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Autore: emme30    18/04/2017    5 recensioni
[Jean/Marco] [Modern!AU]
Il ragazzo dell'interno 12 sbatte le palpebre all’espressione di Jean, chiaramente confuso.
“Ciao? Posso aiutarti?”
Ciao, scusami se ti disturbo! Mi chiamo Jean e sono l’inquilino del piano di sotto. Sto cucinando e mi sono reso conto di non aver più zucchero e farina. Ne avresti da prestarmi? è quello che dovrebbe dire.
Ciao, mi chiamo Jean! Credi nell’amore a prima vista o devo ripassare più tardi? è quello che il suo cervello gli sta suggerendo di dirgli.
“Ma tu non sei la signora Gilda,” è quello che dice effettivamente.
“No?” Il ragazzo gli sorride, quasi imbarazzato. “La signora Gilda non è più qui.”
“Oh cielo, è morta?” Jean non si rende neanche conto di quello che dice, il filtro cervello/bocca ormai disintegrato da tempo.
Il tipo dell’interno 12 lo fissa e probabilmente si sta chiedendo se abbia qualche deficit mentale.
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jean Kirshtein, Marco Bodt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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L'Inquilino dell'Interno 12



Dall’alto dei suoi ventitré anni, Jean Kirschtein si ritiene una persona dai gusti molto semplici.

Poche sono le cose che adora con ogni fibra del proprio corpo, tra cui baciare ragazzi alti, mori e magari dai tratti un po’ esotici, la pizza al salame piccante e cucinare dolci il sabato mattina.

Jean frequenta la facoltà di legge, vive da solo in un piccolo appartamento in periferia e non ha il pollice verde, nonostante ogni paio di mesi provi a far prosperare una qualche misera piantina che si obbliga ad acquistare per darsi più responsabilità.

Jean è estremamente abitudinario. Il martedì e il giovedì sera gli piace andare ad aiutare la coppia di vecchiettini che gestisce il cinema di quartiere dietro casa sua. Il lunedì mattina fa colazione con cappuccino e muffin al cioccolato al bar della stazione prima di andare in facoltà, perchè è inizio settimana e ha bisogno di una motivazione per uscire dal letto. La domenica è giornata di pulizie, lavatrici e grande spesa in previsione dei sette giorni successivi. Il mercoledì a pranzo si ferma sempre a mangiare sushi nel ristorante che fa all you can eat a prezzo fisso dietro la facoltà con i suoi amici, mangiando a più non posso e non avendo mai la forza di rotolare alle lezioni pomeridiane.

Poi c’è il suo preferito, il sabato mattina.

Di solito si sveglia presto, apre a caso uno dei tanti libri di ricette che possiede e decide davanti a una tazzona di caffelatte quale dolce cucinare quel giorno. C’è stato un periodo in cui i suoi amici lo prendevano in giro per questa sua passione, ma poi hanno smesso quando Jean ha cominciato a viziarli con torte, muffin, brownies e biscotti. Non se li meritano, eppure Jean glieli prepara lo stesso perchè, in realtà, è un gran tenerone e, quando li insulta, non è serio. La maggior parte delle volte, almeno.

Apre gli occhi e si stiracchia tra le coperte, cercando con la mano il cellulare per spegnere la sveglia e mettendosi a sedere. Nonostante sia uno dei pochi giorni in cui può dormire fino a tardi, a Jean non dispiace svegliarsi presto il sabato; così, almeno, può godersi appieno la giornata che ha davanti.

Si trascina in cucina strascicando pesantemente i piedi e infilandosi una vecchia felpa che utilizza per stare in casa, accendendo in automatico la macchinetta del caffè e tirando fuori il latte dal frigo.

Ha grandi piani per la mattinata, visto che sa giá a cosa dedicherà il suo sabato.

Eren ha compiuto gli anni qualche giorno prima e, dato che ha intenzione di festeggiare con tutti i loro amici proprio quella sera, ha preteso una delle sue torte.

Jean ha acconsentito a due sole condizioni: che Eren declamasse ad alta voce per almeno una ventina di minuti i suoi insuperabili dolci nel ben mezzo del loro pranzo a base di sushi del mercoledì e che fosse Jean a scegliere cosa cucinare.

