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Autore: vermissen_stern    11/04/2017    1 recensioni
Storia ambientata durante la Golden Age (dunque prima del film) con un Pitch Black ancora umano e ancora facente parte della fazione dei buoni. Cosa ha spinto il generale Kozmotis Pitchiner a decidere di rinchiudere tutti i nemici del regno in un un'unica prigione? da qui e dalle mie conversazioni con l'autrice Dracarys è uscita fuori questa storiella che sarà, molto probabilmente, di due capitoli.
In quel mentre il signore del castello parve finalmente accorgersi dei suoi ospiti, e nel momento esatto in cui i suoi occhi lattiginosi si voltarono appena verso i nuovi arrivati ecco che al generale dell’armata dorata crebbe il sentore di aver commesso un terribile errore nell’essere giunti fino alla sua corte.
la storia si collega alla raccolta Tales of the Golden Age di _Dracarys_ per l'appunto.
Genere: Dark, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Nuovo personaggio
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Quella era la prima volta che metteva effettivamente piede nella Casa della Mezzanotte, e la seconda in linea cronologica sul cupo pianeta Aladaar. Un posto decisamente esotico, ma non si poteva certamente definire il preferito dell’arciduchessa Nihil Nahema Aldebaran che era ben più abituata ai paesaggi desertici del suo pianeta natale. Ecco, per certi versi la Residenza del Crepuscolo, luogo in cui la “famiglia” di Darius Adaar V soggiornava – anche se le malelingue dei nobili avrebbero esternato in modo sprezzante quel suo manipolo di concubine e figli bastardi – era decisamente molto più rilassante e piacevole da visitare proprio come il vento caldo che sfiora le guance infreddolite da una notte passata nel deserto.

Quella aveva avuto modo di visitarla la prima volta che era atterrata con la propria navetta sul pianeta, e lo aveva fatto da sola… senza dire niente a nessuno. Molto probabilmente aveva commesso una autentica follia ad addentrarsi negli oscuri territori degli (ex) Andromeda da sola – perché gli illithid possono essere alquanto imprevedibili dato che non sono alleati con nessuna grande casa – e ancor più imprudente fu la sua visita nel luogo di piacere del sovrano del posto, anche se non si poteva certo dire che fu piuttosto contrariato di essere interrotto, qualunque cosa stesse facendo, da una donna affascinante quanto lo era lei.

Adaar l’aveva definita così: affascinante. Per quanto l’arciduchessa non fosse mai stata una donna altezzosa o particolarmente avvezza ad atteggiarsi da nobildonna pettegola e amante della moda, era invece una di quelle che preferiva la spada alle boccette di profumo tanto da voler fare carriera nell’esercito reale. Magari fu proprio questo suo lato poco “femminile” – per quanto fosse comunque una bella donna – ad aver incuriosito tanto Darius, ma sorpresa a parte dovette ammettere che fu una piacevole chiacchierata.

L’illithid non aveva mai avuto modo, fino all’arrivo della nobildonna, di poter parlare con qualcuno che facesse parte del regno delle grandi costellazioni. Fino a quel momento si era sempre occupato dei suoi fronti interni – sia metaforici che fisici – ma a parte questa piccola mancanza diplomatica la donna aveva intuito che fosse un uomo che puntava in alto. Quasi sicuramente aveva delle mire ben più sinistre di quante ne aveva lei – e la sua congiura di nobiluomini – nei confronti del loro attuale regnante, Tsar Lunanoff XI, ma doveva ammettere che era un uomo troppo furbo per lasciar trapelare qualcosa che portasse lei medesima sul chi vive. O addirittura agire di conseguenza.

Adaar era un uomo astuto, ben consapevole che dichiarare apertamente guerra ad un regno potente equivaleva gettarsi in una impresa ardua e logorante – per quanto lui e la sua gente possedessero poteri psichici non indifferenti c’era da dire che l’armata dorata non era da meno – dunque le era chiaro che puntasse ad una alleanza più sullo stile dei nobili pomposi che tanto disprezzava piuttosto che tagliar loro la testa. Perché mai volesse allinearsi con loro non era ben chiaro, ma in molti avrebbero sicuramente puntato il dito alla sua volontà di aprire una “falla” nel sistema delle costellazioni unite per poi attaccarle a tempo debito.

