"Ci passi sopra della crema e poi copra. Così per cinque giorni. Poi togliere definitivamente." Guardo
gli occhi verdi dell'infermiera e le sorrido. È veramente carina
e il fatto che si sforzi di parlare in italiano, nonostante le abbia
detto che non ho problemi con l'inglese, le fa se non altro onore. Sul
cartellino leggo che si chiama Clio... se avesse qualche anno in meno,
potrei anche chiederle il numero. Ma in realtà non so quanto mi
andrebbe di farlo; non sono propriamente dell'umore al momento. "Grazie." le dico, mentre si toglie i guanti ed esce dalla stanza senza staccarmi lo sguardo di dosso. Magari
spera davvero che le chieda il numero, ma mi sa che oggi è il
suo giorno sfortunato. Poco male... sono sicuro che riceva richieste di
questo tipo tutto il tempo. E poi, io non sono forte nelle relazioni
con donne più grandi; ho sempre scelto tra le ragazze di qualche
anno in meno. È il requisito fondamentale che devono avere
perché io ci provi. Diego
dice che ho tendenze pedofile. Non è così, ovviamente,
è solo Diego che ha la mente corrotta della perversione,
però è una fissa che ho sempre avuto. Non
si tratta di loro, si tratta di me. Io non saprei stare con una persona
della mia età, o più grande; sono tutte troppo
impegnative. Secondo Diego è perché, a suo parere, ho il
pisello piccolo, ma dopo essersele prese per aver pronunciato tale
falsità, si è messo a fare il serio e mi ha spiegato che
dovrei vincere questo blocco. Mi
ha assicurato che il sesso con le donne mature è spettacolare,
ma ancora di più l'impegnarsi in una relazione seria; rispondere
a delle richieste, soddisfare dei bisogni, sormontare degli ostacoli. Con
le ragazze con cui sono stato non ci sono mai state richieste, bisogni
od ostacoli, se non i più semplici e basilari di una relazione
disimpegnata. Per questo ho sempre cercato rapporti del genere e li ho
fatti finire prima di correre il rischio che spuntassero fuori. Per questo voglio
solo ragazze più piccole: si accontentano del fatto che abbia
rivolto loro la mia attenzione, sono contente di vantarsi con le amiche
ed è sufficiente che le faccia divertire in modi che magari non
hanno ancora sperimentato. Perché, al contrario di ciò
che dice quella bestia di Vallicroce, io non ho il pisello piccolo. L'ho
spiegato solo a poche persone, comunque: a Diego, che in ogni caso non
mi ascolta, a Mattia, che è un amico di merda, e a Federica,
ancora anni fa. Federica è una stupida. Federica
è l'unica ragazza a cui abbia mai avuto il coraggio di parlare
di me seriamente, storiella del pedofilo inclusa. L'unica, tra tutti,
che mi abbia detto 'ti capisco' e che non abbia tentato di farmi
cambiare idea. Qual è il problema? Che alla fine però si è smentita da sola, perché si è innamorata di me. Guardo
la mia mano fasciata e sbuffo. Ora tutti penseranno che io l'abbia
fatto per lei, ma ancora una volta non è così: l'ho fatto
solamente per rovinare quella faccia di culo che stava assieme a lei.
Si è fidanzata con Francesco Natale senza accorgersi di quanto
fosse falso e costruito, o semplicemente senza volerlo ammettere a se
stessa... ho ragione a dire che è una stupida. Mio
Dio: quei modi attempati, la paura di essere maleducato in qualsiasi
circostanza, il tono sempre forzatamente felice... è come un
negozio di articoli contraffatti: tutto ciò che mette in mostra
sembra carino, ma nasconde del marcio. Ovvio che prima o poi sarebbe
finito con Alessandra! Quei due sono uguali, perché non sono in
pace con se stessi e si rifugiano al sicuro dietro ad un altro
personaggio. Non
sarei di certo stato io a dirlo a Federica; è grande, vaccinata
e libera di fare ciò che vuole. Ma è davvero una stupida.
Mi piacerebbe sapere come ha fatto a cadere nella trappola, lei che non
ha mai abbassato la guardia in queste cose. Sospiro
di nuovo, indisposto da tutti questi pensieri, e salto giù dal
lettino per andare a schiarirmi le idee. Tuttavia, proprio in quel
momento Clio rientra nella stanza e mi ferma scuotendo la testa. Mi
dice di aspettare qui finché non avranno stampato il referto e
gli esiti dell'esame del sangue. L'hanno fatto sia a me che al
coglione, per scongiurare che fossimo sotto l'effetto di qualche
sostanza. Io di sicuro no, lui probabilmente è sotto l'effetto
di sostanze che acuiscono la faccia di culo con cui è nato. Ve lo giuro su Dio: lo odio. Mi
è stato sul cazzo dal primo momento, per come si poneva e per il
modo in cui ci provava con Federica. Così datato, così
forzato. Poi mi è stato sul cazzo il giorno in cui ha iniziato a
partecipare alle uscite con noi uomini della classe. Chi gliel'ha
chiesto, dico io, chi? E non parliamo di quanto mi è stato sul
cazzo quando Mattia l'ha difeso per la prima volta, mentre esponevo le
mie teorie su di lui. Mi siedo di nuovo sul lettino e ripenso a quando mai non mi sia stato sul cazzo. Mai, appunto. Mi è stato sul cazzo quando ha proposto come festeggiare il compleanno del mio migliore
amico: perché mai avrebbe dovuto sapere cosa piace fare a
