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Autore: Sylvia Naberrie    22/04/2017    2 recensioni
Ursa è una giovane ragazza del villaggio di Hir'a, facente parte della Nazione del Fuoco. Nonostante le sue illustri origini, Ursa è una ragazza semplice come tante altre. Desidera sposarsi con Ikem, il suo promesso sposo, e vivere una vita felice e serena con la sua famiglia nel suo amato villaggio.
Ma i suoi sogni verranno brutalmente distrutti.
Il Re del Fuoco Azulon, per assicurare alla sua famiglia una discendenza potente e forte, vuole che Ursa, nipote dell'Avatar Roku, sposi il principe cadetto Ozai.
Ursa non può sottrarsi a quel destino crudele, altrimenti tutta la sua famiglia e l'intero villaggio ne risentiranno.
Costretta a sposare un uomo che non ama e ad abbandonare i suoi cari, Ursa dovrà farsi forza e cercare di sopravvivere nella reggia reale dove verrà travolta dagli intrighi della sua ormai nuova famiglia.
Quale sarà il destino della Principessa Fenice che, come il mitico uccello, muore e risorge dalle proprie ceneri?
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Azula, Ikem, Ozai, Ursa, Zuko
Note: Missing Moments, Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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The-Phoenix-Princess-Il-destino-di-una-principessa




The Phoenix Princess
Il destino di una principessa







ATTO I: HIR’A



Far from the mountains and the seas
Back in her harms he swears he’ll be
[…]
As sure as the rivers reach the sea
Back in his harms is where she’ll be

Over the hills and far away…


[from “Over the hills and far away” – Nightwish]




Ursa si aggrappò con forza al ramo dell’albero dove si era arrampicata. Lei e gli altri suoi coetanei stavano giocando a nascondino, vicino la piazza principale di Hira’a, la sua isola natia. Erano tutti bambini di sei e sette anni.
In quel momento stava facendo la conta Ikem, un amico della bambina. Quando sentì che ebbe finito di contare, Ursa ebbe un brivido di eccitazione e cercò di nascondersi nel fogliame.
Fortunatamente, la sua corporatura esile e snella le permetteva di arrampicarsi sugli alberi senza difficoltà.
Ursa vide Ikem avvicinarsi al suo nascondiglio. Nell’eccitazione si lasciò sfuggire un sospiro quando lo sguardo del bambino superò il suo nascondiglio. Purtroppo quel sospiro fu udito anche da Ikem, che subito corse verso l’albero e alzando gli occhi scorse la bambina.
“Ursa, ti ho trovato, hai perso!”, gridò Ikem ridendo trionfante.
“Uffa, ero ben nascosta!”, si lamentò Ursa. Ikem ridacchiò.
Lentamente Ursa cercò di scendere dall’albero, ma ben presto si accorse di esserne incapace. Anche Ikem se ne accorse e la guardava preoccupato.
“Ursa, stai attenta!”, gridò il bambino muovendosi agitato.
Ursa gridò di paura quando la sua mano sinistra scivolò dal ramo, mentre l’altra cercava di rimanere salda al ramo.
“Ursa!”
La bambina perse la presa e gridò mentre cadeva. Ikem si posizionò in modo da afferrarla ma probabilmente fece male i calcoli perché un piede della bambina lo colpì sullo stomaco, facendolo cadere a terra insieme alla piccola Ursa. Ikem si raggomitolò in posizione fetale, tenendosi la pancia con le mani mentre Ursa si rialzava dolorante.
“Ikem, scusami! Scusami tantissimo, non volevo farti male!”, supplicò la piccola con le lacrime agli occhi. Ikem si rialzò, sempre tenendosi la pancia e sorrise debolmente.
“Tranquilla, Ursa. Non è niente. Dai, torniamo dagli altri”
E, prendendo l’amica per mano, andarono a cercare il resto della comitiva.


