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Autore: unleashedliebe    18/04/2017    1 recensioni
2008, il tour dei Tokio Hotel viene interrotto a causa dei problemi alla gola del cantante Bill Kaulitz.
“-Tu sei musica- sussurrai guardandolo negli occhi, mentre il suo viso si apriva in un sorriso innamorato.
-Sembri un’illusione- sussurrai. -Sono qua, al tuo fianco- mormorò caldo, rabbrividì.
-Sei bello, troppo. È normale domandarsi se esisti veramente, sai? Tanta perfezione in una persona non è ammessa. Tu, tu sei l’eccezione alla regola Bill-"

L’amore colpisce all’improvviso, non si è padroni di scegliere la persona di cui ci si innamora, succede e basta. Questo Bill e Mel lo sanno bene.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(c)ADL

    Epilogo

Wir durchbrechen die Zeit

Neither a sky
can divide
two lovers.
Shy and sweets feelings
overcome distance.
When it rains an angel is crying;
the sun shines, someone’s smilin’.
Unusual and rare rainbow
connect them.
Even the earth
bows before two hearts
 which are beating
together,
after lots of time.
Love is immortal. 

2009
Ho sempre odiato i cimiteri, li trovavo inquietanti, troppo silenziosi. Le persone vi si recavano con lo sguardo basso, gli unici rumori udibili erano i tacchi delle signore e il fruscio dei fiori che venivano sostituiti per posizionare un mazzo più bello e nuovo.
Come se ai morti importasse qualcosa dei fiori sopra le loro tombe fredde.
Facevo di tutto per non doverci andare da piccola assieme ai genitori, durante la festa dei morti. Al massimo c’avrò messo piede due - tre volte.
Questa volta però avevo messo da parte la repulsione verso quei luoghi e sostavo davanti all’entrata, fissando quell’imponente cancello di ferro e il cartello che vi sostava sopra.
“Cimitero di Venezia.
Aperto dalle 8 alle 19, tutti i giorni.
Siano rispettati i defunti mantenendo il silenzio”

Avevo una conoscenza parziale dell’italiano, ciò che era scritto però non mi interessava. Ero salita su un aereo che m’aveva portato da Amburgo a Venezia per visitare una persona. Sentivo di doverglielo.
L’aria di ottobre era tiepida rispetto a quella che soffiava in Germania, tuttavia fu istintivo chiudermi nel mio cappotto, come a cercare protezione.
Odiavo i cimiteri anche perché, per quanto forte potessi essere, trovarmi davanti alla tomba di un conoscente faceva sempre male.
Un colpo di vento mi fece traballare, mentre i capelli uscirono dal cappuccio per sventolare in tutte le direzioni. Con gesto secco li riportai dietro alle orecchie. Mossi i primi passi verso la tomba, cercando di ricordare le indicazioni ricevute per arrivarci. L’unico suono in quel posto opaco era il ticchettare della suola delle scarpe sulla ghiaia bagnata dalla pioggerellina che scendeva ininterrottamente da un paio d’ore.
Vagai con lo sguardo finché non trovai ciò che cercavo. Mi ero sempre domandata perché avesse scelto di farsi seppellire in Italia e non nella sua patria, la Germania. Ci arrivai col tempo: amava l’arte, lo spettacolo e la penisola racchiudeva tutto ciò che più adorava, da qui il desiderio di rimanere vicino alle sue passioni, nella città in cui il tempo s’era fermato, con il teatro che tanto amava – La Fenice.
Con delicatezza posai un girasole sopra la tomba, accarezzandola con delicatezza.
-Scusa se ci ho messo tanto per venire a trovarti- non c’era nessuno quel giorno, eppure parlavo piano, in soggezione.
-Come saprai in quel periodo sono stata sopraffatta dagli eventi. Non voglio giustificarmi.. non sono neanche venuta al tuo funerale. Stavolta non perché avessi altro da fare, sinceramente non me la sono sentita- confessai.
-Non so se c’è vita dopo la morte, non so se mi ascolti- continuai io, intrappolata in una conversazione forzatamente unilaterale, -Spero di sì. Sono venuta qua per scusarmi, potevo esserti vicina di più, forse ti ho delusa- sospirai.
-Inoltre volevo dirti che ce l’abbiamo fatta, il sogno creduto irrealizzabile alla fine si è realizzato, sai? È uscito il libro, ho due copie in borsa. Le altre saranno rilasciate nei negozi il 6 ottobre. Per ora le recensioni di chi l’ha letto in anteprima sono tutte buone, anzi ottime! Ci sono già delle prenotazioni, sarà un gran successo a quanto pare- sorrisi.
-Sono in Italia da una settimana, inizialmente dovevo restare solo un giorno, il tempo di venire qua e tornare.. poi però dopo lo stress per l’uscita del libro, tutti gli incontri con la casa editrice, ho pensato fosse bene prendermi una vacanza. Questo paese è bellissimo, hai fatto bene a scegliere questo posto per dormire- chiusi un momento gli occhi, -Si sta facendo tardi, è meglio che vada. Sai quanto mi inquietino i cimiteri- rabbrividì.
Lasciai un’ultima occhiata alla tomba grigia con sopra un girasole giallo e uscì frettolosamente, alla ricerca di un taxi che mi portasse all’aeroporto.
Una volta in volo riuscì a rilassarmi, mi sentivo più leggera ora che anche quella visita era fatta.