Un dubbio legittimo, ma rimaneva per l’appunto un dubbio. E per il resto la chiacchierata fatta in un gazebo dalle colonne contornate da fiori luminescenti rampicanti – davanti ad una bottiglia di pregiato vino rosso – era stata diplomaticamente piacevole. Avevano trovato un accordo, ed ora bisognava solo mantenere la promessa.

“Sei la donna più irresponsabile che io conosca… Prendere e partire da sola per incontrare un pazzo sanguinario! E tutto per cosa? Per dei giochi di potere?!”

“Sei stato tu a mettermi la pulce nell’orecchio parlandomi di lui, zio Krem” la donna sorrise, pur continuando a non osservare il proprio accompagnatore, sentendolo sbuffare seccato “e per quanto riguarda i cosiddetti giochi di potere è in ballo il benessere dell’intero regno, oltre che i tuoi interessi da mercante”

“Tzk… non bastava semplicemente uccidere quell’ingenuo di Pitchiner? Ti saresti risparmiata un sacco di grane”

Nahema non aveva degli zii degni di nota – chi morto per il tempo o per le congiure – e per quell’occasione si era fatta accompagnare da una creatura tanto insistente quanto ormai piuttosto nota nell’ambito familiare degli Aldebaran. Krem Oloong Ventrum era un illithid proprio come lo era il padrone della dimora in cui erano giunti quel giorno, ma facente parte di tutt’altra fazione.

Oltre a conoscere il padre di Nahema da una vita – erano amici di gioventù – era il mercante di fiducia della famiglia più ricca tra le casate nobiliari, nonché divenuto di recente membro di spicco della confederazione dei mercanti. E già con questo ultimo punto in elenco si poteva comprendere che lo snello cefalopode non era particolarmente felice di essere in una dimora di guerrieri.

Impacchettato nella sua preziosa tunica nera e viola, dagli intricati ricami in fili d’argento che partivano dall’alto colletto simile ad una ragnatela, il mercante si mosse a disagio nel piccolo tempio circolare in cui erano stati indirizzati dalle guardie umane al loro arrivo in quella villa maledetta. Adaar era stato particolarmente accorto nell’ospitare un mercante nella sala che celebrava una delle vittorie degli illithid sulla ormai estinta casata Andromeda, la cosiddetta Guerra degli Ultimi Giorni, lasciando ben intendere che Krem non era esattamente il benvenuto e che Darius era quello con il coltello dalla parte del manico.

“Ne abbiamo già parlato…” commentò pazientemente la donna, avvolta nel suo ricco mantello viola scuro. Non aveva voglia di affrontare l’argomento Pitchiner, in quanto aveva piani ben precisi a riguardo, seppur poco piacevoli e lo ammetteva a se stessa “piuttosto, perché non mi ricordi chi è questo gran signore qui? Se non ricordo male ti si sono arricciati un po’ i tentacoli alla sua vista”

Madame Aldebaran sapeva esattamente chi fosse la statua in marmo al centro di quel piccolo tempio – il cui piedistallo era avvolto da candele ormai fuse tra loro – ma le sfuggiva il senso cronologico dei bassorilievi che si posizionavano tra una colonna e l’altra illuminati a loro volta da file di candele. In tutta la stanza si respirava una certa atmosfera suggestiva, tra il solenne e il religioso, ma a Krem poco importava.

Aveva deciso di accompagnarla sia per la sua sicurezza – una volta che era riuscito ad estorcerle con insistenza i suoi foschi piani – sia perché in ballo c’era una possibile crisi di alleanze. La ragazza a suo avviso la prendeva troppo alla leggera le antipatie tra guerrieri e mercanti, ma contrariamente a quanto istintivamente pensava era al corrente che si trattava pur sempre di una stratega con un piano ben preciso in mente.

“Uff… se questa è la tua idea di passare il tempo allora ti accontento subito. Ti presento Marduk van de Kain, un condottiero feroce, generale massimo delle armate illithid che, circa mille anni fa, ha dato lo scacco definitivo alla casa Andromeda”

Con passo elegante – tipico dei membri della confederazione mercantile – il Ventrum si avvicinò di più alla statua del proprio simile e la ispezionò meglio nella sua fierezza e malvagità. Poi con un cenno della mano consigliò alla propria “nipote” acquisita di osservare i bassorilievi presenti.

