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Autore: Tera_Saki    01/05/2017    4 recensioni
Minus ha tradito, ma lo ha fatto solo dopo quattro anni. Voldemort, per paura di un rivale che lui stesso aveva scelto, non ha ucciso Harry, ma ha fatto in modo che lo credessero morto.
Ora Harry ha diciassette anni, e da quando ne aveva cinque non vede altro che la sua cella di pietra a casa Riddle.
*
Appena James entrò, il ragazzo sembrò riscuotersi, alzò di scatto il capo e rivolse una perforante occhiata nella sua direzione. Al verde dei suoi occhi, James avvertì un brivido liquido percorrergli la schiena. Il ragazzo si alzò, e fece qualche passo in avanti, senza smettere di fissarlo, e solo per un breve momento il suo sguardo corse ai due Auror vicino al letto.
La voce di Harry era graffiata –Papà?–
A James si mozzò il respiro, dilatò le pupille ma non ebbe tempo di muoversi. Harry gli si era buttato addosso in un abbraccio feroce, che gli fece annodare la gola e fermare il cuore nel petto.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, James Potter, Ordine della Fenice, Sirius Black, Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Titanium

 

Disclamer: i personaggi e l'universo appartengono a J.K.Rowling, o a chi per essa. Questa storia non ha alcuno scopo di lucro, e non intende infrangere diritti di copyright.

 

---  ---  Capitolo I, Equal  ---  ---

 

 

-Così tu saresti il mio eguale?-

Voldemort si chinò appena, con un fruscio secco di vesti, verso la figura rannicchiata a terra. Allungò un piede nudo verso di lui, sfiorandone la stoffa scura che copriva le braccia, e i suoi occhi si infiammarono di un cupo bagliore.

-Patetico- sibilò aspramente.

Harry strinse le braccia sul petto, scosso da silenziosi respiri spezzati. Non distolse lo sguardo vitreo dal vuoto, ma le pupille si dilatarono. La paura gli risalì la gola, i muscoli si contrassero e soffiò un roco singulto che fece socchiudere gli occhi all'Oscuro Signore.

-Bene, Harry Potter, devo ammettere che è anche grazie a te se sono arrivato fin qui- fece alcuni passi intorno al ragazzo -Non credo ti dispiacerà sapere che io vincerò-, si diresse con andatura fluente verso la porta -domani-.

 

 

-Lo abbiamo trovato pericolosamente vicino ad una città babbana- gli riferì Kingsley mentre procedeva a falcate veloci lungo il corridoio bianco dell'ospedale -sembra stia meglio, adesso, ma James, ti devo avvertire- si fermò, mettendogli una mano sulla spalla -è...-

-Cosa?- incalzò l'Auror con voce stranamente distorta.

Kingsley sorrise, stringendogli la spalla -È uguale a te-

James rilasciò un sospiro agitato mentre raggiungevano la stanza 379 -Chi c'è con lui?-

-Podmore e Meadowes, erano di ronda-

L'altro annuì, e Kingsley immaginò che fosse per non rivelare la voce spezzata. Poteva benissimo vedere le mani dell'amico tremare, e poteva solo provare a immaginare cosa stesse pensando in quel momento. Si fermò di fronte alla porta, ma mentre afferrava la maniglia la mano di James gli strinse il braccio. Si voltò.

-Aveva...- l'amico ingoiò a vuoto -Harry aveva cinque anni quando l'ho visto per l'ultima volta... non...-

Kingsley, senza che l'altro potesse continuare, aprì la porta -Abbraccia tuo figlio, Potter-

Harry era rannicchiato sulla scomoda sedia nell'angolo della stanza, accanto al letto i due Membri dell'Ordine lo fissavano senza avvicinarsi. Inspirava forte dalle narici, e faceva scorrere le iridi di vetro sulle pareti bianche, sul tavolo di legno e sul proprio camice ospedaliero.

Appena James entrò, il ragazzo sembrò riscuotersi, alzò di scatto il capo e rivolse una perforante occhiata nella sua direzione. Al verde dei suoi occhi, James avvertì un brivido liquido percorrergli la schiena. Il ragazzo si alzò, e fece qualche passo in avanti, senza smettere di fissarlo, e solo per un breve momento il suo sguardo corse ai due Auror vicino al letto.

La voce di Harry era graffiata –Papà?–

A James si mozzò il respiro, dilatò le pupille ma non ebbe tempo di muoversi. Harry gli si era buttato addosso in un abbraccio feroce, che gli fece annodare la gola e fermare il cuore nel petto.

Kingsley scagliò un'occhiata in direzione dei due membri dell'Ordine. Siete stati voi? Entrambi ricambiarono senza parlare, e il mago annuì d'approvazione.

Harry, senza badare a tutto il resto, si riempì le narici dell'odore del padre; il petto faceva male come se lo avessero colpito più volte, ma sentiva di potersi annullare nell'abbraccio che James aveva ricambiato con slancio.

Poi si staccarono, ma Harry non distolse mai lo sguardo dall'uomo, ad ogni respiro la paura che gli fosse strappato via gli irrigidiva i polmoni e gli stringeva i muscoli. James rivolse qualche parola sottovoce a Kingsley, ma un pensiero fece incupire d'improvviso le iridi cristalline del ragazzo. Fece un silenzioso passo indietro, gli occhi vagarono verso la finestra aperta sul cielo chiaro, e pensò che non voleva tornare indietro nella cella. Non ci voleva più tornare.