Atterrai ad Amburgo che era sera, l’aria fresca mi fece colorare le guance, mi ero già disabituata al clima tedesco. Presi il trolley e lo posai nel bagagliaio della mia macchina, la quale giaceva nel parcheggio del terminal dalla partenza. Avevo un’altra cosa importante da fare.
Per distrarmi accesi la radio.
-Buonasera ascoltatori! Un avviso per le fan dei Tokio Hotel, restate sincronizzate perché domani i ragazzi verranno a trovarci in studio per parlare del loro nuovo album! Humanoid, che uscirà il sei di questo mese! E ora godetevi “With me” dei Sum41!-
La voce dello speaker si dissolse per lasciar spazio alla canzone. Spensi la radio; ero rimasta ferma alle parole “Tokio Hotel” che rimbombavano nella mia testa. Destino voleva mi stessi recando proprio all’Universal. Giunta alla sede tirai fuori un bigliettino scritto quasi due anni prima, ormai sbiadito da quanto era stato maneggiato. Estrassi poi la copia del libro incartata alla perfezione e la lasciai sul luogo indicato dal foglietto.
Trovarmi lì mi costava parecchia fatica, venivo tempestata da flashback che rappresentavano i momenti più felici della mia vita, tuttavia sapevano portarmi ulteriore sofferenza e dolore.
Me ne andai in fretta, tenendo lo sguardo basso, neanche avessi fatto un reato.
Erano le nove quando tornai a casa, fu un sollievo rimettere piede nella mia dimora e potermi finalmente buttare sul divano.
-Ehi!- neanche il tempo di appoggiare la testa sul cuscino che fui circondata dalle braccia della mia coinquilina nonché migliore amica.
-Non saluti?- mi rimproverò.
-Credevo dormissi- feci spallucce.
-Com’è andata in Italia? Non ti sei fatta sentire!- mi ammonì severa, si preoccupava sempre ogni volta che andavo via; -mi hai fatto stare in pensiero.. Mel- proseguì poi con tono più rilassato.
-Scusami- risposi, -Ero talmente impegnata che mi sono scordata di accendere il telefono- mi giustificai, -Sono stata a Roma, ho visitato un sacco di posti, poi gli ultimi due giorni gli ho trascorsi a Venezia. Prima di partire sono riuscita ad andare al cimitero- mi sorrise orgogliosa, sapeva la repulsione verso quel luogo.
La persona per la quale avevo fatto quel lungo viaggio era mia nonna, deceduta quando avevo poco più di quindici anni. Eravamo molto legate, era lei che mi accudiva ogni volta mancavano i miei genitori, è grazie a lei se avevo sviluppato l’amore per la scrittura fin da piccola. Mi leggeva sempre favole e storie, per poi passare a libri più impegnati. A dieci anni mi regalò la raccolta delle opere di Jane Austen, poi ogni volta che l’andavo a trovare aveva qualche nuova lettura per me, da Freud a Emily Dickinson, da poesie a tragedie. La prima persona a conoscere il desiderio di diventare scrittrice, la prima ad incoraggiarmi. Una volta entrata in scena la leucemia però, i rapporti si raffreddarono: la clinica era a Colonia e non aveva la possibilità di venirmi a trovare, d'altronde neanche io volevo faticasse per raggiungermi e poi vedermi in condizioni che sicuramente l’avrebbero fatta star male. La notizia della sua morte fu una doccia fredda per me, non me l’aspettavo. Nonostante non ci vedessimo sempre le volevo davvero bene, e soffrì molto in quel periodo. Non riuscì a partecipare al funerale, sia perché la malattia mi aveva debilitata molto e non mi era permesso lasciare la struttura, sia perché non ne avevo fatto richiesta: non ero pronta a assistere al suo funerale.
Leggere mi aiutava a sentirla vicina, inoltre se non avevo mai mollato il mio sogno era grazie a lei.
-Per questa volta passi- riferì lei per poi scrutarmi attenta, la conoscevo bene per capire volesse dirmi qualcosa, la mia Julia. Da quando si era presentata in camera mia, neanche due anni prima, per chiedermi come stavo non ci eravamo più separate. Mi aveva aiutato moltissimo, aveva il compito di essere la mia “coscienza”. Mi era stata accanto anche nel periodo successivo alla separazione da lui, se non fosse stato per lei non ne sarei uscita viva. Non mi aveva abbandonato dopo il concerto, quando la malattia aveva preso il sopravvento e sembrava sarei morta. Invece il mio cuore smise di battere per qualche istante, qualche scossa di defibrillatore e riprese la sua attività. Quattro a zero per me.
Alla fine eravamo uscite insieme dalla “Kölner Klinick”. Dopo quattro anni di lotta contro la leucemia riuscì a sconfiggerla. Definitivamente.
Così come Julia era tornata a mangiare regolarmente, senza preoccuparsi del suo aspetto.
-Cosa vuoi chiedermi Ju?- l’anticipai vedendola in difficoltà.
-Hai intenzione di dare una copia del libro a lui?- domandò con cautela, scrutando ogni mia reazione.
Lui. Dal giugno dell’anno prima il suo nome non era mai stato nominato, sostituito da quella particella che pronunciata faceva meno male.
Lui, colui che era entrato nella mia vita sconvolgendola per uscirne troppo presto.
Lui, colui che in un paio di mesi era entrato nel mio cuore per non uscirci più.
Lui, colui che m’aveva insegnato ad amare e a essere felice nonostante tutto.
Lui, l’innominabile che, nonostante fosse passato più di un anno, non aveva abbandonato i miei pensieri.
Lui, la persona più bella che avessi mai conosciuto.
Lui, che continuavo ad amare.
