Serie TV > The 100
Segui la storia  |       
Autore: arangirl    30/04/2017    7 recensioni
Fan fiction partecipante al contest History!AU del gruppo CLEXA/ELYCIA/LEXARK Gruppo di SUPPORTO italiano
Pur di ricevere un'istruzione e diventare guaritrice, Clarke ha rinunciato al suo titolo nobiliare ed è entrata in convento, prendendo i voti. Pensava di essere pronta ad iniziare una nuova vita, ma nulla avrebbe potuto prepararla ad essere rapita dai vichinghi, pronti a tutto pur di salvare il loro Jarl, gravemente ferito. Catapultata in una cultura completamente diversa dalla sua, divisa tra curiosità e timore, Clarke si troverà presto affascinata da questo misterioso popolo e dal loro altrettanto misterioso Comandante.
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Clarke Griffin, Lexa, Octavia Blake, Raven Reyes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Clarke… Clarke.” Clarke alzò la testa, svegliandosi lentamente da un sogno che scappò dalla sua mente, lasciandola non appena aprì gli occhi; la realtà era ancora meglio pensò, incrociando il suo sguardo con quello di Lexa.
 
 


“Cosa ci fai qui Clarke?” Lexa le sorrise, e Clarke scosse la testa “Sai, volevo essere al tuo capezzale, pronta a sgridarti per aver fatto l’ennesima stupidaggine.” Lexa rise nel sentire Clarke rievocare le sue parole, ma quando il suo sguardo cadde sul suo braccio la sua espressione s’incupì.
 
 


“Cos’è successo dopo che sono svenuta? Chi ti ha fatto questo?” Clarke si era ricucita la ferita con l’aiuto di Raven la sera prima, ma non aveva ancora avuto modo di lavarsi il sangue di dosso, e il suo braccio non aveva un aspetto molto gradevole.
 
 


“E’ stata Nia…” Gli occhi di Lexa scintillarono pieni di rabbia “Com’è possibile che ti abbia raggiunto?” “Veramente è stata la nostra Clarke a correrle incontro.” Entrambe sussultarono nel sentire la voce di Anya, che sorrideva sulla porta “E’ un piacere vederti di nuovo tra noi mio Jarl…” Lexa ignorò il tono canzonatorio di Anya “Che cosa intendi per correrle incontro?”
 
 


“Quando Clarke ha visto Nia dirigersi verso di te con la spada sguainata si è gettata nell’arena con lo spirito di una vera vichinga e l’ha affrontata.” Lexa guardò Clarke negli occhi, mentre una luce del tutto diversa da quella di prima li animava “Hai ucciso Nia per me?” Prima che Clarke potesse risponderle Raven arrivò dietro Anya, un sorriso irriverente in volto “No, Clarke ha fatto schifo! Senza offesa Clarke… Stava per farsi ammazzare, poi sono arrivata io e ho salvato la situazione.”
 
 


“Non ho fatto schifo!” Clarke arrossì e Raven le andò vicino, stringendole la spalla “Va bene, sei stata brava per tipo… dieci secondi. Almeno hai evitato che la vecchia pazza uccidesse Lexa.” Lexa le sorrise “Mi hai salvato la vita… di nuovo. Smetterò mai di essere in debito con te, Clarke?”
 
 


“Non sono sicura… ma puoi provarci.” Il loro sguardo s’incontrò di nuovo, e questa volta Clarke provò solo un’infinita gioia nel vederla viva e vegeta, accanto a lei. “Anya… forse è il caso di andare.” Raven prese l’altra donna per mano, e sparirono insieme dalla stanza.
 
 


La mano di Lexa scivolò verso quella di Clarke, e lei non esitò a intrecciare le loro dita “Penso che dovremmo parlare…” “Sì” Clarke annuì “Ma non adesso. Adesso voglio solo starti vicino.” Lexa annuì e si spostò, lasciando spazio a Clarke nel letto. Clarke si sdraiò accanto a lei, appoggiando la testa sulla spalla di Lexa, facendo attenzione a non toccare nessuna delle sue ferite, e rimasero a lungo in silenzio, semplicemente felici di essere insieme.
 
*
 

“Sei sicura di farcela Lexa?” Lexa annuì, incamminandosi verso il bosco “E’ una settimana che tu e Raven mi tenete a letto, non vedevo l’ora di uscire.” Il sole era alto nel cielo e la giornata limpida e luminosa, e Clarke respirò a pieni polmoni l’aria fresca che profumava già di primavera. Seguì Lexa, e insieme camminarono fianco a fianco alla ricerca delle erbe di cui Clarke aveva bisogno. Dopo la brusca interruzione della settimana prima, Clarke aveva bisogno di nuove scorte e, quando aveva chiesto a Lexa di accompagnarla, la donna aveva accettato volentieri.
 
 


La ferita alla testa di Lexa le aveva impedito di alzarsi per qualche giorno, ma Clarke voleva essere sicura che stesse bene, che le ferite non s’infettassero e che si rimettesse completamente. Il villaggio era ancora in subbuglio per gli ultimi avvenimenti, e Lexa aveva bisogno di riposo. A Clarke non era dispiaciuto passare nuovamente del tempo con Lexa da sola, anche se entrambe avevano evitato di parlare degli eventi della notte che le aveva allontanate, come se aspettassero il momento giusto per affrontare l’argomento.
 