“Sai, Tyron mi ha chiesto di andare al festival con lui”
Ikem corrugò la fronte.
“Ah sì?”, chiese, cercando di risultare indifferente.
“Sì, mi ha chiesto se fossi stata già invitata da te, gli ho risposto di no e mi ha invitata”, rispose serafica Ursa. Dondolò i piedi nel vuoto che la separava da terra.
Lei e Ikem si trovavano seduti sul palco del teatro che si trovava nella piazza centrale del piccolo villaggio di Hira’a, stavano ammirando i colori sgargianti del tramonto. Erano passati nove anni dall’incidente dell’albero.
I due stavano discutendo dell’imminente festival, che si sarebbe concluso con una rappresentazione teatrale svolta proprio su quel palcoscenico.
“Sai, l’avrei fatto prima o poi…”, borbottò infastidito Ikem.
“Ma non l’hai fatto”
“Cercavo il coraggio di invitarti!”, si lasciò sfuggire Ikem. Ursa si voltò di scatto, stupita.
“Che vorresti dire? Siamo amici, no? Perché dovresti trovare il coraggio di invitarmi?”, chiese ridendo Ursa.
Ikem non rispose e guardò oltre.
“Ikem?”, chiese Ursa inclinando la testa.
“Per nessun motivo, lascia stare”, tagliò corto il ragazzo scendendo dal palco e andandosene via, lasciando Ursa da sola, stupita dal suo cambiamento repentino.

“Ehi”
Ursa si girò di scatto, impaurita. I fuochi d’artificio avevano coperto i passi del ragazzo dietro di lei.
“Ikem! Allora sei venuto!”, gridò Ursa felice.
“Non potevo perdermi lo spettacolo”, sorrise il giovane.
“Sono belli, vero?”, chiese Ursa, voltandosi ad osservare i giochi pirotecnici. Ikem però non seguì lo sguardo della ragazza, i suoi occhi rimasero a guardare la fanciulla davanti a sé.
“Già… Bellissimi…”, sospirò. Poi si ricordò di qualcosa e toccò la spalla di Ursa.
“Non dovevi essere con Tyron?”, chiese con una punta di freddezza.
La ragazza si rattristò.
“Mi ha mollata qui per andarsene con un’altra ragazza!”, esclamò arrabbiata Ursa. Il cuore di Ikem fece una capriola.
“Dai, non pensarci, è uno stupido! Vieni, guarda cosa c’è!”, e prendendo l’amica per mano, la trascinò in una zona della piazza dove dei giocolieri si stavano esibendo con il dominio del fuoco.
“Tranquilla, io non ti lascio…”, commentò Ikem. Ursa, a quelle parole, arrossì e strinse più forte la mano del ragazzo.


“Ikem! Ma dove mi stai portando?”, chiese ridendo una bendata Ursa.
“Tu fidati di me”, rispose dolcemente Ikem. Era sera e a Hira’a in quel momento della giornata non c’era quasi nessuno. Ikem stava conducendo Ursa al molo, dove solitamente la mattina stavano ormeggiate tutte le navi dei pescatori del villaggio.
Era un splendida serata estiva, perciò i pescatori ne avevano approfittato per andare a fare una buona pesca, quindi il molo era completamente deserto.
“Posso togliere la benda adesso?”, chiese divertita Ursa, seppur con una punta di impazienza, notando che si erano fermati.
“Va bene, ora puoi toglierla”
Ursa sfilò la fascia che le copriva gli occhi e si guardò intorno.
“Il molo? Cosa c’è di particolare qui?”, chiese confusa. Vedendo Ikem sedersi a terra, seguì il suo esempio. Ikem spense la lanterna che aveva con sé.
“Stasera il cielo è stupendo… E guarda che bella la luna!”, esclamò Ikem, indicandola. Ursa seguì la sua mano.
“Hai ragione, è molto bella”
“Ma mai quanto te, amore mio”
Ursa si girò di scatto.
“Co-cosa?”, chiese stupita. Il cuore le batteva a mille. Cosa voleva dire la frase del suo amico?
Ikem si morse un labbro, poi prese coraggio e afferrò dolcemente le mani della ragazza.
“Ursa, vorresti essere… la mia fidanzata?”
Attese trepidante e con il cuore a mille una risposta da lei. Dal canto suo, Ursa era stupita e a quella richiesta, arrossì.
“Ikem, i-io… non so che dire… Davvero tu-“
“Ti prego Ursa, non rendere questa attesa ancora più dolorosa di quanto già lo sia. Rispondimi sì o no”, disse con voce tremante Ikem.
“I-io… sì! Sì, Ikem, voglio essere la tua fidanzata!”, esclamò ridendo Ursa, abbracciando il giovane. Ikem non riusciva a crederci e quando la ragazza sciolse l’abbraccio, negli occhi di lei vide il riflesso della sua gioia.
La ragazza che aveva amato per tanto tempo, finalmente aveva accettato di essere sua! Avrebbe voluto dichiararsi, l’estate di tre anni prima, quando si erano ritrovati al festival. Ma non ne aveva avuto il coraggio.
Ora finalmente, quel sogno era diventato realtà. Quella notte, che sembrava così magica, aveva esaudito il suo desiderio.
E con le stelle e la luna come unici testimoni, Ikem suggellò quella notte con un bacio.


