Non esiste nulla, al mondo, più pericoloso di un ricordo.
A volte te ne stai semplicemente lì, fermo, seduto sul divano mentre guardi la tv, oppure intento ad osservare le vetrine per la strada, o accucciato nel tuo letto con un libro fra le mani; sembra quasi che il dolore sia svanito dal tuo corpo e poi, ad un tratto, ecco che ritorna a fare visita.
Quel singolo, maledettissimo ricordo.
A nulla serve oppore resistenza, fingere di non aver udito il suo richiamo, ignorare quella scomoda presenza nella vana e quanto mai inutile speranza che questo, prima o poi, si stanchi di bussare alla nostra porta e silenzioso tolga il disturbo, come un ospite invadente che sa sempre riconoscere quando non è più gradito.
Un ricordo non si premura di avvertire, non capisce quando è di troppo e non è in grado di scansarsi alla richiesta di una tregua, di una sosta da quell'incessante e inconsapevole tortura.
Un ricordo, semplicemente, arriva perché sa di doverlo fare.
E non gli importa di quanto male può provocare la sua presenza, non sa che a causa sua sarà più lungo e complicato il periodo di guarigione; a volte, semplicemente, desidera farci sapere che è ancora lì e che non ci abbandonerà mai, neppure quando – col tempo e dopo aver in qualche modo, seppure a fatica, rimarginato le ferite – il dolore della sua presenza avrà lasciato posto alla felice malinconia di quanto è stato.
Non vivono mai da soli, i ricordi.
A volte il primo si presenta timidamente, senza compagnia, quasi a voler tastare il terreno, ma subito dopo ecco che ne arrivano altri, tutti insieme, velocemente e con frenesia, come se non volessero lasciare il tempo di fare resistenza. Di essi traboccano le vie della città, le insegne e i ristoranti, i vicoli bui, le frasi bisbigliata agli angoli delle strade; risuonano nelle canzoni, nei fiori che sbocciano in primavera e nella neve che cade in inverno, in un film alla tv e nella risata di una voce troppo familiare da non destare un colpo al cuore.
I ricordi non danno tregua, non sanno che cosa significhi.
Hanno il nome di una città esplorata mano nella mano e fanno capolino in una cena offerta per pagare pegno ad una scommessa, in uno scherzo di cattivo gusto, in un lungo viaggio in macchina sotto la pioggia, con la musica a palla e le voci che si fondo in un duetto talmente improbabile da risuonare quasi piacevole, ad un primo ascolto; hanno il profumo della birra rossa, il suono di un pianto sommesso, la dolce sensazione di un abbraccio silenzioso.
Non ce li scrolliamo mai di dosso, ci rimangono sottopelle e restano lì a germogliare fino a quando quasi non ci scordiamo di loro - anche se in realtà lo sappiamo, sappiamo benissimo che sono proprio lì e che torneranno a farci visita nuovamente, quando meno ce lo aspettiamo.
Sono schegge dentro l'anima, quei ricordi.
E forse un giorno faranno meno male, forse un giorno impareremo a convivere con essi e a sopportare il loro peso.
Anche se oggi, il suono di un violino ha il sapore acre e pungente delle lacrime ancora calde.
Dedicato a tutti coloro che, come me, tentano a fatica di scrollarsi di dosso una persona...