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Autore: Smaragdine_99    20/04/2017    0 recensioni
La speranza, nel cuore di una sorella, è sempre l'ultima ad andarsene nonostante le controversie. Ma può, questa speranza, diventare nociva? Lasciarti impazzire invece che aiutarti a superare ciò che sembrava impensabile?
(...)Io aspetto ancora(...)
Genere: Malinconico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1° Giorno
Hanno ritrovata morta mia sorella.
A dire il vero semi-morta
I medici parlavano di una piccola percentuale di ripresa delle funzioni vitali.
Mi hanno detto che non posso vederla, che non posso avvicinarmi, rischierei di impazzire o di non sopportare il duro colpo. Chiunque mi dice di non sperarci, che ormai è troppo tardi, e le possibilità troppo basse.
Ma come posso io cominciare a pensare alla morte di mia sorella come ad una cosa concreta se non riesco neanche a guardarmi allo specchio senza pensarla? Lei si riprenderà.
Io sono sicura che lo farà, l'ho vista combattere troppe volte per pensare che non lo faccia.
Ho sempre visto nei suoi occhi, chiari più dei miei, la mia roccia in mezzo alla tempesta, l'ancora a cui mi sono sempre aggrappata quando il mare si era fatto troppo agitato per percorrerlo.

2° Giorno
Mi sono sistemata di fronte la porta della sua stanza, a gambe incrociate tengo la schiena appoggiata alla porta per poter stare comoda. Non so quante ore siano passate da quando mi sono seduta qui la prima volta, non mi accorgo dello scorrere del tempo mentre penso. Nella mia mente ricostruisco la dinamica dell'incidente che ha portato mia sorella su quel letto di ospedale.
Un ragazzo ubriaco per le bravate del sabato sera, lei che invece non beveva stava percorrendo la strada al limite di velocità consentito. Poi una curva.
Lui andava troppo veloce, non è riuscito a tenere la macchina sulla corsia e ha sbandando, prendendo in pieno il lato del guidatore. Attorno a me riesco quasi a sentire lo stridio delle ruote sull'asfalto, vedo i segni neri sul grigio scuro, vedo il sangue che le cola dalla sua fronte, le ferite che si aprono e inizio a piangere, stretta con la fronte contro le ginocchia.
Mi chiedo distrattamente come si possa non stare attenti mentre si guida, come si possa bere e poi mettersi in circolazione senza pensare all'incolumità delle altre persone, senza pensare che qualcuno potrebbe farsi molto male per colpa tua, della tua negligenza e della tua stupidaggine.
Vorrei urlare, prendere a calci qualsiasi cosa, gridare che non era quella la cosa da fare.
Spiegare al mondo come ci si dovrebbe comportare prima di immettersi in strada e soprattutto dirgli che la vita di una persona è più importante di due cocktail ad un bancone.
Non faccio niente di tutto questo, rimango seduta di fronte alla sua porta, piangendo in silenzio, trattenendo i singhiozzi per evitare di farsi sentire dagli altri abitanti della casa, aspettando che mia sorella torni.

4° Giorno
Nonostante la consapevolezza dell'odio di mia sorella verso chi ficca il naso nella roba altrui sono entrata nella sua stanza e ho preso qualcuno dei suoi oggetti per spostarli nella mia, per averla più vicina.
Spero che magari, una volta tornata, decida di restare in stanza con me almeno per qualche tempo, per colmare la lontananza di questi ultimi giorni.
Ho sentito mia madre piangere poco fa, diceva che non c'era più niente da fare, che ormai il suo cervello non risponde più agli impulsi che le mandano, che è meglio spegnere ogni macchinario e smettere di guardare quella sofferenza.
Anche mio padre piangeva.
Si stringevano e piangevano, senza neanche rendermi partecipe della loro decisione, forse non vogliono farlo sul serio.
Magari stanno parlando per la tristezza ma non lo faranno, non possono, non dopo che hanno detto che ci potevano essere possibilità di ripresa.
Non possono uccidere la loro figlia, andrebbe contro natura, sarebbe una cosa illogica, senza senso!
Mi guardo intorno nella mia stanza, vedo i suoi oggetti e sorrido.
Oggi indosso una delle magliette che mi ha prestato, sento sul colletto si sente ancora il profumo primaverile ai fiori che lei usava mettere e sento quasi di averla vicina.
Potrei allungare una mano e, vedere nel riflesso pallido della luce pomeridiana, la sua che intreccia le mie dita e la stringe, infondendomi il suo calore.
Non lo faranno sul serio, lo sanno che lei può ancora vivere, lo sanno che io per continuare a vivere ho bisogno di lei.

