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Autore: Gwen Chan    12/04/2017    3 recensioni
Una piccola fiaba, dove Yuri non è più alto di un pollice, Victor è il principe delle fate, e devono affrontare molte avventure prima di poter stare insieme.
O, in altre parole, una Pollicina!AU
Genere: Fantasy, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hiroko Katsuki, Un po' tutti, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il popolo dei rospi

In effetti, quando la misteriosa figura aveva rapito il nostro Yuri addormentato, Vicchan (questo era il nome che Hiroko aveva dato al suo barboncino) aveva abbaiato furiosamente contro l’intruso, sia per svegliarsi il ragazzo sia per avvisare la propria padrona; era stato inutile. Così, dopo aver abbaiato fino a svuotarsi i polmoni, il povero cane si sedette semplicemente sotto al davanzale, con testa poggiata sulle zampe incrociate. Lì guaì la sua richiesta di aiuto.

Non dovette aspettare a lungo. Al contrario, prima che il sole potesse raggiungere la sua massima altezza, una familiare figura alata apparve nel cielo d’autunno, la sua silhouette nera circondata come un’aureola dalla luce del sole giallastro. Venne giù volteggiando, saltò frettolosamente sul davanzale e chiamò “Yuri!”
Victor, perché chi altri poteva essere la figura, era stato rimproverato profusamente per il suo comportamento avventato, che non si addiceva a un principe ereditario e avrebbe potuto mettere tutta la corte delle fate in grave pericolo.
Tuttavia Victor non era mai stato il tipo di persona che ascolta e obbedisce ai comandi dei suoi genitori; al contrario, pur avendo un buon cuore e una natura gentile, era spensierato e un po’ infantile. Inoltre aveva anche una cattiva memoria e la tendenza a dimenticare le promesse, fatte spesso nella fretta del momento. Eppure, manteneva sempre quello che ricordava.
Così eccolo lì, ad atterrare sul davanzale, chiedendo a Yuri di venire fuori. Non vedeva l’ora di presentarlo ai suoi genitori, di mostrare loro come fosse piacevole e bello questo ragazzo senza ali. Non aveva dubbi che Yuri sarebbe stato felice e ben voluto nella corte delle fate.

Invece fu accolto da un silenzio irreale e dalla confusione che Vicchan aveva fatto nel tentativo di salvare il suo piccolo proprietario. Il fedele barboncino riprese il suo abbaiare non appena si accorse di Victor. La fata si precipitò fino al naso freddo cane.
“Buono! Che cosa è successo?” chiese, accarezzando il suo pelo riccio. Vicchan abbaiò di nuovo, inclinando la testa.
“Dov’è Yuri?” continuò Victor. Altro abbaiare venne in risposta.
“Qualcuno ha preso Yuri?” provò ad indovinare dopo un po’, guardandosi in giro fino a notare che che il lettino di Yuri mancava dall’insieme. Qualsiasi creatura della sua taglia o anche più grande avrebbe potuto facilmente infilarsi dalla finestra aperta per rapire il ragazzo.
Victor stava prendendo in considerazione tutto ciò quando una voce di donna giunse dall’altra parte della porta.
“Yuri, andiamo. È mattina inoltrata! È ora di svegliarsi!” chiamò Hiroko, aprendo l’uscio solo uno spiraglio. Sarebbe presto entrata in punta di piedi, avrebbe notato la confusione e prima o poi avrebbe scoperto che suo figlio non era più lì. Victor si dispiacque per lei, ma poco poteva fare per darle consolazione. Così diede una pacca a Vicchan sulla testa, sussurrando “Lo troverò!”, prima di riprendere il volo.

