Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Lady_Sticklethwait    17/04/2017    4 recensioni
Per Colin Bekwell quella non era una bella giornata, ma quando era venuto a sapere che la festa organizzata da sua madre non prevedeva che fossero servite bevande alcoliche, aveva trovato un buon motivo per continuare a covare il disappunto.
E così, Colin Bekwell si era defilato come il peggiore dei mascalzoni dalle avances delle sue corteggiatrici per prendere una boccata d’aria all'aperto e calcolare a mente il profitto annuale della sua tenuta quando, con sua immensa sorpresa, un ragazzino cadde dal cielo per atterrare su di lui.
Un ulteriore esame chiarì che il fanciullo in questione non era caduto dal cielo, ma da un grande pino.
«Stramaledizione» fu il suo elegante commento ritrovandosi spiaccicato come un uovo sbattuto.
Il suo grido di dolore si unì all’urlo di sorpresa del ragazzo.
Elisabeth non avrebbe saputo dire quale fosse la sensazione principale in quel frangente:
se il dolore della sua povera schiena o il fatto che fosse caduta su di un uomo o che si trovasse con il sedere in bella vista sul collo dello sconosciuto.
La sua mente, comunque, si rifiutò di trovare altri motivi disdicevoli per i quali flagellarsi una volta ritornata a casa.
Genere: Comico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

                                                                      Il segreto dei Bekwell

 
 

