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Autore: LilituDemoneAssiro    25/04/2017    1 recensioni
Sebastian Stan, al suo primo contratto importante, cerca di farsi forza nell'universo Hollywoodiano e a testa alta, prova a combattere le paure che lo rendono un ragazzo introverso. Fino a che un incontro inaspettato, sconvolge le sue certezze e lo costringe a guardare il mondo da un'altra prospettiva. Forse, migliore.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Chris Evans
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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E di nuovo quel calore che mi accompagnava quando lo tenevo stretto a me, si affacciò. Mi scostai un momento per riprendere fiato, tanto mi ero lasciato sopraffare da quel calore, e di nuovo le mie guance si infiammarono, lasciando trasparire l’emozione che forte era salita.
Lui comunque non smetteva di stringermi, e con una mano carezzava la pelle tra le scapole, mentre lieve intonava accanto al mio orecchio “Hallelujah”.
“ Questa canzone ci ha condannati”, sorrisi sarcastico.                                      
“Se questa è una condanna, allora che la mia anima sia dannata. Perché è meglio vivere un inferno con lei accanto a te, che un paradiso senza”.
La parola giusta. Sempre e comunque. Davanti avevo un essere proveniente da un altro mondo che si confondeva tra noi indossando un umano contorno, che mi leggeva nel pensiero, e mi dava sempre ed esattamente ciò di cui avevo bisogno: nel patetico tentativo di non lasciarmi andare mostrando ogni briciolo della mia fragilità, cercavo ancora scuse per allontanarlo. Sei sempre stato un idiota, sorrisi sotto i baffi, senza curarmi di dare spiegazioni. Lui preoccupato per la risata mi chiese se avesse esagerato, se mi avesse fatto sentire a disagio: volsi lo sguardo verso il suo e gli chiesi di continuare per favore ad esagerare in quel modo ogni volta che ne avesse sentito il bisogno.
Mi strinse ancora più forte. E la sensazione di calore cresceva sempre più, oramai ero in fiamme. Il signorino Sebastian Stan è felice, eh, mentre la mie dita cercavano la pace giocando sotto la sua maglietta, facendogli il solletico, provando a trovare quiete da un momento stupendo ma talmente pieno di emozioni a me sconosciute, da rendermi un po’ nervoso. Comunque almeno ero riuscito a fare ciò che sentivo giusto, quindi consumato il desiderio di redenzione nei suoi confronti, per riuscire a lenire la sensazione di intorpidimento, almeno quella sera preferii tornare a riposare nel mio letto. Quella sera, l’istinto mi diceva, rimanere non sarebbe stata una buona idea. Una carezza ancora, un buffetto sulla spalla e lo salutai.
“A quanto pare, nessuno dei due mordeva, alla fine.” dissi prendendo la porta. Lui mi lanciò un bacio ancora.
La vita scorre veloce quando sei felice, non smettevo di ripetermi, e se anche tutto questo un giorno dovesse finire, averti nella mia vita l’ha resa degna di essere vissuta. Quell’aspetto dell’essere mi era ignoto e mi sentivo come un esploratore in avanscoperta in una terra selvaggia, remota, pericolosa ma così seducente, da attirarti a sé con il solo risplendere delle foglie delle sue foreste, alla luce del sole.  Mi aveva travolto come un tornado, il suo arrivo; il fiume dei miei pensieri conoscendolo aveva distrutto gli argini e inondato tutto ciò che intorno avevo costruito.
Non era però spiacevole finalmente trovarsi a guardare le cose e sentirle, interessarmi al mondo prendeva una nuova piega, e la mia curiosità era di nuovo accesa, più viva che mai. Guardavo ora il mondo da un prisma che rifletteva l’arcobaleno, ed era stato lui a donarmelo, quindi se lui pensava che lo avessi meritato, poteva essere giunto il momento di smettere di avere una considerazione così squallida di chi fossi stato fino a quel momento. L’unico dolore di quei tempi si rivelò, stare attenti davanti agli altri, nel non esagerare nei gesti d’affetto: quante volte avrei voluto soprattutto davanti ad estranei, stringerlo, baciarlo, carezzargli le mani per urlare quanto fossi stato fortunato il giorno in cui mi aveva scelto… ma non potevo. E faceva male. Soprattutto quando vedevo che il suo sorriso attirava attenzioni poco gradite, ma come avermene? E’ il sole, è normale che tutti finiscano per essere attratti dalla sua luce.