Quando Yuri aprì gli occhi, sbattendo le palpebre nella luce del tardo sole mattutino, una faccia color bronzo stava ostruendo la sua visuale. Occhi luminosi ed appassionati gli sorrisero, prima che il volto si tirasse indietro e si spostasse un poco più in là.
“È sveglio!” gridò lo sconosciuto. Yuri si raddrizzò, alzandosi in piedi nella sua scatola-letto, con le braccia tese in alto sopra la testa. Canticchiò e cercò di liberarsi dalla nebbia che ancora permaneva nella sua mente. Passò le nocche contro gli occhi chiusi per liberarsi dall’intorpidimento.
Poi si guardò intorno. Era in quella che sembrava essere una barca, cullata dolcemente dalle onde del fiume. Canne verdi e gialle crescevano tutt’attorno; si curvavano gentilmente in avanti fino a toccare la superficie dell’acqua con le loro teste, nella placida brezza autunnale. Alcune rane gracidavano, sedute su grandi foglie di ninfea. Qua e là le loro lingue appiccicose saettavano fuori per catturare una mosca succosa.
Lo stomaco di Yuri brontolò, la fame più forte del disgusto.

“Sì, è molto bello!”
Una voce di donna attirò la sua attenzione. Si girò. La sua bocca si aprì di stupore. Davanti a lui stava una donna grande due volte lui. Era per lo più umana, ma la sua pelle era di un viscido verde, coperta da piccole macchie brunastre e gli occhi protrudevano forse un po’ troppo. Le sue dita erano lunghe, unite da una membrana semi-trasparente. La sua bocca era grande, rosa, con una grande lingua dentro. Nel complesso somigliava a un rospo.
Accanto a lei, altri tre ragazzi più piccoli con le stesse caratteristiche stavano in piedi.
“Sì! Te l’avevo detto! Il mio nome è Phichit!” il ragazzo di prima si presentò.
“E io sono Leo,” aggiunse un altro.
“Il mio è Guang Hong!”
“Siamo ballerini!” La donna concluse per loro, sorridendo con orgoglio. “E ti unirai a noi!”

Unirsi a loro? Yuri fu colto di sorpresa. Andare in giro a fare spettacoli non era davvero cosa adatta a lui. Inoltre sua madre doveva essere ormai fuori di sé dall’ansia; e poi c’era Victor!
“Oh, Dio, devo tornare indietro!”, esclamò, inciampando nei suoi stessi piedi. “Victor sicuramente mi starà aspettando!”
La donna sollevò un sopracciglio, arricciando le labbra in un ghigno. “Immagino che lo sposerai!”
Yuri mormorò qualcosa, distrattamente. Non aveva ancora pensato davvero al matrimonio, ma l’idea non era male. Indugiò un attimo nella sensazione delle mani di Victor sui fianchi, ricordando il suo sorriso, mentre giravano e ballavano.
“Sì, sarebbe bello!” rispose alla fine. La donna fece un suono di gola per manifestare il suo disaccordo.
“Il matrimonio è sopravvalutato. Così noioso. È una trappola!”
“Una trappola?” Yuri ripeté a pappagallo, cercando di comprendere le parole della donna. Ella annuì, ripetendo ancora una volta come il matrimonio non fosse altro che una prigione.
“Noi, invece, siamo liberi” - fece un ampio gesto verso Phichit, Leo, e Guang Hong - “Facciamo spettacoli di danza e anche spettacoli di pattinaggio su ghiaccio d’inverno. Viaggiamo in tutto il mondo.”

