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Autore: _Akimi    11/04/2017    2 recensioni
1976 - Primo incontro
"All'inizio si guardano soltanto, non sono gli unici ad essersi fermati davanti alle bancarelle, e Paul si limita a regalargli lo stesso sorriso del loro primo incontro; non è un gesto garbato né un modo per istigarlo, semplicemente un "come è piccolo il mondo" senza pronunciare alcuna parola."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mick Jones, Paul Simonon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gennaio 1976

Mick Jones non è sicuro che possa funzionare; certo, si sta facendo qualche idea, ma una parte di lui non vuole essere vittima delle prime impressioni.
Di fronte ha due ragazzi, uno dice di esser venuto per l'annuncio per il ruolo da batterista che stanno cercando e poi c'è l'Altro, che al momento non lo degna di uno sguardo, ma che attira particolarmente la sua attenzione.
L'Altro è un ragazzo di bel aspetto, appare un po' troppo strafottente, ma Mick trova nei suoi modi una certa riservatezza, anche se non lo definirebbe timido.
Ha capelli chiari, un ghigno che gli illumina il volto pallido e lo fa apparire più minaccioso di quanto realmente deve essere; non può avere più di una ventina d'anni – questo fa di lui un ragazzo sulla soglia del mondo degli adulti -, ma non del tutto maturo.
Mick non può lasciarsi sfuggire quest'occasione, deve essere capace di qualcosa, quel maledetto biondino, anche se bastano pochi minuti per comprendere di essere nel torto.

«Hey, tu; come ti chiami?»
Jones si scosta un ciuffo ribelle dal viso e lo osserva sfoggiando la sua espressione più seriosa; non sa per quale motivo, ma è convinto che l'altro lo stia sottovalutando – il che non lo rende particolarmente contento.
«Chi?»
Mostra i denti in un sorriso distratto, una risposta poco curata, e Mick è quasi sul punto di mandarlo a fanculo, ma per ora – anche se non sa come sia fattibile – preferisce credere alla sua finta ingenuità.
«Tu, chi altro sennò.»
Non è Jones a parlare questa volta, ma Bernie Rhodes che, da promettente manager qual è, preferisce tagliare corto e non assecondare quel sciocco gioco di sguardi tra i due.
Con il passare del tempo ha imparato a conoscere Mick, non è un tipo che si fa facilmente distrarre quando si parla di musica, ma spesso persiste nel dare peso a cose di poco conto e, sebbene Bernie possa comprendere il suo interesse, non è una buona tecnica fissare una persona per convincerla ad entrare in una dannata band.
«Paul, Paul Simonon
Stringe appena le spalle, il nuovo arrivato; non sa esattamente dove guardare, si sente osservato da tutti i lati della stanza e si trova nella fastidiosa posizione di non comprendere gli altri con un solo sguardo; il ragazzo che ha domandato il suo nome non pare poi così tanto minaccioso, anzi, a dire il vero, pare buffo con quei capelli bruni a coprirgli la fronte, ma Paul decide che è meglio non abbandonarsi a commenti ironici.
Nel contempo, le mani di Mick si allontanano lentamente dalla chitarra, biascica un paio di volte il nome del ragazzo per ricordarselo, ma sa già che non avrà occasioni per dimenticarlo.
Non è quel genere di persona che si trova spesso in giro: Londra sarà pure grande e variegata, ma deve ammettere che vi è un qualcosa di particolare – e di inspiegabile – nella figura esile di quel Simonon.

«Sai suonare qualcosa, Paul?»
Mick lo chiede per curiosità personale, più che per il progetto che vuole portare avanti e, proprio per questo, Rhodes non resiste dal lanciargli un'occhiata per rimetterlo sulla pista giusta.
«No, non ho mai toccato uno strumento in vita mia.»
Lo esclama senza enfasi, non si accorge neppure del velato senso di delusione negli occhi di Mick – non che quest'ultimo si stia mostrando particolarmente esplicito -, ma sa che una menzogna per fare colpo sarebbe inutile in queste circostanze.
Ne racconta spesso, di bugie, Paul; non che sia da considerare un ragazzo cattivo per tale motivo, lui lo considera più un vizio, una deformazione professionale – anche se essere un pallista nato, purtroppo, non è un lavoro retribuito nel Regno Unito.
«Allora canta Roadrunner
Mick non ha tempo né voglia di domandargli se sia portato per il canto, non prende neppure in considerazione la possibilità che possa fare schifo; ci crede, in qualche modo, perché una parte di quel Paul pare legato alla musica proprio quanto lui.
«Che roba è?»
Rhodes alza gli occhi al cielo, non può credere che si siano beccati proprio il ragazzo “sono bello quanto stupido” in tutta la fottuta capitale britannica, ma dato che si sono scomodati, tanto vale arrivare fino alla fine.
«Cantala e basta, per Dio!»
Mick non apprezza essere testimone dei simpatici scatti d'ira del suo manager, ma l'espressione sul viso di Paul lo diverte troppo, tanto da obbligarlo a nascondere una risata dietro al palmo della mano.
Inizia a piacergli, il ragazzo, anche se potrebbe rivelarsi un disastro totale e, se fosse così, anche lo stesso Mick non potrebbe fare altro che dare ragione a Bernie; non è entusiasta dell'idea di concordare con lui, ma il più anziano ha occhio per questo genere di cose – in fondo è il suo manager per qualche motivo – e si fida del suo sesto senso.
«Sei tu il manager?»
Simonon non è spaventato, sembra per giunta fiero nel vedere qualcuno innervosirsi a causa sua, ma la domanda – per quanto possa sembrare – non è per nulla provocatoria.
Quella coppia di fulminati sembra fare sul serio, eppure Paul non ha mai pensato di entrare in un gruppo; la musica è una delle sue più grandi passioni, ha passato la sua giovane vita tra pezzi reggae, dub e il movimento skinhead, ma è chiaro che lui e il chitarrista capellone si trovino proprio su due pianeti diversi.
«A te che te ne frega; vedi di muoverti, non ho tempo da sprecare se vuoi fare lo spaccone con me.»