Capitolo 1




Elisabeth Barbrook non possedeva le maniere aggraziate che si addicevano ad una giovane donna in cerca di marito: rideva ad alta voce, diceva sempre ciò che pensava ed aveva respinto almeno una decina di proposte di matrimonio meritando, per questo, l’odio imperituro di sua madre.
Non che avesse tutti i torti rispetto ai suoi corteggiatori. Elisabeth aveva sempre desiderato quel genere di passione che soltanto nei romanzi d’amore che divorava riusciva a trovare, insomma, qualcosa di più di 'ho tre palazzi, sedici cavalli e quarantadue cani' cosa di cui l’aveva informata uno dei suoi pretendenti, chiedendola in sposa.
Stando così le cose, era chiaro che l’assenza di femminili astuzie, la franchezza e il proposito di non accettare mai e poi mai la proposta di un grasso conte imbellettato col parrucchino collideva con l’urgenza di trovare marito.
E questo era dolorosamente noto a tutti tanto che, sempre sua madre, Miss Anne Barbrook, aveva addirittura chiamato Monsieur Vinceux, il parroco della città, in un disperato tentativo di persuaderla a partire per Londra.
«Il Signore Nostro Dio, soltanto lui sa quanto quella povera puledrina abbia bisogno di cogliere quest’occasione, Miss Barbrook. Ecco a lei, questi sono i nominativi di mia nipote, Miss Meredit Bigginton» si rivolse verso Elisabeth con sguardo paterno «si è da poco trasferita a Strett Gill, in un quartiere abbastanza tranquillo della periferia di Londra. Vedrai… Ti piacerà» le strizzò l’occhiolino in fare amichevole.
Elisabeth non osò proferir parola: davvero Monsieur Vinceux l’aveva definita una puledrina?
Anne guardò il parroco, sospirò, e chiuse gli occhi, proprio in quest’ordine «Monsieur…» fece, la voce rotta dalla commozione e le lacrime agli occhi. Il parroco, quando la donna si mosse per inginocchiarsi, la fermò posandole una mano sulla spalla.
 «Che Dio vi benedica, Monsieur.»
Elisabeth assistette a quella ridicola sceneggiata seduta sul divano: dico, davvero quei due avevano pianificato il suo futuro senza, chessò, prenderla in considerazione o chiedere il suo consenso?
Non erano passate nemmeno un paio di settimane che la bizzarra e vivace Elisabeth si era ritrovata in una carrozza con sé la scorta di un milione di raccomandazioni da parte della madre e la rassicurazione del parroco che sua nipote l’avrebbe accolta e custodita al pari di una principessa.
Quando il cocchiere aveva issato le sue valigie piene di vecchi vestiti di sua cugina Kathe che, per la cronaca, poiché quest’ultima aveva capelli biondi ed occhi chiari, il lavoro della sarta era stato meramente sufficiente a fare in modo che quegli abiti fossero adatti alla carnagione scura e alla chioma rosso fuoco di Elisabeth, ella non aveva accennato a muoversi. E quando la sua vecchia casa sembrò ormai solo un puntino lontano, tutto ciò che le venne in mente furono eventuali dubbi, tutti legati alla sfera sensoriale: le sarebbe mancato l’albero di ciliegio dove da piccola soleva giocare con Jeorgie? Le sarebbe mancata l’aria umidiccia tipica di quel periodo, quando le tenebre iniziavano man mano ad oscurare le catapecchie e l’odore del pane caldo a richiamare a casa i bambini?
E Londra? Com’era, Londra? Solo pronunciarne il nome le trasmetteva l’idea dell’immensità e, a dirla tutta, anche una sorta di timore reverenziale.
Londra… Un brivido le fece accapponare la pelle e la domestica che sedeva al suo fianco, Agnes, dovette accorgersene perché le posò una mano sulle sue costringendola a guardarla
«Lei sta tremando, signorina» constatò con familiarità. Elisabeth aveva sempre cercato di persuaderla a darle del tu ma dopo indecifrabili sforzi si era arresa «No, Agnes, sto... Bene. Credo» aggiunse, facendo una smorfia.
Una pioggerellina sottile iniziò a bagnare i vetri della carrozza e l’incessante battere delle gocce sul tetto sembrava scandire con impressionante precisione l’avanzare dei secondi.
«E’ che…» iniziò contorcendosi le mani «insomma, Agnes, non penso che Londra possa accettare…» una come me.
Non fece nemmeno in tempo a finire la frase che Agnes la interruppe veloce come un fulmine «signorina non deve assolutamente pensare a questo genere di… di cose, ecco»
Elisabeth inarcò un sopracciglio «Ah, no?»
Agnes scosse energicamente il capo.
«Oh, Agnes» si appoggiò alla sua spalla, guardando con insistenza il vestito verde pisello che Anne l’aveva costretta ad indossare «spero di non assomigliare ad un cespo di lattuga troppo maturo»
Il commento di Elisabeth fece sorridere Agnes «vorrà dire che la signorina Barbrook, appena arrivata a Londra, dovrà fare rifornimento di abiti nuovi» le consigliò la domestica, cercando di tirarla su di morale.
Elisabeth sbuffò, pensando al fatto che avesse portato con sé una quantità di denaro appena sufficiente a consentirle di acquistare qualche nastro in una modisteria non troppo rinomata.
«Non credo che sarà necessario, Agnes, non ho certamente intenzione di trovare marito» la informò con lo stesso tono disgustato col quale le avrebbe rivelato che mangiava piccioni glassati per merenda.
Agnes si vide costretta a ricordarle, con tono perentorio,  di sua madre e del suo rammarico se…
«Se tornassi a casa senza un anello di fidanzamento al dito, lo so, lo so» sospirò, appoggiando il capo sulla spalla della domestica, che sorrise forzatamente.
«Se solo aveste accettato la proposta di Sir Philip, signorina Elisabeth» le sfuggì un mugolio «A me sembrava un bell’uomo»
Elisabeth scattò a sedere, gli occhi si ridussero a due fessure «aveva delle basette di spropositate dimensioni…»