Ursa sbirciò dalle quinte del teatro, sentendo la voce di Ikem che risuonava per le pareti di legno. Era venuta per dargli la fantastica notizia del suo nuovo ruolo da imperatrice Dragone, nella rappresentazione teatrale del festival annuale.
Quella mattina era venuta a farle visita nonna Guohl, la direttrice della troupe teatrale, e le aveva annunciato che finalmente il tanto agognato ruolo era suo. Ikem già faceva parte della troupe, lui infatti era l’imperatore Dragone.
Ursa vide che il ragazzo era impegnato ad esercitarsi con le sue battute, perciò decise di fargli uno scherzo. Prese la sua maschera di scena, poi, senza far rumore, si avvicinò alle spalle di Ikem e…
“Buh!”, gridò a gran voce. Il povero ragazzo urlò e saltò in aria dalla paura. Ursa rise della sua reazione eccessiva.
“Mi hai davvero spaventato, Ursa!”, esclamò un po’ risentito Ikem.
“Ma pensavo tu fossi il possente imperatore Dragone, eroe de L’Amore dei Draghi!”
“Solo quando ho indosso la mia maschera…”, precisò Ikem.
“Lo so, senza di quella sei solo Ikem, il mio povero, codardo fidanzato”
“Codardo, ma affascinante!”, scherzò lui. Erano ormai tre anni che erano fidanzati. Ursa sapeva che Ikem aspettava di trovare un po’ più di denaro per comprare una casa e sposarla.
“Allora, affascinante, indovina chi ha ricevuto la parte dell’imperatrice Dragone?”
“Congratulazioni!”, Ikem l’abbracciò stretto sollevandola in aria per la felicità.
“Sai cosa vuol dire questo? Significa che avrò finalmente la possibilità di appagare il desiderio della mia vita di baciarti davanti l’intero villaggio!”
Ursa sorrise. Effettivamente, secondo i costumi del loro villaggio, era sconveniente vedere due ragazzi non sposati baciarsi in pubblico. Quella era veramente un’occasione da non sprecare e comprendeva la felicità di Ikem.
Il ragazzo le chiese di fare pratica e insieme recitarono una parte del copione che comprendeva un bacio.
“Ugh, baciarci con la maschera è terribile!”, esclamò Ursa. Non pensava che quelle maschere fossero così scomode. Dovevano per forza usarle in scena?
Si riscosse dai suoi pensieri non appena, togliendosi la maschera, notò che Ikem aveva ancora indosso la sua ed era rimasto immobile a fissarla.
“Cosa succede?”, chiese preoccupata.
“Vorresti sposarmi?”, chiese Ikem quasi in trance. Ursa ebbe un brivido e guardò il libretto che teneva in mano.
“Ma è nel copione?”, domandò confusa.
“No”, rispose il ragazzo. “Ti ricordi quando avevamo sei anni? Come mi hai dato un calcio nello stomaco buttandomi con la faccia in terra?”, chiese divertito togliendosi finalmente la maschera.
“Quante volte devo chiederti scusa per quella volta?”
Improvvisamente Ikem le prese la mano e la avvicinò a sé. Ursa arrossì per l’improvvisa vicinanza al ragazzo.
“Ho incominciato ad amarti da quel giorno e non ho mai smesso! Quindi te lo richiedo… Senza maschera stavolta”, Ikem la strinse ancora più forte, i suoi occhi brillavano dall’emozione.
“Ursa, figlia di Jinzuk e Rina, vuoi sposarmi?”
Ursa tremava dall’emozione quando rispose a gran voce il suo “Sì!”
Ikem la guardò con uno sguardo così pieno d’amore che Ursa si commosse. Poi il ragazzo annullò le distanze baciandola intensamente, le loro mani intrecciate e poggiate sul petto di lui, il battito del suo cuore come unica misura del tempo che per i due amanti sembrava non scorresse più…

