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Autore: AlnyFMillen    28/04/2017    4 recensioni
"Sta tranquilla, Ladybug. Va tutto bene. I miei occhi sono sempre rimasti chiusi, non ho visto nulla"
Desiderava più di qualunque altra cosa sapere chi in realtà si celasse dietro la maschera a pois neri che tanto lo aveva conquistato, credeva fosse quello lo scopo più grande cui bramava. Eppure solo ora... Solo ora capiva quanto si stesse sbagliando.
"Non sei pronta e va bene. Sono qui, ci sarò sempre: quando e se mi vorrai, resterò al tuo fianco"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quanto di più sbagliato 

[Adrien]

 

 

 

 

«Sta tranquilla, Ladybug. Va tutto bene. I miei occhi sono sempre rimasti chiusi, non ho visto nulla».

La strinse più a sé, mentre una scia luminosa percorreva il volto della ragazza. Pur lontano dalla sua vista, lo sguardo di lei bruciava.  E lo percepì subito, il bruciore di quello sguardo, il fuoco che divampando aveva preso la forma d'acqua. Fu alla liberazione d'una lacrima, poi d'un'altra e una ancora. Credette di piangere egli stesso ed ebbe la sensazione che, se soltanto avessero voluto, entrambi avrebbero potuto annegare nel mare  bagnato delle loro guance. 

Bastava quello, rifletté. Bastava averla accanto, accoccolata fra le sue braccia. Il resto non importava: avrebbe atteso, pazientato fin quando non sarebbe stata lei stessa, con volontà propria, a rivelargli la propria identità. Desiderava più di qualunque altra cosa sapere chi in realtà si celasse dietro la maschera a pois che tanto lo aveva conquistato, credeva fosse quello il fine più alto a cui avesse mai voluto arrivare.

Eppure, solo in quel momento, capiva quanto in realtà si stesse sbagliando. 

"Devo scoprire chi è Ladybug". Era una certezza che la sua mente aveva costruito come a rassicurarlo, a donargli un fine ultimo; era quanto di più sbagliato avesse mai potuto pensare. Una bugia stupida, plausibile, ma falsa. La verità era ben diversa.

Non doveva sapere, ma semplicemente capire.

Non voleva renderla sua, ma farla felice

Non gli serviva Ladybug, aveva un estremo bisogno di lei, lei e solo lei — con o senza l'aria da beniamina.

Che ci fosse anche dell'altro era ovvio, il suo stesso essere un uomo gli impediva di eliminare i pensieri, via via sempre più pressanti. Tuttavia, Chat Noir  — Adrien — passava ovviamente in secondo piano di fronte alle necessità della ragazza. Poteva calpestare l'orgoglio, mettere da parte i problemi, le ansie di tutti i giorni; ingoiare l'amaro, ricacciare i sentimenti e la curiosità: tutto pur di renderle ciò che meritava.

«Non sei pronta e va bene. È tutto okay», sussurrò, poggiando il mento sui capelli corvini dell'altra.

Le carezzò lentamente le spalle, cercando di calmare i singhiozzi che avevano preso a scuoterla, e circondò la vita sottile col braccio libero. Un gesto caldo, privo di malizia. 

Lei si sistemò meglio tra le sue gambe, intenzionata a rendersi il più piccola possibile, ma agendo in tal modo fece urtare la schiena del ragazzo con il muro antistante. 

Chat represse una smorfia di dolore, le labbra strette sino a divenire una pallida linea sottile. Non voleva si accorgesse che la brutta ferita alla base della schiena era tornata a pulsare. Attese qualche attimo, tempo di riprendere il controllo sul proprio corpo e accantonare il dolore cieco che aveva fatto stringere gli occhi all'inverosimile. Poi salì, con dita più leggere di una farfalla, fino al capo della Lady.  

Scivolò sino alle orecchie e prese il piccolo volto fra le mani. Poggiò la fronte contro quella dell'altra — sentiva il suo respiro appena più veloce infrangersi sulle labbra — e passò ripetutamente i pollici sulle gote di lei, in un movimento lento e ripetitivo. Piano, terrorizzato all'idea che qualunque movimento brusco, benché minimo, potesse turbarla.

«Non piangere, non ce n'è bisogno».

La tentazione di schiudere le palpebre era forte, quasi insopportabile, ma non lo sfiorò minimamente l'idea di assecondarla. 

Mai si sarebbe perdonato un simile gesto, sentendola tanto indifesa e fragile. Pari ad un cristallo troppo prezioso e sottile poggiato imprudentemente nei palmi delle sue mani, grandi in confronto a quelle di lei strette attorno alla maglia nera. Una pressione e sarebbe andata in pezzi. Non aveva intenzione di permetterlo, non proprio ora che aveva così bisogno del suo supporto. Doveva tenere a bada il potere della distruzione, non poteva frantumarla. Non poteva, non come...

Papillon.

No, non doveva. Non doveva pensarci, non doveva romperla. Lui era diverso.

Non poi così tanto.

Lui...

E se non ci fosse stato il bacio?

Il bacio. Al solo pensarci la testa gli doleva da far male, più di quanto non facesse già di per sé; proprio come nell'istante in cui aveva creduto di star per crollare, il momento in cui qualcosa era scattato. L'attimo in cui il suo sguardo, sempre pieno di gioia e genuina contentezza, s'era fatto vuoto, spento dalla crudele realtà.

Padre.

Era sempre stato lì, sotto il loro naso: il nemico di una vita, colui che mirava a distruggerli. 

Due genitori persi in così poco tempo era più di quanto un ragazzo della sua età potesse sopportare.