Mentre diceva così, fece l’occhiolino verso una rana perché iniziasse a canticchiare una melodia e mosse i fianchi a dimostrare le proprie parole. Gli altri ragazzi si aggiunsero presto alla danza, prediligendo ciascuno uno stile diverso, il tutto mentre elencavano le ragioni per le quali Yuri avrebbe dovuto dimenticare Victor e imitarli subito.
“Ma la mia mamma!” cercò di protestare il ragazzo, spostando il peso da un piede all’altro. “Sarà preoccupata!” considerò ad alta voce.
La donna-rospo fece un gesto con le mani verdastre come per allontanare le preoccupazioni di Yuri, come si fa con una mosca molesta.
“Sciocchezze! Sarai famooi e tua mamma sarà molto felice!” ribatté, senza smettere un momento di ballare. Poi, prima che Yuri potesse a capire cosa stesse succedendo, lo afferrò per un braccio e lo spinse, costringendo le sue gambe e il suo corpo a una brusca torsione per evitare una caduta. Fu quasi come un passo di danza.
“Che grazia!” applaudì la donna. “È una fortuna che ti abbiamo trovato prima della nostra partenza!”
“Partenza?” strillò Yuri, fermandosi nel mezzo di una giravolta un giro. Phichit, Leo, e Guang Hong ridacchiarono, con le braccia gettate ciascuno sulle spalle degli altri.
“Be’, ovvio, siamo artisti! Viaggiamo! Attraverseremo l’oceano domani!” spiegò la donna-rospo.. “Sarà divertente!” assicurò Phichit. Si era spostato di fianco a Yuri e il suo braccio era ormai delicatamente avvolto intorno alla vita del ragazzo. “Sarai parte della nostra famiglia!”
“Ma io ho già una famiglia!”
Phichit ignorò le proteste del ragazzo. Invece piegò le gambe forti e saltò giù dalla sulla ninfea più vicina. Poi saltò su una roccia vicina con la medesima facilità. La sua famiglia si affrettò a seguirlo, chiacchierando di preparare l’ultimo bagaglio prima di partire. Lasciarono indietro Yuri.
Il povero ragazzo cadde in ginocchio. La foglia sui cui si trovava stava in mezzo al fiume, troppo lontana da entrambe le rive o da altre foglie o rocce perché le piccole gambe di Yuri ci potessero saltare su. In più la foglia sembrava essere ben ancorata al fondo del fiume.

Nel mentre che Yuri gridava per chiedere aiuto, una strana creatura passò da quelle parti. Pareva un uomo, non più grande di un rondone, e di un rondone aveva le ali, un becco e persino artigli dove avrebbero dovuto trovarsi i suoi piedi.
“Aiuto!” gridò Yuri per attirare l’attenzione della creatura. L’uomo-rondine si fermò a mezz’aria. “Qual è il problema, caro?” domandò.
“Devo scendere questa foglia prima che quei rospi tornino!” Yuri si affrettò a spiegare. “Ma è inutile!”, si lamentò, lasciandosi cadere sul bordo di tale foglia.
“Nulla è impossibile!” lo corresse il rondone prima di tuffarsi nella fredda acqua del fiume e spezzare la radice della ninfea con un colpo scatto del suo becco. Non più legata al fondale, la foglia iniziò a fluttuare via. L’uomo-rondine, riemerso in fretta, gettò un bastoncino a Yuri da usare come pagaia. In effetti le acque stavano diventando turbolente.
“Mi chiamo Christophe!” il rondone si presentò.
“Yuri!” rispose Yuri. “Grazie! Devo tornare a casa. Mia mamma sarà preoccupatissima. E Victor ha promesso di venire a trovarmi ancora una volta,” continuò Yuri. Mentre parlava, le dita della mano libera si piegarono attorno al ciondolo ancora intorno al collo.
“Be’, che cosa dolce,” tubò Christophe.
“Ma se fossi in te starei attento a quella cascata!” aggiunse aggiunto, la voce di colpo mutata in un grido. D’improvviso il fiume si era trasformato in torrente, destinato presto a tuffarsi in un precipizio.
Yuri, che riusciva a malapena a galleggiare, figuriamoci a nuotare, fu preso dal panico. Cominciò a remare freneticamente per contrastare la forza della corrente, ma essa era troppo potente. Christophe cercò di afferrare la foglia nel becco e tirare verso l’alto, ma la superficie bagnata era scivolosa e le acqua agitate gli schiaffeggiavano il viso, facendolo tossire. Già due volte la sua testa era finita sott’acqua.
“Aiuto!” iniziò a gridare a sua volta.
Fortunatamente per loro alcuni pesci sentirono le loro suppliche, proprio come fece una fata di passaggio. Si precipitarono tutti nel luogo da dove provenivano le grida di aiuto, la foglia sul punto di scomparire sott’acqua. Là i pesci usarono le loro potenti code per spedire la ninfea in aria mentre sia Chris sia la nuova fata la tenevano sollevata. Yuri, da parte sua, si era semplicemente raggomitolato in una palla terrorizzata.