Mattia? Infatti è stata un'idea del cazzo (Diego mi
applaudirebbe, se potesse sentire questo monologo interiore). Mi
è stato sul cazzo quando è venuto a insinuare cose sul
mio passato, senza sapere niente di me. E mi è stato tanto sul
cazzo quando mi ha detto che si sarebbe messo con Federica, che mi
piacesse o meno, come se il mio silenzio avesse mai ostacolato sia lui
che lei. Io
non ho mai interferito con loro, mi sono sempre tenuto a debita
distanza, perché, come ho detto, li ritengo entrambi abbastanza
adulti da regolare le loro faccende in autonomia. Il problema
però è che poi loro hanno
interferito con me. Quando Francesco è venuto per una
chiacchierata tra rivali in amore quali non siamo, si è
addentrato troppo nella terra di nessuno e quando ha spinto Federica a
mandarmi a quel paese, ha rotto per sempre il muro che separava la mia
vita tranquilla dalla sua. Quindi mi spiace, ma se l'è cercata. Non
puoi venire a farmi le paternali sulle tue intenzioni, quando le tue
uniche intenzioni sono quelle di fare il cazzone con altre ragazze. Che
essere assurdo! E che falso! Gli
darei un cazzotto altre mille volte, solo che prima gli toglierei
quegli occhiali da demente, per evitare di tagliarmi la mano. E poi, va
be', non è che sia proprio un fomentatore di risse, quindi
sì, mi sono fatto male pure io... ecco perché Clio mi ha
detto di mettere la crema per far asciugare l'ematoma. La
cosa peggiore in tutto questo è che dovrò affrontare
Federica. Si arrabbierà a morte con me, ne sono sicuro. Non ho
idea di come gestirà la storia di Francesco, ma se la conosco
abbastanza, il fatto che io abbia sferrato un destro contro il suo
ragazzo non le piacerà. Federica
mi odia proprio da quella volta in cui ho capito che si era innamorata
di me. Quella maledetta volta di quella maledetta multa per le
maledette scommesse. Non
so che cosa mi fosse preso. Ero un ragazzino talmente stupido che al
ripensarci prenderei a pugni anche me stesso. Non era da me aver
combinato un tale guaio e non ne avrei avuto motivo. Mi consideravo
intelligente, avevo degli amici divertenti e spassosi, uscivo spesso
con un sacco di ragazze ... e poi ho conosciuto lei. Certo,
la conoscevo già da qualche anno, ma non nel vero senso del
termine. Prima di allora, per me era solo una compagna di classe rigida
e impettita; mi divertivo a farla incazzare e le facevo scherzi stupidi
quasi ogni giorno. Era così seria che le sue reazioni erano uno
spasso; a volte Alessandro e io facevamo veri e propri appostamenti, la
spaventavamo mentre passava per il corridoio a ricreazione, le rubavamo
i soldi dal portamonete che aveva nello zaino e infilavamo disegni
sconci nei suoi quaderni. Be', quello era più un trucchetto che
facevo con l'aiuto di Diego. Però poi ci ho parlato seriamente. È
nato tutto quasi per caso. Ho fatto una scommessa stupida, mi sentivo
in debito con lei per avermela fatta indirettamente vincere, ho voluto
darle una piccola tregua. Così dopo quella gara ci siamo presi
un caffè assieme e... Non lo so, abbiamo solo parlato. Le ho solo raccontato della scommessa. Solo questo. Però
è successo qualcosa di strano. È stato interessante
parlare con lei. È stato bello non rivolgerle la parola solo per
ascoltare le ramanzine relative a qualche scherzo spiacevole. Forse anche lei mi ha trovato meno deficiente di quello che pensava. Così
abbiamo iniziato a frequentarci di più, però ci serviva
una scusa credibile. A me serviva per non sentire commenti strani dalla
gente, a lei l'ho capito dopo. Troppo dopo, forse. Infatti, quella maledetta sera è andato tutto a rotoli. Ed
è stato una merda, perché stavamo davvero andando
d'accordo. Stavamo diventando amici, o forse qualcosa di simile, ma
leggermente più particolare. Non so spiegarlo nemmeno io. Non
era un'amica come Nelli, ad esempio. Con Nelli c'era sempre stato
rispetto e ammirazione reciproca, come c'è ancora oggi e ci
sarà sempre. Con Federica, invece, c'era una sintonia
inspiegabile... in poco tempo mi sono legato a lei come se ci fossi
cresciuto assieme. Solo che era diversa anche dai miei migliori amici.
Quando mi confidavo con lei, le risposte che mi dava erano preziose,
affascinanti, uniche. L'ho
capito solo dopo, ma in qualche modo mi hanno aiutato a crescere. Era
più matura di me ed era un'ottima compagnia. Sapeva ascoltare,
capire e interpretare. E sapeva divertirsi. Non l'avrei mai creduto
possibile, ma come ridevo con lei, come ce la spassavamo a fare tutto e
niente insieme, era addirittura meglio di quando lo facevo a sue spese.
Era semplicemente bello. Avrei passato ogni singolo giorno assieme a lei, se solo non fosse successo quel casino. Certo,
non reagii in modo appropriato, non mi resi conto di quanto immaturi
fossimo stati entrambi e mi ci volle tanto tempo per realizzare tutto
ciò che vi sto dicendo ora, mentre ascolto passivamente Clio che
parla in greco al telefono dell'ambulatorio. Quel momento lo ricordo come fosse ieri. E
non so perché, dannazione, ci sto pensando proprio adesso.