«…Sono all’ultima moda»
«Collezionava ditali, Agnes!» le rammendò Elisabeth, che assunse un’espressione corrucciata.
Arrivarono a Londra all'imbrunire e Elisabeth si sentì subito a disagio tra gli odori della città e i suoi abitanti. La carrozza non rallentò la sua corsa e attraversò Hyde Park imboccando poi Oxford Street, dove luci forti e vivaci già sfavillavano sulla vernice delle carrozze in fila lungo la strada, mentre dame e gentiluomini passavano da un negozio all'altro. Un argentiere, un bancone coperto che vendeva alcolici, gioiellieri, negozi di biancheria e pasticcerie: oltre un chilometro e mezzo di vetrine illuminate e attrazioni varie. Street Gill apparve ad Elisabeth come una torta mirabilmente decorata, con i mattoni di un tenue color salmone messi in risalto da una glassa in pallida pietra di archi e pilastri.
Scese dalla carrozza tenendo il naso all’insù, salì la scalinata col naso all’insù finché non andò a sbattere contro colui che molto probabilmente doveva essere il padrone di casa, nonché marito della signora Bigginton.
Mormorò delle scuse imbarazzatissima e fece ben attenzione a non emettere alcun commento sull’abbigliamento stravagante del signor Bigginton: imbellettato com’era, pareva già un miracolo che riuscisse a muoversi, respirare e parlare contemporaneamente.
Fu scortata dal maggiordomo in una sala gialla ed il sorriso che le rivolse la padrona di casa per poco non la accecò.
«Signorina Barbrook, che piacere fare la sua conoscenza» gracchiò.
Elisabeth si strinse nelle spalle e fece il miglior sorriso che un viaggio di otto ore le consentì di fare.
«La prego, si sieda, posso… offrire del tè, magari?»
La padrona di casa indossava un grazioso abito celeste a fiori ed aveva il corsetto così stretto che Elisabeth ebbe il timore che si spezzasse quando si chinò per servirle il tè.
«Sì, grazie»
Ouch, il tè… Il suo stomaco, all’idea di doversi accontentare di mezza tazza di acqua tiepida colorata, protestò rumorosamente.
«Oh, emh…» Elisabeth arrossì e portò una mano all’altezza del suo ventre «a volte è così inopportuno» si sforzò di sorridere.
Meredit si sedette con grazia sull’elegante divano color pistacchio bagnandosi le labbra con il liquido dolciastro «sembra terribilmente stanca, signorina Barbrook»
Elisabeth apprezzò la franchezza della donna ma non potette nascondere un pizzico di fastidio «Oh, no, temo che sia il giallo»
Meredit inarcò un sopracciglio
«E’ la sala, intendo… Non che sia brutta» enfatizzò, a scanso di equivoci, con le mani «ma ha la tendenza a farmi sembrare affetta da itterizia»
Ci fu un momento di silenzio, dopo il quale Meredit esclamò un «oh» seguito da un’altra sorsata di tè. Cielo, Elisabeth si sentiva assolutamente inopportuna e… Itterizia? Davvero? Ma come diavolo le era venuto in mente!
«Se questa sala non è di suo gradimento…» inizio Meredit ma Elisabeth la interruppe con foga «No!» si schiarì la voce, cercando di abbassare il tono, facendo mentalmente appello al patrimonio di raccomandazioni di sua madre «Signorina Bigginton…» disse sospirando
«Signora» la corresse quella dall’alto del suo fiero cipiglio.
«Signora Bigginton, sono terribilmente desolata ma la stanchezza dovuta al viaggio e, insomma, questo cambiamento così repentino mi hanno… sconvolta» concluse con un sospiro, incurvando le spalle come un riccio.
«Lo vedo» fece quella, suonando la campanella «signorina Barbrook, non ho intenzione di trattenerla oltre»
Elisabeth si alzò
«tuttavia»
 Elisabeth si sedette
« Non intendo farmi vedere in giro con un tale esempio di grossolanità. Oltretutto, se vuole trovare un buon partito, mostrarvi sopra le righe otterrete solo l’interesse di uomini scapestrati senza uno scellino in tasca. Non ha dote, e questo è già un problema sufficientemente grave.»
«Oh, non si preoccupi» rispose Elisabeth mostrando un sorriso provocatorio «non sono venuta qui per cercare marito»
Meredit sbiancò e per poco il suo tè non fece un capitombolo per terra «come dite?»
Elisabeth fece spallucce «Semplicemente, escludo che qualcuno mi noterà. Oltre a tutte le mancanze che ha già egregiamente elencato, non ho portato con me nulla che non mi faccia sembrare un salice piangente ed ammetto di essere anche una pessima ballerina.»
Meredith sembrò avere un attacco di orticaria quando commentò «Dovete imparare a dissimulare tanta schiettezza se volete che qualcuno vi compri»
«Parla per esperienza diretta, signora Bigginton?» chiese Elisabeth, dolcemente.
Meredit, paonazza in volto, posò il tè sul delicato tavolo bianco e suonò il campanello. Una domestica bionda con una ridicola cuffietta rosa fece capolino e fu raccomandata dalla padrona di casa di portare Elisabeth nella sua stanza, che fu congedata con un gesto teatrale.
 
 
 
 

Note d’autrice.
Allora, mi preme farvi sapere che questo è un esperimento. Ho intenzione di riscrivere la storia ‘il duca e la ragazza’, i protagonisti saranno sempre i nostri Colin ed Elisabeth, ma adotterò dei sostanziali cambiamenti alla trama. Non so quando aggiornerò, probabilmente una o due volte al mese perché per il momento sono impegnata con un’altra storia, ma vi basta sapere che ho deciso finalmente di dare un finale a quella storia che ha appassionato tante di voi.
Fatemi sapere se questo primo capitolo vi è piaciuto, a me ha divertito molto scriverlo, oltretutto mi mancava molto la schiettezza di Liz. Ora staremo a vedere se riuscirò rendere giustizia al duca.
Un abbraccio!




Lady Sticklethwait.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Lady_Sticklethwait