10° Giorno
Ho finito ogni lacrima che avevo a disposizione.
Pochi giorni fa i miei genitori hanno fatto i funerali per la loro figlia, ma io mi sono rifiutata di partecipare ai funerali di una persona ancora viva.
Perché stanno fingendo che sia morta?
Perché non vogliono farmela vedere. Che cosa ho fatto per ricevere questa terribile punizione di solitudine?
Mi siedo sul letto e mi stringo in me stessa, sotto le coperte, guardando le serrande chiuse della mia stanza, desiderando solo il buio intorno a me, unico consolatore, unica espressione dei miei sentimenti.
Lei sta dormendo, lei è ancora viva, e se fosse sveglia si sarebbe ribellata, non gli avrebbe permesso di farmi così tanto male allontanandoci.
Lei non avrebbe mai accettato una cosa così crudele nei miei confronti, perché lei mi voleva bene più di qualsiasi altro membro della famiglia.
Non riesco più a mangiare se non una volta al giorno, mia madre prova ad entrare in stanza ma io la ignoro.
La stessa cosa vale per mio padre.
Quando inondano il mio piccolo universo con la luce del corridoio non li guardo neanche, se diventano insistenti li butto fuori, dicendogli che non dovevano neanche permettersi di parlarmi dopo quello che mi stavano facendo, dopo la tortura che mi stavano infliggendo, atroce e meschina!
Nascondermi la mia stessa sorella.
Mi passo le mani sul viso e mi asciugo lacrime invisibili dagli occhi, sperando che questo esile gesto illuda il mio corpo che io stia piangendo, sciogliendo questo nodo in gola che ormai non mi abbandona.

12° Giorno
Vorrei di nuovo entrare nella sua stanza ma so che lei si arrabbierebbe tantissimo se lo rifacessi, ho già preso abbastanza la volta scorsa. I miei genitori mi credono pazza, hanno provato a fare anche venire una psicologa o cosa so io per risolvere questo mio "distacco dalla realtà delle cose", tentano di convincermi che il problema sia la mia psiche e non loro che mi stanno uccidendo.
A parte questi piccoli episodi però passo tutto il giorno da sola, parlo rarissime volte con gli amici ed esco dalla mia stanza soltanto quando sono sicura che entrambi i vecchi se ne siano andati a lavorare, lasciando la casa tutta per me.
Ieri e oggi però mi è capitato di sentire, mentre nessuno oltre me fosse in casa, dei passi leggeri nel corridoio: lo percorrevano da cima a fondo e poi si fermavano alla porta della stanza di mia sorella, tornando indietro subito dopo.
Gli stessi passi di mia sorella, a volte vedo anche l'ombra dei piedi sotto la mia porta.
Ma perché non entra se è già sveglia?
Perché non mi cerca o non mi parla?
Che le abbiano detto che impazzita e per questo non vuole più rivolgermi la parola?
Ho paura ad aprire la porta quando vedo quelle ombre però, dentro di me sento quasi come se la loro presenza fosse sbagliata, come se ci fosse qualcun altro di indesiderato o qualcosa che io non posso comprendere.
Mi limito ad attendere che passino, che se ne vadano e che il rumore scompaia per lasciare spazio ancora una volta al silenzio caotico della mia testa.