Eren voleva qualcosa di estremamente cioccolatoso, ma, alla fine, Jean ha optato per una crostata di frutta di stagione con la crema pasticcera; ragion per cui ha un intero ripiano del frigo ricoperto di fragole profumatissime pronte per essere tagliate.

Finisce la colazione nella tranquillità del suo piccolo appartamento, lasciando che il caffelatte si raffreddi per rispondere alla chat di gruppo in cui Eren prova a fargli confessare quale dolce ha intenzione di preparargli. Jean ridacchia tra sé e sé e lo insulta molto velatamente, sentendosi estremamente rilassato e in pace con il mondo.

Un’ora dopo, è pronto per cominciare a cucinare. Si tira su le maniche della felpa e inizia ad aprire gli sportelli per tirare fuori il necessario per fare la pasta frolla.

Non ha bisogno di libri o altro, perchè per quel composto usa sempre la ricetta di sua nonna, la “3-2-1”, come la chiamava lei: tre etti di farina, due di burro e uno di zucchero.

Prende il panetto di burro che ha lasciato sul microonde a intiepidirsi e tira fuori i barattoli dello zucchero e delle farina dal mobile, rendendosi conto di quanto siano stranamente leggeri. Li apre con fare sospetto e fa un verso lamentoso. Entrambi sono quasi completamente vuoti.

Considera per un attimo l’idea di andare al supermercato e reperire lì gli ingredienti che gli servono, ma ci rinuncia nel momento esatto in cui si rende conto che per farlo dovrebbe dare un senso al nido di rondini che ha in testa, togliersi il pigiama e infilarsi qualcosa di decente. No, non se ne parla! Il sabato mattina è fatto per stare in casa, con l’odore di dolce nelle narici e le mani a impastare.

Sospira sconsolato, ma poi si ricorda improvvisamente della signora Gilda del piano superiore, un’amorevole anziana un po’ dura d’orecchi la quale, più di una volta, è andata in suo soccorso quando aveva terminato questo o quello. E’ da un po’ che non la vede con le borse della spesa in giro, ma dipenderà dal fatto che ultimamente è spesso in università la mattina.

Esce di casa e fa a quattro a quattro i gradini per arrivare al piano superiore, senza preoccuparsi minimamente di sistemarsi i capelli o togliersi il pigiama che spunta da sotto la felpa.

Quando suona il campanello, però, nota che non c’è scritto alcun cognome sotto l’interno 12; anzi, sembra proprio che qualcuno abbia grattato via l’etichetta di carta che c’era prima.

Non ha il tempo materiale di farsi altre domande perchè la porta si apre e si ritrova davanti un ragazzo alto, coi capelli scuri e un mare di lentiggini a coprirgli il volto.

Ci mette una manciata di secondi a rendersi conto che questo sconosciuto:

a) non è la signora Gilda;

b) è davvero un bellissimo ragazzo;

c) è decisamente il suo tipo.

Invece di comportarsi come un normalissimo essere umano, e quindi sorridere, presentarsi e scoprire se può avere una chance, ricorre alla “tecnica della faccia da pesce bollito”, con la bocca leggermente socchiusa e gli occhi spalancati.

Sì, perché Jean sbarella per i ragazzi alti e coi capelli scuri, ma c’è anche da dire che purtroppo è un impiastro quando si tratta di doverci avere qualcosa a che fare. Secondo i suoi amici, il modo giusto per definirlo è “inspiegabilmente imbranato” e, nonostante provi sempre a smentirli, si trova a dover dare loro ragione nel momento esatto in cui vuole provarci seriamente con il belloccio di turno che gli fa venire le farfalle nello stomaco.

Ed ecco spiegato perché sia ancora single e abbia passato l’ultimo minuto a fissare in silenzio lo sconosciuto che gli ha aperto l’uscio di casa.

Il ragazzo sbatte le palpebre all’espressione di Jean, chiaramente confuso.

“Ciao? Posso aiutarti?”