Non averlo affianco faceva dannatamente male, più cercavo di non pensarci, più il suo volto si presentava nella mia mente portando con sé una marea di ricordi. Da quando aveva oltrepassato i cancelli della clinica per tornare al tour la mia vita era diventata piatta. Era impossibile provare le sensazioni che lui mi faceva sentire, i brividi che solo il suono della sua voce provocava lungo la mia schiena.
Ero guarita, eppure non trovavo il senso a un’esistenza senza la mia superstar. Avrei voluto, avrei potuto cercarlo, il suo numero l’avevo cancellato dalla rubrica, però rimaneva impresso nel mio cervello. Non l’avrei fatto, era troppo egoistico presentarsi da lui dopo un anno: come potevo sapere qualcuna non avesse preso il mio posto nel suo cuore? E se mi avesse dimenticata? Era la cosa migliore, era quello che speravo facesse..
Tutto ciò che me lo ricordava era stato archiviato in una scatola sotto al letto; le foto, i vestiti che m’aveva comprato, i vari oggetti che aveva dimenticato in camera mia; ciò di cui non ero riuscita a sbarazzarmi era la collana con l’anello come ciondolo, con inciso “Heilige Muse”. Era sempre al suo posto, non sarei riuscita a separarmene, anche se forse sarebbe stato meglio.
Il fatto che i Tokio Hotel fossero spariti dalla scene per un po’ m’aveva aiutata, almeno non correvo il rischio di trovarmeli davanti ogni volta accesa la tv. Ora però le registrazioni dell’album erano terminate, e scherzo del destino.. sarebbe uscito in contemporanea al mio libro.
-Uh, ci sei?- mi riportò alla realtà Julia.
-Si scusami, stavo pensando..- a lui, lo capì senza che specificassi; -Comunque.. fatto anche questo. Gliel’avevo promesso-
Tempo prima quando confessai sarebbe uscito sotto “falso nome” mi aveva fatto promettere gli avrei inviato una copia, altrimenti non era sicuro sarebbe riuscito a leggerlo. E io, incantata da quegli occhi da Bambi, non riuscì a fare altro che annuire.
-Come gliel’hai fatto avere?- si agitò, sapevo sperava trovassi il coraggio di portaglielo di persona. Mai.
-Mi aveva lasciato un bigliettino con le indicazioni per farglielo avere. L’ho consegnato a Natalie, la truccatrice.. non credo abbia capito cosa sia, però sono certa glielo farà avere perché prima di trovare lei ho dovuto fare un giro.. sai tutti i controlli di sicurezza, le varie porte.. ti giuro sembrava un labirinto! Comunque una fan che non avesse avuto delle informazioni precise non sarebbe mai riuscita a raggiungerla- le spiegai.
-Ah..- mormorò, -Posso vedere il libro ora?- cambiò argomento velocemente, curiosa.
Non l’aveva mai visto, non sapeva com’era la copertina, non sapeva il titolo. Era un progetto solamente mio, mi aveva visto scriverlo ma non sapeva di cosa trattasse, mistero. Annuì e lo estrassi con calma dalla borsa.
-Ecco BILL- pronunciai l’ultima parola in un sussurro.
-Bill?- mi squadrò interrogativa.
-B.I.L.L- indicai il titolo sulla copertina, -Beh, ich liebe leider- il nome che avevo scelto accuratamente.
Nulla era casuale, né le lettera che formavano il suo nome, né la lunghezza; la formattazione era stata curata da me, così che in totale le pagine risultassero quattrocentoottantatre.
-Sei un piccolo genio- sorrise affettuosamente, concentrandosi sull’immagine di copertina, -Ma questa non è..?- la riconobbe.
Già- assentì, -comunque questa copia è per te, così puoi leggere e darmi un tuo parere-
-Oddio, grazie! Non sai quanto fossi curiosa di sapere ciò che scrivevi!- esclamò, -E non sai la tentazione di frugare nel tuo computer e leggere ciò che avevi buttato giù!- confessò.
-A parte il fatto che è tutto protetto da password- ridacchia di fronte alla sua espressione imbronciata, -Ti avrei spezzato le manine se lo avessi fatto- aggiunsi.
-Ma guarda te che gente!- mugugnò, per poi tornare seria.
-Hai lasciato un recapito sul libro? O una dedica, almeno?- mi fissò circospetta.
-No. Ho solo mantenuto una promessa, nient’altro. Non gliel’ho dato con la speranza tornasse da me, è una persona famosa che vive in un mondo fatto di soldi e ragazze. Mi avrà dimenticata, ne sono certa- ammisi, sentendo il dolore che ogni parola causava al mio cuore.
-Non ti ha dimenticata- esclamò certa e sicura, mentre scuotevo le spalle. Che ne sapeva lei?
-Se non ti ostinassi a tagliarlo fuori dalla vita capiresti che non è così-
-Non lo taglio fuori dalla mia vita!- rimbeccai piccata, -Non puoi escludere qualcuno che non ne fa parte! È passato un anno, io mi sono rifatta una vita e anche lui di sicuro! Ho smesso di pensarci- bugia, grande e grossa bugia. Una volta uscita dalla clinica mi ero buttata a capofitto nel progetto del libro, così da tenere la mente occupata. Ciò che me lo ricordava era stato segregato in un angolo. Non avevo più ascoltato un loro cd, non avevo più preso in mano la moleskine regalo del fratello, né indossato i vestiti. Si vedevano in tv e cambiavo canale, in radio la spegnevo, un giornale lo buttavo.
-Non puoi mentire a me Mel. Soffri, si vede distante un miglio, sai da quando non vedo un tuo sorriso vero? Troppo. E non riesci neanche a pronunciare il suo nome, è sempre lui- mi sgridò severa, non osai replicare, aveva ragione.
-Guarda questa intervista, è fresca di oggi- mi porse un cd che teneva nascosto in mezzo a dei libri, -e ragionaci su-
Mi lasciò così da sola, con in mano quel dischetto, mentre nella mia testa si facevano spazio tante domande e interrogativi.
Conteneva delle risposte quell’oggetto?
Lo inserì.
Play.