Lui, dal canto suo, ogni volta che la consapevolezza di sguardi poco graditi lo sfiorava, trovava nella cortesia dei modi che lo contraddistingueva, il modo per allontanarsi e tornare da me; tutti gli volevano bene anche per quell’aspetto del suo carattere, io poi ormai lo amavo, soprattutto per quello. Tutto il mondo poteva circondarlo e pretendere una parte di lui, ma il suo sguardo era sempre rivolto a me.
Impossibile chiedere di più alla vita, decisamente impossibile.
Arrivammo ai giorni antistanti alla premiere in un batter di ciglio ed io, preoccupato per la tensione che lo attanagliava, non lo lasciavo un momento. Lo vedevo spesso cupo, con la mente altrove, contorto tra i suoi pensieri mentre i colleghi erano distratti: a me però non sfuggivano quelle sfumature, e quando mi accorgevo del buio in procinto di circondarlo, immediato era il mio intervento. Una battuta o un sorriso, o addirittura una ciambella alla fragola –erano le sue preferite-, tutto era utile pur di strapparlo alle tenebre e riportarlo da me; cosa stavamo a fare insieme, se lo lasciavo andare ai suoi demoni. Ormai negarlo era inutile, lo amavo con tutto me stesso, e avrei fatto sì che la mia gioia fosse la sua gioia, e che il suo dolore divenisse il mio dolore, perché ogni peso quando lo condividi con chi ti ama, non è più tale.
E la premiere giunse, finalmente. Ormai vicini alla fine di Maggio, il tepore delle giornate iniziava a lasciare spazio alle prime calure estive. Un paio di giorni prima lo accompagnai a scegliere il completo che avrebbe indossato sul red carpet, -gessato con cravatta, tutto rigorosamente nero- mentre ciò che avrei indossato io, era già scelto dal mio agente da quasi un mese: l’unica cosa fastidiosa di quel periodo era la lunghezza dei capelli. Il contratto che avevamo entrambi firmato includeva un sequel, ma mentre a lui era richiesto mantenere una massa muscolare importante sino ad allora –cosa che non posso dire m’infastidisse…- , io dovevo far allungare i capelli quasi alla base del collo: una gatta da pelare… se non fosse stato che lui li adorava. Giocava con le dita facendoli passare delicatamente sul palmo, li portava dietro l’orecchio per potermi guardare meglio negli occhi, o li annusava estasiato per poi guardarmi, più innamorato che mai; e io mi ritrovavo a desiderare che neppure il suo tocco, finisse mai.
Lui mentre sfilava davanti i giornalisti, brillava di propria luce. La bellezza della grazia che portava con se lo rendeva immortale, nelle movenze. Dio greco, tra noi distribuiva con somma pazienza una briciola di sé a ciascun pellegrino in preghiera, amorevole come non mai, ai miei occhi il dono che la vita fino a quel momento ingrata aveva deciso di elargirmi, pegno per il perdono delle sofferenze passate. Fortunatamente l’evento filò liscio sino al party organizzato dai produttori in centro, dopo la proiezione della pellicola. Il passo decisivo era stato delineato nelle nostre carriere, ed io contento più che mai, non vedevo l’ora di poter tornare a casa con lui per poter festeggiare la gioia del meritato riposo dopo tante ore di impegni massacranti; avevamo pianificato ogni cosa, avendo addirittura dato appuntamento a dei taxi in zone opposte della città così da non destare sospetti sui nostri spostamenti e finalmente giunse il momento in cui ci staccammo dalla gran baldoria, ad un’ora circa di distanza l’uno dalla sortita dell’altro.
