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Autore: Violet Tyrell    25/04/2017    0 recensioni
"Cosa sappiamo di questo nostro nemico?" si affretto a chiedere il mago, prendendo posto attorno al tavolo rotondo, trovando la poltrona particolarmente invitante in quel momento per riprendere parte delle energie. Anche i tre colleghi non avevano un aspetto particolarmente ordinato, ma era anche normale. Di fronte a lui, separato solo dal tavolo, c'era proprio Salzar, il più disinteressato da quello che mostrava, ai lati erano invece sedute Helga - con ancora la veste sporca di sangue e fango - e Rowena, anche lei non al meglio. Tutti però perfettamente lucidi.
Storia a quattro mani (Violet e Lisa ) - ambientata ai tempi dei Fondatori, particolarmente incentrata sui figli di Salazar Slytherin personaggi originali) e un grosso segreto.
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I fondatori, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Godric


Con uno svolazzo della bacchetta di Godric, le braci nella bocca di pietra del camino si ravvivarono e delle sinuose lingue di fuoco iniziarono a proiettare tutt’intorno la loro luce danzante.
“Avevo chiesto agli Elfi Domestici di non farlo spegnere” borbottò, più rivolto a se stesso che alla ragazza che lo seguiva. Poco male, ci avrebbe pensato lui. Non c’era da meravigliarsi di quella dimenticanza degli Elfi: nelle ultime ore il castello era stato gettato nel caos.
Godric rivolse uno sguardo in tralice a lady Slytherin, scoprendosi a pensare che il padre della giovane non sarebbe stato così indulgente con quelle creature, nemmeno in un frangente simile. E sua figlia?
Scosse il capo, facendole cenno di accomodarsi. C’era qualcosa in quella situazione che non lo faceva sentire perfettamente armato per affrontarla. Il castello non era un maniero tetro e solitario, ogni giorno era animato da un grande andirivieni di maghi e cavalieri. Ma alla sera tornava il silenzio e il lord rimaneva da solo. Erano dodici anni che, al calare del sole, la pietra tornava fredda e le sale quiete, senza la voce di una donna a risuonare tra le pareti, o la risata di un bambino.
La presenza di lady Bloem a quell’ora della sera era inaspettata, Godric non era preparato a riceverla. Stava cercando di abituarsi all’idea di doverla vedere come inquilina stabile di lì a qualche mese, ma ancora non vi era riuscito. Immaginò che quello fosse un buon modo per iniziare, dopotutto.
La giovane si sedette; nei suoi movimenti il mago lesse una leggera tensione. Non vi era da stupirsene, vista la serata trascorsa. Godric aveva avuto notizia che nei suoi domini si aggirava una qualche creatura ostile, per questo era uscito con alcuni dei suoi cavalieri, ma di tutte le possibili minacce mai avrebbe pensato di trovarsi faccia a faccia con una Veela. Si trattava di un avversario temibile per qualsiasi mago di sesso maschile; Godric stesso era rimasto imbambolato a fissarlo, incapace persino di mettere mano alla bacchetta. Quell’infida Creatura Magica lo aveva scoperto inerme come un bambino, e l’uomo non avrebbe potuto difendersi se Bloem non avesse urlato, riuscendo a spezzare quella malia che annebbiava sensi e facoltà di ragionamento. Se quella notte aveva avuto un epilogo fortunato era stato solo grazie a lei e questo, unito al fatto di essersi mostrato come un perfetto incapace, faceva sentire Godric non completamente a posto con la coscienza. Era una sensazione spinosa, al pari della mancanza di Mary.


