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Autore: Prue786    08/06/2009    1 recensioni
Il sole, il mare, il relax... ci sono davvero tutti i presupposti per una splendida crociera, ma non è così che la pensa Nathan, in vacanza con i genitori. Sarà costretto a cambiare idea quando si ritroverà a scontrarsi con qualcosa che crede al di sopra delle proprie possibilità... e allora la noiosa crociera sarà solo un bel ricordo.
Genere: Generale, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 14- Capolinea

 

Il silenzio quasi innaturale lo fa rabbrividire lievemente. Teme di dover sentire il rumore di uno sparo da un momento all’altro, ma gli istanti passano e non succede nulla.

Sono passati diversi minuti da quando si è reso conto di essere di nuovo cosciente, ma non ha ancora avuto il coraggio di aprire gli occhi.

Un lieve scricchiolio alla sua sinistra fa rizzare le orecchie a Nathan, ma non succede nulla. Fa una smorfia e socchiude lentamente gli occhi che è costretto subito a chiudere a causa della luce che lo infastidisce.

“Nathan…?”

Una voce a poca distanza da lui lo chiama.

Apre la bocca e per qualche secondo non riesca a parlare.

Prova di nuovo a socchiudere gli occhi e nota la persona seduta accanto a sé: “Mamma…” Sussurra con un sorriso.

La donna si abbassa verso di lui e gli accarezza il viso: “Nat, come ti senti?”

Ha il viso un  po’ più magro di quanto ricordasse e sembra avere gli occhi lucidi.

“Ma quanto tempo è passato?” Pensa il ragazzo prima di rispondere: “Sto bene… credo…” Solo in quel momento prova a muovesi, avvertendo una fitta al fianco destro. Fa una smorfia: “Che mi hanno fatto?”

“I medici ti hanno ricucito la ferita… dopo aver tolto il proiettile…”

Nathan alza lo sguardo sulla madre che lo fissa con espressione radiosa nonostante non ci siano niente di divertente nella parole che ha appena pronunciato, e non riesce a dire nulla. Guarda altrove e rimane in silenzio mentre l’altra gli accarezza lentamente i capelli. Socchiude gli occhi mentre si lascia sfuggire un sospiro.

“Va tutto bene, Nat?”

Il giovane sorride: “Sì, mamma, non ti preoccupare… sono solo felice di essere qui… già…” Sussurra inspirando con una smorfia a causa del dolore al fianco: “Sono davvero tornato, sono lontano da quell’isola maledetta…” Pensa godendo del fresco delle lenzuola sulla pelle lasciata scoperta dall’indumento che gli è stato messo.

Il caldo, la sete, la stanchezza… la paura… ora gli sembrano solo dei brutti ricordi, come se tutto fosse stato solo un brutto incubo spazzato via dall’arrivo dell’alba. Tutto lontano, quasi incredibile..

“Mamma?”

“Si?”

“Da quanto tempo sono qui?”

“Sono passati quasi due giorni da quando ti hanno portato qui!”

Nathan socchiude gli occhi e annuisce.

La porta della stanza si apre e si chiude.

Il giovane gira lentamente la testa e un sorriso gli si dipinge in volto: “Ciao!” Sussurra.

“Nat… ti senti bene?” Chiede il padre che si affretta a raggiungere il letto.

Ride sommessamente mentre sussurra: “Pensavate di esservi liberai d me?”

I due adulti rimangono in silenzio e Nathan alza lo guardo su di loro: “Stavo… solo scherzando!” Bisbiglia con un sorriso tirato.

“Lo sappiamo, Nathan, non ti preoccupare!” Esclama la donna mentre il padre si siede sul bordo del letto.

La porta si apre attirando l’attenzione dei tre.

Una donna di mezza età in camice bianco entra nella stanza: “Buongiorno!” Esclama con voce nasale e senza aspettare una risposta si avvicina al letto e mette una mano sulla fronte di Nathan che le lancia un’occhiata confusa. Poi gli afferra il polso e lo tiene fra due dita controllando l’orologio. Passano gli istanti e il ragazzo comincia a  guardare l’infermiera con aria un po’ preoccupata finché questa non gli lascia il polso accennando un sorriso: “Sano come un pesce!” Esclama gettando un’occhiata alla flebo e alla bottiglia capovolta vicino al letto.

Nathan sospira con sollievo e si rilassa, abbandonando ancora di più la testa sul cuscino.