Volo da te, amore mio. Aspettami, pensai in preda ad un’euforia quasi estatica. Quella sera sentivo come non mai il bisogno di stringerlo, di accarezzarlo, volevo sentire il profumo della sua pelle confondersi con la mia e impazzire, nel mentre. Approfittando delle ultime tenebre, riuscii ad entrare di soppiatto nel suo appartamento; non potevamo rovinare tutto proprio la grande sera, e lui era lì ad aspettarmi, finalmente in lacrime, ma di gioia. Non poteva fare a meno di continuare a baciarmi e ripetermi quanto fosse stato fortunato nell’avermi conosciuto, quanto la mia presenza nella sua vita, avesse reso le cose meno dolorose e gli avesse dato le forze necessarie per affrontare ogni sfida, e quanto sentiva di amarmi di più ogni giorno che trascorreva al mio fianco.
A quelle parole, le mie mani iniziarono a muoversi da sole. Da tempo ormai covavo il desiderio di sentire la sua pelle nuda sotto le dita, di sentire come e quanto avesse piacere nel sentirmi così preso da lui: eravamo due adulti innamorati, non avevamo nulla di che recriminarci, e desiderare la reciproca vicinanza era perfettamente normale. Spera solo che lo desideri anche lui o preparati a sprofondare per la vergogna…pensai, prima di iniziare a barcamenarmi nello stesso imbarazzo che da solo avevo fomentato. Piano piano cominciai, dopo avergli tolto la giacca ed appoggiata sul tavolo, a sciogliere la cravatta: non potevo negare l’ansia, tant’è che le mie mani in alcuni momenti erano visibilmente scosse all’idea di ciò che la mente aveva intenzione di fare, ma non potevo fermarmi, non ora che lo tenevo lì con me.
Ma lui si limitava a guardarmi immobile, non reagiva, e non ne capivo il motivo. Ti prego, ti prego, ti prego fa che lo voglia anche lui… ripetevo ossessivamente fino a che, aperto l’ultimo bottone della camicia, la sua pelle era lì, che mi chiamava.
“Non voglio assolutamente forzare nulla tra di noi” sospirai, guardandolo a quel punto negli occhi. “Se vuoi che mi fermo, se pensi che sto esagerando, non hai che da dirlo…” riuscii a dire con un filo di voce, guardando a terra per l’imbarazzo di ciò che volevo ma non dicevo.
“Io non so dove questa relazione ci porterà, ma so che finchè ho la certezza che lui batte solo per me” e appoggiai la mano sul suo petto …” niente di sbagliato potrà mai accadere tra di noi”.
Non avevo mai aperto a nessuno le porte della mia persona, in quel modo. Volevo renderlo felice, e questo mi faceva sentire un uomo migliore di quello che ero mai stato, prima di conoscerlo.
“ Sebastian. Ti ho per caso impedito di aprire la camicia? Non direi… quindi smettila. Non aver paura. Qualunque cosa accadrà, se accadrà, io continuerò ad amarti anche più di prima.”
Sorrisi abbassando lo sguardo, in modo sommesso, quasi in imbarazzo per aver pensato che lui avesse potuto trovarmi spiacevole. Oramai le luce del mattino si affacciavano dallo spiraglio di finestra socchiusa e non avevo idea del cosa stesse accadendo dentro e fuori di me, ma sentivo solo quanto era bello vedere che lui mi sorrideva dolce nel mentre mi privava delle mie difese, lasciando solo amore al suo passaggio. Aveva slacciato anche la mia camicia, e a quel punto io non fui più in grado di resistere: dovevo stringerlo, dovevo sentire il calore della sua pelle bruciare la mia, dovevo e volevo perdere la dimensione “io” e diventare “noi”. Amore mio sono qui, senti quanto calore hai restituito a questo corpo che credevo morto… pensavo intensamente, mentre lo abbracciavo. La sua pelle era un fulmine a ciel sereno che allentava ogni mia certezza, era un pianto tra le stelle di una galassia neonata che si affaccia nell’universo e con i suoi primi vagiti, porta la vita.