 


Come se le avesse letto nel pensiero, Lexa iniziò a parlare mentre camminavano una accanto all’altra nel sentiero “Clarke… quello che è successo tra noi, non deve per forza essere così, non volevo obbligarti a fare nulla…” Clarke la bloccò, stringendole la mano “Non mi hai obbligata a fare nulla Lexa. Io… io volevo baciarti.” Il solo pensiero del loro bacio la fece arrossire “Ma non ero pronta. Per tutta la vita mi è stato insegnato che provare i sentimenti che provo per te è sbagliato…” Lexa sembrò trattenere il respiro per un momento dopo la sua affermazione “E tu pensi che abbiano ragione?”
 
 


Clarke la guardò negli occhi mentre cercava di mettere in ordine tutti i pensieri che le occupavano la mente “Non riesco a credere che ci sia qualcosa di sbagliato in quello che provo per te.” Clarke spostò lo sguardo, chiudendo gli occhi per un momento “Ma non è facile per me… Tutto quello che era la mia vita sembra essere stato spazzato via. Non sono mai stata così libera come lo sono stata qui, così felice…” Clarke spostò di nuovo lo sguardo su Lexa, che le sorrise “E nonostante sia quello che ho sempre desiderato, mi fa paura. Perché sento di non essere più la persona che ero all’inizio di questo viaggio e… temo di non sapere più chi sono.”
 
 


“Posso dirti chi sei per me Clarke.” Lexa si fermò, la mano ancora stretta nella sua “Sei la donna che mi ha salvato la vita, nonostante io fossi un nemico, sei la persona che ha aiutato il mio villaggio nonostante ti avessimo rapito, e ancora hai salvato me, eliminando la minaccia più grande che io abbia mai affrontato, la donna che ha distrutto la mia famiglia… Sei curiosa, intraprendente, generosa… la persona più coraggiosa che io conosca, e la più testarda…” Clarke sorrise nonostante sentisse gli occhi diventare lucidi; le parole di Lexa le stavano riempiendo il cuore “Sei la persona che vorrei al mio fianco.”
 
 


Lexa sussurrò le ultime parole, accarezzando il volto di Clarke, e lei le sorrise; per la prima volta da quando era arrivata a Polis, Clarke si sentì veramente a casa. “Lo so che è quasi primavera, e se vorrai tornare a casa, non ti fermerò… Ma speravo che tu…” Clarke tolse Lexa dall’impaccio di finire la frase, baciandola con delicatezza “Voglio restare. Quando ti ho visto a terra durante lo scontro con Nia, l’idea di perderti… “ Clarke scosse la testa “Voglio restare con te.”
 
 


Lexa la strinse a sé, un sorriso meraviglioso in volto, e la baciò di nuovo, una mano immersa nei suoi capelli mentre con l’altra le cingeva la vita. Il bacio lasciò Clarke senza fiato, tanta era la passione che sentiva per Lexa, il desiderio che si era vietata di provare in precedenza, nascondendolo in un angolo della sua mente. Si staccò da lei, guardandola negli occhi “Forse dovremmo tornare…” L’espressione raggiante di Lexa calò per un istante “Certo, scusami io non volevo esagerare e…” Clarke le appoggiò un dito sulle labbra, zittendola “Intendevo dire che forse è meglio andare in un posto più appartato. Pensa se ci vedesse qualcuno… tipo Anya, ci prenderebbe in giro per il prossimo secolo.”
 
 


Lexa rise e si staccò da lei, prendendola per mano e incamminandosi a passo sicuro verso il villaggio “Ho come l’impressione che lo farà comunque.”
 
 
*
 
 

Sdraiata sul letto di Lexa, coperta solo da alcune pellicce, ascoltando il suono regolare del respiro della donna accanto a lei, Clarke pensò di non essersi mai sentita così felice. Prima di Lexa tutte le esperienze che aveva avuto con altre persone erano stati un paio di baci che si era scambiata con uno dei paggi del suo patrigno, anni prima, che non potevano minimante essere paragonati ai baci di Lexa.
 
 


Quando Lexa aveva iniziato a toglierle i vestiti con delicatezza i dubbi morali che l’avevano fermata la volta precedente furono sostituiti da dubbi di altro genere; e se Lexa non l’avesse trovata abbastanza bella? O capace? Clarke non aveva mai visto Lexa in compagnia di altre donne o uomini, ma doveva per forza essere più esperta di Clarke. Però, quando aveva visto lo sguardo di Lexa, aveva capito che non aveva nulla di cui preoccuparsi.
 
