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Autore: PrettySnowflake    24/04/2017    0 recensioni
[Big Four]
Jack e Hiccup si trovano in una terra lontana; hanno lasciato casa e viaggiato insieme, rafforzando così la loro amicizia.
I due sono pronti a voltare pagina, anche se nei loro cuori annidano sentimenti contrastanti: Jack è spensierato e vuole godersi la vita, mentre Hiccup è perseguitato dalla disapprovazione che il padre gli ha espresso in passato e per questo non riesce a darsi pace.
Rapunzel è stata adottata da una famigliola felice ed affettuosa. Senza conoscere la triste verità che si cela dietro alla fredda torre in cui ha vissuto per oltre otto anni, la ragazza continua a pensare alla madre defunta e incolpa se stessa di non essere riuscita a salvarla.
Alla ricerca dell'amore e successivamente del conforto, Rapunzel precipiterà inconsapevolmente tra gli angoli di due cuori, segnando così un'amicizia che una volta si pensava indistruttibile...
Fanfiction ispirata a "Le Cinque Leggende", "Dragon Trainer", "Rapunzel" e altre.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Terzo : La nostra Partenza
"Ricordi cosa disse nostro padre una volta? Un sogno. 
Un sogno spaventoso: la vita.
[...] Era un sogno, poteva solo essere sussurrato, 
perché qualunque cosa più forte di un sussurro l'avrebbe fatto svanire."
Il Gladiatore (Film 2000)

Cinque anni dopo
Jackson Overland riempì una vecchia sacca, deglutendo per l'emozione. 
I raggi del sole irruppero con avidità dentro camera sua, soffocandone l'oscurità e mostrando i due letti, uno suo e l'altro della sorellina, e un decrepito armadio.
In un primo momento quella fresca mattinata d'estate poteva sembrare una come tante, ma Jack era conscio che quella giornata stesse per dar inizio ad un nuovo capitolo della sua vita. Di lì a poco sarebbe partito, titubante e volenteroso allo stesso tempo.
La sera precedente il giovane aveva discusso della cosa con Martha, la madre, la quale non sembrava molto d'accordo, nonostante avesse precedentemente accettato la proposta del figlio:
«Che cosa farai lontano da qui? Dove vivrai, come ti procurerai il necessario? Cosa pensi, che tutto ti sia dovuto!?» aveva esclamato la donna, seduta a tavola. Le rughe gli tiravano il viso, facendola sembrare ancora più esausta ed esaurita di quella che già era. I capelli erano spettinati ed ingrigiti dal tempo, e gli occhi erano accesi di disperazione per l'imminente partenza del ragazzo.
Jackson le stava di fronte a braccia conserte. A differenza della mamma pareva calmo, ma infastidito da quel interrogatorio:
«Se non mi lasci andare via non lo saprò mai.»
Martha aveva serrato i pugni, adagiandoli sul tavolo. Poi aveva sospirato, in segno di resa.
«Mamma...» aveva mormorato dolcemente Jack, dopo un po' di silenzio «Capisco quello che provi e non ti biasimo. Ma ho diciott'anni adesso e non posso restare qui per sempre, rinchiuso in questa gabbia d'oro. Ho bisogno di conoscere posti e gente nuova. Ti prego, non impedirmelo.»
Sedendosi sulla sedia accanto a quella di Martha, il figlio aveva afferrato la mano della madre e gliel'aveva stretta; voleva confortarla, senza però rinunciare al desiderio di lasciare casa.
«Oh, tesoro» aveva iniziato a singhiozzare lei «Tu e Peppa siete l'unica cosa che mi è rimasta. Perché mi devi abbandonare così?»
«Non ricattarmi in questo modo.» l'aveva imitata lui e così si erano abbracciati, entrambi sommersi dalle lacrime amare.