Chiude gli occhi e rimane ad ascoltare i genitori che parlano con l’infermiera senza dar peso alle loro parole. Si sente bene, in forma, nonostante abbia un lato del corpo ancora mezzo addormentato e dolorante. Sospira profondamente con qualche smorfia a causa delle fitte che derivano dalla sua azione e rimane fermo nel letto: “Pensavo che non sarei più riuscito a dormire su un materasso…” Sorride lievemente: “Che esagerato, dopotutto non ho dormito a terra neanche una settimana…” Nathan apre gli occhi di scatto e gira velocemente la testa di lato: “Dannaz…” Urla attirando l’attenzione dei tre adulti “No, niente, mi sono dimenticato che ho dolori su tutto il corpo!”

La madre gli si avvicina: “Hai bisogno di qualcosa?”

Il giovane annuisce lievemente: “Isabel…” Sussurra.

La donna lo guarda con aria interrogativa.

“Vuoi il cellulare? Devi chiamare qualcuno?” Si intromette il padre.

“No… quando… insieme a me c’era una bambina… Isabel….” Nathan sposta lo sguardo sui genitori: “Non so neanche se sta bene o no… anche se non credo che fosse ferita o roba del genere…”

“Nathan…” La donna lancia un’occhiata al marito.“Sei sicuro che ci sia…”

“Mamma, sono arrivato con Isabel su quella maledetta isola e sono rimasto con lei fino alla fine… no, non me lo sono immaginato!” Nathan si acciglia.

“E quanto anni ha questa bambina?” Chiede l’infermiera attirando l’attenzione dei tre.

“Eh… ha… ha quattro anni ed è bionda!”” Si affretta ad aggiungere il ragazzo.

“Nat, non è sicuro che…”

“Non vorrei sbagliarmi… quando sei arrivato qui ho visto un poliziotto… o cos’era lui, con una bambina in braccio… non mi ricordo se fosse bionda ma ti assicuro che piangeva come una forsennata!” La donna scuote la testa e sospira.

Nathan sorride di rimando: “Sa se è ancora qui?”

L’altra scuote la testa: “Non ti so dire, l’ho vista solo di sfuggita, ma non doveva aver nulla se è rimasta nell’atrio.

“Ah…” Il giovane si incupisce “Grazie…”

Nessuno parla per qualche secondo. Il silenzio viene rotto dalla voce dell’infermiera: “Se non avete altre domande, vado via…”

La donna lancia un’occhiata ai presenti e si avvicina al letto: “Tornerò tra un paio d’ore per un controllo!”

Nathan a stento la guarda mentre accenna di sì con la testa e l’altra si allontana uscendo dalla stanza.

“Uff…” Il giovane chiude gli occhi. La porta si apre nuovamente, ma stavolta non le presta attenzione.

“Salve!” Esclama una voce profonda.

Il ragazzo solleva leggermente le palpebre.

“Potrei parlare con vostro figlio… in privato?”

Nathan spalanca gli occhi e fissa la persona che sta parlando. “Sei…” comincia incrociando lo sguardo con quello dell’agente poco distante.

Quest’ultimo sorride: “Ti vedo in forma rispetto all’ultima volta…”

“Ma lei chi…?”

“Mamma, papà, posso parlare con lui da solo?” Chiede Nathan cercando di alzare la testa dal cuscino e riuscendo solo a fare una smorfia di dolore.

“Nat, sei sicuro? Possiamo anche…”

“No, papà! Non ti preoccupare, lo conosco!” Il giovane annuisce e i genitori lo guardano con aria perplessa.

“Noi rimaniamo qui fuori!” Si affretta a precisare il padre prima di uscire, preceduto dalla consorte.

“Vi ringrazio!” Esclama l’agente prima che chiudano la porta.

“Perché sei qui?” Chiede subito Nathan con aria sorpresa.

L’altro lo guarda e prende posto: “Come stai ragazzo?”

“Bene, credo… ma, perché…?”

“Dritto al punto, eh? Volevo vedere se te l’eri cavata!”

La risposta fa zittire il giovane che sposta lo sguardo e si sente vagamente stupido.

“Non pensavo ti avessero fatto un bel buco!” Esclama l’uomo accennando alla ferita del giovane: “Sei stato fortunato… non sai quanto dovrai restare qui?”

L’altro scuote la testa.

“Beh, il tempo di riprenderti, immagino…”

Nathan annuisce solo con la testa guardando il soffitto della stanza.

L’agente gli lancia un’occhiata indagatoria: “Ehi, ragazzo, tutto bene?”

Il giovane si volta a guardarlo con aria interrogativa.

“Perché?”