 


Si era resa conto in quel momento che Lexa l’aveva sempre guardata così, con quel misto di ammirazione e meraviglia negli occhi, questa volta accompagnati da un desiderio che Lexa non si premurava più di nascondere. Si era concessa di toccare Lexa a sua volta, esplorando con mani tremanti la pelle di lei, le morbide curve del suo corpo che solitamente nascondeva dietro una corazza. Più il tempo passava, più si era sentita audace nei suoi movimenti,  trovandosi a tracciare con la punta delle dita le cicatrici di Lexa ora che anche lei si era liberata dai vestiti.
 
 


Quando aveva toccato la cicatrice sulla spalla destra della donna, Lexa aveva sorriso “E’ la mia cicatrice preferita.” Clarke aveva posato un bacio al centro della ferita, per poi sorriderle “E perché mai?” Lexa l’aveva sollevata da terra e portata nel letto, lasciandola per un attimo senza fiato “Mi ci sono affezionata, è quella che ci ha messo più tempo a guarire…” Gli insulti che stavano per uscire dalle labbra di Clarke furono interrotti da quelle di Lexa, e da quel momento in poi Clarke aveva perso completamente la percezione della realtà intorno a lei.
 
 


Ripensandoci in quel momento si ricordava tutto quello che riguardava Lexa con precisione assoluta, i baci che aveva lasciato sul suo corpo, il tocco delle sue mani, il suo profumo, i suoi capelli, il momento in cui era entrata in lei, togliendole il respiro, il modo in cui l’aveva stretta tra le braccia per tutto il tempo, per farle capire che non era più sola… Del resto del mondo sembrava essersi dimenticata, tanto da non riuscire più a capire che ora fosse in quel momento.  
 
 


Lexa le sfiorò il collo con un bacio, riportandola alla realtà, e si girò per incontrare il suo sguardo assonnato. I capelli di Lexa erano in disordine, le trecce di solito curate e perfette erano state scompigliate dalle mani di Clarke, e ora ciuffi di capelli ribelli cadevano sul volto del temibile Jarl di Polis. Clarke le sorrise e le diede un leggero bacio sulle labbra mentre le sue mani tracciavano i contorni del tatuaggio che Lexa portava sul braccio destro “Hai dormito bene?” Oh, quindi era mattina.
 
 


Clarke si sistemò meglio tra le braccia di Lexa, cercando più contatto possibile con la pelle nuda di lei “Non ricordo di aver dormito molto…” Clarke fece per catturare di nuovo le labbra di Lexa con le sue, ma furono interrotte dal rumore di pugni sulla porta. Lexa non fece in tempo a parlare che la porta si aprì, e Anya entrò nella stanza senza essere invitata.
 
 


Clarke si coprì con una delle pelli, e Lexa alzò gli occhi al cielo “Anya… nessuno ti ha insegnato che è sgarbato entrare senza permesso…” L’espressione cupa di Anya la fece fermare a metà della frase “Lexa… Abbiamo un problema.”
 
*
 

Lexa osservò l’uomo davanti a lei con un misto di rabbia e timore. Temeva che quel giorno sarebbe arrivato, ma aveva abbandonato il pensiero in un angolo della sua mente, fingendo che il problema non esistesse, che nulla avrebbe potuto disturbare la fragile serenità che aveva tanto faticato a costruirsi.
 
 


L’uomo, i folti capelli lunghi ancora sporchi dal viaggio, la veste che lasciava intendere nobili natali, le parlò con espressione dura “Sono venuto qui dal Wessex, e porto un messaggio da Re Wallace.” Lexa annuì, cercando di non far trasparire i suoi sentimenti dal tono della voce “Siete il benvenuto nella mia casa. Prego, riferitemi il messaggio del vostro sovrano.”
 
 


L’uomo si schiarì la voce, guardandola con diffidenza “Il mio sovrano vi ha concesso dei territori nella nostra regione come offerta di pace…”
 
 


“E’ stato costretto a offrirceli, stavamo per decimare il suo esercito.” Anya interruppe il messaggero con espressione infastidita, ma Lexa alzò una mano nella sua direzione “Lascialo parlare Anya.” L’uomo riprese, guardando Lexa negli occhi “Il mio sovrano ha accettato in buona fede i vostri accordi, pensando di poter finalmente porre fine alle controversie che da anni ci sono tra i nostri due popoli. Ma solo alcuni giorni dopo la vostra trattativa di pace, siamo venuti a sapere che voi e i vostri uomini avete attaccato uno dei nostri villaggi, e rapito una delle nobili figlie della corte del Re.”
 
 


Lo stomaco di Lexa si chiuse al pensiero di Clarke, ma cercò di restare impassibile “L’inverno ci ha impedito di raggiungervi prima, ma ora il mio sovrano v’impone la restituzione della ragazza in piena salute, oppure il vostro popolo non sarà più il benvenuto nelle nostre coste, e saremo costretti a dichiararvi guerra.”
 
 


Lexa annuì, cercando di ignorare il peso che sentì caderle addosso a quelle parole “Per prima cosa volevo dirvi che mi dispiace sinceramente per ciò che è successo con Cl… la ragazza.” L’espressione dell’uomo si aprì leggermente nel sentire l’errore di Lexa “Ero stata gravemente ferita nell’ultima battaglia, e mi serviva un guaritore. La vostra nobile era la mia ultima possibilità di sopravvivere, e mantenere in vita la fragile pace che avevamo appena stretto. Il vostro sovrano sa bene che sono una dei pochi capi vichinghi incline alle trattative.”
 