“Sono lieto di vedere che state bene, lady Bloem” esordì guardandola in viso.
La giovane fece vagare lo sguardo tutt’intorno, come se volesse soppesare con gli occhi ogni elemento di arredamento per giudicare l’ambiente. Il castello di lord Gryffindor era grande e molte sale portavano ancora il segno del passaggio di sua moglie, ma altre erano invece spoglie o funzionali. Quello in cui aveva condotto Bloem non era certo il salone più riccamente arredato, ma era il meno umido alla sera.
Gli occhi profondi della ragazza tornarono a fissarsi su di lui, si strinse nelle spalle e annuì.
“Quello che è successo nel bosco…” Iniziò Godric, ma era difficile dare una forma ai suoi pensieri senza ammettere la debolezza dimostrata con la Veela.
Si schiarì la voce e proseguì. “Ero stato informato che una minaccia aveva attraversato i miei confini. Non avevo idea di cosa si trattasse, ma l’avete sentita anche voi: quella Veela parlava in norreno. È troppo per pensare a una coincidenza.”
Bloem assottigliò lo sguardo, poi annuì appena.
“Sì, anch’io ho pensato che quella Veela dovesse avere a che fare con il mago che ha attaccato Hogwarts.”
Godric non si stupì che entrambi fossero arrivati alla stessa conclusione. A differenza sua, Bloem e suo fratello si erano scontrati direttamente con quell’uomo e il suo manipolo di creature magiche venute dal nord. Il mago ricordò che, subito dopo l’attacco, i due Slytherin avevano avuto un colloquio con Salazar e solo dopo quest’ultimo aveva diffuso le informazioni che aveva ricevuto dai due ragazzi; di nuovo Godric si chiese se Salazar avesse detto davvero tutto ciò che sapeva.
Quasi fosse stata in grado di captare i pensieri dell’uomo, la strega parlò ancora:
“Cosa credete che vogliano da noi?”
C’era impazienza nella sua voce, come se le desse fastidio non sapere perché era la vittima ripetutamente bersagliata di quel nordico. In entrambe le occasioni Bloem se l’era cavata bene, uscendone completamente illesa, ma Godric non poteva dimenticare che l’attacco a Hogwarts aveva causato delle vittime.
“Non ne ho idea” rispose scuotendo le spalle e aggrottando la fronte.
In effetti c’era qualcosa che non quadrava in quella storia: nessuno aveva mai visto quell’uomo, Helga e le sue figlie si stavano dando da fare per scoprirne l’identità ma ancora non erano certe. Lui non si era presentato, non aveva annunciato i suoi scopi: aveva attaccato e basta, si era ritirato e ora tornava a farsi vivo indirettamente. Perché? A cosa mirava?


“Dovrò informare gli altri Fondatori dell’accaduto” continuò il mago, e la sua voce si fece improvvisamente stanca. “E, già che ci sono, credo sia il caso di informare vostro padre della vostra presenza a Godric’s Hollow.”
Inviò alla giovane strega un’occhiata eloquente: entrambi sapevano che lei era giunta lì senza informare Salazar. Nonostante l’intenzione annunciata, lord Gryffindor non si alzò, ma rimase con le mani appoggiate ai braccioli del suo scranno. Bloem dovette accorgersi che il suo sguardo era cambiato, mostrando ora più curiosità che rimprovero, così inarcò un sopracciglio in un modo silenzioso di chiedergli cosa avesse.
Godric aveva già deciso cosa scrivere nella lettera a Salazar, perciò qualunque risposta gli avrebbe fornito Bloem non avrebbe fatto differenza. Ma ora voleva sapere, per soddisfare un proprio interesse personale e anche perché pensava di averne diritto, per quale motivo la ragazza si era recata fin lì. Di certo aveva agito con uno scopo ben fisso in mente e non si trovava lì per una vacanza di piacere.
“Lady Bloem” esordì quindi arretrando il busto e congiungendo le dita di fronte a sé, “posso conoscere le ragioni della vostra visita?”
Qualcosa nella figura della strega si irrigidì, o forse fu solo uno scherzo delle ombre gettate tutt’intorno dalle fiamme. Per una manciata di secondi rimase in silenzio, tanto che Godric si chiese se alla fine gli avrebbe risposto oppure sarebbe rimasta trincerata dietro il suo mutismo.
Alla fine Bloem espresse il suo punto di vista, e quello che disse lo spiazzò.
“Volevo parlarvi. Convincervi a mandare a monte le nozze. Di certo anche voi credete che questo matrimonio sia una farsa.”
Questa volta fu il turno di Godric di rimanere senza parole: tanta schiettezza lo aveva colto impreparato, ma era pur sempre una dote che in generale apprezzava. Così non gli venne in mente di suggerire alla sua futura sposa di tenere a freno la lingua, anche perché in fondo all’inizio il Fondatore aveva avuto le stesse perplessità. Vista la sincerità con cui si era espressa la giovane, Godric pensò di ricambiarle la stessa cortesia.
“Vedete, lady Bloem” disse, senza mutare posizione, “è stato proprio vostro padre a convincermi dell’opportunità di queste nozze, e questa notte abbiamo avuto la prova che la ragione sta dalla sua parte.” Piuttosto raro che desse così apertamente ragione a lord Slytherin, si disse; era qualcosa da appuntare negli annali. “È chiaro che questa gente del nord vuole qualcosa da noi; non si tratta di incursioni casuali, abbiamo di fronte un vero e proprio nemico. E in un momento come questo è importante essere uniti.”