“Niente… lascia stare!” Sospira l’uomo prima di aggiungere, di fronte allo sguardo assente di Nathan “Pensavo che volessi sapere perché ti sei beccato quella pallottola…”

“Cosa?” Il giovane fa per sollevare la testa, ma l’altro alza una mano sghignazzando: “Fermo… ancora non sei in grado di alzarti!”

“Ma… prima mi hai detto… e poi…” Nathan respira profondamente per poi sorridere: “Ok, ok… cos’è successo, allora?”

L’altro incrocia le braccia al petto e chiude per qualche secondo gli occhi per aprirli di scatto: “Droga!” Dice in un sussurro.

“Che cosa?” Urla il giovane zittendosi di colpo. “Da… davvero?” Bisbiglia subito dopo con gli occhi puntati sull’uomo che si limita ad annuire.

“Sì, c’era un carico di droga sulla nave… fra poco sarà di dominio pubblico! Hai visto quelle cosse, sull’isola?”

Nathan annuisce: “Sì, certo… anche la sera dell’esplosione le ho viste più di una volta!”

“È con quelle che trasportavano il loro carico… stavo seguendo il caso da un paio di mesi… volevamo incastrare i pezzi grossi dell’organizzazione…”  L’uomo fissa il vuoto prima di voltarsi a guardare Nathan.

“E poi qualcuno ha mandato a monte la copertura!” Un sorriso tirato gli compare in viso ma lo sguardo di fa improvvisamente freddo.

Il giovane distoglie lo sguardo: “Mi dispiace…” Sussurra pieno di rammarico.

“Io non so come si può lasciare una bambina di quell’età da sola!”

Nathan rimane in silenzio mentre pensa tra sé: “Ero andato a cercare qualcosa da mangiare…” Deglutisce forzatamente all’ennesimo sospiro dell’uomo, ma poi gli viene in mante qualcosa. Alza lo sguardo e domanda: “Come sta Isabel?” 

L’altro fa spallucce: “Pensavo fosse tua sorella!”

Nathan sorride di rimando mentre l’agente si massaggia il collo guardando il soffitto con aria perplessa. “Ho continuato a dire a quella donna che anche suo figlio se la sarebbe cavata finché non sono arrivati i tuoi genitori!” Scuote la testa mentre il ragazzo scoppia in una risata.

“Sanno che ti sei preso cura della bambina…”

Nathan socchiude gli occhi, non capendo: “Chi?”

“Come chi? I suoi genitori!”

“Ah…” Il giovane sorride leggermente: “Già…” Sussurra a mezza voce: “Anche se in pochi giorni ho avuto più di un istinto omicida!” Pensa chiudendo gli occhi.

“Beh, ti lascio riposare prima che i tuoi genitori vengano a cacciarmi fuori!”

L’altro spalanca gli occhi: “Oh… sì… no, non è un problema, se…” Guarda l’agente che però si è già alzato.

“Stammi bene… e non ficcarti più nei guai!” Alza una mano in segno di saluto e fa un mezzo ghigno.

“Eh… oh, sì, certo… grazie!” Riesce a dire Nathan prima che l’uomo esca dalla stanza socchiudendo la porta,

Lo sente salutare i suoi genitori e sospira, guardando il soffitto. Passano i minuti e la vista diventa sempre meno chiara. Cerca di restare lucido, ma si rende conto che è una partita persa. Chiude gli occhi rilassando i muscoli e si lascia invade dal torpore e dal sonno.

 

“Sì, ha detto proprio così!” Sussurra una voce maschile.

Una risata soffocata e la voce di sua madre ribatte: “Dev’essere un amore!”

Nathan si muove leggermente nel letto, con gli occhi ancora chiusi.

“È a casa ora?” Chiede ancora la voce della madre.

“No, è con mia moglie, nell’ingresso dell’ospedale!”

Il giovane cerca di aprire gli occhi e questa volta nessuna luce li colpisce. Sbatte un po’ le palpebre mentre sente ancora sussurrare e si guarda intorno: la stanza è nella semioscurità e dalla finestra la luce entra fioca.

“Mamma!” chiama con voce impastata ma abbastanza forte da farsi sentire.

“Nat? Sei sveglio?”

Si sente chiede in un bisbiglio e percepisce una figura che gli si avvicina carezzandogli la fronte.

Annuisce e alza lentamente un braccio strofinandosi gli occhi.

Gira di poco la testa e vede vicino a sé la madre che gli sorride e poco distante il padre e un uomo sconosciuto che gli si avvicina di qualche passo.

“Ciao Nathan, come stai?” Gli chiede con voce gentile.