Ciao, scusami se ti disturbo! Mi chiamo Jean e sono l’inquilino del piano di sotto. Sto cucinando e mi sono reso conto di non aver più zucchero e farina. Ne avresti da prestarmi? è quello che dovrebbe dire.

Ciao, mi chiamo Jean! Credi nell’amore a prima vista o devo ripassare più tardi? è quello che il suo cervello gli sta suggerendo di dirgli.

“Ma tu non sei la signora Gilda,” è quello che dice effettivamente.

“No?” Il ragazzo gli sorride, quasi imbarazzato. “La signora Gilda non è più qui.”

“Oh cielo, è morta?” Jean non si rende neanche conto di quello che dice, il filtro cervello/bocca ormai disintegrato da tempo.

Il tipo dell’interno 12 lo fissa e probabilmente si sta chiedendo se abbia qualche deficit mentale. “No, si è trasferita in una casa di riposo e mi ha… affittato la casa. Ho traslocato il mese scorso,” le labbra del ragazzo si distendono in un altro sorriso, e poi inclina la testa di lato. “La conoscevi? Devi contattarla? Dovrei avere il suo numero da qualche parte.”

Jean aggrotta le sopracciglia e si domanda perchè il tipo abbia dato per scontato che voglia chiamarla, per poi rendersi conto che non si è presentato e non ha chiarito il motivo per cui ha suonato il campanello di casa sua alle dieci di sabato mattina. Un vero e proprio disastro ambulante.

“No, scusa! Non mi serve la signora Gilda, mi basti tu!”

Si rende conto troppo tardi di quello che ha detto, ma il ragazzo sull’uscio, invece di guardarlo come se fosse pazzo, si mette a ridere divertito.

“Ok? Come posso esserti utile? Sei uno di quelli che vendono porta a porta?”

“Cos-no! No, sono il tuo vicino!” spiega immediatamente, cercando di rendere la situazione meno imbarazzante. “Beh, in realtà... sono quello del piano di sotto, interno 10. Mi chiamo Jean!”

Quando gli sorride, Jean si premura di pizzicarsi un polso dietro la schiena per assicurarsi che non sia un sogno e quello schianto di ragazzo sia davvero davanti a lui.

“Piacere Jean dell’interno 10, io sono Marco dell’interno 12,” e gli mostra un sorriso splendente. “E, chiaramente, non sono la signora Gilda.”

Jean ride e dice addio definitivamente alla sua dignità; quel tipo sarà la sua morte. Non solo è affascinante, ma ha pure un bellissimo nome, è alla mano e non sembra per nulla stranito dalla mancanza di tatto di Jean o dalla sua imbranataggine.

“Sì, scusa, mi hai colto di sorpresa! Pensavo di ritrovarmi davanti una vecchina mezza sorda e invece mi apri la porta tu… ci ho messo un attimo per riprendermi.”

Sì, cosa dicevamo del filtro cervello/bocca? Inesistente. Già.

Jean si rende conto di quello che ha detto nel momento esatto in cui vede Marco arrossire.

“Sei uno che dice tutto quello che gli passa per la testa, vedo.”

Jean scuote la testa e si porta una mano tra i capelli. “Sì, scusa… ti prego, ignorami.”

“E perchè mai dovrei farlo? Sei simpatico.”

Adesso è il turno di Jean di arrossire, ma il tepore che colora le sue guance non va troppo lontano, dato che il suo sempre presente pessimismo fa capolino dietro al sorriso di Marco e gli ricorda di non fasciarsi la testa prima di romperla. In fondo, non è mica detto che lo splendore che ha davanti sia gay o interessato a un impiastro come lui.

“Ad ogni modo... cosa posso fare per te, Jean dell’interno 10?”

E’ in quel momento che Jean si rende conto che è la terza volta che Marco gli pone quella questione nell’ultimo minuto e mezzo. Santo cielo, perché è così imbranato?

“Mi chiedevo se avessi dello zucchero e della farina! Scusa, avrei dovuto dirlo subito. La signora Gilda me li prestava quando li finivo e non riuscivo ad andare al supermercato… speravo li avessi in casa, visto che vado domani a fare la spesa.”