* * *

E anche settembre era finito, lasciandosi alle spalle l’estate e il calore. Sarei dovuto essere rilassato dopo la vacanza trascorsa assieme a Tom alle Maldive, invece ero ancora più teso di quando fossi partito.
Era stato un anno duro, il tour estivo per rimediare alle date cancellate a causa dell’operazione alle corde vocali era stato impegnativo, ogni giorno in una città diversa, senza un attimo di pausa. Eppure non mi ero lamentato per gli orari, per le date così vicine, per la stanchezza.
Non ne vedevo motivo, era quello che volevo. Dopo il riposo forzato l’unica cosa che volevo era tornare a cantare e immergermi nuovamente nella frenetica vita da tour, comprese le fughe dalle fan e le alzatacce per interviste e photoshoot. Un altro lato positivo dell’essere così impegnato era il non pensare a lei.
L’ultima volta che la vidi risaliva al giugno 2008, da quando lasciai Colonia non ebbi più sue notizie. Mi ero illuso, speravo in un messaggio, un segno, qualcosa. Era straziante non sapere se stava bene, se fosse ancora viva.
Da allora non aveva mai abbandonato la mia testa, pensavo a lei in ogni dannato istante, rischiavo di impazzire. Con l’andare dei mesi però ho imparato a convivere con la consapevolezza non sarebbe tornata. Eppure.. l’amavo, continuavo ad amarla. Il nostro era un legame troppo forte per essere spezzato così. “Il vero amore dura per sempre, supera ogni ostacolo e tempo. Ci amiamo e niente potrà impedirci di stare assieme, un giorno” Era ciò che le avevo detto prima di partire, allora ne ero convinto ma con il passare del tempo cominciai a dubitarci. La cosa più dolorosa era sapere non sarei più riuscito a innamorarmi di un’altra ragazza, non sarei riuscito ad amare nessuno come lei, e neanche volevo. Avrei aspettato di rivederla.. sempre.
 
“Everybody say that time heals the pain, I’ll be waiting forever.. that day never come”

Le canzoni del nuovo album erano nate grazie a lei, la musa che mi dava ispirazione. Contenevano frasi che magari m’aveva detto, contenevano ciò che provavo per lei.

“Du tust mir gut , Du tust mir weh
Ich bin im Kampf der Liebe“

Il foglio che mi aveva dato una delle prime volte in cui ci eravamo incontrati, come le avevo annunciato, era divenuto una canzone, “lass uns laufen”. Sperai che lo ascoltasse, sperai avrebbe capito il significato della parole aggiunte da me.

“Ich weiss nicht was kommt
Ich weiss nicht was war
Ich weiss nur du bist nicht mehr da“

E poi c’era “Zoom”. La nostra canzone. A suonarla però non era lei, ma Tom.  È stata la canzone più difficile da registrare, la voce tremava però volevo fosse presente a tutti i costi nel cd, era la più significativa per me.

“Bist du irgendwo da draussen
Zu schwach um zu weinen?“

Lei era fuori da qualche parte, qualcosa dentro di me si rifiutava di pensare fosse morta, ero convinto fosse viva. Sicuramente Julia mi avrebbe avvertito in caso contrario, oppure la madre.. avevo ancora i numeri salvati, bastava una chiamata per sapere qualcosa. Mi mancava il coraggio. Avevo paura di sapere le fosse successo qualcosa, paura si fosse rifatta una vita con qualcun altro..

“6 Milliarden Menschen , wie krieg' ich Kontakt zu dir?”

Avevo provato a vedere altre ragazze, più che altro Tom coglieva ogni pretesto per presentarmi a qualcuna. Inutilmente. Potevo vedere tutte quelle che voleva, tanto nel mio cuore rimaneva sempre e solo lei.

“Wie'n Geisterfahrer, such ich dich
Wie'n Geisterfahrer
Um endlich bei dir zu sein„

Era un disco personale, era una confessione. Mi ero messo a nudo, persone esterne non avrebbero capito il significato oltre ogni parole, tutto era polivalente. Era la mia ultima speranza, altrimenti mi sarei dovuto mettere il cuore in pace, una volta per tutte. Dovevo smettere di amarla, impossibile.

“Why do I keep loving you?
It's so automatic”