Quando mi viene alla mente, cerco sempre di allontanare il ricordo. Non
è uno dei migliori che abbia collezionato e puntualmente mi fa
solo salire un certo risentimento. Però adesso non riesco a
cacciarlo via. Chissà, magari perché Federica è
inevitabilmente coinvolta in ciò che è successo e quindi
il mio cervello risponde in questo modo. Facendomi
ricordare, riproponendomi i lasciati in sospeso che non mi piace molto
affrontare. O che non sono bravo, ad affrontare. Dopo
quella serata infernale, andammo tutti a casa mia. I nostri genitori si
misero in cucina a discutere e scusarsi a vicenda, mentre noi due fummo
confinati in salotto. A riflettere, ci dissero. Eravamo
troppo stanchi anche solo per respirare e forse fu proprio quello a
peggiorare la situazione; Federica sembrava aver perso la
facoltà del dialogo. Un peccato, dato che solitamente adoravo il
modo in cui mi parlava, i suoi discorsi e i suoi ragionamenti. Se
avesse voluto, avrebbe potuto far sembrare quella situazione solo un
piccolo incidente di percorso. Mi avrebbe rassicurato, mi avrebbe fatto
ridere. Invece
era bianca, disordinata nell'abbigliamento e appoggiata al bracciolo
del divano come se fosse fatto di cristallo. Qualcosa non andava in
lei, e no, non era solo la mortificazione per ciò che era
successo... c'era dell'altro. Aveva
qualche ciuffo che usciva dalla treccia e giocherellava con un
bracciale da cui pendeva il simbolo di uno zoccolo di cavallo. Avevamo
passato diversi minuti in silenzio, così decisi che sarei andato
dritto al punto. "Federica, dimmi cosa c'è." Lei alzò le spalle e non mi guardò: "Siamo stati davvero sciocchi." "Sapevi quali erano i rischi; non credo tu abbia realizzato solo adesso che stavamo facendo una cazzata." "No, ma i miei sono furibondi e... " "E c'è qualcosa che non stai dicendo." Ormai
la conoscevo. Per quanto poco avessi avuto modo di stare con lei,
sapevo leggere i suoi occhi grigi, coperti solo dalle lunghe ciglia
scure e nient'altro. Mai truccati, mai così sfuggevoli come in
quel momento. Fu
allora che li alzò su di me e si accorse, a sua volta, che ero
fatto della sua stessa pasta. Che ero un ragazzo intelligente e che
avevo capito, al di là della situazione, che qualcosa tra di noi
era cambiato, forse un po' prima di quella sera. "Perché non mi hai mai parlato della tua ragazza?" mi chiese. "Camilla
non è la mia ragazza." risposi facendo qualche passo nella sua
direzione e guardandola dall'alto. "Ci siamo solo sentiti per un po' e
sarebbe stato il nostro primo appuntamento." "Ma perché non me l'hai detto?" Federica
e io eravamo entrati in confidenza, ma quando le cose iniziarono a
ingranare con Camilla, non ebbi il coraggio di parlargliene. Lo feci
tranquillamente con Diego, Alessandro e Mattia, come avevo sempre fatto
quando frequentavo qualcuna. Ma in quel momento capii che Federica non
rientrava in quella categoria di amici a cui puoi raccontare certe cose. Perché? Be',
forse perché non avevamo ancora toccato quel livello di amicizia
o forse perché l'avevamo saltato a piè pari, andando
direttamente oltre. Non sapevo dirlo di me stesso, ma fu la prima volta
che sospettai di lei. Avevo la sensazione che ci sarebbe rimasta male,
che l'avrei fatta soffrire. Ne
ebbi la conferma quando ne parlai a Marinella. Avrei dovuto farlo
prima, avrei dovuto essere sincero fin da subito con la sua migliore
amica e chiederle di indagare su Federica per me. Ma non lo feci ed
ebbi delle certezze troppo tardi. Ormai
sarei uscito con Camilla e non potevo dirlo a Federica. Pensavo che
tutto si sarebbe risolto da solo, che non fosse necessario fare
cerimonie inutili a riguardo, tanto lei avrebbe silenziosamente
accettato e capito... me n'ero convinto, più che altro,
perché non avrei avuto il coraggio di affrontarla. Non riesco a gestire i rapporti con le mie coetanee ora, figuriamoci a sedici anni. Ma
la sfortuna, che aleggiava in quel salotto rendendo il bracciale di
Fede completamente ridicolo, si era accanita contro noi e forse contro
di me in particolare. Aveva creato le condizioni perché non solo
affrontassi la mia superficialità, ma anche i sentimenti, miei e
suoi, di cui avevo l'assoluto terrore. Tutto in una notte, tutto troppo
tardi e tutto con premesse talmente disastrose che solo un miracolo
avrebbe potuto portare a un lieto fine. Infatti,
sospirai con rassegnazione e provai ad affrontare lo sguardo della mia
amica. Non era facile, in quel momento. Era la prima volta che lo
trovavo così vulnerabile. Federica,
al contrario di me, non si era mai esposta molto. Certo, con me aveva
imparato a farlo più che con altri, ma una delle prime cose che
mi confessò, come fosse la premessa per capire interamente la
sua personalità, fu la sua difficoltà nell'aprirsi.
Federica era l'introspezione per eccellenza; era, ed è ancora,
una delle ragazze più riservate e insicure che conosca. Non
aveva solamente un problema a parlare di sé, ma anche la paura
di non essere apprezzata. Mi
raccontò solo quel particolare e mi bastò. Non le feci
mai domande personali, lasciai che fosse lei, come e quando avesse
voluto, a raccontarsi. E aveva scelto quel momento per farlo, ma fu un pessimo tempismo. "Sapevo
che avresti reagito così." commentai, notando subito le sue
labbra che si stringevano come a prepararsi ad affrontare un colpo
basso. "Così come? Non mi sembra di star avendo una reazione sbagliata." "Forse non sbagliata, ma di sicuro nemmeno positiva." "Ti aspettavi che commentassi 'uh, bella gnocca!' come avrà sicuramente fatto Diego?" "Mi aspettavo esattamente questo." la indicai. "Te la sei presa senza motivo. Non dovresti star male per certe sciocchezze." "Non
sto male!" Federica si alzò in piedi sbattendosi una mano sulla
gamba. "Però mi dà fastidio e ancora di più il
fatto che ti faccia pena." "Stai usando parole grosse, Federica." "E
tu non mi stai chiamando Frufru come al solito. Sei serio e lugubre da
ancora prima che ci dicessero il perché di tutto questo
scandalo. Quindi c'era già qualcosa che ti preoccupava ed era
proprio la mia possibile reazione al tuo appuntamento." "Non è che tu sia la mia ragazza e che ti abbia tradito." "No, appunto! Quindi che problema c'è a parlarmene, eh?" Aveva
iniziato ad alzare la voce e io sapevo che sarebbe finita male. Stava
accadendo ciò che entrambi temevamo di più: io avrei
dovuto fare i conti con una relazione indefinita che manco mi ero
accorto di aver instaurato, lei invece si stava mettendo a nudo di
fronte a qualcuno che gliel'avrebbe fatto rimpiangere amaramente. Perfetto.