15° Giorno
Aspetto ancora.
Oggi ho deciso di rimettermi seduta di fronte la porta della sua stanza, così se dovessi ancora sentire quei passi sul linoleum potrei alzare lo sguardo e guardare semplicemente la persona che ho di fronte.
Volevano farmi alzare dopo appena tre ore che ero seduta lì di fronte e li ho mandati via, dando anche un morso a mio padre quando mi ha strattonata per un braccio, cercando di farmi alzare e lasciandomi un brutto livido sul braccio.
Non riesco a guardarli, neanche quando esagerano.
Sento gli occhi pesanti e stanchi, come se anche loro avessero perso tutta la vitalità precedente.
Non vogliono più vedere, curiosare, scoprire.
Semplicemente rimangono a guardare un punto fisso del muro che si trasforma in vuoto e poi in un flusso di pensieri che poi non riesco neanche a ricordare.
Passa un'altra ora, il buio comincia a calare, ma di quelle ombre ancora niente, di quei passi neanche l'eco.
Forse mi sono sbagliata, forse è così tanto il desiderio di rivederla che immagino che lei torni a casa, pensando al giorno in cui lo farà sul serio, ne sono sicura.
Adesso qualche lacrima di tanto in tanto sgorga dai miei occhi, quando penso a questo rapporto che è stato distrutto prima da un incidente e poi da chi ci aveva insegnato a preservarlo.
Mi sento tradita, delusa, offesa.
Non volevo arrivare al punto di non fidarmi più di chi mi aveva dato la vita.
Senza neanche rendermene conto sono abbracciata a me stessa e inizio a dondolare, poggiando la schiena a battiti regolari contro il legno della sua porta.
Io aspetto.

20°Giorno 
Nonostante mi fossi ripromessa di non farlo sono ancora una volta entrata nella sua stanza.
L'unico posto in cui posso stare al sicuro, tutto qui dentro odora di lei, dalle pareti alle lenzuola ma, soprattutto, qui i miei genitori non hanno il coraggio di entrare.
Forse per i sensi di colpa o forse perché non sopporterebbero l'idea di sentire il suo profumo senza farla tornare a casa.
In questi giorni mi è venuto uno strano pensiero in mente: e se lei fosse ancora viva ma non volesse più vedermi perché io non sono andata a trovarla?
Se le avessero detto che io non volevo vederla, anche se io non ho fatto niente di male?
Non è colpa mia, sorella, spero tu riesca a capirlo, in qualsiasi posto ti abbiano costretta a restare per dividerci, che non sono io che non voglio venire da te ma non vogliono farci vedere.
Che pensiero buffo vero?
Quasi non credo al fatto che venga da me stessa, che stupida!
So di non averle fatto niente e lei lo sa, lo sa!
Non riuscirebbe mai a pensare che sono io quella che non vuole avere contatti con lei, è consapevole del fatto che io per lei ci vivo.
E che per lei sarei disposta a morire, a costo di vederla un ultima volta.
Ma io non demordo, io non posso demordere, devo tenere duro e dimostrare di avere ragione.
Attendo, incessantemente, ancora.

25° Giorno
La notte è calata sul mondo, sono nel suo letto, aspetto che il sonno mi prenda abbracciata ad un cuscino.
Morfeo però non mi grazia della sua canzone e io rimango sveglia a fissare le sagome degli oggetti in questa stanza.
Sono ritornati i passi, questa volta più pesanti dei giorni precedenti in cui li ho sentiti.
Lei deve essere tornata a casa, me lo sento, ogni volta che vedo quelle due piccole ombre di fronte alle fessure della porta sento il vento spingere il profumo di gelsomini fino a me, lo inspiro e sento che tutto va bene.
Anche se non la sto fisicamente toccando, anche se non la vedo del tutto, so che è lì e la cosa mi rilassa.
Non so perché non entri, forse non vuole disturbarmi, forse pensa che io sia arrabbiata con lei perché non si è fatta sentire o vedere per tutto questo tempo, cedendo ai piani di mamma e papà.
Oh, sorella cara, ti giuro che io non sono arrabbiata con te!
Entra ti prego, entra e raccontami di tutto quello che hai sognato mentre eri in ospedale, dimmi quanto ti sono mancata, ripetimi che mi vuoi bene e che niente può separarci come una volta.
Ma lei non lo fa, rimane qualche minuto di fronte alla porta, immobile, come se la stesse guardando e studiando i dettagli prima di andarsene di nuovo, lasciando il vuoto dentro di me.
Magari si aspetta che sia io ad uscire, magari pensa che io dorma e non vuole disturbarmi non sentendo alcun segno da parte mia.
Ma io ho paura ad uscire, non ho le forze per farlo.
Perdona la mia debolezza.
Perdona questa tua sorella così fragile.
Io aspetto ancora di vederti.