Bloem era una strega brillante, Godric aveva avuto modo di appurarlo a scuola. Per questo motivo fu abbastanza sicuro che avrebbe capito cosa intendeva senza che aggiungesse altro. Quel matrimonio non era per lei e il Fondatore, era chiaro. Era piuttosto un modo per sugellare i rapporti così pericolanti tra Godric e Salazar. Nessuno dei due fingeva che i due Fondatori andassero sempre d’amore e d’accordo e sicuramente Bloem sapeva bene di cosa parlava Godric. Anche se l’uomo non amava fregiarsi di quel titolo, sapeva che lui, insieme a Helga, Rowena e Salazar, costituiva la maggiore risorsa del regno e, a fronte di attacchi di un nemico così minaccioso, dovevano necessariamente restare uniti, o sarebbe stato il disastro.
“Credete davvero che da soli non possiamo farcela contro questo nemico?” chiese allora la ragazza, sollevando appena il mento, senza distogliere gli occhi.
Difficile dire cosa intendesse con quel plurale, ma Godric intuì facilmente che parlava di sé, di suo padre e di suo fratello. Il pensiero lo infastidì appena: l’alterigia degli Slytherin non era un mistero, anzi era uno dei difetti di Salazar che meno sopportava. D’altra parte però, se il Fondatore voleva essere totalmente sincero con se stesso, doveva ammettere che, quando aveva ascoltato la proposta del padre di Bloem, lui stesso si era chiesto se non fosse un’apprensione esagerata quella nutrita nei confronti dell’invasore norreno.
Tuttavia allora Godric non si era sentito minacciato alle porte di casa sua. Potevano minimizzare, fingendo che una Veela sola non fosse un problema, ma la verità era che fino ad allora nessun nemico estero era giunto così vicino alle loro case, al loro cuore. Quel mago aveva attaccato Hogwarst, riuscendo a superare tutte le difese approntate dai Fondatori e a cogliere impreparati gli studenti. Erano morti sette ragazzi, sette giovani che sarebbero potuti diventare degli stregoni promettenti e che invece adesso giacevano nella terra. E quel che era peggio sembrava che il nemico non avesse alcuna intenzione di fermarsi o di ritirarsi sul serio.
“No, non lo credo” rispose quindi l’uomo, paziente ma con una certa fermezza nel tono. “Dobbiamo proteggerci l’un l’altro.”


“Sembrate dubitare delle vostre stesse forze” replicò Bloem, e nel tono che usò Godric scorse un accenno di provocazione.
Fu sul punto di rispondere qualcosa di simile tenore, ma alla fine si morse la lingua e le lanciò un’occhiata in tralice, colpito da un nuovo sospetto.
“Lady Bloem, questo matrimonio getta per caso all’aria altri programmi?” domandò impudente. “Il vostro cuore appartiene a qualcun altro? Perché in quel caso…”
“No” lo interruppe in fretta la giovane, increspando la fronte, “Come vi è venuta in mente una simile idea?” Ebbe un moto di stizza; probabilmente, se non fosse stato sconveniente per una lady del suo rango, avrebbe incrociato le braccia sul petto. Godric fu tentato di sorridere di fronte a quell’improvviso cambiamento, ma si trattenne.
“In questo caso allora… Non vedo altri ostacoli al matrimonio.”
Per qualche attimo Bloem sembrò sul punto di replicare, ma alla fine annuì e rimase in silenzio.
Godric si alzò, capendo che non c’era altro da aggiungere.
“Andrò in guferia per mandare qualche messaggio. Scriverò a vostro padre che eravate così smaniosa di trascorrere del tempo con il vostro futuro marito che avete pensato di non porre altri indugi in mezzo, e che io stesso vi scorterò di nuovo in mezzo alle paludi, non appena vi sarete accertata che i preparativi del matrimonio procedano secondo il vostro gradimento.”
La strega gli scoccò un’occhiata curiosa, ma poi non si oppose.
Godric aveva raggiunto la soglia della porta, quando la voce della ragazza lo trattenne.
“Come sta la mia cavalla?”
“La ferita all’ala le impedirà di volare per un po’, ma non temete. Sta bene e con le mie cure guarirà completamente.”