Scossi la testa furiosamente, capitava spesso mi incantavo pensandola, ora però dovevo lasciare spazio ad altri pensieri per concentrarmi sull’album e sull’intervista che avevamo lì a poco.
-Ehi, sei pronto?- domandò Tom sistemandosi la fascetta che copriva la sua nuova capigliatura.
Album nuovo, stile nuovo, voglia di cambiare, metamorfosi.
Così dopo dieci anni aveva detto addio agli amati biondi dread per lasciare spazio a delle treccine nere e scure, a detta degli altri li donavano un aspetto un po’ inquietante, secondo le ragazze era solamente più figo. Seguì il suo esempio e abbondai la chioma cotonata, sistemando i capelli in sottili dread neri, con qualcuno bianco.
-Sì- annuì, mentre Saki ci scortava nello studio televisivo. Mi era mancato dare interviste, nei mesi precedenti ne avevamo rilasciate poche, sommersi negli studi di registrazione tedeschi e americani.
Ci sedemmo tutti e quattro su un divanetto e venne a presentarsi la giornalista. Chissà perché tutte donne!
-Allora, oggi come annunciato in studio.. i Tokio Hotel! Ci parleranno del loro album, in uscita nel fine settimana- annunciò e il pubblico scoppiò in un sincero applauso.
-Allora, intanto, tutto bene? Com’è ritornare alla vita frenetica?-
Il microfono fu passato direttamente a me, come solito.
-Bello- sorrisi sentendo qualche urlo da parte del pubblico, -In questi mesi abbiamo viaggiato molto, poiché l’album è stato registrato un po’ in Germania ma anche a Los Angeles, perciò non siamo stati tanto fermi, tranne per agosto, siamo andati in vacanza. Nonostante sia faticoso riprendere certi ritmi, è quello che vogliamo fin da piccoli, stiamo vivendo il nostro sogno perciò il “frenetico” non ci spaventa- spiegai.
-Capisco. Ora per quanto riguarda l’album, partiamo dal nome: Humanoid, perché?-
-E’ un termine che viene dal linguaggio fantascientifico, significa “simile all’uomo”. Si pronuncia diversamente nella lingua inglese e tedesca ma si scrive nello stesso modo, e volevo che l’album avesse un solo nome in tutto il mondo-
La scelta del nome giusto aveva richiesto parecchio tempo, alla fine ne avevamo trovato uno adatto.
-L’unica traccia per ora rilasciata in rete è “phantomrider”, intanto vi faccio i complimenti perché la trovo molto bella e dolce, cosa ci dici su questa canzone?- si rivolse direttamente a me stavolta, poiché era scritta da me.
-Sono contenta le piaccia- dissi, -E’ sul come essere vicini a qualcuno che non hai mai incontrato davvero. Vuoi scappare da qualcosa e vuoi che quest’anima gemella/fantasma venga via con te perché è l’unica cosa in cui hai fiducia-
La scrissi giusto un anno prima, pensando a lei, ovviamente.
-In che versioni è disponibile?-
-C’è la versione album classico, sia in inglese che tedesco, poi un “fan pack” e una edizione “deluxe”- rispose Tom.
-Ho sentito dire ci sono molte collaborazioni- affermò, annuimmo.
-Esatto, per esempio The Matrix, Guy Chambers, Red Uno, Desmond Child, e altri-
-Parlaci delle canzoni, il vostro manager mi ha inviato in anteprima il cd- le fan urlarono, invidiose, facendola ridere. Oca.
-Com’è stato il processo di scrittura?-
-Sono state scritte in tempi diversi, alcune addirittura a marzo del 2008, come Humanoid, solitamente appunto pezzi di frase che mi vengono in mente, poi il resto viene da sé, oppure sento gli altri suonare e penso a qualcosa di adatto per quella musica-
Continuò a fare domande, dalle vecchie tournée al rapporto con i fan, la nostra famiglia e gli atti di stalking, finché non arrivò la domanda che mi mise un po’ più in difficoltà..
-Ho notato leggendo le note dei ringraziamenti e co-produzioni, mi scusino le fan per lo spoiler, una cosa.. ossia più volte è presente un nome: Melpomene. Chi è questa persona?- ammiccò come se avesse scovato un gran segreto.
Mi irrigidì, mentre Tom capendo il mio stato d’animo mi prese il microfono di mano.
-Beh, non è propriamente una persona- annuì d’accordo, poteva sembrare una bugia, ma era la verità: non era una “persona”, era la ragazza che amavo.
-Melpomene in mitologia è la musa della musica- spiegai, l’espressione della giornalista cambiò capendo non era riuscita a fare uno scoop, -Ci sono stati dei momenti in cui faticavo a trovare le parole, poi però tutto si è risolto, e mi piace pensare sia grazie a lei- strizzai l’occhio, mentre Tom ridacchiava ,-Questo album è nato grazie a lei- sperai che lei vedesse l’intervista e capisse il significato della frase.
-Va bene!- si capiva che non era soddisfatta, la mia vita privata era blindata.
L’intervista durò un’altra mezz’oretta, fu un sollievo terminare.
-Dio ma quanto parlava quella la!- sbuffò Georg una volta in auto, diretti a casa.
-Più di Bill- intervenne Gustav, -e questo dice tutto- fece la linguaccia.
-Non fai ridere- lo rimbeccai.
-E la domanda su Mel.. poteva risparmiarla- esclamò contrito mio fratello, facendomi sorridere. Sapeva era un argomento delicato per me.
-Già, però avevo messo in conto avrebbero potuto chiedere qualcosa, in effetti è un nome nuovo e mai comparso nei versi cd- scossi le spalle, fingendo indifferenza. Per quanto scomoda fosse la domanda, dava la possibilità a lei di capire che non era stata dimenticata. Per nulla.
-Inutile che fai l’indifferente, ti sei irrigidito subito non appena l’ha nominata, poi vedi che è lei, non hai più detto il suo nome.
Abbassai lo sguardo, colpito in pieno dalla sua – seppur debole – accusa. Non risposi, infilai le cuffiette e feci partire la musica per abbassare il volume dei pensieri. 

Rientrando nell’appartamento notai la presenza di un pacco regalo poggiato sopra la cassetta della porta, con sopra un biglietto.

“Non so cosa sia, l’ha portato una ragazza stasera e sembrava piuttosto.. nervosa.
Ho pensato di portartelo subito, mi sembrava importante! (: Baci, Nat”

Mi recai velocemente in camera, sedendomi sul letto con l’oggetto fra le mani.  Il pensiero fosse da parte sua mi attraversò la mente, poi mi diedi del pazzo, non poteva essere.
Scartai con lentezza la confezione, osservando basito il contenuto.
Un libro.
Era stato incartato in modo che, una volta tolto l’involucro, la parte visibile fosse il retro e non la copertina. Non casuale.
Dietro era stampato un pezzo di dialogo, estratto dalla storia, lessi.

