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Autore: Lola1991    14/04/2017    3 recensioni
[...]
« Tornerai da me stanotte? » chiese raggiante, guardandolo negli occhi.
« E tu mi aspetterai? » disse lui, perdendosi nel mare verde dei suoi.
« Io ti aspetterò sempre. »
« E io tornerò sempre da te. »
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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PARLA FRERIN: Credo che il mio primo vero ricordo sia stata l’incoronazione di mio padre e di mia madre, come Re e Regina di Erebor. Mia madre mi raccontò che io non ero nato sotto la montagna, ma in un villaggio sui lontani Monti Azzurri; tuttavia io non ho memoria di altro che dei saloni dorati e della pietra che circonda la fortezza.
Quando ero piccolo, mio padre passava molto tempo con me; mia madre era sempre al centro del suo cuore, e quando tornava da uno dei suoi viaggi, lei indossava i suoi abiti più belli e lo attendeva raggiante, e lui portava in dono qualche giocattolo per me e qualche gioiello per lei.
Le cose cambiarono quando arrivò mio fratello Gwáyn. Quell’esserino roseo strillava e stava attaccato al seno di mia madre, e lei pretendeva che io gli volessi bene. Eppure lui era così diverso da me: io con i capelli chiari, e i suoi scuri come la notte… Mio padre lo chiamava Lon-dubh, perché la sua chioma nera e lucida ricordava il piumaggio di un merlo. Appena lo ebbe svezzato, mia madre me l’affidò dicendo:
« E’ il tuo fratellino e devi avere cura di lui ».
In verità io l’avrei gettato volentieri dai bastioni della montagna perché mia madre fosse di nuovo tutta mia.
Ma dopo Gwáyn arrivarono altri neonati, un maschio, Alun, e due femmine, Eriu e Morud, e per quel che riesco a ricordare c’è sempre stato un bambino dagli occhi azzurri attaccato alle gonne di mia madre.
 
Partecipai al matrimonio dei miei cugini, figli di mia zia Dìs, ai quali ero molto affezionato, e insegnai io stesso l’arte del combattimento e tutto ciò che conosco ai figli e alle figlie che vennero dopo di loro.
La vita sotto la montagna procedeva tranquilla e i nani di Erebor rinsaldarono il legame perduto con gli elfi silvani di Bosco Atro, con i quali avevano combattuto tempo prima nella battaglia alle pendici della fortezza contro un nemico comune, che nelle leggende chiamano Azog il Profanatore.
 
Non mi ero mai davvero avvicinato agli elfi, ma quando ero ancora molto giovane il mio fratellino Alun ebbe un incidente cadendo da un cavallo che non avrebbe dovuto montare. Ricordo quando lo portarono nella stanza dei miei genitori, bianco e inerme; mia madre non si allontanò da lui neppure per un istante. Non volle che il bambino fosse visitato da nessuno dei guaritori reali, e lei stessa, pur essendo esperta di erbe e rimedi, non osò toccarlo.
Quella sera, quando mio fratello ancora non si era risvegliato e non dava segni di miglioramento, ricordo di aver sentito i miei genitori discutere. Mia madre insisteva affinché fosse chiamato un elfo di sua conoscenza per vedere il bambino, e mio padre finalmente accettò.
Galioth era alto e fulvo, come la sua stirpe. Arrivò il mattino successivo all’incidente, serio e composto.
Quando mi vide fuori dalla stanza dei miei genitori, dove Alun giaceva, mi si rivolse con fermezza.
« Sei Frerin? »
Per un attimo boccheggiai. All’epoca avevo appena dodici anni, e per quanto fossi abituato a essere trattato come conviene a un principe, lo sguardo freddo e impenetrabile di Galioth mi mise a disagio. Serrai i pugni e alzai lo sguardo, ma prima che potessi rispondere, lui mi anticipò.
« Sei uguale a tua madre. Dimmi, com’è avvenuto l’incidente? »
« Mio fratello è audace e vuole montare cavalli troppo veloci e forti; senza che nessuno se ne accorgesse, ha montato uno stallone delle scuderie e quello lo ha disarcionato ».
« Conducimi subito da lui ».
 