Martha adagiò il fianco contro lo stipite della porta, osservando Jack mentre finiva i bagagli. Non proferì parola, perché il dolore che aveva dentro straripava senza difficoltà dagli occhi gonfi e sinceri.
La donna era certa che il ragazzo sarebbe andato fino in fondo al suo intento, ma sapeva anche che se una persona la ami la devi pur lasciare andare. Come aveva lasciato andare suo padre e suo marito prima, così la vedova doveva lasciare andare Jackson, il suo primogenito. Suo figlio.
«Mamma.» sussurrò il giovane, una volta girato e scrutato la madre.
Lei si asciugò frettolosamente le gocce di pianto, per poi accennare un sorriso contratto: «Sei pronto?»
«Credo di sì.»
Si diressero in direzione dell'entrata principale, dove trovarono Hiccup Haddock che stava aspettando il suo amico per partire. Appena li vide, chinò il capo per salutarli.
«Ciao Hiccup.» disse Martha, avvicinandosi all'ospite. 
«Salve signora Overland.» rispose il giovane. 
«Mi devi fare una promessa, Hiccup.»
«Tutto per lei.»
C'era una cosa che Hiccup provava per Martha, ed era immensa gratitudine. La donna aveva fatto per lui un'infinità di cortesie, tra cui ospitarlo a casa propria, insegnargli a lavarsi bene dietro le orecchie e dimostrarsi la perfetta consigliera al momento giusto. Riassumendo Martha era stata la madre che Hiccup non aveva mai avuto e questo non poteva dimenticarlo.
La donna carezzò affettuosamente la guancia del ragazzo: «Promettimi che proteggerai mio figlio, qualsiasi cosa accada.»
Hiccup aveva vent'anni ed era per questo che Martha riponeva completa fiducia in lui, specialmente perché lo conosceva bene e sapeva che il giovane avrebbe fatto di tutto per tutelare il suo bambino, un po' come avrebbe fatto un fratello maggiore. Inoltre lui e il figlio erano migliori amici, perciò si sarebbero coperti uno le spalle dell'altro e quel pensiero la rincuorava, in qualche modo.
«Glielo prometto.» fece il vichingo, abbracciandola. Prendersi cura dell'amico era un dovere per lui e di certo non si sarebbe tirato indietro.
Nel frattempo Jack scrutò la stanza: vi era ancora la piccola dispensa, il tavolo di legno e la stufa che avevano sempre fatto parte del modesto arredamento - ma la poltrona, quella color petrolio, era vuota. 
Jackson non si capacitava che il padre fosse morto; piuttosto preferiva pensare che Markus si fosse solo assentato da casa per un periodo sabbatico, concedendosi una specie di vacanza, e che sarebbe tornato - un po' come stava facendo lui stesso. Ma quelle illusioni si stavano lentamente dissolvendo, man mano che il tempo passava. 
Papà non tornerà più, si ripeteva. Papà non c'è più ed è ora di smetterla con questo castello di bugie. Cresci un po'.
Come avrebbe reagito suo padre se fosse venuto a conoscenza della sua incombente partenza? In effetti non lo sapeva, avrebbe potuto reagire in un'infinità di modi. Markus non era sentimentale come Martha, anzi non lo era affatto: era severo e cinico, ma perfettamente in grado di trattar il figlio alla pari. E qualsiasi cosa avesse potuto dire in merito alla sua trasferta, Markus sarebbe stato certamente onesto e saggio, nonché desideroso di aiutare il ragazzo a fare la cosa giusta.
In quell'attimo Jack anelò la presenza protettiva del padre, consapevole che quel desiderio non si sarebbe mai potuto avverare.
D'un tratto Hiccup notò lo sguardo pensieroso di Jack: «Va tutto bene?»
«Sì, certo.» fece spallucce il ragazzo, susseguito dall'altro che gli sorrise, dandogli una pacca sulla schiena.