E mentre lui restava perso nel vuoto della propria mente, Ladybug aveva intuito la gravità della situazione, seppure non nella sua interezza. Le iridi celesti erano state attraversate da un lampo di consapevolezza. Poi tristezza, pena. Si era sporta nel mezzo della battaglia e gli aveva stampato un bacio a fior di labbra.

Per un attimo, un solo misero attimo, nonostante il fragore del combattimento, Chat Noir era stato più che sicuro di poter toccare il cielo con un dito. Nemmeno pochi secondi dopo, però, la sensazione s'era dissolta. 

Un bacio, uno come quello, era privo completamente di significato. Sarebbe stato meglio uno schiaffo. L'altruismo che albergava nel cuore della ragazza era così immenso da non poter permettere alle persone, specialmente coloro cui teneva davvero, di soffrire. Non c'era altro dietro quell'incontro di labbra, solo compassione.

La vittoria si stagliava imminente, Ladybug aveva bisogno del suo compagno di squadra. Quello che non aveva paura di prendere in giro i malviventi, che si divertiva con battutine da quattro soldi: il solito vecchio Chat. Null'altro.

Non aveva avuto il tempo di riflettere che lei si era allontanata e gli eventi avevano ripreso a rincorsi tra loro.

Lo scontro, la scomparsa, il suono di un Miraculous.

«Chat», balbettò Marinette tentando di controllare i singulti e pronunciare il suo nome.

«Sono qui, My Lady, sono qui» 

E ti amo.

No, non lo avrebbe detto. Se così avesse fatto, il precario equilibrio della ragazza sarebbe precipitato. Metterla nella posizione di trattare con sentimenti tanto importanti, per una volta messi a nudo con serietà, era assai scorretto considerando la situazione in cui si trovavano.

«Sono qui, ci sarò sempre: quando e se mi vorrai, resterò al tuo fianco».

Era il meglio che poteva fare, era gran parte della verità. Continuare a proteggerla sempre: quello sarebbe stato lo scopo della sua vita. Non c'era motivo di provare risentimento nei suoi confronti, di pensare egoisticamente a se stesso.

«Scusa», mormorò ancora lei, poggiando il viso sulla sua spalla.

«Non c'è motivo di scusarsi, non devi».

«Sì, invece».

Trovò la forza, da qualche parte, di emettere un risolino. Le poggiò una mano sui capelli, carezzandoli ripetutamente.

«Testarda di una coccinella».

Gli sembrò che anche le spalle di lei fossero scosse da un movimento diverso rispetto a quello che le lacrime provocavano, ma subito quello si arrestò, come smorzato sul colpo.

«Cosa c'è? Ti fa male qualcosa?», le chiese subito, allarmato. Non poter verificare le condizioni della sua amata lo stava corrodendo, senza l'uso della vista era inutile. 

Provò allora a sfiorarle lievemente la schiena e le braccia, così da constatare la presenza di eventuali ferite. Arrivato alla spalla destra, percepì stoffa bagnata e odore metallico. La sentì sussultare e reprimere a stento un gemito di dolore.

«La caviglia», confessò allora Ladybug con voce rotta, allontanando debolmente la mano del biondo per sviare ulteriori sospetti. «Credo sia fratturata».

«Devo portarti in ospedale», dichiarò lui risoluto.

Fece per alzarsi, digrignò i denti, ricadendo rovinosamente a terra. Le gambe non lo tenevano, dannazione! La ferita non faceva che aggravare la situazione e, doveva ammetterlo, il peso della ragazza non aiutava di certo.

«No!», gridò Marinette, un'imposizione talmente decisa in confronto ai sussurri che aveva utilizzato fin a quel momento da bloccare ogni suo scarso tentativo di assumere una posizione eretta.

«Ladybug?», chiese, inarcando un sopracciglio. Certo, se avesse avuto gli occhi aperti sarebbe stato tutto più facile.

«La polizia sarà qui a momenti...», come ad avvalorare l'ipotesi, dei rumori lontani provenienti da qualche metro sotto di loro le fecero eco. «Ecco, vedi? Probabilmente ci hanno trovati».

«Non-»

«Non puoi correre alla cieca per tutta Parigi. Sei nelle mie stesse condizioni, se non peggio, ed io ti rallenterei parecchio. Ci rintraccerebbero in pochi minuti».

«Tu-»

«Sì, Chat. Sarei un peso inutile. Ho problemi a camminare e non credo di potermi trasformare al momento. Aspettiamo, per favore».

Ci fu un attimo di silenzio, poi il ragazzo annuì lentamente. Era tornata ad essere la leader di sempre.

«Come la mia signora desidera», sussurrò, incerto ma fiducioso.

Si portò una mano sulla fronte, improvvisamente stanco. Lo stress accumulato nella giornata cominciava finalmente a farsi sentire. Lentamente, rilassò le spalle ed il dolore fisico, ma soprattutto psicologico, lo travolse come un fiume in piena. Così, con gli occhi chiusi ed il nulla più completo a fargli compagnia, era una facile preda per gli incubi. 

Deglutì a vuoto.

"Papillon è Gabriel Agreste?"

«Chat?».

"Chat Noir, coprimi!"

Era la sua Lady a chiamarlo, avrebbe riconosciuto la voce tra mille. Ma quale delle due? Non riusciva a capirlo.

"Perché l'hai fatto?"

"Non sono affari che riguardano un ragazzino impertinente come te".

«Chat Noir!».

A chi avrebbe dovuto rispondere? Non lo sapeva.

"Papillon!"

"Lascia stare Chat, è svenuto".

«Rispondimi, ti prego».

"Devo andarmene, non rimane molto tempo".

"My Lady ragiona, non sei nelle condizioni".

«Chat...».

"Ma così riveleremo le nostre identità!"

"Non ho utilizzato Cataclisma, posso rimanere trasformato. Inoltre terrò gli occhi chiusi, lo giuro".

   
 
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