Loquace, il tipo.″
Paul pensa tra sé e sé, ma con lo sguardo ritorna ad osservare il ragazzo – probabilmente suo coetaneo – che, in quanto complice silenzioso, si limita ad alzare le spalle e fargli cenno di prepararsi a cantare.
Simonon si ritrova tra le mani un foglio di carta stropicciato, non è pure sicuro di riuscire a esibirsi rispettando le aspettative dei due, ma oramai è troppo tardi per pensarci: il chitarrista senza nome ha già cominciato a strimpellare con il suo strumento e le prime note riecheggiano nello scantinato.
 
* * *

 
Portobello Road

Sono passate un paio di settimane dal provino improvvisato; non ci hanno fatto un granché, con la sua gracchiante voce e il suo accento sud londinese, ma Paul già si è dimenticato di quell'incontro.
Non ci pensa più, non tanto per le espressioni perplesse dei due scrutinatori che si è lasciato alle spalle, ma semplicemente perché non ha mai immaginato di diventare una famosa rock-star.
Qualche volta lo ascolta, il rock; i chitarristi lo affascinano – questo deve pur ammetterlo -, ma sa quanta pazienza è necessaria per imparare a suonare uno strumento e non vede molte possibilità davanti a sé.
C'è di mezzo anche l'arte: ama dipingere sin da quando è bambino – di questo deve ringraziare il padre – e di conseguenza gli è più spontaneo immaginarsi con le dita sporche di colori, piuttosto che a premere e pizzicare corde.
Nonostante questa considerazione, non riesce e non vuole rinnegare il suo amore per la musica; è quasi una dipendenza, se così può essere chiamata, perché basta poco per ritrovarsi in balia dei familiari ritmi caraibici e, perché no, anche dei suoni graffianti dei complessi rock.
Per tale motivo non può che lasciarsi sfuggire una risata divertita; non crede poi così tanto al destino, ma questa volta deve ammettere che la casualità gli sta giocando un pessimo scherzo.

Lo osserva con più attenzione, si ripete che forse deve essersi sbagliato, ma più si avvicina ad una delle tante bancarelle ai lati di Portobello Road, più si accorge che il volto del ragazzo che ha di fronte non è per nulla sconosciuto.
Sta provando delle pellicce afghane, gli danno un'aria piuttosto buffa, ma Paul non le considera più come un pugno in un occhio ora che le vede sulle spalle del – non così dimenticabile – chitarrista in erba di poche settimane fa.
Non si sentirebbe in colpa ad ignorarlo - in fondo l'ultima volta si sono salutati con un semplice no hard feelings -, ma Paul si rende conto di essere in trappola quando, pochi attimo dopo, anche l'altro si accorge di avere davanti a sé una persona dal volto familiare.
All'inizio si guardano soltanto, non sono gli unici ad essersi fermati davanti alle bancarelle, e Paul si limita a regalargli lo stesso sorriso del loro primo incontro; non è un gesto garbato né un modo per istigarlo, semplicemente un "come è piccolo il mondo" senza pronunciare alcuna parola.
Se fosse per lui, eviterebbe persino di conversarci, ma il ragazzo ha già abbandonato la pelliccia che indossava sopra le altre.
A passo tranquillo si avvicina, i suoi occhi non si allontanano dalla figura sottile di Simonon e sembra che non sia passato neppure un giorno dal loro incontro, anche se Paul non sa se considerarlo un aspetto positivo.
«Simonon, giusto?»
Il biondo sospira leggermente e si limita ad accennare con il capo a quell'ovvia domanda retorica; Mick cerca di non dare troppo peso ai suoi disinteressati modi di fare, ma comprende la sua reazione.
Nessuno dei due si è dimenticato effettivamente dell'altro, ma fingono che il loro primo incontro sia un vago ricordo, pur consapevoli di quanto Londra sia grande e che, in verità, non è così scontato ritrovarsi dopo poco tempo.
«Lo sapevo che eri un tipo da pellicce. Ancora in cerca di una batteria?»
Paul si passa tra le labbra una sigaretta, ormai è arrivato agli ultimi tiri e attimi dopo, in attesa di una risposta, lancia il mozzicone verso un tombino non lontano da loro, ritornando a guardare l'altro solamente dopo essersi accertato di avere colpito il bersaglio.
«Ci stiamo facendo qualche idea, ma nulla di definitivo per ora.»
Mick inizia a parlare, gli occhi seguono il deforme anello di fumo che fuoriesce dalla bocca sottile del biondo e poi, come se si fosse risvegliato all'improvviso da un sogno piacevole, ricomincia a parlare con tono stizzito.
«Comunque, meglio una pelliccia che un fottuto giubbotto in inverno, non credi?»
«Touché.»
Questa volta, entrambi sorridono, la leggera diffidenza tra i due si scioglie e Mick, senza neppure rifletterci a lungo, sa che parlare a Bernie di quell'incontro potrà portare a qualcosa di buono.
  
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