“Sei al sicuro, ragazzo!”
Fu solo quando Yuri udì queste parole e avvertì il morbido ma solido suolo sotto al sedere che ebbe il coraggio di aprire gli occhi finora tenuti ben chiusi.
Davanti a lui Chris stava strizzando le proprie piume dalle ultime gocce d’acqua. Vicino a lui la nuova fata si stava stiracchiando. Aveva capelli biondi che brillavano nel sole pomeridiano. Era persino più piccolo di Yuri e quando si accorse di essere osservato non si nascose, ma lo salutò con un grande sorriso a trentadue denti.
“Accidenti, hai visto? Sono stato bravo. I miei fratelli mi prendono in giro perché sono ancora così piccolo, ma questa volta sono stato grande!” esclamò. Si fermò. “Oh, scusami, mi chiamo Minami. In ogni caso –” e qui andò avanti a parlare di quanto ammirasse Yuri, dal giorno in cui l’aveva visto dalla finestra.
Yuri rimase lì senza dire nulla, con gli occhi spalancati, in realtà messo un poco a disagio da questa fata giovane ed entusiasta. Ogni tanto annuiva e mormorava qualcosa, perché dopo mesi passati quasi in completa solitudine, avere una conversazione con qualcuno lo metteva in difficoltà.
Lanciò Chris uno sguardo implorante.

“Ok, ok, Minami, abbi pietà di lui. Guardalo, è esausto!” Chris rimproverò Minami, invitandolo a tornare a casa subito dopo. La fata borbottò, ma alla fine obbedì.
Casa, pensò Yuri, sì, anche lui doveva tornare a casa. E lì avrebbe aspettato Victor. Sospirò, accigliato. Chris dovette notarlo, perché si spostò più vicino e chiese a Yuri che cosa non andasse.
“È solo che qui è tutto così grande e io non so nemmeno da che parte sia casa mia!” si lamentò, con le spalle curve.
“E probabilmente Victor pensa che non mi importa più di lui. Sono sicuro che mi ha già dimenticato!” andò avanti, con voce rotta. Sarebbe sicuramente scoppiato in lacrime se Chris non fosse stato veloce a rassicurarlo. Gli suggerì di seguire il fiume a ritroso, lungo il pendio fino al mare, e indicò una scorciatoia attraverso le canne per evitare il popolo dei rospi. Poi promise, con tanto di croce sul cuore, che avrebbe fatto di tutto per trovare la corte delle fate e Victor il più rapidamente possibile.
“Inoltre, sono sicuro che le sue intenzioni sono serie. Altrimenti non ti avrebbe dato il gioiello che ha ricevuto alla nascita e che simboleggia il suo rango di principe ereditario” aggiunse Chris. Le dita di Yuri si strinsero istintivamente intorno al pendente.
Un principe. Un principe delle fate. Per un attimo il suo cuore ebbe un tremito, proprio come aveva fatto il giorno prima.
“Lo troverai?” chiese a Chris, ancora una volta.
“Lo prometto.”

E così le loro vie si separarono.

Note:
Io continuo a complicare le cose, anche se questo dovrebbe essere una favola ed essere semplice (anche con quella favola dell’innamorarsi in un sol giorno).
So che nella fiaba originale i rospi vogliono sposarsi Pollicina, ma veramente non riuscivo a vedere Phichit o Leo o Guang Hong che chiedevano una cosa del genere, così ho preferito dare una diversa interpretazione.
La donna è l’allenatrice di Leo.
   
 
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