«Questo dovrebbe bastare per un po'.» disse Martha, una volta consegnate due sacche di cibo ai due ragazzi che la ringraziarono dovutamente. Risultava incredibilmente piccola in mezzo a quei due giovani uomini.
«Aspetta, ma dov'è Peppa?» chiese Jack, appena si accorse che la sorella non c'era.
Ah, Peppa.
La madre lo guardò, scuotendo il capo: «Ho provato a convincerla a venirti a salutare, ma non ne ha voluto sapere.»
«Dov'è adesso?»
«Fuori, immagino.»
Jack non aspettò altro secondo di più; uscì immediatamente di casa, alla sua ricerca. Come poteva lasciarlo andare senza neanche dirgli addio? Che sprovveduta!
La trovò poco dopo, in compagnia di Daisy, Mary e Veronica. Le tre ragazzine le stavano intorno, carezzandole le spalle all'unisono. Appena lo videro trasalirono.
«Perché ti comporti così?» la interpellò Jack.
«Così come?» fece Peppa con una nota d'ironia, ma senza nascondere le lacrime versate prima.
«Così! Da immatura, da egoista. Io sto partendo e tu non mi saluti nemmeno?»
«Avrebbe qualche importanza? Partiresti comunque.»
«Ed è per questo che dovresti sforzarti di fare la brava sorella e porgermi i tuoi saluti.»
«Jack, non essere duro con lei.» mormorò flebilmente Veronica, in difesa dell'amica.
«Voi tre andate via, ho bisogno di stare solo con mia sorella.» ordinò il giovane alle tre ragazzine che, impressionate da quel tono, si dileguarono silenziosamente.
Una volta rimasti soli, Peppa perse tutto il coraggio manifestato prima: incurvò le spalle, abbassò il capo e tacque.
Il sole era alto ed illuminava le teste brune dei due; Jack guardava la sorella, mentre Peppa fissava il terriccio pur di evitare il suo sguardo.
Tutto ad un tratto lei esplose in un piagnucolio isterico: «Se ne stanno andando tutti da questa famiglia!» 
La bambina serrò i pugni sul petto, chiudendo gli occhi. Sentì il fratello farfugliare qualcosa, poi avvertì le sue braccia che in breve tempo la circondarono. Non poté fare altro che abbandonarsi a quella stretta, sfogando il pianto.
«Non ti libererai così facilmente di me.» mormorò Jack, poco dopo «Tornerò.»
Lei lo ascoltava attentamente - aveva smesso di piangere.
«Ti racconterò tutto quando tornerò, stanne pur certa. Vedrai, ci divertiremo un sacco!» continuò lui.
«Come con nascondino?»
«Esatto! È una specie di nascondino, Peppa: dovrai contare per un po' e molto lentamente, ma poi io arriverò e ...»
«... dirai: 'tana libera a tutti!'» completò la frase lei, come d'abitudine.
Risero con gusto.
«Promettimelo, Jack. Promettimi che tornerai, perché io non conterò all'infinito.»
«Te lo prometto. Però assicurami che quando riapparirò tu sarai qui ad aspettarmi.»
«Lo prometto, Jack.»