“Durante la Guerra degli Ultimi Giorni braccò i restanti superstiti della casa Andromeda fino alla loro dimora fortificata. Il re barbaro Logain, marito della nobile Valindra Andromeda, era quel genere di individui che non andavano molto per il sottile, sia per quanto riguarda gli insulti sia per la sua resistenza ai nostri attacchi psichici”

Stando a quanto veniva mostrato dagli statici bassorilievi gli Andromeda persero molte colonie non solo combattendo contro gli invasori, ma anche cadendo succubi dei loro poteri psichici venendo letteralmente stravolti nella personalità e nell’animo. Da impavidi guerrieri a cagnolini servizievoli dei loro amati padroni. Tutti ad eccezion fatta del marito di Valindra che, essendo un barbaro, aveva più capacità di resistere assieme ai suoi guerrieri testardi come lui.

“si dice che il primo incontro tra Marduk e Logain avvenne su di un ponte che portava alla capitale degli Andromeda. In quel luogo Marduk perse una importante battaglia quando il barbaro fece saltare in aria il ponte di pietra su cui stavano passando i suoi soldati, trovandosi dunque soggetto ai suoi coloriti sberleffi”

Il bassorilievo mostrava un illithid in armatura piuttosto calmo nonostante sotto di lui rocce e altri suoi simili cadevano nel vuoto, mentre dall’altra parte dell’abisso gli esseri umani esultavano alzando le loro armi. Gli sguardi dei personaggi raffigurati era quello tipico dell’arte di queste creature aliene – indecifrabile – ma la donna avrebbe mentito a se stessa se non avesse detto che in quel Marduk covasse una certa vendetta.

“Fammi indovinare, Logain ha esultato ancora per poco”

“forse non lo sai, ma la capitale degli Andromeda era circondata da un profondo abisso continentale, percorso dalle acque dell’oceano perennemente in tumulto piuttosto difficili da guadare. Marduk aspettò dunque l’arrivo della primavera, quando le acque si sarebbero calmate abbastanza da permettere il passaggio dei serpenti marini per il loro esodo riproduttivo. Stando alle spie che aveva a palazzo, sotto la capitale c’erano delle gallerie sotterranee che arrivavano fino alle scogliere, ed essendo gli illithid abili nuotatori decise di sfruttare le bestie marine come copertura al suo piano”

Il fregio in pietra grigia mostrava gli alieni umanoidi nuotare con la stessa grazia di quelle grosse anguille dai denti affilati – cavalcandole addirittura – eludendo così lo sguardo degli attenti arcieri posti sopra i ripidi pendii. Naehma non aveva mai visto un illithid nuotare prima d’ora, e la curiosità di sapere se fossero davvero così abili come voleva far vedere quel bassorilievo era piuttosto discreta. Ma mai quanto venire al corrente se Darius Adaar V era fermamente convinto di stipulare definitivamente l’accordo con lei. Aveva sentito che era un individuo tanto arrogante quanto prevedibile, per quanto piuttosto gentile nei suoi confronti, e tutta quella lugubre storiella era un buon modo per stendere la tensione. A suo dire.

“la città era protetta da una barriera magica. Una bolla eretta da maghi potenti che non permetteva attacchi aerei o psichici da parte dei miei simili… ma non si aspettarono un attacco proprio al suo interno”

Come previsto il fregio successivo mostrava una violenta battaglia tra le due fazioni rivali, e a quanto pare il condottiero illithid non si risparmiò atrocità gratuite stando a quanto mostrò l’ultimo pannello decorativo. Piuttosto esplicito nei contenuti, come spesso mostrava l’arte di quell’inquietante razza aliena.

“e come puoi ben intuire da quello che successe, il generale van de Kain non ci andò per il sottile. Decapitando i figli di Logain e violentandogli la moglie sotto gli occhi. Dopo averle alienato la mente, si intende…”

“Si amarono… mio caro mercante. Secondo gli storici dell’epoca il generale Marduk fu decisamente un marito più comprensivo di Logain, dunque dobbiamo per forza ritenere l’amore un sentimento così iniquo anche se rende due persone felici?”