-Cosa vorresti fare prima di morire?- Mi domandò William, sorridendo.
-Vivere- risposi stoicamente, dando una scrollata alle spalle.
-Sam! Hai quasi diciotto anni, possibile tu non abbia dei sogni?- mi fissò sbalordito.
-No, è troppo complicato; implicherebbe aver un’idea sul futuro, delle certezze che mi mancano,
e la speranza si possano realizzare- Al momento non avevo nessun motivo per mettermi a fantasticare.
-Tu pensi troppo- sentenziò, -Poi una certezza comunque ce l’hai- mi abbracciò ancora più forte.
-Quale?- chiesi scettica.
-Io ci sono, puoi contare su di me. Ti amo, lo sai. tu, ami?- mi parlò come se fossi una bambina.
-Beh, io amo, purtroppo- sospirai perdendomi in quegli occhi nocciola che m’avevano fatto innamorare.
-Allora, per quanto tu possa essere cocciuta, voglio stare con te. È semplice-
Will vedeva tutto positivamente, affrontava la vita con il sorriso. Mi chiedevo perché si era intestardito con me,
ragazza problematica, abbandonata dal padre e con una madre assente, brillante ma con cattivo rendimento a scuola
grazie alle assenze dovute al fatto che, la mattina, dopo aver passato la sera fuori a recuperare qualche dose non riuscivo
ad alzarmi per andare a lezione. Per lui era tutto semplice, credeva di potermi salvare dall’abisso attorno a me?
Tanto facile che un mese dopo mi lasciò.

Fissai la trama per qualche momento, per quanto mascherata non potei non scorgere chiari riferimenti alla nostra storia, avevo paura di aprire e cominciare a sfogliare le pagine, c’era sicuramente tanto di noi in quel libro..
Aprì l’ultima pagina per vedere la biografia dell’autore, sperando di trovare una foto o, per lo meno, qualche altra informazione. Ciò che trovai fu, invece, l’immagine di una moleskine e una stilografica – non potevo sapere fossero quelle regalatole da Tom – e una frase: “Un autore lo si conosce meglio leggendo ciò che scrive che qualche data della sua vita e le scuole frequentate – Mel Heiligen”
Scossi la testa, dovevo immaginare una cosa del genere. Poi inevitabilmente sorrisi notando il cognome.
Sotto quella specie di “biografia” c’erano i ringraziamenti.

Beh, ich liebe leider o – più semplicemente – B.I.L.L. è il frutto
di anni di frasi scritte sul mio quaderno, poi messe insieme. Queste quattrocentoottantatre pagine sono intrise di me e,
se non fosse stato per la mia famiglia e la mia migliore amica, mai avrei trovato coraggio per pubblicarlo.
Se è fra le vostre mani, è merito loro.
Poi c’è un'altra persona che ha contribuito alla nascita di questo libro..
Lo dedico a te,
Grazie, Superstar.


Ero rimasto bloccato di fronte alla prima e ultime frasi. Aveva chiamato il suo romanzo in modo che, abbreviato, risultasse “Bill”, sicuramente non era una scelta casuale.
Superstar, mi aveva dedicato il suo libro. A me.
Mi tremavano le mani dall’emozione per la scoperta: no, non mi aveva dimenticato.
Girai il libro fra le mani e non riuscì a trattenere le lacrime di fronte alla copertina. Mi riportò al pomeriggio di un anno e mezzo prima, al parchetto di Berlino, quando avevo insistito per fare tante foto in posa. L’immagine stampata era dell’unico scatto uscito per errore, le nostre mani intrecciate e i corpi vicini, si intravedeva la scritta sulla maglia “Muse of the dark angel”.
Il mio corpo era scosso dai singhiozzi, mi venne in mente la sua frase “Gli angeli non piangono”.
Eppure non riuscivo a fermarmi, non capivo come mi sentivo: triste, sollevato, felice?
Dovevo fare qualcosa, al diavolo tutti i pensieri e preoccupazioni, avevo bisogno di vederla, di sentirla. Magari non avrebbe voluto rivedermi, magari aveva iniziato a vedersi con qualcun altro.. neanche sapevo dov’era, era guarita? Si era trasferita?
Chiamai l’unica persona che poteva rispondere alle mie domande.
Julia.

