che qualcun altro si era unito a lui nel salone.

Non più preoccupandosi del volume della musica, Guang-Hong gelò, labbra appena socchiuse. Nessuno aveva pensato di avvisarlo? Come faceva a sopportare la consapevolezza che avrebbe passato i successivi nove mesi con qualcuno così… così fantastico?
Guang-Hong non aveva idea di chi fosse quel ragazzo, ma in qualche modo, fu abbagliato dal primo sguardo.

La musica si fermò bruscamente quando Enrique raggiunse lo stereo. Guang-Hong si chiese brevemente come era possibile che il basso continuasse quando la melodia era già finita. Gli ci vollero alcuni secondi per realizzare che il martellare non veniva dalle casse, ma dalla sua testa.

“Leo,” disse bruscamente Enrique, suonando tranquillo in confronto alla precedente a tutto volume. “Che cosa stai facendo?”

“Mi sto allenando,” disse il ragazzo. Leo? “ Non era quella la ragione per cui mi avete fatto rimanere indietro, in primo luogo?” Sorrise, e in quel volto, Guang-Hong riconobbe immediatamente Elena. Leo aveva ereditato gli occhi gentili della madre. Fu quello stesso sguardo caldo che immediatamente si precipitò su Guang-Hong, facendogli venire la pelle d’oca lungo le braccia. Salutò amabilmente e Guang-Hong ebbe l’impulso di strisciare dietro qualcosa come un bambino, ma non c’era nulla dietro cui nascondersi. Nessuna gonna di madre con cui coprirsi il viso. Era solo.

Enrique colpì la fronte di Leo, richiamando la sua attenzione.
“Puoi allenarti senza far ascoltare Britney Spears a tutta la strada, Leo.”

“Andiamo,” disse Leo, il suo sorriso che si riduceva di un centimetro o due. “Non era così alta.”

“Era piuttosto alta,” insistette Enrique.

“Eh,” disse Leo dismissivo, spingendo via il  braccio di Enrique in modo da poter passare avanti a lui, verso il suo ospite. “Hey! Guang-Hong, giusto?”

Guang-Hong annuì, troppo nervoso per dire qualsiasi cosa.

“Sono Leo.” Il ragazzo gli offrì la mano.

Guang-Hong la guardò nervosamente.

Leo guardò giù verso la sua mano e rise. “Ops. Scusa. Devo essere più sudato di quello che pensavo.”

Arricciò le dita e lasciò cadere la mano senza dare a Guang-Hong l’opportunità di spiegare che la sua timidezza avere meno a che fare con quello e di più con quanto Leo era sembrato intoccabile anche dopo quel breve sprazzo di spettacolo. “Lo conserveremo per dopo. Com’è stato il viaggio?”

“… Lungo,” ammise Guang-Hong timidamente.

“Immaginavo,” disse Leo. “Quanto lungo?”

“Um…” Guang-Hong scrutò lo stereo che era appena stato spento, gettò un’occhiata all’ora e fece conversioni rapide di fuso orario nella sua testa. “Diciassette ore, credo?”

“Accidenti,” disse Leo. “In nessun modo sarei riuscito a stare seduto per tutto quel tempo.”

“Non è stato così male,” disse Guang-Hong sommessamente. “Ho dormito per la maggior parte del viaggio.” O almeno ci aveva provato.

“Parla!” ansimò il drammatico cinguettio di Isabela da un’altra stanza. Apparentemente, lei era entrata da un’altra parte insieme alla madre, che la rimproverò di nuovo rumorosamente.

Guang-Hong strinse la cinghia sulle spalle di nuovo.

Il sorriso di Leo divenne comprensivo. “Non preoccuparti di lei. Quello è solo il modo di Isa di dire che vuole conoscerti meglio.”
Guang-Hong suppose che avesse senso.

“Nessuno ti obbliga a parlare se sei troppo timido,” disse Leo. “Ma allo stesso tempo non vedo l’ora di conoscerti. Benvenuto negli Stati Uniti.” Fece un passo indietro. “Penso che andrò a farmi una doccia prima di spaventarti con le mie ascelle e farti tornare  in Cina.”
Leo salutò di nuovo, più allegramente di prima, e scomparve intorno ad un’arcata.

Enrique batté una mano sulla spalla di Guang-Hong, facendolo quasi saltare mezzo metro in aria. Fortunatamente, Enrique non rise della sua reazione, non importava quanto Guang-Hong fosse sicuro che l’avesse sentita.

“Andiamo,” disse. “La tua camera è al piano di sotto.”





* "
He was more Guang-Hong’s speed."
Okay, ho avuto serie difficoltà a tradurre questa piccola frase, e come potete vedere non mi è riuscito troppo bene. Chiedo scusa, ma non sono riuscita a trovare un modo migliore per tradurla. Quindi, se qualcuno ha dei suggerimenti, sarò più che felice di modificarla.
(problema risolto grazie a DiamanteLightMoon)
Spero che non ci siano troppi errori e che la traduzione sia soddisfacente. Sono aperta a suggerimenti e critiche, quindi dite pure ciò che pensate e, nel caso il modo in cui sto traducendo non vi sembra buono, ditemi pure come pensate possa migliorare. Purtroppo non credo riuscirò a pubblicare spesso, perchè a causa della scuola e di altri impegni personali non ho molto tempo libero :( Prometto di fare del mio meglio.
Alla prossima!

 
   
 
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