Dopo pochi secondi che a me erano però sembrati un tempo infinito, lui mi sollevò il mento verso il suo viso, mi diede un bacio ancora e mi disse che se avessi voluto riposare un po’, potevamo stenderci e riprenderci dalla fatica della giornata precedente. Non me lo feci ripetere due volte, e mi avvicinai verso il comò nella camera quando notai che nel cassetto della tenuta da notte, non aveva nulla per il periodo estivo. “Chris scusami, ma i pigiami estivi? O non lo so, gli indumenti con cui dormi d’estate?”
Lui mi sorrise sornione… “Io d’estate dormo in mutande”, rispose.
A quel punto credo di aver assunto sul viso, tutte le sfumature esistenti dello spettro della luce.
“Ah…quindi …. Bene. Promettimi solo che non riderai. Per scaramanzia, avevo indossato dei boxer molto vecchi, quasi logori, messi il giorno della mia laurea all’accademia e beh, se dormiremo in mutande, sono gli unici che ho…” ed evitando accuratamente il suo sguardo, iniziai a sciogliere la cintura e la zip dei pantaloni, ponendo la massima cura possibile nell’appoggiarli sulla sedia –un po’ per attenzione mia, un po’ per riuscire a distogliere l’attenzione da ciò che lui stava facendo-.
Stanno diventando un po’ strane le cose, pensai. Però era lui, era sempre lui con me, non avevo nulla di cui temere, anzi: in lui non dovevo fare altro che confidare. E mi appoggiai sulle lenzuola, sempre piacevolmente fresche di bucato. Lui si stese accanto a me, come era d’abitudine, ma stavolta sentivo che qualcosa stava iniziando a cambiare: lui era letteralmente in fiamme. Il suo corpo era pura brace, il che amplificava non poco l’aroma di vaniglia che lo circondava, rendendolo più forte di una droga che dritta va al cervello. Mi voltai verso di lui sperando che baciarlo prima di dormire, baciarlo ancora e ancora avrebbe permesso a quell’immenso calore di attenuarsi: invece più lo baciavo e mi stringevo a lui, più fremeva sotto il mio tocco, mentre le mani sfioravano la sua pelle nuda e cercavano di fissare nella memoria, quelle linee potenti che dagli abiti avevano solo potuto immaginare. 
Iniziai a piangere come un ragazzino.
Ma cosa diavolo mi sta accadendo… E più cercavo di tranquillizzarmi, più le lacrime scendevano. Quando lui capì cosa stava accadendo, mi rivolse lo sguardo e, compresa la situazione, preferì stringermi forte abbandonando ogni altro proposito.
“Non sei costretto a fare nulla. Ti prego amore mio, non piangere così…” diceva, mentre cercavo di appoggiare la testa vicino al suo cuore per regolare il moto del mio stato d’animo, e trovare un po’ di pace. Stavo cambiando, stavo scoprendo una parte di me che non conoscevo, e ritrovarmi davanti all’ignoto, mi aveva sconvolto: ciò che stavo diventando avrebbe cambiato ogni certezza su cui con tanta fatica avevo lavorato fino a quel momento, e mi avrebbe reso di nuovo inerme alla cattiveria del mondo.
Cosa devo fare, cosa devo fare, cosa… pensavo, mentre spingevo forte la testa sul suo cuore sperando che le mie paure così quasi potessero scivolare via. Perso nelle mie insicurezze, volevo solo sparire all’ombra della vergogna che provavo davanti a lui nel sembrare tanto piccolo, quando lui per me era grande quanto il sole.
Anche stavolta lui, consapevole più di quanto non lo fossi stato io di me stesso, anticipò la soluzione ad un problema sul momento decisamente ostico e dopo avermi asciugato le guance con un casto bacio, proseguì dicendo “Ora dormiamo, proviamoci. La giornata è stata davvero lunga, e un po’ di riposo non guasta. Io sarò sempre con te, e qualunque tua paura, la affronteremo insieme. Non importa quanto sarà necessario, io non ti lascio. Ricordalo”.
Sei la mia oasi nel deserto.