 
L’uomo annuì “Proprio per questo il mio re mi ha mandato per cercare di risolvere la cosa in modo pacifico prima di ricorrere alle maniere forti. Sembra che voi conosciate bene Clarke dunque…” Lexa prese un respiro profondo “E’ rimasta ospite del mio villaggio per questi mesi. Avevamo intenzione di riportarla a casa non appena l’inverno fosse finito.” La voce di Lexa tremò leggermente nel finire la frase, le parole che si erano dette il giorno prima ancora vive nella sua mente.
 
 


L’uomo sembrò rilassarsi visibilmente a quell’affermazione “Vorrei vederla…” Lexa annuì, facendo un cenno con il capo ad Anya, che tornò verso le sue stanze, per prendere Clarke, lanciandole uno sguardo dubbioso. Lexa pensò a come l’aveva lasciata, ancora nuda nel suo letto, il sorriso luminoso che le aveva rivolto al suo risveglio, a come Lexa si era sentita nell’averla accanto, nell’addormentarsi e svegliarsi tra le sue braccia.
 
 


Lexa scosse la testa, cercando di allontanare quei pensieri; non poteva permettersi distrazioni in una situazione così delicata. “Eravamo tutti molto preoccupati.” La voce dell’uomo la riportò al presente “La madre di Clarke era distrutta al pensiero della figlia persa tra…” L’uomo non finì la frase, ma Lexa capì cosa intendeva: persa tra un mucchio di barbari incivili. “Io credo invece che voi siate un capo molto capace” continuò l’uomo, cogliendola di sorpresa “Sono rimasto molto colpito dal discorso che avete rivolto al mio re durante i trattati di pace, della vostra conoscenza della nostra lingua e cultura. Ero certo che ci fosse qualcosa dietro al rapimento di Clarke, sono felice di non essere stato smentito.”
 
 


Lexa fece per rispondere, ma fu interrotta dall’arrivo di Clarke, che spalancò gli occhi nel vedere il loro ospite “Marcus!” L’uomo le rispose con un sorriso pieno di sollievo e Clarke si gettò letteralmente tra le sue braccia. Lexa sentì un moto di gelosia nel vedere il modo in cui gli occhi di Clarke brillavano mentre abbracciava il messaggero di re Wallace, nel modo in cui lui la stringeva a sé; che ci fossero cose su cui Clarke le aveva mentito?
 
 


Ma Clarke si girò a guardarla, il sorriso ancora vivo in volto “Lexa, questo è il duca Marcus Kane, il mio patrigno.” L’uomo spalancò gli occhi dallo stupore nel sentire Clarke parlare la loro lingua, e Lexa annuì, sollevata dalla rivelazione, ora tutto aveva più senso. “E’ un piacere conoscervi duca Kane. Come potete vedere, Clarke è in perfetta salute.” Marcus annuì e strinse il braccio di Clarke “Sono davvero contento di vederti Clarke… Tua madre sarà così felice di sapere che stai bene, era distrutta all’idea di quello che poteva esserti successo.”
 
 


“Lei sta bene?” L’uomo annuì, per poi guardare Clarke più attentamente, i vestiti e i capelli portati come volevano i loro costumi “Vedo che hai rinunciato alla tonaca…” Clarke arrossì leggermente “Non ne avevano di ricambio qui, stranamente. Era più comodo svolgere il mio lavoro vestita così.”
 
 


“Lavoro?” Lo sguardo di Marcus passò da Clarke a Lexa, e Lexa annuì “Clarke è stata essenziale per noi quest’inverno. Ha salvato molti dei miei uomini diventando la nostra guaritrice.” Clarke le sorrise, e Lexa cercò di non pensare a ciò che sarebbe successo da lì a poco.
 
 


“Ottimo Clarke, hai sempre desiderato imparare le arti mediche, vero? Sono sicuro che potrai continuare a farlo anche a casa.” Il sorriso di Clarke si spense all’istante, come se non avesse compreso a pieno fino a quel momento le implicazioni che la presenza del patrigno comportavano. “A casa?”
 
 


“Certo, ora che il mare è di nuovo percorribile non c’è motivo per te di rimanere qui. Tua madre ti aspetta.” Clarke abbassò lo sguardo per un attimo, per poi rivolgerlo a Lexa con espressione confusa. Lexa cercò di parlare, ma nessun suono uscì dalle sue labbra.
 
 


“Ma io sono felice qui.” La frase di Clarke ruppe il silenzio, e l’espressione di Marcus si fece più confusa che mai “Felice? Clarke… questo non è il tuo posto. Devi tornare in convento, o a casa con me e tua madre se hai avuto dei ripensamenti riguardo alla tua vocazione.” Aveva detto l’ultima frase in modo conciliatorio, come se pensasse fosse quella la ragione dell’esitazione di Clarke.
 