La chiacchierata tra i due forestieri venne interrotta da una voce decisamente più profonda di quella del Ventrum, ed entrambi notarono l’ombra del proprietario di casa avvicinarsi con passo silenzioso ai due.

Krem sfigurava davanti ad Adaar – alto “solo” un metro e ottanta, come in molti nella confederazione dei mercanti – ma il generale non ebbe praticamente occhi per lui, in quanto la sua attenzione venne catturata da una Nihil Nahema ora decisamente più sollevata del suo arrivo. Arrivando a concedergli un diplomatico sorriso.

“Mia cara Arciduchessa… perdonate l’attesa – si concesse un mezzo inchino per lei, portando lo “zio” della donna a roteare gli occhi annoiato pur non visto – ho da poco concluso un briefing con i miei comandanti. Purtroppo il lavoro chiama anche durante una festa, ma ora…”

Il possente condottiero – tra l’altro vestito con nient’altro che una tunica color vinaccia legata alla vita – invitò i suoi ospiti a seguirlo fuori dalla cappella, decretando dunque fine ad ogni possibile polemica scomoda. Nahema tuttavia conosceva la storia degli ultimi giorni di Andromeda, sapendo perfettamente che le gesta del generale Marduk portarono alla definitiva scissione tra casta dei guerrieri e quella dei mercanti. I primi rivendicavano legittima la conquista dello spietato generale per dare un segnale concreto a tutti i regnanti delle costellazioni, mentre i secondi videro solo una “cattiva pubblicità” e una possibile ritorsione da parte di un re potente che tuttavia non arrivò. Qualunque cosa fosse successa era forse il caso di non rigirare troppo il coltello nella piaga, e questo era il pensiero di entrambi gli ospiti.

“è un piacere poterla nuovamente incontrare, generale Adaar. Spero di non aver interrotto la vostra festa”

“Oh, non si preoccupi… la festa è anche per voi

 Una volta usciti dal piccolo tempio percorsero pochi metri, e al comando telepatico del loro signore le guardie umane spalancarono il portone di bronzo che dava al grande giardino della Casa della Mezzanotte. Il posto era arredato a festa, con lanterne di carta appese a fili di ferro che passavano da un porticato all’altro e regalavano una atmosfera rilassante nonostante l’ambiente tetro della villa – arrivando quasi a oscurare il cielo eternamente notturno con la loro luce – e svariati tavoli imbanditi a festa fornivano ogni delizia agli ospiti presenti. Non si trattavano di portate raffinate in quanto molti degli ospiti presenti erano guerrieri di spicco alleati di Adaar – lo si poteva intuire dagli stemmi differenti sulle loro armature leggere in cuoio – dunque nessun’ostrica con ripieno di caviale e aglio, o budino di ciliegie contornato da menta rossa, ma in compenso svariate portate di arrosti e verdure grigliate; spiedini di anguille e calamaretti; e una fontanella che spillava vino rosso di qualità abbastanza buona… se si era di stomaci audaci per bere una bevanda calda e speziata. Un banchetto per guerrieri – sia umani che illithid – in cui bisognava usare più le mani che le posate, e che la Aldebaran onestamente parlando non dispiaceva affatto.

L’arciduchessa amava le cose pratiche, abituata com’era a impugnare una spada pur sapendo come destreggiarsi in una serata di gala, ed accettò di buon grado la coppa traboccante di vino rosso che il signore del palazzo le allungò. Le loro mani si sfiorarono, bagnate lievemente di quel fluido rosso come il sangue, e nonostante Adaar indugiò un attimo in quella posizione un po’ intima, le mani legate a quella coppa come a sancire la loro unione, per Nahema fu come essere sottoposta alla prova del nove.