Il fatto che ci fosse una multa di duemila euro a gravare sulle nostre
teste era solo un contorno amarognolo alla peggior portata principale
del secolo. "Me
l'hai nascosto perché pensi che sia una povera illusa."
proseguì. "È tutto molto scomodo, Scilla, lo so, ma tu
non vuoi mai spostare nessun equilibrio e questo ti avrebbe fatto
correre il rischio." "Certo che non voglio spostare gli equilibri!" sbottai. "Perché dovremmo farlo? Era tutto così perfetto!" "Perfetto
cosa? Ripetersi che passavamo il tempo assieme per affari e non per
semplice piacere? Essere felici, ma non poter veramente esserlo?" "Io sono felice, se sto con te." "Anche io, ma non allo stesso modo, forse." incrociò le braccia e cercò di non mostrare il risentimento. "Federica, io ho capito quello che mi stai dicendo." la fermai, appoggiando le mie mani sulle sue spalle per avvicinarla. "Certo che l'hai capito, e non solo ora, giusto?" Abbassai
lo sguardo per un po', cercando di pensare a una risposta significativa
e aggrappandomi con più forza a lei: "Esatto. Ma il punto
è: perché voler rovinare tutto? Quello che è
successo si può superare, ma quello che hai in mente tu no. Se
tu eri felice e io anche, perché dobbiamo complicare le cose?
Perché non possiamo semplicemente continuare a essere amici?" "Non
eravamo nemmeno amici!" gridò scostandosi da me e e facendo
tintinnare quel suo bracciale inutile. "Non avevi neanche il coraggio
di uscire con me senza che ci fosse una scusa per farlo. Non ci
vedevamo, se non con la motivazione di fare qualche stupida scommessa!" "Ma che vuol dire?! Poi finivamo sempre comunque a parlare e divertirci! Come alla festa di Vacca, no?" "Già,
la festa di Vacca, un'altra delle mille occasioni in cui non hai avuto
le palle per chiedermi di venire con te in modo normale! E non doveva
per forza sembrare un appuntamento, ma anche solo una semplice uscita
tra due compagni di classe che vanno d'accordo! Invece parli tanto di
amicizia, quando non hai mai nemmeno osato chiamarla così." "Lo sto facendo adesso." "Oh, grazie, amico mio! Lieta che ora che ci siamo solo noi due, non ti vergogni di me!" "Federica, stai esagerando! Io non mi vergogno di te!" Avevo
dei dubbi, certo, per questo non avevo mai prestato attenzione a certi
particolari ingrati. Tuttavia, io tenevo veramente a lei e dopo quella
sera sarei davvero stato disposto a parlare di amicizia, a smettere con
le scuse. Ma cosa sarebbe successo, se mi fossi messo a frequentarla
con intenzioni diverse e più serie? Se poi non avesse funzionato? Per
quanto non fosse la prima volta che il pensiero mi sfiorava, non lo
credevo possibile nemmeno io... sapevo per certo che sarebbe finita
male. Io non ero mai stato così, non avrei avuto la costanza per
farlo, avrei avuto troppa paura dei miei sentimenti. Sono il meno bravo a gestire cose diverse dall'amicizia e ne stavo dando prova proprio in quel momento. "Io
non sono Camilla e nessuna delle altre ragazze con cui esci." disse
allora, il tono basso e stanco. "Non sono nemmeno Zingaretti e gli
amici fedeli con cui condividi la tua vita. Non diciamoci bugie, non mi
hai mai veramente trattato come loro... mi avresti detto
dell'appuntamento, altrimenti, ma è solo un piccolo esempio."
sospirò, cercando nella stanza qualcosa che in realtà
stava cercando nella sua mente e nel suo cuore. "Io sono qualcosa di
troppo diverso, che non rientra nei limiti che hai messo attorno a te." Sicuramente
aveva ragione e proprio per quello non seppi trovare una risposta
adatta. Mi limitai a rimanere in silenzio, aspettando che concludesse
il ragionamento. Sfortunatamente, lo concluse con una domanda. Allo stesso tempo la più giusta e sbagliata che potesse scegliere. "Non posso essere Camilla, ma nemmeno Mattia, Alessandro e Diego. Allora chi sono, Pierpaolo?" Per
una volta, ci guardammo in modo diretto e senza scuse. Non pensai, o
pensai troppo poco, e l'istinto alla fine parlò per me: "Non
è vero che non sei una mia amica. Potresti esserlo, ma non vuoi,
perché ti sei innamorata." La verità; nuda e cruda. Non molto il mio stile, ma ve l'ho detto, era una serata di merda. Credevo
che si sarebbe infuriata per quella sorta di accusa. Pensavo che se ne
sarebbe andata dalla stanza, invece rimase apparentemente fredda e
impassibile di fronte a me e, dopo qualche secondo di silenzio,
ribatté in un modo che mi fece riflettere per giorni, forse
anni. Non si smentiva mai, dopotutto. "Mi
ero sempre imposta di non lasciarmi andare con nessuno."
pronunciò, un ciuffo che abbandonò la pettinatura e le
cadde davanti agli occhi, proteggendola per quel che poteva. "Non lo so
neanche io se mi sono innamorata, ma di sicuro ho sbagliato di grosso
ad abbassare le mie difese, a lasciare che mi piacessero i tuoi difetti
e ad usare anche io queste scommesse come una stupida scusa. La scusa
per convincere me stessa che non mi stavo affezionando così
tanto a uno stronzo." "Io non sono uno stronzo." "Per come la vediamo noi ragazze, sì." Le sue parole mi indispettirono così tanto che mi irrigidii e le lancia un'occhiata di fuoco. Reagii come pensavo che lei avrebbe reagito e passai automaticamente dalla parte dell'offeso. "Voi
ragazze siete il problema!" gridai, irritato dal gelo delle sue accuse.
"Voi ragazze rovinate sempre tutto! Vi fate abbindolare dalle favole
che vi raccontano e pretendete che ogni uomo sia un principe azzurro!