Jack e Hiccup partirono, lo fecero per davvero. 
Le aspettative dei ragazzi crebbero in concomitanza con casa che si fece sempre più piccola man mano che i due si allontanavano.
«Vedrai, Jack: Sdentato ha un ottima memoria. Ritorneremo appena lo vorrai.» lo rassicurò Hiccup dopo aver notato la perplessità dell'amico.
Jack gli rispose abbozzando un sorriso.
«Inoltre» proseguì l'altro, tirando fuori una mappa di carta ingiallita «Annoterò ogni nostro spostamento qui, così saremo in grado di orientarci.»
«Hai pensato proprio a tutto, eh?»
«Ogni dettaglio.» 
Jackson si schiarì la voce: «Credi che troveremo delle belle ragazze là fuori?»
«Lo spero per te.» ridacchiò il giovane vichingo mentre osservava Sdentato nei suoi spostamenti.
«Non vedo l'ora di fare stragi di cuori.» sospirò l'altro. Hiccup si limitò a rispondergli aggrottando un sopracciglio, poi cambiò argomento:
«Ancora non riesco a credere che lo stiamo facendo.»
Jack si fece d'un tratto serio, scrutando il compagno negli occhi: 
«Neanche io.»
In verità i due desideravano crederci, e non aspettavano altro se non scappare dai loro demoni.
L'emozione della novità compensò il salto verso quel ignoto che Hiccup non immaginò fosse così scuro e misterioso; di fatto si domandò più volte se la sua fosse stata la scelta giusta da intraprendere. 
«Credo in questa piccola follia.» mormorò Jack, invece, con spirito ottimista.
Piccola follia? Amico, dici sul serio?
Osservarono il cielo sfavillante contornato dalle soffici nuvole, poi il terriccio di fronte ai loro tre piedi - sì, perché Hiccup ebbe la sfortuna di perderne uno quando sfidò un 'grosso' drago all'interno di un vulcano di fuoco. Ma questa è un'altra storia.
«Tua madre sembrava distrutta.» ricambiò argomento il vichingo - era molto bravo in questo.
«Si deve mettere il cuore in pace...» spiegò Jack, riferendosi alla mamma «Sapeva che non sarei rimasto con lei tutta la vita: si stava già preparando per la mia partenza.»
«Nessuno è capace di controllare i propri sentimenti, e nemmeno lei è in grado.»
«Che vuoi dire?»
«Voglio dire che oggi lo sguardo di Martha era contrito, anche se tentava disperatamente di nascondere il suo rammarico. Non voleva mostrarsi afflitta ai tuoi occhi, il tutto per evitare di scivolare nel rimorso.»
«Credi che non me ne sia accorto? Mi è bastato avvertire il ritmo dei suoi sospiri per capire che la sua anima era in pena. E poi la conosco, la conosco come le mie tasche. So che non voleva questo per me.»
«Perché ti ama; è logico che si comporti così: vuole averti accanto il più possibile.»
«Lo so bene ma talvolta, nella vita, non sempre ciò che si desidera è ciò che è giusto.»
«Mi sarebbe piaciuto ricevere un 'arrivederci' simile da parte di mio padre...» rivelò improvvisamente Hiccup, interrompendo l'amico.
«Non lo hai ricevuto?» chiese l'altro, perplesso.
Il giovane fece no con la testa. Rispondeva sempre così quando non aveva il coraggio di ascoltare la propria voce mentre evocava i sentimenti, quelli annidati nel suo cuore.
Jack lo guardò con compassione: «L'arrivo di Sdentato ha provocato degli squarci profondi nel vostro rapporto. Forse Stoick non ha avuto occasione per dirti addio.»
«Gli squarci ci sono sempre stati, e tu lo sai.» 
Hiccup non aveva più la forza di tacere. Riprese il filo del discorso, dopo aver esitato per un istante:
«Sdentato è stato il pretesto per buttarmi fuori.»
Nel frattempo il povero Furia Buia osservò il padrone, abbassando le orecchie. Hiccup, notando il dispiacere dell'amato drago, gli carezzò affettuosamente la testa. Ma era comunque deciso a denudare ciò che sentiva:
«Jack, guardami: sono un fantasma senza nome. Che orgoglio può avere un grande capo nel chiamarmi figlio?»
«Stai dicendo delle stronzate, come al tuo solito.» disse ironicamente Jack con l'obbiettivo di ravvivare l'atmosfera; ma il suo intento fu inutile.
«Delle stronzate che sanno di verità. Tu non ti rendi nemmeno conto della fortuna che hai.»
«Quale fortuna?»
«Quella di essere sempre stato circondato da persone che ti approvavano.»
I due interruppero bruscamente il passo, senza guardarsi in faccia. In quell'attimo Jack si voltò in direzione del socio, per poi afferrargli le braccia e scuotergliele:
«Amico, ma ti stai ascoltando?! Come guarderai in faccia il vento burrascoso del tuo futuro con questo atteggiamento? Parli come un uomo di desolazione e sventura.»
Hiccup lo osservava ad occhi lucidi, lasciandosi scrollare come un fantoccio.
«Mio padre è morto, Hiccup. Non ci hai mai riflettuto?»
«Più del necessario.»
«Abbiamo avuto l'audacia di desiderare qualcosa di diverso per noi. Ed ora, tutto il necessario lo abbiamo qui - dobbiamo solo lasciar andare il passato alle spalle.»
Il vichingo annuì, mostrando un caldo e grato sorriso.
«Allora, sei con me?» domandò Jack, allungando la mano destra.
«Ci puoi scommettere.» rispose Hiccup, stringendogliela.
Sdentato gorgogliò qualcosa, in segno di approvazione.
«Jack, avresti mai immaginato di viaggiare con me?»
«Non saprei, avrei preferito essere con una bella ragazza.»
Hiccup e Jack sogghignarono beatamente mentre ripresero il cammino del loro destino.

