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Autore: _Akimi    20/04/2017    1 recensioni
[1982 - Abbandono di Topper]
Topper è seduto sul divano, lo sguardo puntato verso il soffitto e le gambe appoggiate al bracciolo rovinato; è passata almeno una mezz'ora da quando è entrato nell'appartamento e non ha detto nulla.
Mick lo guarda e sa che sta pensando, o almeno, crede che lo stia facendo; lo vede preoccupato, ma è inutile cercare di capire che cosa lo stia tenendo in quello stato di attesa.
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Joe Strummer, Mick Jones, Nick 'Topper' Headon, Paul Simonon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Febbraio 1982, Sidney

L'hotel è a pochi metri da loro, camminano verso di esso trascinando i bagagli e, rimanendo in silenzio, occupano la hall come se non vedessero una sala d'aspetto da anni.
Paul abbandona la sua valigia in mezzo alla stanza e mentre tutti la schivano con attenzione, arriva Mick che si fa strada con un calcio, incurante nel vedere il bassista borbottare innervosito.
Joe se ne sta buono, accasciandosi su una delle poltrone in pelle per gli ospiti: ha lo sguardo rivolto verso un punto indefinito dell'albergo e con la mente pensa ad altri posti, ad altre situazioni.
Si accorge di essersi distratto solo quando Topper appare nel suo campo visivo; non sono vicini, ma riconosce il sorriso imbarazzato sul volto del batterista e non può fare a meno che ricambiare timidamente.

Non sa più cosa fare per Nick, lo vede ogni giorno ed ogni fottuto giorno ignora lo stato di decadenza in cui si trova l'amico.
È vero, sono colleghi, ma Joe non è quel genere di persona che preferisce dividere la vita privata da quella pubblica, o almeno, non quando essere musicista comprende dover condividere anni della propria esistenza con altre persone.
Con Paul, tutto sommato, non ha mai avuto aspri litigi: i due passano dal discutere di musica all'ignorarsi completamente, ma rispetto all'indifferenza generale che aleggia nel gruppo nell'ultimo periodo non può certo lamentarsi di lui in particolare.
Con Nick è diverso, non tanto per le loro personalità differenti o per i pochi anni che li dividono; Nick si sta perdendo e Joe, pur predicando bonariamente di essere contro le droghe pesanti, non sa più come comportarsi davanti alla crescente dipendenza da eroina di Topper.
Non vuole vederlo consumarsi lentamente, ma come può dirgli di smetterla quando, in un modo piuttosto palese, nessuno del gruppo o dell'entourage sembra fregarsene?
E poi c'è Mick, oh, Mick: alle volte si chiede cosa l'abbia convinto a formare un gruppo con lui, ma poi si ricorda che ufficiosamente è Jones a comandare, alle volte con infantilità, piuttosto che per uno spiccato senso di leadership.

«No, io non ci voglio stare sullo stesso piano dove sta lui.»
I pensieri di Strummer vengono interrotti dal chitarrista che, non molto velatamente, ha cominciato ad inscenare un dramma degno di Shakespeare.
«Mi dispiace, amico.»
Topper gli risponde con calma, non pare neppure offeso e, in effetti, è risaputo che trova divertente fare arrabbiare l'altro e quello non è di certo il loro primo litigio.
«Nemmeno io ci vorrei stare sul mio stesso piano.»
Il batterista parla flebilmente, ma tutti riescono a sentirlo; sono parole forti, le sue, eppure le pronuncia con uno dei suoi soliti sorrisi dipinto sul volto e nessuno dà particolare attenzione a ciò che ha appena detto.
Nel frattempo, il suo sguardo si allontana dalla figura di Mick e così se ne sta fermo, rivolto verso l'uscita come se fosse indeciso sul da farsi; sembra voler evadere da lì, ma il suo corpo non ne vuole sapere di muoversi, neppure di un singolo passo.
Joe non interviene subito, non per disinteresse, ma perché pensa che entrambi siano abbastanza adulti per vedersela da soli: Mick spesso si comporta da ragazzino viziato mentre Topper, beh, Topper non è più tra loro con la testa.