Aveva molti occhi su di se, sia quelli bianchi degli illithid che di quelli dei loro alleati umani, e quando decise di prendere per se la coppa volle dimostrare a tutti che di lei ci si poteva fidare. Bevve un buon sorso di quella bevanda molto forte – il vino dei guerrieri – tenendo saggiamente a bada i tremiti corporei dovuti all’ovvia digestione di quell’intruglio alcoolico. Stessa sorte toccò al mercante di nome Krem, ed una ancella dagli abiti semitrasparenti gli offrì una coppa su un vassoio d’argento. Le dita affusolate dell’illithid si chiusero sul manico di quel calice in metallo, osservato pure lui dai sospettosi uomini di Adaar, e tenendo severamente d’occhio il generale malizioso volle dare pure lui il suo contributo alla festa.

Se pensavano che fosse il solito burocrate impacchettato nei propri abiti sontuosi e con la puzza sotto il naso si sbagliavano di grosso. Sotto quelle sete preziose il mercante nascondeva un fisico tanto snello quanto atletico – merito degli allenamenti fatti con il proprio fratello minore, tanto grosso quanto, a suo dire, stupido – e per quanto quel vino fu un pugno allo stomaco non dette soddisfazione alcuna ad Adaar nel mostrarsi sofferente e tossire di conseguenza.

“è come acqua di fuoco nella mia gola” sentenziò infine l’illithid con voce roca, nel mentre che proprio tutti lo osservavano in silenzio “il miglior vino della costellazione. Sono stupito, Adaar”

Lo disse con tono volutamente ironico – perché era chiaro che un mercante non avrebbe mai strisciato i propri tentacoli sui piedi di un guerriero – ma tanto bastò per sciogliere il ghiaccio e lasciare che gli altri ospiti si disinteressassero nuovamente dei nuovi arrivati. Poi un rullo di tamburi attirò l’attenzione di molti sul piccolo palco allestito per l’occasione, dove una commediaccia volgare era stata interrotta dall’arrivo del padrone di casa, e lo spettacolo potè dunque tornare ad andare avanti.

“Ora che abbiamo avuto un assaggio della vostra ospitalità, vorrei conoscere i dettagli della vostra missione”

Nahema, pur sorridendo educatamente e con le guance lievemente imporporate dall’alto tasso alcoolico del vino appena bevuto, volle comunque venire al dunque sulle motivazioni della sua visita. Adaar non si scompose, anche se avrebbe preferito vedere i propri ospiti più rilassati, appoggiando la schiena su una colonna e dando pure lui un sorso ad una coppa carica di vino speziato.

“è fatta, mia signora. Il vostro ingenuo generale costruirà la sua imponente prigione affinchè tutti i nemici del regno vengano ospitati li dentro… ho instillato in lui una idea che con il tempo potrebbe diventare deleteria, lo riconosce questo?”

Erano passati pochi giorni dalla partenza di Kozmotis Pitchiner e a breve anche Darius Adaar sarebbe partito per impegni di “lavoro” – le vacanze erano finite anche per lui e la festa era stata organizzata proprio per quello – ma l’idea dell’arciduchessa di voler stipare in un unico luogo quelle bestie informi dei dream pirates gli sembrava piuttosto folle. Ma si trattava di una donna astuta, lo doveva ammettere, e oltre a questo lato intrigante possedeva una mente blindata quanto lo era quella delle sue adorate figlie. Già dal loro primo appuntamento aveva provato a mostrarsi più irresistibile di quello che in realtà era, sfiorandole quei lati del cervello che difficilmente si sarebbero attivati al comando della loro padrona, ma fu sorpreso di non riuscire minimamente a entrare in lei se non trovando solo un muro nero che gli vietava di entrare. Limitandosi dunque alla sola comunicazione telepatica e a sottostare ai canoni classici della diplomazia. Che fosse lei stessa figlia di un illithid? Non poteva saperlo per certo… e per il momento rimaneva solo un pettegolezzo inutile.

“So cosa sto andando incontro, generale. Ma ho già tutto pronto” disse cortesemente la donna, sperando che Krem non si indispettisse troppo “e per quanto riguarda me, potete star certo che manterrò la promessa che ci siamo fatti… anche se attualmente ho solo un fratellino di otto anni disponibile ad un matrimonio, ci vorrà dunque del tempo”

Da una tasca interna del mantello in velluto viola estrasse un astuccio dorato che porse al possente illithid, e questi lo prese con cautela dalle mani della donna – perché in fin dei conti non era un oggetto di sua proprietà – ed aprendolo ne osservò il contenuto. Lo squisito ritratto di un giovanotto dagli stessi allineamenti della nobildonna si mostrò ai suoi pallidi occhi, e per quanto sembrasse avere un po’ più dei suoi effettivi otto anni, come recava anche la didascalia sotto il ritratto, apprezzò in silenzio quella deliziosa esca che Nihil Nahema gli aveva appena lanciato.