“Bene… ma…” Il ragazzo socchiude gli occhi cercando freneticamente nella sua memoria per riuscire ad associare quel volto stranamente familiare ad un nome.

“Sono il padre di Isabel!” Gli viene in aiuto l’altro allungando una mano verso di lui.

Nathan apre la bocca mentre gli stringe la mano: “Come mai è qui? È successo qualcosa? Isa sta bene, vero?” Chiede d’un fiato sollevando la testa dal cuscino.

L’altro si lascia sfuggire un sorriso: “Sta benone! Volevo ringraziarti per esserti preso cura di quella peste!”
Nathan arrossisce senza volerlo e borbotta un: “Si figuri!” Distogliendo lo sguardo.

Di colpo la camera viene illuminata dalla luce elettrica.

“Così va meglio!” Esclama il padre avvicinandosi poi al letto.

“Nathan, vuoi salutare Isabel?” Chiede la donna sedendosi sul letto.

“Ma non so se sia il caso, è ancora convalescente…”

“No!” Esclama il ragazzo: “Cioè, volevo dire sì! Può venire!”

“Ma…” Cerca ancora di ribattere il padre della bambina, ma Nathan continua: “Io sto bene… vorrei salutarla!” Aggiunge con un sorriso.

L’uomo si volta a guardare i genitori del ragazzo: “Allora vado a chiamare mia moglie…” Fa qualche passo indietro prima di voltarsi e lasciare la stanza.

I tre rimangono in silenzio e Nathan socchiude leggermente gli occhi prima che dal corridoio si cominci a sentire una voce squillante. Il ragazzo ridacchia e scuote la testa prima che la porta si apra attirando l’attenzione dei presenti.

L’uomo entra nella stanza e fa un cenno con la mano a qualcuno che non è ancora visibile: “Dai, vieni… cos’è ora non hai più la lingua?”

“Avanti, Isa, entra…” Dice una voce femminile.

Sulla soglia si vede una bambina bionda con i capelli legati in due codini.

Nathan sorride nel vedere Isabel che, ferma vicino alla porta, gli lancia occhiate furtive, dondolandosi sul posto.

“Ciao Isabel… ti ricordi di me?”  Domanda il giovane guardandola con aria divertita.

La bambina si acciglia, ma annuisce con la testa mentre la madre le si accoccola vicino: “Isa, perché non vai a salutare quel bel giovanotto? Chiedigli come si chiama!”

Isabel arriccia le labbra e borbotta: “Si chiama Nathan!”

“Allora lo conosci! Vai a salutarlo…” La donna la spinge dolcemente in avanti e la piccola si avvicina lentamente al letto continuando a fissare il giovane con aria contrariata.

“Ciao!” Esclama nuovamente Nathan quando gli è di fronte.

“Sei malato?” Chiede l’altra posando una mano sul lenzuolo bianco.

“Un po’, ma guarisco presto!”

“E ti fa tanto male?”

Il ragazzo esita qualche istante prima di rispondere: “No, non mi fa tanto male…” Sussurra abbassando per un attimo lo sguardo.

“Quando guarisci vieni a giocare con me e Desirée ?”

La domanda fa sorridere Nathan: “Tu non dimentichi nulla, eh?”

Isabel lo fissa e scuote la testa poi, facendo un respiro: “Hai detto che vieni a giocare che tu eri il papà e io la figlia piccola e Desirèe quella grande!” Sputa fuori tutto d’un fiato.

Il giovane sgrana gli occhi cominciando a ridacchiare.

Isabel lo fissa e sorride anche lei mentre il ragazzo continua a ridere e alza una mano a scompigliarle leggermente i capelli. “Verrò sicuramente a giocare con te! Basta che mi avvisi la prossima volta che vai in crociera!”

 

Fine

 

 

 

Note: ehhh sì, siamo arrivati alla fine di questa avventura^^ (“Era ora!” direbbe Nathan XD) spero che la storia sia stata di vostro gradimento e nel salutarvi ringrazio di cuore chi ha letto e chi mi ha supportata (e sopportata XD)  durante la stesura!!!

Alla prossima!!!

Prue

 

 

 

 

per Araluna: ed eccoci qui!!! Ehhh già, purtroppo il nostro Texas ranger non ha voluto fare da comparsa XD (“O protagonista o niente!” mi ha detto XD) Comunque, alla fine, i nostri piccoli “eroi” sono riusciti a tornare a casa… con un aiutino^^ ma l’importante è il risultato! (non credo che Nathan si azzarderà più a fare un crociera^^;;;) Con questo è davvero tutto! Ti ringrazio nuovamente per il supporto^^ Baci baci!

   
 
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