Quando le prove finirono, era già sera inoltrata. Ursa corse veloce per l’eccitazione verso casa sua, eccitata per l’annuncio che si apprestava a fare alla sua famiglia.
Accidentalmente pestò anche la coda del porco-pollo che dormiva nel cortile di casa sua.
“Scusa se ti ho svegliato, porco-pollo! Ma è una così bella giornata! Perché sprecarla dormendo?”, commentò ridendo. Spalancò la porta di casa proclamando a gran voce.
“Mamma! Non indovinerai mai cosa Ikem-“, Ursa si interruppe vedendo che qualcosa non andava. Sua madre sedeva piangente in ginocchio sotto la statua di suo padre, l’Avatar Roku, e teneva in mano il suo fermaglio.
Ursa corse da lei, temendo il peggio.
“Cosa c’è che non va? Dov’è papà?”, chiese la ragazza, vedendo scorrere sulla guance di sua madre delle lacrime e pensando che fosse successo qualcosa.
“Tuo padre è nella serra sul retro… con un ospite”, rispose sua madre, asciugandosi le lacrime. Poi la guardò in viso e le alzò il mento con la punta delle dita.
“Io ti voglio bene Ursa, lo sai, vero?”, le chiese piangendo. La ragazza non rispose, paralizzata da quella domanda insolita. Cosa stava succedendo?
Le gambe le tremavano dalla paura e dalla preoccupazione mentre si dirigeva verso la serra. Aveva un brutto presentimento.
Lì trovò suo padre con due uomini, un anziano e un uomo che poteva avere una trentina d’anni.
Non appena suo padre la sentì arrivare, si girò e, alzando la mano, le intimò di mostrare il dovuto rispetto agli ospiti. Solo allora si accorse chi fossero realmente i due uomini con suo padre.
Il re del fuoco Azulon e il principe cadetto, Ozai.
Spalancò gli occhi e si inginocchiò ai piedi del re.
“Signore del fuoco Azulon!”, esclamò piena di sorpresa.
“Sei Ursa, giusto? Prego, alzati. Lasciati dare un’occhiata”, sentì dire dalla anziana voce del signore del fuoco. Tremante, obbedì.
I suoi occhi rimasero fissi a terra mentre sentiva il re del fuoco Azulon commentare il suo aspetto.
“Ministro Jinzuk, sua moglie ha cresciuto una figlia persino più bella dei suoi fiori! Abbiamo fatto tanta fatica a trovare i discendenti dell’Avatar Roku, quasi come se lui stesso avesse voluto celarvi a noi”, commentò Azulon, avvicinandosi a suo figlio. Ursa sollevò leggermente gli occhi.
Lo sguardo del principe era fisso su di lei, così per la paura e l’imbarazzo tornò a guardare a terra.
“Ma ora, capisco che, dopo tutto questo tempo, ne è valsa la pena”, continuò il re.
“I saggi del fuoco mi hanno detto che un’unione tra la nipote di Roku e mio figlio avrebbe dato vita ad una discendenza di grande potere, una che avrebbe reso saldo il dominio della mia famiglia per secoli dopo la mia morte”
Quelle parole fecero rabbrividire Ursa. Un’unione tra la nipote di Roku e suo figlio? Non poteva essere lei… Non doveva! Lei era promessa a Ikem!
“Ursa, lasci che le presenti il principe del fuoco Ozai, il mio secondogenito”, disse il signore del fuoco Azulon.
Ursa alzò lo sguardo, stavolta perché le fu ordinato. Finalmente riuscì a vedere meglio il principe.
Ozai era un bell’uomo, i capelli neri e fluenti gli cadevano sulle spalle. Come il padre, anche il principe si stava lasciando crescere il pizzetto, quel tratto lo rendeva più affascinante e maturo. I suoi occhi, come la maggior parte degli abitanti della Nazione del Fuoco, erano ambrati, con una particolare scintilla che lasciava intuire che fosse un dominatore del fuoco esperto.
Fu quella scintilla, o il modo in cui la guardava, come se fosse un premio ambito finalmente raggiunto, che intimorirono più Ursa e la fecero rabbrividire.
“Mio figlio ha una dichiarazione da farle”, concluse Azulon, incitando il figlio a parlare, sollevando la mano e mettendosi in disparte.
Ursa rimase impietrita. Non stava succedendo. Non poteva succedere. Non a lei.
Con il cuore martellante nel petto, vide il principe che lentamente le si avvicinava, e guardandola dall’alto in basso fece la sua dichiarazione.
“Ursa, figlia di Jinzuk e Rina, nipote dell’Avatar Roku… Io chiedo la vostra mano. Volete diventare la mia sposa e principessa della Nazione del Fuoco?”
Ursa, ad ogni parola sentiva il cuore accelerare sempre di più. La bocca aperta e i suoi occhi sbarrati tradivano le sue emozioni.
Il suo sguardo guizzò verso il padre, che la guardava timoroso. Lo sguardo di Ursa supplicava una via d’uscita, qualcosa che facesse intendere che tutto quello non fosse reale, non poteva esserlo.
Le speranze della ragazza svanirono non appena vide suo padre fare un breve cenno con la testa. Non c’era via d’uscita. Doveva accettare, o il re avrebbe ucciso la sua famiglia, o peggio, l’intero villaggio.
Fu con la morte nel cuore che accettò.
Il re concordò con Jinzuk la partenza, prevista per il giorno dopo.
Ursa trattenne le lacrime. Non le era stato nemmeno concesso il tempo di salutare Ikem.
Quella sera non chiuse occhio e passò la notte a piangere.