* * *

Ero raggomitolata sul divano, il cuore che batteva all’impazzata dopo aver visto l’intervista e la testa piena di domande.
Secondo Julia avrebbe dovuto darmi delle rispose, invece i punti interrogativi nella mia testa erano  aumentati. Bill mi aveva messo nei ringraziamenti, lo stesso avevo fatto io. Sapevo cosa servisse per chiarire la situazione: il cd.
I testi li scriveva Bill, basandosi su quello che vedeva e su quello che provava, ascoltarli significava immedesimarsi in lui. 
L’album sarebbe uscito cinque giorni dopo, mentre il libro era già fra le sue mani.
Chissà cosa aveva pensato appena aperto l’involucro,  chissà cosa pensava. Chissà..
-Mel!- un urlo mi fece sobbalzare e mi tirai su, costando solo in quel momento d’essermi addormentata sul divano.
-Cosa urli?!- farfugliai indispettita.
-Ti sto chiamando da cinque minuti- spiegò, -Io esco, devo fare una cosa urgente. Sai che è mezzogiorno? Ha chiamato l’editore, ha detto d’aver anticipato l’uscita del libro- mi informò.
-Cosa? Come? Perché?- mi animai.
-Cioè, mi sono spiegata male- ridacchiò, -Ha detto che siccome sono già pronte parecchie copie le metterà in vendita sulla libreria, mh non mi ricordo il nome, quella famosa poco lontana dal centro, ecco e tu devi essere là per autografare-
Per quanto l’idea potesse avermi sconvolto, ero felice uscisse prima, non vedevo l’ora. Il mio debutto.
-Quindi stasera dalle sette in libreria- aggiunse.
-Okay.. stasera dalle.. COSA, STASERA?- realizzai.
-Già- rise alla mia reazione, -Quindi alle cinque preparati lavata, sarà il mio compito renderti presentabile- fece l’occhiolino prima di sparire.
Alla fine avevamo realizzato i nostri progetti entrambe: io avevo scritto un libro e lei era divenuta la mia stylist.
-Stasera… stasera.. stasera!- ripetevo in agitazione. Non avevo nulla da fare e scelsi perciò di fare le pulizie, almeno passavo il tempo e mi rilassavo.
L’appartamento che condividevamo era grande e spazioso, tre camere da lette, un piccolo studio, due bagni e una lavanderia, salotto e cucina, perciò impiegai gran parte del pomeriggio impegnata a spolverare e spazzare. Alle quattro mi fiondai in doccia e quando uscì Julia era di fronte a me con un sorriso furbo e vagamente preoccupante, armata di phon, vestiti e trucchi.
-Dai, siediti- mi ordinò per iniziare ad asciugarmi i capelli. La osservai attentamente.
-Come mai hai quelle occhiaie?- chiesi.
-Colpa tua. Ho passato la notte a leggere il tuo dannato libro!-
-E..?- ero curiosa di sapere cosa ne pensava.
-Lo sai che non amo leggere, però.. non so cosa dirti. È fantastico. Mi sono trovata quasi innamorata di Will, ti rendi conto? Hai un modo di descriverlo che ti catapulta nelle situazioni, mi sono sentita Samantha, ho sofferto quando soffriva e sorridevo quando era felice, ti rendi conto? Ho sempre saputo fossi brava.. ma non così!- agitava le mani, mentre io spalancavo la bocca. –E poi,- non mi lasciò il tempo di rispondere, -Ho capito tante cose di te grazie a questa storia. Hai raccontato bene la situazione fra te e lui, invertendo i ruoli.. sono sicura che, se l’ha letto.. e credimi, l’ha letto- disse con un tono strano, -Farà di tutto per tornare con te. E lo stesso farai tu,  quando avrai ascoltato il cd-
-Non so cosa dirti.. io.. grazie- sorrisi commossa dalle sue parole, -per il resto non so, devo smettere di pensare tornerà da me.. piuttosto, dove sei stata oggi? Non ti sei fatta viva per tutto il giorno- le domandai, vedendola distogliere lo sguardo.
-Avevo delle cose da fare- rispose vaga, -aspetta- sparì per tornare due minuti dopo assieme alla radio.
-Perché hai preso la radio?- non capivo cosa le passava per la testa. Mi zittì per inserire un disco, probabilmente masterizzato.
-Ora io ti sistemo trucco&parrucco e tu ascolti senza fiatare- mi impose, annuì confusa.
Prette play, il rumore del phon fu sovrastato da un suono più dolce ma a me sconosciuto.
Appena alla melodia si aggiunse la voce capì di cosa si trattava. 
Humanoid, l’album dei Tokio Hotel. Fui percorsa da brividi. 

“Der Regen ist laut
Da draußen und hier drinnen ist es grau..“

Spalancai la bocca riconoscendo “Lass uns laufen”, il mio pezzo di “poesia” trasformato da lui in canzone. Il suo tono era così dolce e elegante, sembrava volesse accarezzarmi. Riaffioravano emozioni sepolte da troppo tempo. Dopo il concerto avevo chiuso con i Tokio Hotel e la loro musica. Per il mio bene.
-Aspetta, prima di truccarti è meglio metta la traccia sei- disse Julia appena la canzone terminò. Non capivo il perché, ci arrivai appena iniziò.
Se mi avesse truccata in quel momento il trucco si sarebbe rovinato a causa delle lacrime: era la nostra canzone.

“Bist du irgendwo da draußen
Alleine mit dir
Hast du irgendwo verlaufen
Und weißt nicht wofür“

Stringevo i denti e respiravo lentamente, ciò non impedì alle lacrime di fermarsi e uscire copiose dai miei occhi.
Mi tornò in mente la notte in cui la sentì per la prima volta e la suonai seduta al suo fianco. La nostra notte.
Il cuore seguiva il ritmo del pianoforte, lo sentivo battere chiaramente, come un martello.
Finita la canzone mi asciugai il viso, a ogni nota capivo che era inutile tentare di nascondere e sopprimere ciò che provavo, era troppo forte. 
Stare lontani ci distruggeva, era tempo di sistemare i nostri pezzi insieme, perché, come aveva detto lui, eravamo una cosa sola come lo yin e lo yang. Traccia dopo traccia capì inoltre un’altra cosa: non mi aveva dimenticata. Mi amava.
Sorrisi.

-Finito!- esclamò Julia, -indossa questi- mi porse gli abiti.
-Prima voglio sapere come hai avuto il cd, non è ancora in commercio- la bloccai, mi nascondeva qualcosa.
-Ho i miei fornitori- rise, -Dai vestiti sennò arriviamo in ritardo!-
Indossai tutto velocemente, osservandomi allo specchio a partire dal basso: stivaletti con tacco, jeans a sigaretti neri e stretti, camicia scozzese. Passai al viso, occhi azzurri con eyeliner e ombretto grigio perlato, lucidalabbra sulla bocca e guance rese rosata dalla cipria. I capelli erano stati accuratamente piastrati che arrivavano poco sopra le spalle. Li accarezzai, ancora non mi ero riabituata a sentirli lunghi, a poterli pettinare.
Distolsi l’immagine soddisfatta: ero bella.