~ ~ ~

Due anni dopo
Freya era la dea dell'amore e della bellezza secondo i miti nordici. 
Questa era chiamata anche 'dea dell'Aurora' poiché, quando si librava nei cieli al fianco delle Valchirie, il riverbero della luce sulla sua corazza dava luogo al favoloso fenomeno delle bande luminose.
Per questa ragione una modesta cittadina portava questo nome: Freya, terra dell'amore e dell'Aurora; essa si affacciava sul mare, ed era famosa per il suo piccolo porto che provvedeva abbastanza viveri ai suoi cittadini, salvandoli dalla carestia glaciale. I suoi abitanti erano persone alla mano e molto amichevoli, ma più delle volte senza spina dorsale in quanto troppo influenzati dalle superstizioni del luogo.

Freya era diventata la nuova casa di Jack, ma non era stata la sua prima destinazione, difatti l'obbiettivo principale del suo commiato era quello di viaggiare a fianco di Hiccup.
In quell'impresa il ragazzo e il suo migliore amico non erano stati soli grazie ad una nuova comparsa, un drago che lo stesso vichingo aveva chiamato Sdentato, in quanto la creatura possedesse il dono dei 'denti retrattili' ; lo aveva trovato nei boschi, dopo averlo intenzionalmente colpito con una catapulta, finendo per stabilire con esso un rapporto tanto solido da mettere i suoi ideali pacifisti al di sopra di quelli del padre e di tutta Berk. Non c'era posto per Hiccup e l'animale in quella terra di cacciatori, sommersa da tradizioni ormai troppo antiche per essere sradicate.

Jack era stato l'unico ad accettare l'insolita amicizia che l'amico aveva con la bestia e, a questo proposito, i due giovani stabilirono una relazione molto forte, così che la decisione di lasciare le proprie case per cominciare un'avventura insieme venisse come di conseguenza. 
Dopo un anno speso di terra in terra volando in groppa della Furia Buia i due trovarono Freya, o forse fu lei a farlo. La motivazione che convinse i ragazzi a persistere in quella città fu il fatto che i suoi residenti fossero tolleranti nei confronti di Sdentato, cosa che stupì notevolmente Hiccup. Jack, dal canto suo, si meravigliò di come i suoi abitanti non avessero nomi buffi come quelli dei berkiani.