Marco si illumina a quella richiesta e si sposta dalla porta. “Certo! Accomodati pure, te li porto.”

Jean lo ringrazia con un cenno del capo ed entra nel piccolo salottino che è esattamente uguale al suo fatta eccezione per il mobilio, alcuni vasi di piante vicino alla finestra e un grosso gatto acciambellato sul divano. E con grosso intende dire enorme.

Jean si avvicina titubante, senza volerlo far scappare, ma il micio non si sposta di un millimetro. Lo guarda fisso e tira indietro le orecchie quando il ragazzo fa scorrere le dita sulla sua testa e comincia ad accarezzarlo.

Poco dopo, Marco torna con due pacchi tra le mani e ridacchia quando lo vede seduto sul divano, con il gatto acciambellato sulle gambe che si gode le coccole e fa le fusa.

Jean alza le spalle, quasi come a scusarsi. “Non so come sia successo! Mi sono avvicinato per accarezzarlo e poi… me lo sono ritrovato in braccio!”

“Il solito ruffiano.”

“No, ma che ruffiano... è bellissimo ed è così morbido,” Jean lo gratta sotto il mento. “Sembra una mortadella.”

Marco ride di cuore. “Questa ancora non l’avevo sentita.”

“Piuttosto... scusami! Non volevo allargarmi troppo, è colpa del tuo gatto che è troppo invitante.”

Il sorriso non lascia le labbra di Marco. “Non preoccuparti, è sempre così. Ormai è troppo grasso per scappare o saltare da qualche parte, quindi ha deciso di cambiare gioco e lasciare che la gente lo coccoli.”

“Mica scemo.”

Marco gli si siede accanto e passa anche lui una mano sul pelo dell’animale, sfiorando le dita di Jean. “Affatto,” mormora, alzando la testa e cercando i suoi occhi.

Jean deglutisce e sente una strana tensione nell’aria tra di loro. Di solito, i bei ragazzi lo guardano come se avesse la peste, non gli sorridono mica in quel modo!

Lo sguardo gli cade sui pacchetti di zucchero e farina che Marco ha in grembo. “Oh, ti ringrazio,” dice riconoscente. “Mi salvi la vita, non ce la potevo fare ad andare al supermercato. Domani te li faccio riavere.”

“Nessun problema,” risponde lui. “A cosa ti servono?”

“Beh, per cucinare.”

“Ma non mi dire.”

Jean ride e si porta una mano ad arruffarsi i capelli. “Ti ho già detto di ignorarmi, vero?”

“Sì, ma non credo che lo farò... sei troppo buffo.”

“Comunque...” mentre coccola il gatto, Jean abbassa gli occhi. “Devo preparare la torta di compleanno per un mio amico. Stasera festeggia e mi occupo io del dolce.”

Marco sembra piacevolmente sorpreso dalla cosa. “Sai cucinare?”

“Sì,” Jean gonfia il petto tutto soddisfatto. “I dolci, in particolar modo, mi riescono molto bene.”

Nonostante non abbia detto nulla di eccezionale alla fin fine, gli occhi di Marco lo squadrano meravigliati. “E quale dolce volevi preparare con lo zucchero e la farina che non avevi?”

“Una crostata di fragole… sai, visto che è stagione.”

Jean quasi non ci crede quando Marco spalanca le palpebre e lo guarda adorante. E’ così vicino che Jean riesce a sentire il calore del suo corpo contro il fianco.

“Oh, io adoro le torte con la frutta.”

“Davvero? Sono anche le mie preferite!”

Jean si accorge che lui e Marco si stanno fissando nel momento esatto in cui il gatto-mortadella che ha in grembo scende dalle sue gambe e si stiracchia. Di nuovo, percepisce quella strana tensione che ha sentito prima e si alza, non sapendo bene cosa fare, come comportarsi e, soprattutto, come interpretare tutto ciò.

“Beh, ti ringrazio per… lo zucchero e la farina, sei stato davvero molto gentile,” si avvia alla porta e accetta i pacchetti che gli porge Marco. “Dovessi aver bisogno di qualcosa, io sono… beh, mi trovi all’interno 10.”