È per questo che noi due non possiamo essere amici;
perché dici tanto di essere diversa, ma in realtà sei
proprio come tutte!" "Cosa
intendi per tutte? Per te il mondo è diviso in due categorie:
tutte quelle che hanno dei sentimenti come la sottoscritta e tutte
quelle propense solo a scoparti! Quindi, su secondo esame, non mi
dispiace far parte delle prime, perché sarebbe davvero brutto
essere una facile e vuota come quella Camilla che ti porti in giro!" Aveva
decisamente oltrepassato il limite e se non fossi stato impossibilitato
da ciò che era successo, l'avrei cacciata fuori dalla porta con
un calcio. "Vaffanculo, Federica! Ho davvero sbagliato a pensare che ci fosse qualcun altro dietro quella lastra di marmo!" "Oh,
scusa se non ho il pisello come i tuoi amici, ma solo la loro simpatia!
Immagino che le due cose si debbano combinare, altrimenti non riesci a
stare con qualcuno che potrebbe invaghirsi di te!" "Ho
capito perché hai paura ad aprirti, sai? Perché dovresti
mostrare la vera te e cioè una repressa che imputa agli altri la
colpa di essersi innamorata. Non è colpa mia, ok? È colpa
tua!" "Invece è colpa tua! Non dovevi nemmeno avvicinarti a me! Stavo benissimo comunque!" "Se non sai accettare un rifiuto, fattene una ragione." "So
accettare molto bene un rifiuto, altrimenti starei singhiozzando come
farà Camilla quando le dirai che le sue tette ti hanno stancato.
Il problema è che non accetto te e tutti i guai in cui mi hai
cacciato per la tua inattitudine ad affrontare i sentimenti, a partire
dai tuoi!" "Ah, quindi sei ancora illusa che ci siano dei sentimenti da parte mia?" "Be',
forse no. Ma forse allora mi ero illusa anche dei miei, d'altronde non
avevo ancora conosciuto certi lati di te. Forse non ci sono mai stati
sentimenti, Scilla, di nessun genere, e tutto questo è veramente
solo un grande affare che si è concluso male." "Be',
almeno una cosa positiva c'è. Si è concluso." indicai
eloquentemente la porta e la stanza di fronte in cui i nostri genitori
discutevano sulla punizione da darci. Federica
mi guardò talmente male che per un attimo i suoi occhi
diventarono neri come i suoi capelli, poi mi voltò le spalle e
si sedette compostamente sul divano, stringendo di nuovo le labbra ma
sfoderando un'espressione di pietra. Apparve
così ferma e determinata che pensai che nemmeno il più
bravo scultore sarebbe mai più riuscito a scalfirla. Era deciso:
ormai le sorti tra di noi erano state tirate e non ci sarebbero stati
più nomi per definirci. Né amici, né complici,
nemmeno nemici... non eravamo più niente, se non solo Pierpaolo
e Federica. Lì
per lì sentii solamente rabbia, una forte rabbia, e, imitando
lei, mi sedetti al lato opposto del divano, pentendomi di tutto quello
che avevo provato prima di quella notte, di aver persino dubitato di me
stesso e delle convinzioni che per anni mi avevano fatto stare
tranquillo. Diego
non mi convincerà mai e poi mai che stare con una mia coetanea
è bello. Men che meno, in generale, stare con qualcuno sul
serio, senza rischiare il rinculo ogni volta che spari e la morte, ogni
volta che ti prende un proiettile. La
rabbia con i giorni si trasformò in risentimento e rimase tale
per anni. Fino a oggi, per dire la verità, perché alla
luce di tutto, non riesco ancora a credere che Federica si sia "aperta"
nei confronti di Natale. Non riesco a capire perché si sia
fidata di un tale coglione e cosa l'abbia spinta a non dubitare di lui
come ha sempre fatto con chiunque. Forse
non volevo che provasse niente per me, ma allo stesso tempo non voglio
che provi qualcosa per la persona sbagliata. Forse non voglio che lo
provi per nessuno, ma questo è impossibile e allora mi arrabbio,
con lei e con gli altri, ma ancora di più con me stesso.
Com'è stato per tutti questi anni, d'altronde, e come
continuerà ad essere finché i nostri percorsi non
dovranno più per forza incrociarsi. Parlammo
solo una volta, dopo quella notte, e decidemmo che per il rispetto di
ciò che avevano fatto per noi i nostri compagni, ci saremmo
comportati in modo civile. Civile, che non significa per forza
amichevole. E così mantenemmo l'accordo... è l'impegno
più importante che abbia mai preso con una ragazza e sono stato
bravo a rispettarlo, finora. Francesco Natale a parte. Ma
a quell'essere insulso il pugno sarebbe arrivato indipendentemente da
tutto ciò. Se lo meritava solo per essere se stesso, figuriamoci
dopo aver fatto il macho difensore dei buoni valori. Quel coglione, pel di carota bifolco. Ovviamente
a una parte di me dispiace per quello che è successo, ma d'altro
canto non posso giustificare Federica. Diceva di me che sono uno
stronzo, quando il vero stronzo se l'è coccolato fino a ieri,
come se davvero la loro relazione avesse potuto avere un senso. Ecco.