Eskil



Un leggero temporale estivo scuoteva i vetri del maniero Slytherin. Il cielo era plumbeo e l’acqua ruscellava sulle finestre ma, guardando verso la linea dell’orizzonte che iniziava a schiarirsi, Eskil giudicò che non sarebbe durato a lungo.
Tornò verso il centro della stanza, la lettera di Lord Gryffindor stretta in pugno. Era ridicolo, Bloem non si era mai mostrata smaniosa di trascorrere del tempo con il futuro marito. Persino Lord Salazar doveva saperlo, anche se non passava mai troppo tempo a parlare con i suoi figli, eppure non aveva battuto ciglio di fronte al contenuto di quella missiva.
Eskil si morse l’interno della guancia. Se suo padre non si preoccupava, evidentemente neanche lui ne aveva motivo; tuttavia per una volta aveva l’impressione di non sapere cosa attraversava la mente della sorella e non gli piaceva. Era un preludio del distacco che presto sarebbe diventato definitivo; fosse stato per lui avrebbe fatto di tutto per rimandare quel momento, ma a che scopo, se comunque non sarebbero potuti sfuggire a quel fato?
C’era tuttavia qualcos’altro che lo induceva a riflettere in tutta quella situazione. Perché suo padre si era dato tanto da fare per stipulare un matrimonio tra Bloem e Lord Gryffindor? Se era un’alleanza che voleva, avrebbe anche potuto fare sposare a lui una delle figlie di lady Hufflepuff o qualcosa del genere. Era vero che i maggiori contrasti esistevano proprio tra Salazar e Godric, ma non riusciva a credere che suo padre, un uomo così convinto delle sue ragioni, potesse giungere al punto di affidare la sua unica figlia femmina a un mago che per certi versi disprezza.
Ci aveva riflettuto abbastanza, ma non era ancora arrivato a capo della cosa. Si disse però che non avrebbe cavato un ragno dal buco se non avesse parlato con l’unica persona che avrebbe potuto chiarirgli quei dubbi: suo padre.
Lord Salazar rientrava in quel momento da una ricognizione dei suoi domini. La notizia della Veela infiltrata nei territori di Lord Gryffindor lo aveva spinto a controllare che nella zona delle paludi fosse tutto a posto e, come disse appena varcata la soglia, era proprio così.
Gli stivali del Fondatore grondavano fango che sporcava il pavimento di pietra, ma ci avrebbero pensato gli Elfi Domestici.
“Hai rafforzato gli incantesimi di protezione, come ti avevo chiesto?” volle sincerarsi il mago.
Eskil annuì, elencando tutti gli scudi che aveva elevato intorno alla loro magione.
Aveva anche pensato di animare qualcuno dei cadaveri certamente sepolti in fondo alla palude, per trasformarli in creature che lui stesso aveva chiamato Inferi. L’incantesimo gli era già riuscito e sapeva di poterlo rifare, ma creare delle sentinelle di non-morti capaci di presidiare i confini dei loro possedimenti era un’altra cosa. In fondo era riuscito nell’esperimento da poco e non padroneggiava ancora al meglio quella fattura; dubitava di poter tenere simultaneamente in vita tanti cadaveri per mandarli così tanto lontano da lui. Così alla fine aveva desistito, dicendo a se stesso che ci sarebbero state altre occasioni di sperimentare di nuovo la sua nuova abilità.

“Padre, posso chiedervi una cosa?” domandò mentre Salazar si slacciava il mantello umido e lo metteva da parte. Il fatto che il mago non negò apertamente significava che gli dava il permesso di parlare.
Eskil fece un passo avanti, ricordandosi di mantenere la schiena dritta e il tono apparentemente casuale. Se c’era una cosa che voleva evitare era di sembrare un ragazzino implorante.
“Posso sapere perché avete preso accordi per le nozze di Bloem e non per le mie?”
Adesso sembrava uno smanioso, ma meglio quello che infantile.
Salazar gli si rivolse su un mezzo sorriso dipinto sulle labbra sottili.
“Mio caro Eski. E se lo avessi fatto, cosa pensi che direbbe la tua futura mogliettina sul tuo ombelico?”
   
 
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