La mattina seguente, bussarono alla loro porta dei soldati.
Ursa era già sveglia, i suoi bagagli già pronti. Abbracciò suo padre e sua madre.
I loro sguardi mostravano tutto il dolore per quella separazione, tutto il dispiacere per i sogni infranti della figlia.
Ursa, nonostante tutto, non riusciva ad avercela con loro. Sapeva che avevano fatto ciò che il Signore del Fuoco aveva ordinato loro di fare.
Si diresse verso la carrozza scortata dai soldati. Dentro vi trovò il re Azulon e il principe Ozai. Sedette vicino al principe, tenendo lo sguardo basso.
Iniziarono il loro viaggio tranquillamente, il silenzio regnava sovrano. Sia il principe che il re osservavano fuori, con delle espressioni tra la pietà e il disgusto. Ursa sbirciò il paesaggio che si intravedeva dal finestrino. Sentiva che non sarebbe più tornata a Hira’a.
“Cara ragazza, dopo essere vissuta in questo villaggio putrido, apprezzerai le comodità della capitale”, esordì il re con sufficienza. Ursa non apprezzò il suo commento, ma rimase impassibile.
“Credo che il principe Ozai sarà più che felice di-“
Il re venne interrotto da delle urla che venivano da fuori. Un soldato si avvicinò al finestrino della carrozza.
“Cosa sta succedendo?”, chiese furioso Azulon.
“C’è un civile nel mezzo della strada, sta bloccando il passaggio!”, rispose la guardia.
“Cosa aspettate? Fatelo sgomberare!”, ordinò il re, alterandosi.
In quel momento, l’uomo sulla strada che stava bloccando il loro viaggio, cominciò a gridare a gran voce. Ursa ebbe un brivido non appena riconobbe la sua voce.
“S-s-signore del fuoco Azulon! Lei ha con se i-il mio vero amore in quella carrozza! Con tutto il dovuto rispetto non le p-permetterò di portarmelo via!”
Ursa si commosse a quelle parole di Ikem. Ma realizzò non appena vide gli occhi del re dardeggiare dall’ira, che la vita di Ikem era in pericolo. Se avesse continuato a impedire il loro viaggio, sicuramente l’avrebbero ucciso. Non poteva permettere che ciò avvenisse.
Sentì le guardie ridere di lui, poi il re ordinò a un soldato di occuparsi di lui.
Ursa si agitò, l’adrenalina la stava rendendo impaziente. Doveva fare qualcosa. Decise di rivolgersi al suo nuovo futuro marito.
“Falli ritirare, Ozai!”, supplicò. L’uomo la fissò confuso.
“E’-è un mio vecchio amico… E’ confuso! Lo farò andare via, ma devi promettermi di non fargli del male. Ti prego, fallo per me, am-amore mio!”, per Ursa fu una vera sofferenza proferire quelle parole. L’unico a cui le aveva dette era a pochi metri da lei, che lottava invano per riportarla da lui.
Forse furono proprio quelle due parole a riscuotere il principe che, con un sorriso compiaciuto, aprì lo sportello e gridò ai soldati di fermarsi.
Ursa subito scese dalla carrozza e corse incontro a colui che era il suo unico e vero amore. Sentì che le lacrime stavano per salire. Stava per dire addio a Ikem, non l’avrebbe più rivisto. Mai più.
“Ikem, torna a casa!”, supplicò.
“Ursa, noi siamo fatti per stare insieme! Qualsiasi cosa ti stiano offrendo, non sarà mai abbastanza in confronto al dolore di non poter stare insieme!”
Ursa abbassò lo sguardo, mesta.
“Sono state prese delle decisioni, nulla può cambiarle…”, mormorò triste. Ikem si alterò.
“Dimmi se sposare quel… quel principe è davvero ciò che vuoi!”, gridò pronunciando la parola principe con disprezzo. Poi, facendo un sospiro, si calmò e, prendendole le mani, proseguì con più dolcezza.
“Dimmelo e tornerò a casa”, disse tristemente.
Ursa guardò lui con il cuore a pezzi, poi girandosi vide che il re e il principe squadravano ogni suo movimento dalla carrozza. Prese tutto il coraggio che aveva, sfilò le sue mani da quelle di Ikem e fece qualche passo indietro.
“Il principe del fuoco Ozai ha onorato la mia famiglia chiedendo la mia mano in matrimonio, ho accettato con gioia”, mentì a capo chino.
Una lacrima solitaria scese sulla sua guancia, tradendo le sue parole. Guardò Ikem per l’ultima volta.
“Ora, per il bene mio e tuo, vattene”, gli ordinò, pronunciando con veemenza l'ultima parola.
E fu proprio la durezza con cui lo disse che probabilmente convinsero il giovane dall’insistere ulteriormente. Infatti lo vide spalancare gli occhi, le sue spalle rilassarsi e indietreggiare barcollante per far passare la carrozza.
Ursa avrebbe voluto abbracciarlo, dargli un addio migliore di quello… ma non voleva far insospettire la famiglia reale o avrebbero scoperto che Ikem in realtà era il suo promesso sposo e l’avrebbero ucciso.
Così, asciugandosi le lacrime, tornò a bordo, lasciandosi alle spalle le sue origini e la sua vita, diretta verso una vita che non aveva mai desiderato…










