E spossato da quella miriade di pensieri affollati nella mia mente senza tregua in un tempo così piccolo, crollai tra le sua braccia amorevoli. Fu un sonno senza sogni, una notte infinita in cui ero sprofondato senza mezze misure, per questo fui immensamente sollevato del risveglio il pomeriggio seguente: avevo di fianco lui che dormiva come un angelo, rannicchiato su un fianco, col viso rivolto verso di me leggero e quasi sorridente, probabilmente stava sognando.
Gli sfiorai leggermente i capelli, sperando di non svegliarlo, in un momento di intima dolcezza come non avevo mai desiderato in vita mia: guardarlo portarmi per mano nonostante entrambi dispersi in una terra ignota, e per me, forte dinnanzi ogni pericolo, lo rendeva un eroe ai miei occhi come nemmeno il Capitan America che impersonava, avrebbe potuto. Mi sentivo amato. Profondamente. Senza limiti, senza rimpianti.
Quel pomeriggio compresi, guardandolo riposare, la piena dimensione di ciò che provavo nei suoi confronti e di ciò che avevamo costruito fino a quell’istante; i sensi di colpa, la paura, l’ansia della scelta del giusto e sbagliato smisero di attanagliarmi le viscere e ciò che accadde poi, fu solo la dimostrazione più alta di ciò che era nato.
Giusto o sbagliato perdono di significato quando l’amore ti ricorda che non ha sesso. Il sesso dell’amore è nell’anima di chi lo scopre ed i connotati fisici non delineano chi tu sia o chi sia il tuo destino, ma sviluppano solo la dimensione necessaria per individuare la materialità che ti conferisce uno spazio nel mondo. L’anima è altro, ed io amavo la sua anima più di ogni altra cosa. Il caldo di quel pomeriggio rendeva poi tutto quasi surreale, indefinito ma, nonostante un primo momento di imbarazzo, tutto quello che accadde tra di noi sapeva di così giusto e buono, da non lasciare spazio a niente che non fossimo “noi”.
Quei maledetti capelli continuavano a scivolare sul viso e, inumiditi dal sudore, non smettevano d’infastidirmi, alle volte anche coprendomi gli occhi; ma nonostante il fiato mancava tagliato da una passione così bruciante da far impallidire Amore e Psiche, e il dolore alle volte si faceva sentire tagliente come una lama, lui non smetteva di cercare quegli occhi neppure per un momento per cui con amorevole attenzione, all’occorrenza, li spostava indietro, così da potermi continuare a baciare ancora e ancora e ancora… Fare l’amore per la prima volta in vita tua, ti cambia, ora lo so. Non parlo di sesso fine a se stesso, l’atto che solitamente viene impiegato per perpetrare la tua specie nel mondo: quello ne avevo avuto quanto ne volevo fino a quel momento, senza riserve da alcuna compagnia avuta finora, sia di bell’aspetto che non.
Parlo di amore, quell’atto di una sonata stupenda che quando due persone interpretano assieme, crea musica attorno a loro.  Quel pomeriggio, io non ho mai smesso di udire una musica soave in lontananza perché ero musica, lì, con lui. Mentre lui non smetteva di carezzare i miei fianchi e io non potevo trattenermi dal baciare le sue spalle, adorato orizzonte dei miei eventi… , anche nel clou della nostra gioia, tutto ciò che vedevo era la bellezza di ciò che era e sarebbe da quel momento sempre stato.
Lui non smise un secondo di cercare i miei occhi quel pomeriggio. Quell’afoso, indistinto, unico pomeriggio. Io non avrei mai più smesso di cercare il suo. Storditi e stremati, alla fine ci accasciammo tra le lenzuola.
“…Per me era la prima volta…con… con…beh…” fece all’improvviso, prima di abbassare lo sguardo ed arrossire come il tramonto che si stava affacciando dalla finestra.
Gli presi una ciocca di capelli tra le dita prima di annuire e finire la sua frase “…Con te”.
Lo baciai con tutto l’amore che avevo, non potevo risparmiare a lui la parte migliore di ciò che ero e che potevo essere; tutto sarebbe stato sempre sopra le righe e lui doveva capire qual era adesso la stella polare che seguivo nei miei viaggi. 
   
 
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