 


“No Marcus io… io voglio restare qui.” Marcus spostò lo sguardo su Lexa con espressione irata “Che cosa le avete fatto?” Ma prima che Lexa potesse parlare Clarke rispose per lei “Lei non ha fatto niente. Sono io che voglio restare qui. Ho degli amici, dei pazienti che contano su di me… Ho… qualcosa d’importante qui.”
 
 


Il respiro di Lexa si bloccò a quell’affermazione, sapeva che Clarke si stava riferendo a lei; come se non bastasse, la ragazza spostò il suo sguardo dal patrigno a lei, pregandola con intensità disarmante di prendere le sue parti, di dire qualcosa in suo favore. Ma Lexa rimase come bloccata, incapace di pronunciarsi al pensiero della fragile pace che era diventata la posta in gioco di quell’incontro. Una parte di lei avrebbe voluto chiamare i suoi uomini e ordinare loro di portare Marcus e tutti gli inglesi dritti alla loro barca, rispedendoli a casa senza Clarke, intimandogli di non venire mai più sulle loro sponde ad ordinare ad uno Jarl cosa fare.
 
 


Presa dai suoi pensieri, non si era accorta che Marcus aveva ripreso a parlare “Anche se volessi Clarke, non potrei lasciarti qui, non dipende da me. Il Re in persona ha ordinato il tuo ritorno nel Wessex… Il principe Cage mi ha persino chiesto di prenderti in moglie Clarke. Non devi accettare, sai che non ti forzerei mai, ma pensa, potresti diventare regina.” Il viso di Marcus si era illuminato all’idea, mentre il volto di Clarke si era fatto pallido come se la sola prospettiva di quello che il patrigno le aveva detto l’avesse uccisa sul colpo. Lexa strinse le mani sui poggioli del suo trono, tanto da farsi male, al pensiero di Clarke data in sposa a un altro, ma ancora rimase in silenzio, incapace di prendere una posizione.
 
 


Fu Anya a farlo per lei allora, in modo sorprendentemente diplomatico “Duca, vi ringraziamo per essere venuto fino a qui per parlarci, ma comprenderete che le vostre notizie necessitano di essere ponderate, potreste lasciarci qualche minuto per discuterne?” L’uomo annuì, prendendo la mano di Clarke “Forza Clarke, nel frattempo potrai raccontarmi dei mesi passati qui…”
 
 


“Credo che Clarke dovrebbe rimanere, infondo è della sua vita che stiamo parlando.” La voce di Anya si fece più dura, come a indicare che non avrebbe accettato un no come risposta. Marcus guardò Clarke come per chiedere conferma e lei annuì. Lui e i suoi uomini lasciarono la stanza in silenzio, uscendo nel sole primaverile, e Lexa si ritrovò sola con Anya e Clarke, che ora la guardava con sguardo di fuoco.
 
*
 

Clarke si era sentita morire all’idea di sposare il principe Cage e aveva guardato Lexa nuovamente, sperando in una sua reazione. Lexa invece fissava il nulla, il volto spento e distante, e Clarke si era sentita tradita; quello che era successo tra loro valeva forse nulla per lei? Clarke le aveva dato tutta se stessa, e così veniva ricambiata, con quella fredda indifferenza?
 
 


Non appena il patrigno uscì dalla stanza, Clarke non riuscì più a trattenersi “Come hai potuto Lexa? Stare lì senza far niente... una parola, bastava una parola.” Un no dello Jarl avrebbe fatto correre il patrigno alla nave senza guardarsi indietro, Clarke ne era sicura.
 
 


Lexa alzò lo sguardo su di lei, e Clarke riuscì finalmente a leggerci la sofferenza che era riuscita a nascondere fino a quel momento. “Non capisci Clarke?” Era stata Anya a parlare, lo sguardo triste, il suo solito tono canzonatorio svanito “Non è una richiesta quella che ci hanno inviato, è un ordine. Re Wallace ha promesso di scendere in guerra se non ti rimandiamo indietro.”
 
 


Clarke si bloccò, capendo finalmente il perché dell’esitazione di Lexa “Ma perché… io non valgo tanto, sono solo una suora.” Anya scosse la testa “Re Wallace non vuole apparire debole agli occhi dei suoi sudditi e degli altri Re… E’ solo una questione di principio.” Clarke chiuse gli occhi mentre il mondo intorno a lei sembrava collassarle addosso; non aveva via di scampo.
 
 


“Anya” Lexa aveva finalmente parlato “Lasciaci sole per favore.” Anya uscì dalla stanza guardandole entrambe, affranta, e Lexa si alzò dal suo trono, camminando verso di lei. Per la prima volta da quando il suo patrigno era arrivato, la guardò direttamente negli occhi, uno sguardo pieno di dolore che Clarke non le aveva mai visto in volto. Le sfiorò il viso con la mano, avvicinandosi a lei finché le loro fronti non si sfiorarono “Sai che se dipendesse solo da me, avrei già rispedito il tuo patrigno a casa.” Gli occhi verdi di Lexa la guardarono così intensamente da penetrarle l’anima “Maledizione, gli avrei tagliato la gola per aver solo proposto di farti sposare un altro.”
 