“le presento Nihil Texu Aldebaran, l’ottavo dei miei fratelli, che sarà ben felice di incontrare la sua futura sposa”

In quel momento Krem non disse nulla, anche perché se lo avesse fatto molto probabilmente avrebbe nuovamente attirato l’attenzione dei molti bruti presenti, pertanto decise di relegare ogni genere di profanazione in lingua madre in un angolo remoto del suo subconscio inaccessibile a chiunque. A suo avviso Nihil Nahema era stata troppo avventata nel permettere a Darius praticamente una porta verso un mondo completamente diverso da quello dei possedimenti di Andromeda, avviando dunque ad un futuro possibilmente incerto le relazioni con i mercanti e il regno stesso, nel caso Adaar – o la sua discendenza – avesse deciso di muovere guerra.

“ne siete certo, generale? Un matrimonio è una cosa così borghese…”

Mormorò quella frase portandosi il calice di vino speziato alle labbra, ben nascoste sotto i tentacoli, usando un tono sottilmente velenoso che colse persino l’arciduchessa stessa. Ben presagendo che il mercante – di una età approssima di quarantadue anni – le avrebbe fatto sicuramente la ramanzina al loro ritorno verso la capitale dorata degli Aldebaran, ma per il momento non voleva pensarci. Anche perché il lord del luogo sorrise in un modo alquanto strano, come se si stesse mangiando con gli occhi i suoi ospiti, lasciando trasparire una certa malizia seppur provvisoria.

“Oh, ne sono certo… e a tal proposito, mia cara Nihil Nahema, mi perdonerete se non ho un ritratto della mia preziosa figliola da mostrarvi, in quanto ho di meglio”

Così come il suo sorriso durò una fazione di un secondo, altrettanto l’attesa per i due ospiti non durò a lungo. Scostandosi dalla colonna su cui si era appoggiato il generale si rivolse telepaticamente a due figure all’ombra del porticato – rischiarato da lampade in terracotta – che sgusciarono fuori dalla conversazione personale in cui si erano intrattenuti obbedendo ad un ordine diretto del loro padre e signore.

Un illithid, alto quanto Darius forse guardia del corpo dell’umana che accompagnava, ed una ragazzina si avvicinarono alla figura del generale. e questi fu pronto a presentare alla nobildonna quella giovane dai capelli neri e dagli abiti dai colori che richiamavano l’intensità dell’autunno. Era davvero graziosa, entrambi gli ospiti dovettero ammetterlo – quasi incredibile che fosse stata concepita da un mostro – e i suoi occhi verdi brillarono di curiosità alla vista di quella donna così elegante rispetto ai rozzi guerrieri presenti.

“miei cari ospiti, e mia cara arciduchessa Aldebaran, ho il piacere di presentarvi l’ultima delle mie figlie, Amarilli Adaar. Ha compiuto da poco il suo tredicesimo compleanno, ma a conti fatti è ancora la mia bambina”

“i miei rispetti, principessa Adaar” fece l’Aldebaran, accennando un lieve inchino e sorridendole in modo cordiale “ero davvero curiosa di conoscervi, e sono ancor più colpita di vedervi di persona”

Le guance della fanciulla si imporporarono di imbarazzo di fronte a quella nobildonna vestita di un mantello così bello che, però, nascondeva al di sotto una leggera armatura dorata che ne proteggeva il busto. Era piuttosto alta per essere una tredicenne – con una altezza media di un metro e sessantacinque – ma il suo animo e il suo corpo non erano ancora quelli di una donna. Nahema aveva sentito dire, per bocca del suo mercante Ventrum, che gli illithid raggiungevano la maturità sessuale attorno ai sedici o diciotto anni di vita, probabilmente per via della loro lunga vita, e a quanto pare trasmettevano questo particolare alle loro figlie.