Trovarono subito due case e, nel giro di due anni, le trasformarono in modesti abitacoli, dove anche Sdentato aveva il suo angolo per riposare e mangiare. 
Il vichingo trovò lavoro in una piccola bottega, che sembrava più un negozio di ferramenta. Il suo collega non era Skaracchio, ma Jørgen, un ragazzo biondo e dalla corporatura massiccia: aveva ventidue anni, proprio come Hiccup, e viveva in una famiglia composta da più di nove persone, riscontrando di essere il più giovane della cerchia. Era un ragazzo impacciato ma sincero e lavorava bene con il suo nuovo amico, specialmente perché provò da subito simpatia per lui e il drago. 
La bottega era stata proprietà del defunto padre di Jørgen, per poi passare sotto il suo controllo, nonostante la presenza di cinque fratelli maggiori. Fu un sollievo trovare un abile esperto nella manodopera come Hiccup, dal momento in cui maneggiare utensili non faceva proprio al caso suo.

Jack, invece, ottenne una mansione al molo: il suo compito era quello di rilegare reti che poi erano date ai pescatori. I suoi collaboratori erano Jakob e Adrian, una coppia stravagante di gioviali fratelli che, pur di far passare il tempo, si raccontavano battute stupide e molte volte senza senso. In un primo momento Jackson non riuscì a sopportarli, ma con lo scorrere degli anni si accinse alla rassegnazione. 
Jackson aveva occasione di vedere Hiccup ogni giorno perché passava in bottega a comprare la materia prima, anche se i due trovavano comunque modo di stare insieme per narrare della loro nuova vita tra le strade di Freya. Ogni sera, infatti, si trovavano in riva al mare o bevevano qualcosa con i loro tre nuovi compari nel loro locale di fiducia.
In fondo Jack era la famiglia di Hiccup, e viceversa. Non riuscivano a concludere le ventiquattr'ore senza parlarsi. E, grazie al loro amico alato, avevano occasione di allontanarsi da Freya per esplorare i misteriosi dintorni quando se ne aveva la necessità.
Hiccup amava scoprire cose nuove per uscire dalla routine quotidiana. Il tempo libero passato in bottega gli aveva permesso di ideare e progettare invenzioni ingegnose; l'ultima sua creazione era stata una tuta che gli permetteva di sopportare l'elevata altitudine in cui s'imbatteva quando cavalcava Sdentato - e che stava opportunamente aggiornando man mano che il tempo passasse.

Ma, benché tutte quelle entusiasmanti novità, tante cose rimasero in sospeso per Hiccup Haddock che, nonostante fosse felice di essere insieme ai suoi più cari amici, si sentiva in stato confusionale. Pensava spesso al padre e a quello che gli aveva detto una delle ultime volte in cui si videro, quando Sdentato era intervenuto per salvare il ragazzino intento nel dimostrare ai suoi compaesani vichinghi che i draghi non dovevano essere uccisi, ma compresi e lasciati in pace.
«Sei in combutta con loro.» aveva sibilato Stoick, dopo aver spinto il ragazzo a terra.
«Tu non sei un vichingo. Tu non sei mio figlio.»
Quelle parole rimbombavano nella testa di Hicc, facendogli contorcere le budella. 
Tu non sei mio figlio. 
Era convinto che se se ne fosse andato via da Berk avrebbe trovato un po' di pace; ma le taglienti espressioni di suo padre, in verità, lo seguivano come un'ombra insidiosa che gli rimembrava ogni giorno di essere stato un fallimento. Di fatto si sentiva questo: un uomo insulso, senza un domani, senza una patria.
Una delusione. 
Avvertiva un inarrestabile malessere ogni volta che l'immagine di Stoick lo incendiava di risentimento; ma poi gli bastavano i grandi occhi verdi di Sdentato, che lo guardavano con sincerità e spontaneità, e le parole incoraggianti di Jack, il bambino che aveva trovato nei boschi, per tirare un sospiro di sollievo. Quei due gli avevano dato una chance per ricominciare da capo e lui l'aveva afferrata al volo, ma era certo che non sarebbe passata giornata senza aver anche solo sfiorato la memoria del genitore, nonostante la fulgida aurora boreale che lo illuminava della sua bellezza, promettendogli l'alba di un nuovo domani. 
Cosa resta di me ora?

   
 
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