 


Clarke rabbrividì al pensiero, scossa dalla luce feroce nello sguardo di Lexa “Ma sai bene che io non decido solo per me. La mia gente conta su di me… io non…” Clarke la bloccò, scuotendo la testa “Lo so Lexa… lo so.”
 
 


“Io ti amo Clarke.” La voce di Lexa risuonò  spezzata nell’aria come l’animo di Clarke nel sentire quelle parole; il pensiero di tutto quello che avrebbero potuto essere le rendeva impossibile respirare. “Penso di averti amata dal momento in cui sei comparsa al mio fianco come un’apparizione, e ogni giorno che abbiamo passato insieme dal quel momento non è stato che una conferma… Ma devo lasciarti andare.”
 
 


Una lacrima solitaria scese a bagnare la guancia di Lexa e Clarke la raccolse con la punta delle dita. In quel momento mille emozioni attraversarono l’animo di Clarke, il desiderio di urlare, di colpire Lexa per quello che le stava facendo, nonostante sapesse che non era colpa sua, di baciarla e stringerla a sé, pregarla di non lasciarla andare. Alla fine chiuse gli occhi, respirando profondamente, cercando di bloccare il tremito nella sua voce  “Capisco Lexa… va bene.”
 
 


Sentì le mani di Lexa stringersi sulle sue braccia, mentre il suo sguardo si faceva più cupo, come se quella non fosse la risposta che si era aspettata “Come puoi essere così calma? Clarke… dimmi che vuoi restare, dimmi di tenerti qui… ti prego.” Tutta la sicurezza che aveva visto in Lexa crollò in quel momento, e Clarke capì che le sarebbe bastata una sua parola per rinunciare ai suoi intenti e tenerla lì, proteggerla da chiunque avesse voluto riportarla in Inghilterra, fossero essi duchi, re o Dio stesso.
 
 


“Non te lo chiederò Lexa… Perché ti amo anch’io. E non posso farti questo.” Gli occhi di Lexa si spalancarono per un attimo, pieni di stupore e quella che avrebbe potuto essere gioia, e Clarke sentì le lacrime caderle dagli occhi, e si staccò da Lexa prima di perdere gli ultimi residui di forza che le erano rimasti. “Devo andare a preparare le mie cose… Lascerò le mie erbe a Raven, potrà sostituirmi lei finché non troverete un altro guaritore.”
 
 


“Aspetta… ho qualcosa per te.” Lexa cercò di sorriderle e sparì per un attimo, diretta nella sua stanza, per tornare subito dopo, portando con sé una piccola scatola di legno, depositandola nelle mani di Clarke “Volevo dartela a Yule… Perché mi hai detto che è tra le vostre tradizioni farvi dei regali. Dopo quello che è successo ho aspettato un momento migliore e ora…” Ora non ci sarà più nessun momento, pensò Clarke con disperazione crescente.
 
 


Aprì la scatola con mani tremati, osservandone il contenuto con muta meraviglia; c’erano sei piccole boccette di vetro, piene fino all’orlo di polveri colorate. “Quando mi hai detto del regalo di tuo padre, ho pensato che ti sarebbe piaciuto…” Clarke, che ora stava piangendo apertamente, non sentì il resto, troppo impegnata a stringere Lexa con tutte le forze che aveva. Ci volle tutto il suo coraggio e tutto l’amore che sentiva per la donna davanti a lei per non dire le parole che Lexa le aveva chiesto poco prima, per non implorarla di farla restare.
 
 


Rimasero abbracciate a lungo, senza che nessuna delle due riuscisse a trovare la forza necessaria per separarsi definitivamente.
 
*
 

“Mi mancherai, Clarke.” Raven l’abbracciò con forza, e Clarke ricambiò l’abbraccio; tra tutte le persone che aveva conosciuto nel villaggio, Raven era quella che più di tutti le era stata vicina, fino a diventare la migliore amica che Clarke avesse mai avuto. La ragazza si staccò da lei e le passò una delle piccole statuette che Clarke l’aveva vista scolpire; era un cervo, uno dei lavori migliori di Raven che Clarke avesse visto “Così non ti dimenticherai di me…” Clarke la ringraziò con un sorriso “Mi mancherai tanto anche tu Raven. Grazie di tutto.”
 
 


Abbracciò Lincoln, che la strinse in una morsa feroce “Ovunque tu sarai Clarke, ricordati che ti devo più della mia vita. Parleremo al piccolo Bellamy di te…” Octavia annuì, mentre le stringeva il braccio, in un saluto meno espansivo di quello del marito, ma non per questo meno significativo per lei “Grazie Clarke. Noi tutti ti dobbiamo la vita del nostro Jarl, le nostre vite. Questo villaggio sarà sempre una casa per te.”
 
 


Clarke sentì gli occhi cominciare a pizzicarle nuovamente, e cercò di resistere, sapendo bene che se avesse cominciato di nuovo a piangere non sarebbe più riuscita a fermarsi. Gustus e Indra la salutarono con una stretta di mano, ringraziandola nuovamente per aver salvato la vita di Lexa, e Clarke si limitò a sorridere, incapace di parlare ancora.
 