“Arciduchessa… è un piacere anche per me” indubbiamente le era stato insegnata l’educazione “avrei così tante domande da farle! Per esempio è vero che il vostro pianeta è pieno di sabbia? Ma proprio pieno, pieno?”

“non esattamente ma si… è prevalentemente desertico. Ci sono tuttavia diversi fiumi e oasi che ne spezzano il paesaggio, e il tramonto che si può osservare è simile a quello che potete vedere nella vostra dimora del Crepuscolo”

“Suvvia tesoro, non assillare con le tue domande la nostra ospite… non sei curiosa di vedere il posto di persona?”

Il tono del possente illithid fu gentile nei riguardi della propria creatura, non mostrando alcuna malvagità appena velata nei confronti di Amarilli, lasciando che uno sbuffo divertito si facesse sentire dall’arciduchessa stessa. Poi un coro di ululati eccitati e di tamburi ridondanti interruppe il piacevole quadretto che si era creato attorno alle nobili figure, e dai tendoni del palco si palesò una succuba dalla pelle violacea e dal palco di corna ricurvo ricoperto da foglie d’oro. Probabilmente una cittadina dei territori degli Scorpio, i cui demoni erano tra le poche popolazioni a resistere agli attacchi psichici dei cefalopodi, e lo scarno abbigliamento fatto di un corpetto in fili d’oro che lasciava poco all’immaginazione portò gli uomini presenti a eccitarsi e ad allungare minacciosi i tentacoli verso la sua sinuosa figura.

“padre… vorrei avere il permesso per tornare alla Residenza del Crepuscolo. C’è una donna lasciva sul palco…”

La giovane si mosse a disagio per il modo in cui la demone danzava con una certa flessibilità lasciando intravedere ogni centimetro della sua carne, lasciando ben intendere che quello non era uno spettacolo degno di una ragazza di buona famiglia. Il padre dunque acconsentì, facendo cenno alla guardia di occuparsi della sua bambina.

“Ma certamente, figlia mia. Torna pure a casa, ci vediamo più tardi”

Congedò la figlia in modo educato, annuendo al guerriero dallo sguardo severo di scortare l’adorata figliola in luoghi meno incomprensibili per gli occhi di una bambina. Ma per gli adulti quello era uno spettacolo che con tutta probabilità non avrebbero assistito con tanta facilità nei prossimi mesi, pertanto era il caso di non andare troppo per il sottile con gli apprezzamenti pesanti e le parole audaci ad una femmina che, con tutta probabilità, era li per sua spontanea volontà.

Una volta che la giovane Adaar si fu congedata da quel luogo di perdizione l’intero cortile fu nuovamente regno degli uomini, e Nahema constatò di essere l’unica donna a cui nessuno avrebbe torto un capello. Non la nobildonna con cui il grande capo aveva stipulato un importante accordo, una promessa di matrimonio che l’arciduchessa si sarebbe impegna a mantenere, e non con lui medesimo che le sarebbe rimasto accanto per tutta la durata della serata.

Gli occhi di Nahema seguirono senza reale emozioni dalla danza dell’esotica femmina, sfiorata da quelle mani callose e da quei tentacoli sinuosi come le anguille scolpite nella dura roccia del tempietto di Marduk, notando appena la presenza di Darius alle sue spalle e al fatto che si era chinato lievemente per poter raggiungere simbolicamente il suo orecchio. Anche se non aveva bisogno di sussurrarle a quel modo.

“la notte sarà lunga, arciduchessa… è sicura di voler presenziare comunque?”

In principio la donna non disse nulla, ma si accorse che l’illithid le allungò un calice di vino – più leggero rispetto a quello bevuto in precedenza, in quanto non voleva che la propria ospite si rovinasse il fegato – e lo prese tra le mani nel riserbo più assoluto. Non era più tempo di farsi i complimenti a vicenda, e sorridendo lievemente si portò la fresca bevanda alle labbra per somma soddisfazione del padrone di casa.

“Abbiamo da decidere l’agenda dei futuri sposi… si dovranno pur conoscere, no?”