Si fece scappare un singhiozzo somigliante ad un ringhio trattenuto. Si voltarono tutti.

-Harry...?- appena James vide le lacrime trattenute sulle ciglia del figlio allungò un braccio, ed Harry gli si buttò contro -Andiamo a casa, ti va?-

Harry, premuto sulla sua spalla, annuì.

 

 

Sussultò quando il rumore dello sferragliare di una catena gli ferì le orecchie. Strisciò verso la parete più vicina, mentre l'elfo entrava e posava un vassoio sul tappeto.

-Berg ha portato il cibo al signore- pronunciò la parola con malcelato disprezzo, piegandosi sulla schiena storta e lasciando quasi cadere le ciotole sul tavolo -il signore oggi è ancora vivo-, gracchiò.

Posò gli occhi ceruli su di lui, ma Harry non riuscì a sostenerli, e Berg si voltò, cantilenando sgraziatamente mentre se ne andava -Oh, sì sì sì...-

Harry, scivolando verso il cibo, rabbrividì. Mangiò in fretta, con le mani, lanciando occhiate veloci verso la porta di tanto in tanto.

Passato del tempo, capì che Voldemort non sarebbe venuto quella sera. Si alzò e si diresse verso lo scaffale addossato al muro opposto. C'erano fogli di pergamena ingialliti, una piuma rovinata e pochi libri, ma lui non sapeva leggere e così prese un foglio sottile di pergamena, la piuma e l'inchiostro. Dispose tutto in un ordine estremamente preciso sul tavolo, poi si sedette e intinse il calamaio nell'inchiostro. Tratteggiò qualche linea storta e qualche riga in mezzo al foglio, e sorrise e continuò a scarabocchiare la pergamena mentre le labbra si piegavano in su. Harry non sapeva scrivere, non glielo aveva insegnato nessuno.

Quando poi la noia esaurì il divertimento, Harry abbandonò il tavolo lasciando fogli macchiati e la penna scura d'inchiostro. Tolse la coperta dal letto sfatto, la buttò per terra e ci si rannicchiò sopra, stringendosi contro il muro per non vedere più niente.

 

 

-Sei sicuro?- sibilò James a bassa voce, reprimendo a stento un moto di rabbia. Kingsley portò lo sguardo sul giovane Potter -Harry zoppicherà per sempre. Il medimago ha detto che è una frattura troppo vecchia perché possano ancora intervenire-

James ingoiò un grumo aspro di dolore prima di passarsi stancamente una mano fra i capelli -Ho capito. Scusa-

-Lo stiamo cercando, James. La pagherà-

L'Auror non rispose, l'attenzione concentrata sul figlio che lentamente si stava preparando a lasciare l'ospedale.

-Harry?- lo chiamò quando il ragazzo diede segno di aver preso tutto -Non vuoi i tuoi vecchi vestiti?-

Harry alzò piano le spalle con indifferenza -Mi piacciono questi-, rispose avanzando con andatura appena dondolante. Nella cella era tutto nero e scuro, ed Harry sorrise nell'uscire dal Sanmungo con un completo verde menta.

 

 

Sentiva gli scricchiolii di assestamento della casa come mugolii di un vecchio drago, trattenuti ringhi di rabbia nella pancia che gli fecero annodare lo stomaco. Si portò la coperta a coprire le spalle, e il polso rilasciò un debole tintinnio metallico.

Soffermò le pupille dilatate dal buio sul braccialetto d'ottone che ora gli era quasi stretto. Un boccino ciondolava pigramente dalla corta catenella con una campanella il cui ricordo era svanito da tempo. Però sapeva di averlo sempre avuto, soprattutto sapeva che non erano stati mamma e papà a regalarglielo.

L'odore di pelo animale e pioggia bagnata durò solo un secondo.

 

 

-Harry-

Si agitò nel letto, sentendo la coperta aggrovigliata tra le gambe e i vestiti appiccicarsi al corpo. Le unghie sfregarono convulsamente sulla pelle.

-Harry, ti prego, svegliati- si sentì sfiorare da qualcuno sulla spalla, si ritrasse con un tremito -Harry!- la voce era supplicante e agitata.

Affondò le dita nella carne sibilando la lingua fra i denti e solo quando le unghie furono viscide di sangue spalancò gli occhi. James era accanto a lui, accovacciato a terra dove lui si era coricato. Avevano entrambi il fiatone.

Suo padre allungò la mano, esitando prima di toccarlo -Va tutto bene, tesoro- mormorò con la voce più calda che possedeva. Harry sciolse gli arti aggrovigliati, fece scivolare lentamente le braccia attorno al collo dell'uomo e gli si avvinghiò quasi senza forze -Pa...pà-

James si alzò e lentamente riportò Harry sul letto, quasi senza avvertire il suo peso fra le braccia -Va bene, Harry, va tutto bene...-

Perché James lo sapeva che Harry si faceva male da solo quando dormiva, i medici lo avevano avvertito mettendogli in mano una fiala di pozione scura, e James aveva deciso che si sarebbe svegliato ogni sera a vegliare il sonno di suo figlio, come quando lui e Lily si dividevano i compiti per alzarsi la notte a calmare il piccolo Harry.

-Shh... ci sono io adesso-

 

 

-Il signore sta dormendo?-

-Il signore farebbe meglio a svegliarsi adesso-

 

  
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