 


Il molo era assiepato di persone, tutti gli abitanti del villaggio sembravano aver sospeso le loro attività giornaliere per venire a salutarla, ma tra quelle Clarke non era ancora a vedere Lexa. Quando vide Anya camminare verso di lei alla fine dei saluti, Clarke pensò che avesse più che senso che lei fosse l’ultima: con lei aveva iniziato quella storia, e con lei doveva finirla.
 
 


“Bene suora, è venuto finalmente il momento di salutarci.” Non c’era alcuna traccia di astio nel vecchio soprannome che Anya non usava da tempo, solo un sorriso triste che le passò brevemente tra le labbra. Clarke alzò il braccio per una stretta di mano, ma Anya, cogliendola di sorpresa, l’abbracciò con trasporto “Grazie Clarke, so quanto debba essere dura per te… Le hai salvato la vita due volte, ma questa volta sei riuscita a salvarle l’anima.” Anya si staccò da lei, stringendole la spalla “Mai avrei pensato che l’avrei detto in vita mia, ma sono onorata di poterti considerare mia amica. Addio, e cerca di essere felice.”
 


 
“Addio Anya. Prenditi cura di lei.” Clarke fece un passo indietro, e s’incamminò verso l’imbarcazione, dove il suo patrigno la stava aspettando. Cercò con tutte le forze di non fermarsi, di non guardarsi indietro mentre le lacrime che era riuscita a trattenere fino a quel momento sgorgavano dai suoi occhi, offuscandole la vista. Cedette solo alla fine, un piede ormai nella nave, girandosi verso il villaggio; fu allora che la vide. Distante rispetto al resto della folla, Lexa la guardava da lontano, un muto addio nello sguardo che bruciò nel cuore di Clarke più di qualsiasi altra parola.
 
 


“Clarke, è incredibile… sono tutti venuti qui per te?” Il suo patrigno la guardava incredulo, mentre il suo sguardo passava da lei alla folla davanti a loro. Clarke annuì,  sentendo un moto di fierezza nell’animo “Ho aiutato molti di loro quest’inverno. Non sono come tutti gli altri dicevano… sono un popolo incredibile e… ed io mi sentivo davvero a casa con loro.” Clarke cercò di mantenere un tono di voce adeguato, ma era impossibile.
 
 


Marcus la osservò a lungo, come ponderando chissà quale pensiero “Mi piange il cuore nel vederti triste Clarke. Lo sai che ti amo come una figlia.” Clarke annuì, l’uomo era sempre stato gentile e amorevole nei suoi confronti, sin da quando sua madre si era risposata “So che non è colpa tua. Ma non sposerò mai Cage Wallace…” Clarke scosse la testa “Non appena torneremo in Inghilterra, rientrerò in convento. E’ quello il mio posto adesso.” Clarke pronunciò le ultime parole con freddezza, senza che corrispondessero minimamente alla verità. Il suo posto era il villaggio davanti a lei che stava per abbandonare, accanto alla donna che amava, a cui stava rinunciando per sempre.
 


 
Il patrigno annuì, poi qualcosa cambiò nel suo sguardo, come se un pensiero gli avesse improvvisamente attraversato la mente “Clarke… questa gente si fida di te, non è vero?” Clarke lo guardò confusa, ma annuì “E il loro Jarl… mi sembra che tenga in alta considerazione la tua opinione.” Clarke annuì di nuovo, senza capire dove il discorso del patrigno potesse andare a parare.
 
 


“Mi domando se forse… se forse non potresti essere più utile al re restando qui.” Non appena il patrigno pronunciò quelle parole, la speranza sgorgò dal cuore di Clarke prima che riuscisse a fermarla “Che cosa vuoi dire?”
 
 


Il patrigno la guardò con un sorriso “E’ chiaro che c’è qualcosa, o qualcuno che ti tiene legata a questo posto… Il re mi ha ordinato di riportarti indietro, ma forse possiamo trovare un modo di evitarlo, per il momento.” Clarke gli strinse il braccio con forza “Sono disposta a qualsiasi cosa.”
 
 


L’uomo annuì “Potrei tornare a corte senza di te, ma con una lettera da parte dello Jarl che attesta che tu hai ottenuto una posizione nel suo palazzo come ambasciatore del nostro regno. Pensa a quanto potresti fare per entrambi i popoli durante la transizione della loro gente nei nostri territori… Sai la loro lingua, conosci i loro costumi… tutto questo è troppo prezioso per lasciarcelo sfuggire. Sono sicuro che il re lo capirà.”
 
 


“E se non dovesse farlo? Se ti uccidesse per avergli disobbedito Marcus?” Il pensiero del pericolo che correvano il patrigno e la madre le impedì di realizzare appieno quello che stava succedendo, ma l’uomo scosse la testa “Wallace non è così stupido da mettersi contro chi comanda metà del suo esercito. Ha bisogno del mio aiuto per le sue guerre in Inghilterra… Clarke non preoccuparti per me. Tu voi davvero restare a Polis?”
 