«Mettimi sull'altro piano, non mi interessa chi c'è.»
Il receptionist non sa come comportarsi: da una parte gli accompagnatori del gruppo gli fanno cenno di non assecondarlo, ma dall'altra, una pretenziosa rockstar continua a ripetere di voler stare il più lontano possibile dal batterista – il che non è un comportamento piuttosto usuale in una band.
«Senti Mick, non è che ci devi dormire assieme, prenditi la tua maledetta chiave e non rompere il cazzo a quel poveretto che sta facendo il suo lavoro.»
Joe si alza pigramente dalla poltrona, si avvicina alla scena del crimine con cautela e sospira, come se si stesse preparando all'ennesima sfuriata da parte del compagno.
Non riesce proprio a capirlo: è ovvio che un Nick vittima della droga non è piacevole per nessuno, ma non è un anonimo tossico che li vuole disturbare, è il loro fottuto batterista!
Diventa così una questione di principio molto in fretta, lo sanno tutti che è lo stesso Mick a concedersi qualche sniffata di cocaina ogni tanto e nessuno lo ha mai rimproverato per questo; Joe ha iniziato l'anno senza toccare neppure un fottuto spinello, dettaglio che può sembrare del tutto banale nella situazione in cui si trovano, ma forse ha sperato vanamente di essere un buon esempio per Topper.
«Fanculo, non venirmi a fare la morale adesso! Se non hai problemi a starci, allora prendila tu, quella cazzo di chiave.»
Un senso di rabbia improvvisa riscalda il volto di Mick, quasi si dimentica di essere in un luogo pubblico e persino della stanchezza che, data l'ora, rende più silenzioso il resto della compagnia.
Per lunghi attimi nessuno fiata: Paul è scomparso già da un paio di minuti, Nick è collassato sulla stessa poltrona in cui prima si trovava Joe e quest'ultimo, per nulla toccato dall'ira del chitarrista, cerca di comportarsi da adulto per il bene di tutti.
«Grande amico che sei Michael Jones, un amico di merda.»
Lo esclama appoggiandosi sul bancone della reception; non è arrabbiato, forse un po' deluso, ma conosce Mick e sa che tra pochi giorni tutti si saranno dimenticati di quella sera.
«Nick.»
Fischia per richiamare il batterista ormai abbandonato a sé stesso e quest'ultimo si alza lentamente: non pensa a nulla, non si sente in colpa nell'essere stato testimone del litigio tra i due, neppure se n'è reso conto, a dire il vero.
«Buonanotte.»
Topper lo bisbiglia passando accanto a Mick e i due, assieme a Joe, sperano silenziosamente che tutto possa tornare come prima.
 
* * *
 
1982, Londra

È un venerdì pomeriggio uggioso – il che non stupisce nessuno nel gruppo perché nel Regno Unito piove spesso, ma l'aria che si respira nell'appartamento di Paul è diversa da solito.
Normalmente l'odore di erba riempirebbe il salone – direbbe ridendo il bassista -, ma in questo caso neppure un buon spinello potrebbe nascondere l'evidente tensione che percorre i tre musicisti.
Mick se ne sta fermo in un angolo, sono le ossa a tremargli, il freddo penetra oltre i suoi abiti e si lascia attraversare da continui brividi che lo inquietano.
Alle volte sa di non prestare troppo attenzione agli altri, ma anche il peggiore degli stupidi si accorgerebbe che qualcosa non va.
Ha quasi timore ad interrompere il silenzio che si è creato tra di loro e per un attimo – un disperato attimo – si limita ad osservare la schiena di Paul, intento a preparare un tè nella sua cucina.
Topper è seduto sul divano, lo sguardo puntato verso il soffitto e le gambe appoggiate al bracciolo rovinato; è passata almeno una mezz'ora da quando è entrato nell'appartamento e non ha detto nulla.
Mick lo guarda e sa che sta pensando, o almeno, crede che lo stia facendo; lo vede preoccupato, ma è inutile cercare di capire che cosa lo stia tenendo in quello stato di attesa.
Si sente afflitto, Jones, non sa perché, ma ha la sensazione di aver raggiunto un'altra tappa importante della sua vita e che non rivedrà Nick per molto tempo.