Nella stanza c’era un silenzio di morte; mia madre, pallidissima, stava inginocchiata accanto al letto di mio fratello, come una statua. Sussultò quando riconobbe la presenza dell’elfo, mentre mio padre rimase nascosto nell’ombra, le braccia serrate e lo sguardo duro. Osservai la scena dalla porta.
Galioth scostò le coperte e osservò con attenzione i lividi che deturpavano il corpo di Alun.
« Ha tossito sangue? »
« No, il sangue che ha perso è stato causato dalla caduta di un dente ».
Aveva un grosso livido sulla tempia, e con delicatezza Galioth gli scostò i capelli biondi, stendendo le mani sulla testa del bambino; poi gli pizzicò la coscia energicamente, e Alun gemette nel sonno.
Mio padre protestò furente: « Così gli farai male! »
« Sto cercando di scoprire se vivrà o morirà, e credimi, vivrà ».
Sussurrò qualche breve parola nella lingua elfica, e per un attimo mi parve che le sue mani rifulgessero di luce.
« Deve stare tranquillo e non ingerire altro che acqua o brodo per due o tre giorni. Tornerà vispo e energico come prima. »
Mia madre gli sorrise mestamente e si ributtò in ginocchio accanto al corpo di mio fratello, mentre Galioth si allontanava a grandi passi fuori dalla stanza.
 
Non avevo mai assistito all’arte magica degli elfi, e ne rimasi molto stupito. Mio padre cominciò a fidarsi davvero del loro potere e della loro sapienza quando, dopo qualche giorno, il mio fratellino riprese le forze e tornò a giocare con me e le mie sorelle, e ancora oggi Galioth, così immutato dal tempo, è un mio consigliere e grande amico.
 
La mia infanzia fu diversa da quella dei miei coetanei. Ero destinato dalla nascita al trono di Durin, e mio padre mi preparò ben presto alla diplomazia e alla conoscenza dei nani, mentre Dwalin, che ho sempre chiamato 'zio', mi insegnò l’arte della battaglia e a maneggiare spada e ascia.
Quando anche la più piccola delle mie due sorelle fu data in sposa e io fui abbastanza grande, mio padre abdicò in mio favore, e io diventai il nuovo re sotto la montagna, ed è quello che sono ancora oggi.
 
 *
 
La pace regna qui ad Erebor; il popolo mi reputa un sovrano buono e giusto, ed ora al mio fianco ho anche una moglie, che mi ha elargito una bella figlia dai capelli biondi.

Nel mondo degli uomini le maree del potere cambiano velocemente. Per noi le stagioni della razza umana arrivano e passano nell’arco di pochi istanti, ma a volte qualcosa in esse attrae la nostra attenzione.
La minaccia di una nuova oscurità cade ora impetuosa su tutta la Terra di Mezzo e sui suoi abitanti. A Erebor sono giunte voci dell’anello di Isildur, il cui potere oscuro potrebbe alterare per sempre le sorti del mondo.
 
Ma questa è un’altra storia.
 
 
 
 
 

 
ECCOCI!
Non riesco quasi a crederci… l’ultimo capitolo è stato pubblicato! Sono insieme triste e felice, una strana sensazione.
Qualche breve dettaglio sulla storia, i personaggi e i loro nomi:
  • ERIU è il nome antico dato dagli Iceni all’Irlanda / Ed è anche il nome di una dea irlandese
  • ALUN è un personaggio del ciclo arturiano, padre di Cunyn Cof e Dyfur, cavalieri di Artù
  • Lon-dubh è antico gaelico irlandese e significa “merlo”
 
Come già accennato in alcune risposte, per molti degli episodi mi sono ispirata alle storie raccontate nei quattro libri del ciclo di Avalon di Marion Zimmer Bradley, e in particolare:
  • La scena della guarigione di Alun da parte di Galioth (guarigione di Gwydion da parte della Dama del Lago);
  • Il matrimonio tra Thorin e Laswynn si ispira al rito celebrato in occasione della festività di Beltane (non era un matrimonio, ma la consacrazione del Re dell’anno);
  • L’incipit iniziale del racconto di Frerin, ispirato alla gioventù di Morgana la Fata;
  • Il parto di Laswynn, ispirato alla nascita di Mordred.
 
 
Con questo è tutto. Un piccolo breve ringraziamento a ThorinOakenshield che ad ogni capitolo mi ha lasciato una recensione, a LaViaggiatrice e a Leila91, che hanno fatto lo stesso. Se non fosse stato per le vostre recensioni e soprattutto incoraggiamenti, dubito che avrei continuato la storia… quindi, davvero, GRAZIE!
 
PS: sto scrivendo una sorta di spin-off sulla vita di Eriu. Spero di riuscire a terminarla prima che l’ispirazione mi abbandoni.
   
 
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