Marco annuisce e forse Jean sta prendendo un granchio, ma gli sembra un poco deluso. Ed ecco che arriva una di quelle occasioni che ringrazia di non avere il filtro bocca/cervello.

“Magari, per sdebitarmi... potrei prepararti una crostata alla frutta? Se ti fa piacere, ovviamente.”

A quelle parole, il volto del ragazzo si illumina come un albero di Natale. “Mi piacerebbe molto,” gli dice, mordendosi il labbro e aprendogli l’uscio. “Quando vuoi!”

Jean gli sorride di rimando, incredulo. “Mi ha fatto piacere conoscerti, Marco dell’interno 12.”

“Anche a me, Jean dell’interno 10.”

Si guardano per qualche attimo prima che Marco distolga lo sguardo, imbarazzato. “Forse non te lo dovrei dire, ma…” Jean lo guarda curioso e constata che è bello pure quando è rosso in faccia e le lentiggini che ha sul naso spariscono. “Trovo che gli uomini in grado di cucinare abbiano… una marcia in più, ecco.”

Oh. Okay. Jean non è neanche abituato a queste cose. Di solito, è lui quello che ci prova molto malamente e con frasi dirette che non portano mai a nulla! Che si fa quando si è l’oggetto delle attenzioni di un tipo così affascinante? Come si risponde a una cosa simile?

“Ah,” è tutto quello che riesce a dire mentre diventa paonazzo. “Bene. Lo… terrò a mente.”

Marco torna a sorridergli, insicuro e un po’ rosso in volto. “Okay, ci vediamo allora.”

Jean annuisce e si volta verso le scale, il cuore che gli batte a mille nel petto e la sensazione di stare camminando sulle nuvole. Un ghigno soddisfatto gli compare sulle labbra quando sente la porta di casa di Marco chiudersi.

Poi entra nel suo appartamento, passa davanti allo specchio dell’ingresso e guarda il proprio riflesso: capelli disordinati, felpa sformata e un po’ sporca e pigiame a righe.

Impreca ad alta voce nel momento in cui si rende conto che ha parlato, riso e flirtato con Marco in quelle condizioni, con la faccia ancora piena di sonno e i vestiti stropicciati.

Arriverà un giorno in cui Jean non sarà così pasticcione, ma di sicuro non è questo.

 

*

 

Il sabato mattina successivo, Jean si sveglia ancora prima del solito. Si lava, si veste e si mette ai fornelli per cucinare il suo solito dolce, anche se questa settimana c’è qualcosa di diverso. Almeno, così è come la vede lui.

Qualche ora più tardi, suona all’interno 12 con le mani intente a sorreggere una profumatissima crostata di fragole, un grandissimo sorriso in volto e vestito in modo presentabile.

Quando Marco gli apre la porta, Jean non riesce a non ridacchiare al suo sguardo stupito e pieno di venerazione.

“Ciao, sono Jean dell’interno 10 e volevo darti il benvenuto nel condominio. Dimmi un po’, ti piacciono mica le torte di frutta?”

A quelle parole, Marco scoppia a ridere di cuore e Jean sente il suo fare una capriola nel petto.

“Jean, tu sei… Non so davvero cosa dire.”

“Io te la butto lì, eh...” Jean si morde il labbro, provando ad essere il più simpatico possibile. “Potresti assaggiare la mia torta e dirmi quanto ti piace?”

Marco si sposta per farlo entrare. “Credo proprio che lo farò,” mormora. “E non solo la torta.”

Jean deglutisce e lo fissa negli occhi. “Non vedo l’ora.”

L’uscio dell’appartamento Marco si chiude e nelle ore successive Jean trova un ulteriore motivo per amare il sabato mattina.
 
Cosa sarà successo dietro la porta dell'interno 12? Solo il gatto-mortadella di Marco ne è a conoscenza uwu Che, per inciso, è ispirato al MIO MERAVIGLIOSO gatto-mortadella ♥
Grazie per aver letto ♥

Beta reading: Ilaria
   
 
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