«Joe arriverà tra poco, altrimenti dovrà bersi il té freddo.»
Paul rientra in sala con quattro tazze fumanti e chiede gentilmente a Topper di fargli spazio sul divano, sedendosi poco dopo con fare tranquillo.
Sì, pare tranquillo, Simonon, ma lui lo è sempre, anche se può non sembrare; riesce a mantenere la calma durante un clima tempestoso come quello e Mick si sente obbligato ad invidiarlo un po', sebbene si renda conto che la situazione in cui si trovano non è poi così diversa.
Sanno solo che è stato Joe a convocarli lì, è il loro punto di ritrovo quando non sono in studio a registrare, ma ormai il loro nuovo album è praticamente finito e devono solo aspettare di pubblicarlo.
Poi ricomincerà tutto da capo: ripartiranno per un tour nella speranza di potersi di nuovo affermare anche negli Stati Uniti, non solo per chi il punk lo ha nel sangue, ma magari anche per i curiosi che troveranno il loro nome stampato su qualche rivista musicale.
Combat Rock è un titolo importante, è un pezzo della loro storia che racconta più del dovuto; è un pezzo difficile – come suggeriscono le parole – perché, anche se non ancora consapevoli, sarà l'ultimo disco in cui i Clash si presenteranno tutti assieme.

Il silenzio continua, si è fatto più pesante e nessuno dei tre è deciso a spezzarlo; passano lunghi attimi prima che Paul si decida di aprir bocca, ma non appena la prima sillaba abbandona le sue labbra, Joe piomba nel suo salone e l'aria si fa ancora più elettrica.
Non è la stessa atmosfera che li circonda durante i live, quando si sentono percorrere dall'adrenalina e dall'eccitazione, no, questa volta sono stanchi, stanchi di sopportare – non capiscono cosa – e di continuare sperando sempre in qualcosa di meglio.
«Ciao.»
Joe pare sfinito, ma questo non lo rende diverso dal solito Joe; saluta, fissa tutti negli occhi e gli bastano pochi secondi per capire che nessuno dei tre vuole aspettare.
Devono sapere che cosa sta succedendo perché, sopratutto nell'ultimo periodo, le cose si sono fatte troppo complicate per loro e ci sono così tanti problemi che sarebbe inutile indovinare quale tra quelli è il primo ad essere risolto.
«Sentite, ho parlato con Bernie ed è deciso. È inutile rimuginarci troppo.»
Paul e Mick capiscono, azzardano solamente a guardarsi tra loro e l'unico a rimanerne confuso è Topper; il batterista non sa a che cosa stanno pensando, non lo immagina neppure lontanamente ed è proprio la sua cecità ad avere obbligato gli altri ad una decisione così drastica.
«Sei licenziato, Nick.»
Joe è ancora sulla porta quando lo dice, si mostra distaccato, ma dentro di lui ci sono così tante voci che gli suggeriscono cose differenti: non sa che cosa cambierà nella loro carriera, non sa che fine farà Nick, ma è una decisione finale e non può essere ritrattata.