Angolo dell'autrice

Salve a tutti!! Sono Sylvia Naberrie, autrice della serie "All Hail the Great Uniter!", incentrata sulla vita di Kuvira.
Che dire? Avatar è la mia serie animata preferita, l'ho adorata dal primo istante che l'ho vista. Ed essendo appassionata della vita dei personaggi secondari e poco considerati, un bel giorno (più di un anno fa, a dire il vero) ho pensato di scrivere la storia di Ursa. Non tutta ovviamente, ma le parti più salienti xD
Molte cose le ho apprese documentandomi dalla serie animata, in quei pochissimi episodi dove appariva, altre invece documentandomi attraverso il wikia dedicato a questo fandom, quindi accedendo alla pagina dedicata ad Ursa e non solo, ma anche affidandomi soprattutto al fumetto "The Search" ("La Ricerca" in italiano), da cui ho preso tantissimo e l'ho riscritto dal punto di vista di Ursa.
Diciamo che l'ispirazione mi è giunta ascoltando un verso di una delle mie canzoni preferite dei Nightwish, che purtroppo non è quella in alto, ma la incontreremo nei prossimi atti.
Ah, in totale sono 5 atti (al momento, poi non so se ne scriverò altri!), ogni atto avrà una o più strofe di qualche canzone dei Nightwish, che mi ha fatto da Musa ispiratrice. Spero possiate gradire e chissà? Farò appassionare altri lettori alla mia band metal preferita! XD
Ma non divaghiamo!
Vi do appuntamento tra due settimane, giorno 6 Maggio, per il II atto di questa raccolta di One-Shot!
Ah, avete notato il banner in alto? ^^
Ebbene sì, è opera mia! Non è il massimo, ma mi piace com'è venuto :3
E come sempre, di seguito vi lascio qualche link utile, in caso vogliate seguirmi ^^


Ne approfitto per ringraziare tutti coloro che metteranno questa storia tra le ricordate, seguite e preferite, coloro che la leggeranno ma soprattutto coloro che lasceranno un loro parere!
Bene! Penso di aver detto tutto!
Alla prossima!
Vostra

Sylvia Naberrie
   
 
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