Da un certo punto di vista, se l'è cercata pure lei. "Si può?" La
persona che appare sullo stipite della porta è l'ultima che
vorrei vedere. Anzi, mi correggo, quello è l'Ed Sheeran dei
poveri a cui ho spaccato lo zigomo, ma il qui presente sta per fare la
stessa fine, se si avvicina solo un passo di più. "Vattene." lo ammonisco, infatti. Ma Clio non capisce la mia indisposizione e si alza dalla sedia sorridendo a Mattia: "Buongiorno. Prego." Facendoci
un cenno complice, ci lascia soli (ora spera di avere il numero di
entrambi) e mi raccomanda un'ultima volta di non andarmene
finché non sarà di ritorno con i referti. Non me ne
andrò, ma non è detto che non le farò trovare un
bordello, se Mattia non sparisce subito. "Carina." commenta lo stronzo, guardandole il didietro. Sì, chiamo tutti stronzo e coglione, ma solo perché sono in un periodo nero della mia vita. "Non mi piace che tu faccia apprezzamenti sulle altre, quando stai frequentando Marinella." "Tranquillo, lei sa che non scambierei la sua portaerei con niente al mondo." "Adesso ti spacco la faccia, Mattia." "No,
direi che per oggi sei a posto." constata, opponendo alla mia
serietà un inopportuno tono amichevole; poi accenna alla mia
mano. "Cosa ti hanno detto?" "Che posso usare l'altra per sfondarti il culo." "Quindi sei ancora arrabbiato con me, eh?" "Direi. Se ti avvicini, posso anche farti vedere quanto." Mattia
si tiene a debita distanza, passeggiando lungo il perimetro del
mobiletto con tutti gli attrezzi da ambulatorio. La cosa buffa è
che anche lui ha una mano fasciata e che solo Dio sa quanto vorrei
fargliela pagare per come si è comportato. "Dimmi la verità, perché hai picchiato Francesco?" se ne esce. "Dimmi la verità, che cosa te ne frega?" "Troppo
offeso." commenta, soppesando la mia ultima battutina e squadrandomi
con fare preoccupato. Come vi ho rivelato, ahimè, non sono un
gran combattente ed è sempre stato più probabile trovare
Diego o Alessandro coinvolti in qualche incidente simile. "Se
qualcuno di voi si sente in colpa per non avermi mai dato ragione, sono
molto contento di ascoltare le vostre scuse." spiego allora,
incrociando le braccia. "Nessuno si aspettava che l'avrebbe fatto, dai." "Io sì." "Ma questo non giustifica spaccargli il naso." "Gli ho rotto anche il naso?" chiedo, speranzoso. "Ok,
è stato un pezzo di merda per aver baciato la Gruccia." mi
concede. "E ok, molti di noi hanno sbagliato a farsi ingannare dalle
apparenze. Ma fondamentalmente è solo un bravo ragazzo che si
è ritrovato in una brutta situazione." "Wow,
dà prova della sua faccia di culo e lui ancora lo difende."
faccio la telecronaca della realtà, come se Mattia non fosse qui. "Capita a tutti di sbagliare e tu prima di aggredirlo avresti almeno dovuto pensare." "Ah, le dritte del gran pensatore Mattia Zingaretti." "Mi riferisco al casino in generale. C'erano già abbastanza problemi... " "Va
bene." lo interrompo, sapendo già dove vuole andare a parare.
"Su quello hai ragione, infatti mi sento una merda per Cris. Poco fa ho
letto nel gruppo che sta bene, ma non mi darò pace finché
non le avrò chiesto scusa personalmente. Mi scuserò anche
con Diego, è il minimo." Mattia prende un profondo respiro, sollevato di sentire che non ho ancora perso il buonsenso: "Ok." Sono
felice che non voglia approfondire ulteriormente su Francesco. Ci sono
così tante questioni ancora da affrontare che è davvero
il caso di evitare il terzo grado su una così spinosa. D'altra
parte, o sa che sotto sotto il pugno ci stava, oppure semplicemente non
si sente nella posizione di rompermi troppo le palle. Infatti non lo
è. "Ok,
piccolo moralista di periferia. Adesso o te ne vai, oppure fai qualcosa
per cui valga la pena rimanere ed essere pestato a sangue." "Non
so che cosa dirti per farti capire quanto mi dispiace." dice allora,
sollevando appena gli occhi e riferendosi chiaramente alla sua
ultimissima genialata. "Dimmi
quello che vuoi, tanto non sarai mai in grado di colmare la
preoccupazione che ho avuto in quel momento. E, in generale, negli
ultimi due anni." "Lo so." "Benissimo. L'importante è saperlo." Vedo
che deglutisce in difficoltà e prende a muoversi più
nervosamente, stando comunque attento a non oltrepassare il recinto
immaginario che lo protegge dalla belva che è in me. "Mi
sento così in colpa che ho dovuto farmi coraggio per due giorni
prima di venire a parlarti. E nonostante abbia pensato a cosa dire,
adesso non mi viene nulla." "Non c'è molto da dire, infatti. Avresti dovuto servirti prima delle parole... ora non contano più." "Avevo
chiesto aiuto a Nelli, ma poi ho pensato che avresti apprezzato di
più se avessi avuto le palle per parlarti faccia a faccia, da
solo." "Ancora una volta ti ripeto che con le parole adesso non si va molto lontano." "Allora picchiami, ti fa stare meglio?" sbotta, bloccandosi. "Mica ti hanno legato a quel lettino, no?" Gli punto contro un indice: "Non provocarmi, Mattia." "Sono
serio." dice facendo un paio di passi verso di me e oltrepassando il
confine immaginario. "Prendimi a botte, tanto me lo merito." Con
lui a qualche centimetro di distanza, decido di saltare giù dal
lettino e, anche se è comunque un po' più alto di me, lo
affronto petto a petto. "Che
cosa pensi che sia, un violento, adesso?" lo spingo leggermente per le
spalle, immaginando le grida di Clio nel vedermi sforzare la mano. "Sei
un deficiente, Mattia, non capisci un cazzo della vita! Io non me ne
faccio niente delle vendette su di te, io voglio che tu mi tratti per
l'amico che sono!" "Lo so." abbassa gli occhi. "No
che non lo sai, sennò non facevi certe cazzate! Ok, ultimamente
è diventato difficile per te, ma io voglio che mi parli! Io sono
tuo amico, lo sai questo o no? E intendo veramente, non i tuoi lo so del cazzo, quando non sai che altro dire." "No, lo so davvero." conferma, la voce bassa. "Bene, perché non sembra!" "Lo so... " ripete, ottenendo un'occhiata omicida. "...che non mi avresti picchiato." "Ne sei sicuro?" lo minaccio mostrandogli il pugno buono. "Dai...
" sbuffa, allontanandolo. "Scusa, Pierpa, ho sbagliato. Mi sono tenuto
dentro tante cose e non ho trovato il coraggio per rivolgermi a te. Ma
non perché avessi dubbi sulla tua amicizia, demente, solo
perché stavo troppo male. Il problema era mio ed era troppo
grande perché sapessi al primo colpo come si affronta
correttamente." "Al primo colpo intendi dire dopo un anno e mezzo?" "Non si era mai fatto così pesante come ora." Lo
guardo con attenzione e intuisco che è sincero.