In quel momento tutto pare rallentare, Topper si alza di scatto – non è mai stato così veloce in vita sua – e li guarda tutti, tutti e tre allo stesso modo; si sente tradito, ma una parte remota di lui sa di meritarselo perché non ha fatto altro che essere un peso per la band negli ultimi mesi.
Paul distoglie lo sguardo, gira il cucchiaio nella sua tazza come se il suo mondo si limitasse al riflesso di sé che ha davanti agli occhi.
Joe, invece, non allontana le iridi scure dal batterista, è quasi una sfida – la sua – perché non si aspetta supporto da parte degli altri e deve far capire a Topper che non c'è più una via del ritorno.
«State scherzando!»
Nick rimane in piedi, non è al centro della stanza, ma gli sembra di essersi ritrovato su un patibolo all'improvviso e i suoi amici lo guardano morire in modo arrendevole.
Eppure, è proprio in quel momento che sente il mondo crollargli addosso: si volta e guarda Mick, lo stesso Mick Jones con cui ha litigato tanto, ma evidentemente non abbastanza da odiarsi.
Mick sta piangendo, piange come farebbe una rock-star del suo calibro, ma sono delle lacrime vere quelle che solcano le sue guance e Topper copia i suoi atteggiamenti senza neppure rendersene conto.

Piangono entrambi adesso, e probabilmente è la prima volta che si sentono così vicini; Mick cerca di trattenersi, quasi ci riesce, ma Topper non pensa che ci sia qualcos'altro al di fuori dei Clash – per lui – dopo quel momento.
«Nick, hai bisogna di una pausa. Puoi ritornare da noi appena le cose si sistemano.»
Ora Joe appare più umano, abbandona la sfrontatezza che è solito caratterizzarlo durante le interviste e gli spettacoli; guarda l'amico senza nascondere nulla perché quella, in effetti, è la verità.
Bernie Rhodes vede più agli affari, lo sanno bene i ragazzi, ma Joe già non riesce a perdonarselo e avrebbe voluto una soluzione differente.
«Ma abbiamo appena finito di registrare e poi dobbiamo ripartire, pensavo che-»
Paul alza lo sguardo e basta un breve cenno da parte sua per interrompere l'altro; i Clash il tour lo faranno, promuoveranno Combat Rock, ma senza di lui.
Non sono contenti di questa scelta, nessuno dei tre lo è, ma non possono portarsi dietro un batterista che non sa prendersi cura di sé stesso; accettano una vita sregolata, condividono gli eccessi, ma la droga ha reso Topper una persona diversa e il gruppo ne è vittima ormai da un anno.
«Nick, ascolta Joe. So che può sembrare ipocrita da parte mia, ma-»
Jones si è asciugato il viso, ma ha il volto pallido e non può nascondere il senso di tristezza che lentamente lo assale; il suo sesto senso gli dice che quello non è altro che l'inizio, che probabilmente non basterà sostituire Topper perché la band gli deve molto e non saranno più gli stessi senza di lui.
«La finite così, quindi?»
Nick li osserva tutti, da Paul a Joe, li osserva nella speranza di mettere in dubbio la loro decisione, ancora non può credere di essere liquidato in quel modo, ma la verità è – come molte altre volte – annacquata da tutte le volte in cui ha preferito cedere all'eroina, fuggendo dalla vita che si era creato insieme agli altri.
«La finiamo così, mi dispiace.»
Joe parla per tutti e il breve silenzio che ricade tra di loro è utile solo per fare allontanare Topper ancora di più; quest'ultimo si rimette la sua giacca di pelle, apre la porta e prima di uscire si volta di nuovo a guardarli.
Non dice nulla, vorrebbe pregarli di farlo restare, ma non servirebbe a nessuna delle due parti.
Così abbandona l'edificio dimenticandosi del familiare percorso che lo ha portato spesso lì, alla finestra dalla quale si può vedere ancora Mick immobile e si abbandona al nulla più assoluto.

«Fanculo.»
Dice Michael Jones, anche se osservarlo camminare sulla strada non lo aiuta a sentirsi meglio.
«Fanculo a tutto, davvero.»
Mick imparerà a dirlo di nuovo l'anno successivo quando, proprio come Headon, anche lui comprenderà che cosa significa essere cacciato dalla propria band.

 
  
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