Raggiungemmo la libreria puntuali alle sette ed entrammo dal retro, c’era già un piccolo gruppo di persone ferme davanti all’entrata.
-Vai, buona serata! Io torno a casa, poi mi racconti tutto- mi disse Julia, sottolineando l’ultima parola in modo sospetto. Era dal pomeriggio che si comportava in modo strano, come se sapesse qualcosa di importante.
-Okay..- mormorai poco convinta, andandomi a sedere alla scrivania con sopra una pila di “BILL”.
Il proprietario andò ad aprire la porta e la stanza di riempì di persone che vennero a prendere il libro, salutare e far firmare le copie.Mi sentivo emozionata ed eccitata, quella gente era lì per me, andate a casa avrebbero iniziato a leggere quella storia che mi rispecchiava, avrei messo la mia anima a nudo.
Andai avanti per un’ora poi la stanza si svuotò. Chiusi gli occhi e mi rilassai chiudendo gli occhi per un momento, credendo di essere sola.
Udì un sospiro e li riaprì di scatto, notando solo in quel momento qualcuno poggiato a uno scaffale, poco lontano da me.
Lo osservai curiosa, non riuscivo a vedere bene perché era nella penombra, alla fine la curiosità vinse e mi avvicinai.
La figura era alta e parecchio magra, volevo vedere il volto ma non ci riuscì finché non piegò la testa in alto, togliendo il cappuccio della felpa che indossava.
Mi immobilizzai, non credendo a ciò che vedevo.
Lunghi capelli neri racchiusi in sottili dread, trucco bistrato, piercing sul sopracciglio, occhi nocciola.
Dopo un anno e mezzo era lì, davanti a me.
Il respiro si fece affannato, il battito cardiaco frenetico.
Le mani tremavano.
Fremetti quando piantò il suo sguardo sul mio. Brividi.
Capì che ogni sforzo fatto per dimenticarlo si era dimostrato inutile e che, potevo continuarne a fare, tanto non sarebbe cambiato nulla.
Il mio cuore non avrebbe mai battuto così forte per un’altra persona, perché apparteneva a Bill, era fatto per battere in sincrono con il suo.
Non sapevo cosa dire, la gola mi s’era seccata. Il cervello staccato. Gli elefanti nello stomaco rinati.
I nostri occhi erano impegnati in una conversazione silenziosa. Non erano necessarie parole per esprimere ciò che pensavamo.
-Sei cambiato-
-Anche tu-
-Sei bello-
-Ti sei vista? Sei perfetta-
-Grazie-
-Mi sei mancata-
-Anche tu, tanto..-
-Non ti ho dimenticata, mai-
-Neppure io-
-Il titolo del libro..- sussurrò piano, per non spezzare l’atmosfera che s’era creata. Pelle d’oca alla sua voce.
-Sì.. Beh, ich liebe leider- pronunciai lentamente, assuefatta dalla sua presenza.
-Ich liebe auch, leider- mormorò avvicinandosi a me, -dich Melpomene.-

“Ci sono sei miliardi di persone al mondo. Siamo esseri umani, nati per amare e essere amati.
Non è nel nostro destino stare soli, da qualche parte c’è la nostra anima gemella, colei che ci completa e,
nonostante i difetti, ci trova perfetti. Unici.
Il vero amore esiste, basta cercarlo. Una volta trovato, se è destino, durerà.
Ci possono essere tutte le complicazioni di questo mondo, litigi, motivi per non stare assieme,
chilometri di distanza, separazioni forzate, decisioni prese sbagliate.
La forza di due amanti sconfigge qualsiasi cosa, nulla è impossibile o troppo difficile di fronte all’amore.
E io lo so bene, ho combattuto con una vita da sempre troppo ingiusta – stronza per essere sinceri.
Alla fine, ho vinto.”

Una confessione, una carezza incerta, cuori impazziti, due anime che si ritrovavano, labbra che si sfiorano. Amore.
-Ti amo anche io, superstar-

“I nostri pezzi sono stati sistemati, insieme.
Ci apparteniamo, per sempre da ora.”

Fine.


* * *

Non so cosa dire, non so da come cominciare, non so come finire. Ho scritto questa storia un'estate di qualche anno fa, nel 2011. L'avevo finita in pochissimo tempo, ho cominciato a pubblicarla.. ma poi ho abbandonato il mondo delle fanfiction e della scrittura. Come mai ho finito di pubblicarla solo ora, nel 2017? Beh, la verità è che odio le storie non concluse e non potevo accettare di lasciarla "in corso", soprattutto perché la storia l'ho finita tutta da tempo. Non l'ho mai ricontrollata, perché non riesco a rileggere ciò che scrivo, è più forte di me. Non mi ricordo neanche tanto bene come si svolgeva la fanfiction, sono vergognosa; mi scuso perciò per gli errori che sicuramente ci sono e per possibili incongruenze nella trama (non mi ricordavo neanche come si facesse a creare la formattazione dei capitoli, pensate un po'! Ho dovuto recuperare il vecchio computer per usare il programma Nvu.....). Però ricordo di averci messo il cuore e, per questo, meritava di essere pubblicata per intero. Anche per rispetto vostro, se c'è ancora qualcuno che legge le storie in questa sezione. E' passato così tanto tempo.. sono cresciuta e sarete cresciuti anche voi. Vi racconto un po' di me, anche se non penso interessi a nessuno. Sono al terzo anno di lingue, fra poco la laurea. Ho passato il primo semestre dell'ultimo anno in Erasmus in Germania e, che dire? Devo ringraziare i Tokio Hotel per avermi fatto amare il tedesco. Loro non li seguo più assiduamente, ma rappresentano e rappresenteranno sempre una parte importante di me.. e penso sia così per tutti i fans.
Ringrazio tutti quelli che hanno seguito questa storia e mi scuso ancora con voi per averla lasciata in sospeso così a lungo. Vi mando un bacio.

La vostra Anna











 

   
 
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