Sorprendentemente, lo vedo anche più sereno e consapevole del
solito; il volto disteso e gli occhi che, seppur troppo timidi per
affrontare i miei, sono tornati a brillare dopo tanto tempo. Mi sembra
sollevato come non lo era mai stato prima. Me lo sono perso, tra una
delusione e l'altra che i suoi genitori scrivevano sul suo volto, ma
dev'essergli capitato qualcosa di bellissimo. E,
forse, si tratta di quello che io avevo predetto sin dall'inizio. Al
contrario di loro ottuse entità minori, io comprendo la vera
essenza dell'umanità e so, quando dico una cosa, che la dico per
un motivo. Sono un mago in queste faccende! In quelle degli altri, s'intende, perché sul mio conto faccio schifo. "Ok, coglione." dico solamente, suscitando il suo stupore, ma anche un sorriso che tradisce una certa aspettativa. "Mi perdoni?" "No
che non ti perdono, anzi, ti prometto che appena la mia mano guarisce,
ti do la randellata che ti meriti. Però per ora ti do atto di
aver avuto dei motivi per comportarti da cazzone." "Ti
giuro che non lo farò più, Pier." se ne esce, stavolta
stupendo me e lavando via l'ironia che avevo gettato sulla
conversazione. "Ah sì?" "È stato un brutto tiro, sei l'ultima persona che meritava un trattamento del genere." Mi
costa ammetterlo, ma mi fa quasi tenerezza. Delle volte Zinga sembra il
ragazzino che non ha avuto tempo di essere e si pone agli altri come si
porrebbe ai suoi genitori, se avesse qualcuno all'altezza di essere
chiamato così. Si ribella e poi si scusa, ha bisogno di aiuto ma
si vergogna a chiederlo, vorrebbe farcela da solo e poi ritorna sempre
a casa. Mi
dispiace così tanto in questo momento e quasi mi sento in
difetto per essermela presa. Dopotutto, su alcune cose non può
davvero sapere come comportarsi correttamente al primo colpo, ma
neanche al secondo e al terzo... nemmeno io lo saprei. Gli
amici non sono certo i genitori e per quanto io abbia provato a stargli
vicino, non sarà mai la stessa cosa. Ma non mi importa; per me
può fare il moccioso quanto gli pare, io gli starò sempre
dietro al culo, pronto a dargli un bel calcio, quando serve, e
spingerlo il resto del tempo. Se
lui non ha la fortuna di avere una mamma e un papà che fanno
questo, farò tesoro di ciò che la mia mamma e il mio
papà hanno insegnato a me per aiutarlo come posso. Poi
chiaramente spero che Nelli se lo sposi per sollevarmi dall'incarico.
Perché va bene tutto, ma ottantacinque chili di idiozia da
spingere per la vita non sono proprio il massimo. "Ti chiederò aiuto più spesso." fa, annuendo in modo serio. "Quale gioia." sbuffo, fintamente seccato. "Iniziando da ora." "Oh, non sentirti obbligato." "L'hai voluto tu, Pierpetua." "Hai litigato ancora con i tuoi?" "No."
risponde, scuotendo la testa. "Ma ho un problema altrettanto grave." si
siede sul lettino come se fosse tranquillamente a casa sua e controlla
che stia seguendo il suo discorso. Sembra essere seduto a un piano bar,
se ci fosse Clio le chiederebbe di passargli il solito, per due. "Sai Marinella Argenti, quella rompipalle, spina nel fianco, guastafeste in classe con noi?" "Sentita nominare." "Be',
al di là del casino di oggi, tu sapevi già tutto."
probabilmente ora berrebbe il liquido rossastro per creare suspance.
"Ciò che ti sei perso è che ieri mattina ho parlato con
lei e le ho raccontato dei miei. Mi ha costretto, a dire il vero, ma
dettagli. Poi abbiamo fatto quel che sai, sia nel mulino che alla
villa, e... stamattina prima di tornare a casa abbiamo parlato di
nuovo." "Nel tuo discorso dai molta più importanza al parlare che allo scopare. Bravo, sono orgoglioso di te." "Pierpaolo, ho un problema serio qui." Ora
berrei io e poi lo indicherei con il bicchiere dandogli una spallata
maliziosa: "Dimmi, dai, ti sei cotto come un tacchino il giorno del
ringraziamento?" "Molto simpatico." "Preferisci che ti chieda se ti sei follemente innamorato?" Mattia
mi guarda seccato, ma sembra davvero parecchio preoccupato. Anche
troppo, considerato che non è certo la prima volta che lo prendo
in giro su queste cose. "Mattia, che c'è?" "Io... sono molto preso da lei, Pier. Veramente tanto. Che cosa posso fare?" Lo
fisso negli occhi verdognoli come quelli di Clio e cerco di capire se
sia un affermazione negativa o positiva. Si direbbe negativa, dalla
gravità con cui ha esposto i suoi dubbi, eppure c'è
qualcosa di molto strano in lui. Era da un pezzo che non lo vedevo
così confuso e disorientato, neanche da quando i suoi si sono
separati. "Mi stai chiedendo un consiglio d'amore?" "Sì, insomma... tu come chiedi a quelle con cui esci di mettersi con te?" Non
so perché, ma tiro un sospiro di sollievo e mi esce spontaneo un
sorriso orgoglioso: "Zinga, sei uno sfigato! Non puoi chiedermi queste
cose; tu e io finora ci siamo scelti solo avventure rapide e indolore!
Qui si parla di Nelli!" "Io non mi fidanzo con le ragazze che frequento, tu sì. Saprai almeno cosa chiedere e come, no?" "Sì, ma non è la stessa cosa..." "E quindi?" "Quindi
devi trovare l'atmosfera giusta, non puoi fare a caso. Dev'essere
qualcosa di significativo e carino, insomma... vedi di fare una cosa
degna, per l'amor di Dio!" "Che consigli del cazzo, non mi hai spiegato niente." "Non te lo devo spiegare. Te lo devi sentire e basta... quando sarà il momento giusto." "Potrebbe
non arrivare mai. Con tutti i casini che ho, ogni volta che sto per
chiederglielo, ho paura di fare la cosa sbagliata. Di mettermi in una
situazione che potrebbe farci stare male." "Però non resisti." "Ogni giorno sempre peggio." "Mmm... la questione si fa complessa. Non puoi di certo rischiare di fare una cazzata come hai già fatto due anni fa." "È politicamente scorretto strozzare un invalido?" "Non sono invalido." "Ok, però sei stronzo." "Può
darsi, ma è la verità. Devi ammettere che è un
rischio, Mattia." aspetto qualche secondo in silenzio, scrutandolo.