 

[…]

 

Fu così dunque che la lealtà di un uomo venne svenduta per una promessa di matrimonio i cui posteri non riserbano nessun ricordo degno di nota. Molte cose vengono spazzate via dall’incuria del tempo, altre volte semplicemente per mezzo di una mano malevola.

Quando la sua mano carnivora si allungò lungo tutte le costellazioni alleate non ricordava di aver incontrato nessun cefalopode che avesse in qualche modo cercato di fermarlo, e lui comunque non fu così sciocco da addentrarsi nei territori degli Andromeda. Il condottiero che era in lui non temeva di passare per determinati settori, ma loro erano terrorizzati al solo pensiero di camminare tra antiche rovine così ancestrali di cui persino gli illithid non riserbavano memoria.

Un tempo Pitch Black era stato un uomo. Un soldato leale. Un padre e un marito devoto. Ora invece era il pupazzo di carne, pece e icore delle creature che un tempo si facevano chiamare dai bambini della cosiddetta Golden Age come dream pirates. Creature che lui stesso aveva contribuito a catturare vive, fino a raggiungere l’orlo della pazzia in quegli anni di solitudine spesi a fare la guardia ad un pianeta desolato e alla sua cattedrale nel deserto.

Possedeva ora una nuova pelle, un nuovo nome, e tutto ciò che lo riguarda come l’uomo che era stato un tempo lo ricordava con molta fatica. Nel suo regno monocrome, in cui nelle gabbie informi che circondavano il suo trono bruciava l’invisibile fiamma dell’eterna vendetta, un signore decadente ma ancora potente meditava su ricordi passati appartenuti ad un individuo che ormai non era più.

Un tempo il potente generale di una armata aliena aveva messo in guardia Kozmotis Pitchiner dagli intrighi dei nobili che lui serviva con tanta lealtà, ma invece di raccogliere i suoi ammonimenti come la più preziose delle risorse si era fatto ammaliare dalla più improbabile delle idee.

Colui che lo aveva ammaliato si era comunque annoverato il diritto di metterlo in guardia, poiché furono proprio gli intrighi di corte a devastare ciò per cui viveva e spingerlo ad una eterna vendetta contro il mondo conosciuto. Troppo giovane per prestare attenzione alla voce della ragione Pitchiner aveva lasciato correre, e proprio come Darius Adaar V si era visto annichilire l’unico motivo della sua travagliata esistenza.

Pitch Black non ricordava con l’esattezza i nomi di quelli che un tempo erano stati i membri della famiglia del generale Pitchiner, ma l’uomo che era in lui, assopito nella bestia che era diventato, ricordava i volti delicati di due donne.

La sabbia nera che ora formava il suo essere si mosse come se stesse danzando nella densità del cupo oceano, e con il tocco gentile del suo signore iniziò a danzare ai suoi piedi per prendere la forma di una donna inginocchiata di fronte ad una bimba piccola. La sabbia cristallina e purulenta si amalgamò con delicatezza e maestria, tanto da riuscire a dare giustizia ai volti sereni delle due donne.

Un rimasuglio di ciò che era stato era rimasto ancorato a quei giorni, proprio come l’illithid che l’aveva ammaliato quel giorno di tanto tempo fa, intrappolato in quel tempo anacronistico di un ricordo che sarebbe sbiadito sempre di più ad ogni decade che sarebbe passata sulla sua pelle pallida. Ma prima di allora, contro ogni aspettativa, lui avrebbe continuato a plasmare la propria materia prima affinchè il proprio subconscio ne fosse sollevato nello spirito e nella ragione.

Pitch Black non aveva quasi idea di chi fossero le due figure femminili abbracciate tra loro, per l’appunto, ma avrebbe continuato a plasmare la sabbia nera per ricreare quell’intimo quadretto familiare così come il generale illithid aveva fatto nello scolpire la roccia grigia della propria dimora. Dette dunque un ultimo sguardo alla scultura creata con pochi passaggi di magico pulviscolo, sorridendogli lievemente con un volto un tempo appartenuto ad un uomo vero, prima di disfarla con un cenno della mano ed osservare i granelli di sabbia nera scomparire nell’atmosfera rarefatta del suo tempio innominabile.

  
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