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Autore: tyelemmaiwe    17/04/2017    5 recensioni
Il fratricidio di Alqualondë, attraverso gli occhi di uno dei figli di Olwë.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il suono del buio


Il rombo minaccioso delle onde scuoteva l’aria, la riempiva quasi fosse anch’essa parte del mare infuriato.

Aiarnel rabbrividì e si strinse nel mantello, ma non scese dalla nave. Non aveva mai sentito un suono simile, doveva capirlo.

Era il solo modo che aveva per tenere a bada la paura soffocante che gli suscitavano il buio senza fine e quella nebbia fredda come ghiaccio, che si insinuava ovunque e che nessun vento di Manwë sembrava riuscire a diradare.

Il ruggito del mare era stato il primo suono che lo aveva colpito, quando la luce se n’era andata. Era cominciato con uno sciabordio rabbioso, come lo scatto delle mascelle di un animale in trappola.

E poi era arrivata la nebbia, gelida, fitta, che aveva inghiottito ogni rumore, ogni grido, tranne il rombo delle onde sempre più alte. Il vento, che di solito cantava col mare, sembrava non riuscire a farsi strada tra l’acqua che si abbatteva sulla costa e la nebbia che pesava su tutto.

Ma il pericolo non veniva dal mare, dicevano. Il mare si ribellava a quell’abominio, come tutta Aman, ma il pericolo non li avrebbe raggiunti.

Eppure quel buio non si rischiarava, la nebbia non si dissipava, sovrastavano ogni cosa.

La sua gente aveva reagito come aveva sempre fatto sin dai tempi del risveglio: con la voce. Avevano pianto e gridato, disperati, contro il buio e contro il mare furioso che non offriva conforto.

Ma lui no. Non aveva aperto bocca né per parlare né per cantare. Non ancora. Aveva bisogno che quel suono crescesse dentro di lui e gli ispirasse la melodia giusta per esprimere ciò che stava distruggendo la pace della sua terra e della sua vita.

“Aiarnel, vieni.”

La voce di Volwë lo raggiunse, vicina e distante, ovattata, avvolta nella nebbia come il suo proprietario.

Intravedeva appena la sua figura slanciata sulla banchina, e presto lui si voltò e sparì, i suoi passi, felpati come sempre, soffocati al punto da essere inudibili.

Tentare di imitare i passi del fratello maggiore battendo le mani su un tappeto era stato uno dei suoi primi giochi, da bambino.

Prima di scoprire che c’era molto di più oltre al rumore, nel rumore stesso. Prima di scoprire che le sue mani erano solo uno dei mille strumenti da cui si poteva trarre la musica. Prima di scoprire la propria voce.

Dalla città lo raggiunse il rumore di una grande folla che si radunava, un mormorio uniforme interrotto quasi bruscamente da una voce fin troppo nota.

Il motivo per cui suo fratello lo aveva chiamato.

Fëanáro, colui che, un tempo, aveva anche chiamato cugino, fratello come tutti gli Ellai. Aiarnel non lo avrebbe mai considerato amico come sentiva invece Arafinwë, ma lo avrebbe rispettato, se solo Curufinwë non avesse rifiutato la compagnia di chiunque.

La voce di Fëanáro si levò più alta, forte, troppo forte. Più di quella di suo padre Olwë, il signore di Alqualondë. Il suono di quella voce lo distolse dall’urlo del mare.

Quando si spense, il silenzio che seguì vibrava minaccioso come la corda di un arco, come la corda di un’arpa sul punto di spezzarsi.

Aiarnel rabbrividì di nuovo e si alzò, ma ancora non riusciva a scendere dalla nave.

Altri vagavano per il porto e salivano e scendevano dalle navi, voci e richiami che conosceva. Sussurravano, mormoravano tra loro, e l’acqua sotto le navi si agitava, colpendo le banchine e le fiancate con schiaffi sempre più violenti.

Poi un tintinnio scese dalla città verso il porto. Dei ticchettii sommessi ma aguzzi, che Aiarnel non conosceva ma che lo facevano tremare di angoscia.

Aiarnel guardò oltre il parapetto della nave di suo fratello. Erano tanti, forse tutta Tirion. I Noldor, alti, gli occhi brillanti come le loro gemme, come l’acciaio che li ricopriva.

Lo stridio delle spade squarciò l’aria, le urla riempirono il porto, e Aiarnel si trovò rannicchiato sul fondo della nave, le lacrime che gli rigavano le guance, fredde come la nebbia.

Non aveva voluto credere all’esistenza di quelle spade, nemmeno quando Fëanáro ne aveva sguainata una contro Nolofinwë.

Le spade non servivano alla caccia, non servivano alla difesa. Erano oggetti fatti per grandi guerre, oggetti crudeli. In Aman nessuno aveva bisogno di quelle armi che sibilavano di morte anche mentre venivano forgiate.

Aiarnel conosceva il suono delle forge, come conosceva tutti i suoni. Ma avrebbe voluto che il suono freddo del metallo rimanesse un pericolo solo per gli animali durante le lunghe cacce.

Nessuno dei suoi desideri era stato ignorato così, prima di quel momento.

Aiarnel si alzò di scatto. Non sapeva per fare cosa, in cerca di cosa desiderasse andare. Ma desiderava fuggire da quel clangore, dalle grida, da quei sibili che facevano sprizzare gocce più calde e più amare dell’acqua di mare.

Fëanáro gli stava di fronte e gridava, come aveva gridato poco prima contro suo padre. Si era arrampicato sulla nave, il rumore coperto da quel frastuono orrendo, e altri lo stavano seguendo.

Aiarnel sentì di nuovo quel sibilo che odiava scattare verso di lui, e poi il suono delle onde rallentò.



Note dell’autrice


Prima o poi dovevo riuscire a scrivere anche una storia su un Teler!
Purtroppo la storia in questione è tutt’altro che allegra… Anzi, non avrei potuto scegliere momento peggiore per raccontare il POV di un Teler.
Posso solo sperare che l’ispirazione mi porti verso situazioni più allegre, la prossima volta XD.

Aiarnel è un mio personaggio originale: nel mio Headcanon, Olwë di Alqualondë ha tre figli: Eärwen, la più piccola, e due figli più grandi.
Volwë, il maggiore, e Aiarnel, il cui nome significa in Telerin “cantore del mare”.
Il nome di Volwë non è opera mia, ma è presente nei libri della History of Middle-Earth, tra le ipotesi sul significato del nome dello stesso Olwë. Ho pensato che potesse adattarsi bene come nome per il suo primogenito.

Volwë è un carpentiere, mentre Aiarnel è un cantore.

Ed è sempre parte del mio Headcanon che sia stato Fëanáro, nella furia della battaglia per impossessarsi delle navi, a uccidere Aiarnel.

Ellai è la forma Telerin della parola Eldar.

Spero davvero che questa breve storia vi sia piaciuta!
Un grazie speciale a Kanako91 per l’aiuto col postaggio, e a Melianar per il betaggio, grazie infinite, ragazze!

Un grandissimo grazie a tutti quelli che hanno letto,
A presto!

Tyelemmaiwe

  
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