"Però tu non riesci proprio a non metterti nei guai con lei, eh?" "No." "E allora basta rifletterci troppo. Vai d'istinto, Zinga. Saprai cosa fare." Mattia
si ferma a pensare per un po', sinceramente dubbioso riguardo a tutta
questa situazione. So che cosa sta succedendo nella sua mente: è
combattuto e spaventato. Combattuto tra il rischio di ripetere un
errore e l'incapacità di soffocare i sentimenti, spaventato
proprio da essi e dalla sua stessa storia, che potrebbe influenzarlo in
qualsiasi momento. Mattia
non lo dirà mai, ma è terrorizzato da quello che successo
a sua padre e a sua madre. Non aveva mai pensato che tragedie del
genere potessero toccare chi gli stava accanto, non aveva mai pensato
che potessero far soffrire così tanto e così tante
persone, non aveva mai pensato che fosse così facile scambiare
l'amore per l'odio e ora, invece, pensa che fondamentalmente siano la
stessa cosa. Ciò
che è capitato tra lui e Nelli in terza e nei due anni
successivi gliel'ha già in piccola parte dimostrato. Per
questo non è sicuro di poter amare Marinella, senza che
ciò implichi automaticamente anche odiarla. L'unico amore che
non l'ha mai fatto soffrire è quello per le sue sorelle ed
è quello su cui ha deciso di investire tutto il futuro. Ma
adesso il futuro per lui ha qualche proposta in più e accettarla
o rifiutarla dipenderà solo da quanto il suo cuore saprà
imporsi sulla mente. Io spero che dia una chance a
Marinella, perché al di là dei loro caratteri
contrastanti, ho sempre visto quanto entrambi fossero realizzati
assieme all'altro. Tuttavia, credo che debbano aiutarsi a vicenda e
spero che lo facciano in tempo. Amore e odio, se messi in equilibrio,
possono coesistere. È trovare un equilibro la vera sfida. Alla
fine dei suoi silenziosi ragionamenti, Mattia mi sorride e mi dà
una pacca sulla spalla: "Fai proprio cagare in questo genere di cose,
sai?" Rispondo con lo stesso gesto: "Anche tu, Zinga. C'è un intero romanzo dietro le cazzate che fai." Ridiamo,
mentre io penso che in effetti non sono così bravo a esprimermi
e che magari potrei scrivere tutto in una lettera, così il mio
aiuto sarebbe più significativo. Ma il suo sorriso mi dice che
comunque gli è servito parlare con me e che mi ascolterà.
Quando sarà il momento giusto, chiederà a Nelli di stare
assieme a lui. Clio
rientra nella stanza proprio in quel momento e ci sorride luminosa,
passandomi il referto. Esita un po' troppo sul foglio e capisco il
perché quando lo scruto anche io: in un angolino ha scritto il
suo numero di telefono. Così
ridacchio e lo passo a Mattia, che si rimette in piedi e mi accompagna
alla porta. So che non se ne farà niente, perché adesso
pensa solo a Marinella, però comunque ci voltiamo verso Clio e
rispondiamo al suo sguardo con un occhiolino malizioso. Uscendo
dalla porta, sono assolutamente sicuro che anche io non me ne
farò mai niente e, non so perché, ma penso a Federica. Sarebbe
stato bello se il suo ferro di cavallo avesse portato fortuna, quella
volta. Forse sarei stato felice come Zinga adesso. Forse avrei nutrito
seri dubbi, ma avrei potuto avere i bei momenti che tanto mi sono
mancati da quella maledetta sera. Forse, l'unica persona che abbia mai
veramente meritato di essere presa a pugni sono io... molto, molto tempo fa. *** Ciao a tutti! Siete riemersi dal tuffo nel passato e avete preso una bella riossigenata nel presente? :) Vi
dirò solo due parole per questa OS: la prima parte, quella che riguarda
il passato, era nella mia mente da "molto, molto tempo". Però il
momento giusto per svelare certi trascorsi è arrivato solo ora.
Infatti, serviva qualche cosa nel presente da accostare alle
confessioni di Pier... il pugno all'Ed Sheeran dei poveri, per esempio,
ma anche una bella chiacchierata tra amici. Due
momenti di particolare onestà e schiettezza che forse raramente si
ripeteranno nella storia, quindi... fatene tesoro! Ovviamente la OS
serve anche a festeggiare il Grazie
a tutti per l'immenso sostegno, spero di avervi un po' ripagato con
questa OS che aspettavamo da "molto, molto tempo". Ok, la smetto di
citare il titolo. Non è divertente. Prima di lasciarvi, vorrei sapere da voi: 1) vi aspettavate il nostro Pierpetua come narratore? Che ne pensate di lui, avendo letto uno scorcio della sua visione del mondo? 2) quando
avete letto l'avventura di Pier e Fede in "Io e te 1", vi eravate
immaginati una cosa del genere o anche voi, come tutti nella classe,
avete sempre pensato che la colpa del loro allontanamento fosse
unicamente delle scommesse? 3) Che
significa l'immagine del capitolo con Trilly (Tinkerbell, in inglese) e
Peter Pan? [qui qualcuno ha già sviluppato teorie che... chapeau, manco il mio psicologo. Siete fortissimi!] 4) vi aspettavate la richiesta di Zinga o anche voi come Pier avete ipotizzato le peggiori cose? 5) Mattia avrà il coraggio di trovare un equilibrio e seguire i consigli del suo amico? Ovviamente aggiungo anche gli auguri di Pasqua e aspetto con ansia tutti i vostri scleri commenti <3 Alla prossima!
- Hook (1991)
PRIMO MESIVERSARIO
del libro di "Io e te è grammaticalmente scorretto". Non mi sembra vero che sia già passato 1 mese... finora è stata un'avventura bellissima! E troppo assurda!