27° Giorno
I passi si fanno ogni giorno più nitidi, più vicini a me.
Ieri addirittura li ho sentiti mentre mamma e papà erano al piano di sotto, ma non parlano mai con lei, perché la ignorano?
Perché non sento mai la sua voce penetrare dalle pareti?
Non riesce più a parlare, magari ha perso la voce durante l'incidente.
Ho perso ogni appetito, mangio solamente una volta al giorno.
Quest'attesa mi sta indebolendo, mi rende ogni giorno più stanca, distrutta.
Vedo di nuovo qualcuno di fronte alla porta, con grande sforzo mi alzo dal letto e vado a sedermi alla porta, poggiando una mano sul legno.
Lo sento freddo al tatto, come il mio stato d'animo ormai che non avevo più nessuno con cui condividere nulla.
Neanche un sogno e, forse, neanche un piccolo barlume di speranza.
Forse questa volta sentirà il mio respiro attraverso la porta ed entrerà per abbracciarmi, perché avrà capito che sono sveglia, che la stavo aspettando.
Magari finalmente riuscirò ad abbracciarla, a dirle che la perdono, a chiedere se lei riesce a perdonarmi e faremo pace, e dormiremo insieme e ci vestiremo tutte di rosa come quando eravamo bambine e profumavano di gelati e caramelle alla vaniglia, innocenti come solo i bambini sanno essere.
Per un attimo ho l'impressione che la maniglia si abbassi, poi quella figura si allontana.
Vorrei aprire la porta, fermarla, tirarla e dirle di entrare ma non ho le forze per farlo, alzarsi in piedi è un problema e mi trascino, strisciando con fatica, verso il letto.
Mi aggrappo alle sbarre della testata per salirci sopra e mi copro ancora una volta il corpo smagrito, notando con gli occhi sgranati che si vedevano le costole attraverso il lenzuolo giallo.
Una volta rivista mia sorella avrei ritrovato l'appetito.
Riabbraccio il suo cuscino e chiudo gli occhi, sogno di aspettarla così come faccio quando sono sveglia.

30° Giorno
Nonostante sia giorno vedo buio, ho le palpebre pesanti.
I miei occhi non ne vogliono sapere di aprirsi.
Nelle mie orecchie traspaiono dei suoni, delle voci, ma non riesco a riconoscerle, non riesco più a capire di chi o di che cosa si tratti. Sto forse aspettando qualcosa?
Non lo so, sento un materasso sotto di me, comodo, e nonostante la testa mi giri riesco a percepire attorno a me un sentore di vaniglia e gelsomino.
Un profumo dolce che sembra cullarmi, portandomi verso il sonno.
Non ricordo come sono arrivata contro il muro, seduta a gambe incrociate, con il viso rivolto verso la porta.
Forse mi ci sono sistemata io durante la notte.
Apro per un attimo le palpebre, giusto il tempo di guardare le mie mani ossee, le dita erano quasi diventati artigli per via di tutta la pelle che se ne era andata, e quasi sparivano nella penombra della stanza.
Mi portai una mano davanti al viso per guardarla meglio, non la riconoscevo, sembrava quella di un mostro, una persona che non avevo mai visto.
Ormai anche la mia mente mi faceva scherzi, non solo le persone che amavo, tutti sembravano andare contro di me.
Richiusi gli occhi per riposare le mie iridi già stanche di vedere il mondo esterno, non ne facevo più parte e non avevo più intenzione di farne, mi avevano già fatto troppo male durante queste ultime settimane.
O anni.
Non riesco a capire quanto tempo sia passato dall'ultima volta che ho visto mia sorella, la parte più bella di me.
Sorrido, nonostante credo che sul viso smorto questo sembri quasi un ghigno, ricordando come correvamo sui prati, tenendoci per mano, andando incontro alla vita come due guerriere che non si sarebbero mai separate.
Nel buio della mia mente poi la scena cambia, vedo aprirsi la porta, la sento anche.
Di fronte a me sono sicura si sia aperta.
Lancio un ultimo sguardo alla stanza, tutto silenzioso.
Ricado nel buio.
Ed è lì, tra le ombre, che vedo la mano di mia sorella tendersi per prendere la mia, sento il respiro alleggerirsi e il cuore smettere di battere.
Ma non sono mai stata meglio prima di allora, una luce ci invade mentre ci abbracciamo e la quiete si impossessa di noi, in quella stretta.
Mi addormento, in un sonno eterno e profondo.
Finalmente non devo più aspettare.

  
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