 


“Con tutto il cuore.” L’uomo le sorrise, e Clarke si sentì così felice che non riusciva a credere che quel momento fosse reale “Allora vai a chiedere allo Jarl se è disposta a scrivere una lettera per me.”
 
 


Clarke non se lo fece ripetere due volte. Saltò fuori dalla nave e corse a perdifiato verso Lexa che, incredula, si avvicinava a lei con sguardo confuso. Clarke sorrise e si lanciò tra le sue braccia, senza preoccuparsi di tutte le persone che le stavano guardando, delle domande che Lexa le sussurrava all’orecchio mentre la stringeva a sé. Sarebbe andato tutto bene.
 
*
 

Clarke osservò con un sorriso mentre gli uomini caricavano le ultime casse sulle navi, pensando che mai in vita sua aveva visto una flotta così grande. C’erano voluti mesi per prepararsi a quel giorno, ma finalmente erano pronti a salpare.
 


 
Sentì i passi di Lexa avvicinarsi e quando la donna la strinse a sé appoggiò istintivamente la testa sulla sua spalla “Siamo quasi pronti a partire. Anya ci ha messo più del solito nel decidere quale ascia da guerra porterà con sé questa volta.” Clarke la guardò con un sorriso “E perché mai dovrebbe servirle?” Lexa alzò le spalle “Sai com’è Anya… Le piace bruciare cose, disturbare la quiete, attaccare conventi e rapire belle suore bionde…”
 
 


Lexa aveva parlato seriamente, ma l’angolo delle sue labbra si alzò in un sorriso e Clarke scosse la testa “Sì, credo di aver presente. Ma sono sicura che Raven riuscirà a tenerla a bada.” Lexa rise “E chi terrà a bada me?”
 
 


“In quanto tuo dottore personale e ambasciatrice, ho il dovere di preoccuparmi della tua salute mentale e fisica…” Lexa sorrise “Puoi occuparti della mia salute fisica quando vuoi…” Clarke arrossì e si staccò da lei, fissando l’alba che sorgeva luminosa su quel nuovo giorno “Pensavo dovessimo partire…” Lexa scosse la testa “Sono lo Jarl, decido io quando partire…”
 
 


Raven spuntò in quel momento da una delle barche, urlando nella sua direzione “Forza Lexa, o perderemo la marea! Tu e Clarke potete fare le innamorate anche sulla nave.”
 


 
“Come non detto…” Lexa sospirò e prese la mano di Clarke “Sei pronta a tornare a casa?” Clarke la strinse a sua volta, guardando Lexa negli occhi “Sono già a casa.”
 
 


S’incamminarono insieme verso la nave, e Clarke sentì dentro di sé un senso di pace che non aveva mai provato nella sua vita. Certo, davanti a lei il futuro era sempre incerto, il destino dell’impresa di Lexa sospeso a un filo in balia di forze misteriose, ma lei non riusciva a preoccuparsene, non in quel momento. Mentre la flotta vichinga salpava verso l’Inghilterra, Clarke tenne lo  sguardo puntato all’orizzonte, il cuore pieno di speranza, pensando a tutto ciò che era stata, a tutto ciò che l’aveva portata lì, e a tutto quello che sarebbe stata da quel momento. Lasciò che il vento le scompigliasse i capelli, che il profumo del mare la circondasse completamente mentre una preghiera le attraversava spontaneamente i pensieri. Clarke sorrise, alcune abitudini erano dure a morire, ma a lei andava bene anche così. Aveva trovato un suo equilibrio, era riuscita a cambiare la sua vita e in quel momento nulla avrebbe potuto spaventarla.
 
 


Qualsiasi cosa le stesse aspettando nel Wessex, lei e Lexa l’avrebbero affrontato insieme.  







Note: Ciao a tutti! Eccoci alla fine di questa piccola avventura che mi ha tenuta occupata per tutto Aprile! Ci tenevo a dire che questa storia che all'inizio doveva essere solo una one-shot è diventata molto importante per me, e mi sono affezionata molto a tutti i personaggi che ho scritto, per questo sto valutando, come qualcuno di voi mi ha scritto nelle recensioni, di continuare a scrivere in questo AU, magari con una raccolta di one-shot ambientate durante la storia... ma per ora questa è la fine! So che può sembrare un pochino semplicistica, soprattutto la risoluzione finale, ma con il tempo a disposizione ho fatto del mio meglio (l'ultima parte l'ho scritta in aereo, lol) e soprattutto ho un debole per gli happy endings. Spero comunque che la conclusione vi sia piaciuta, fatemi sapere cosa ne pensate e cosa ve ne pare ora della storia conclusa, mi farebbe molto piacere sentire la vostra opinione! Come al solito grazie a tutti quelli che hanno letto e commentato i miei capitoli, grazie al gruppo su facebook che mi ha dato l'idea per la storia e un grazie speciale al mio amore che ha letto con pazienza infinita tutti i miei deliri. Un abbraccio a tutti e, come sempre, alla prossima!
 
  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The 100 / Vai alla pagina dell'autore: arangirl