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Autore: Machaira    02/05/2017    2 recensioni
Dal secondo capitolo.
Rick si allungò, prese il fascicolo e cominciò a leggerlo. A Daryl bastò un'occhiata per riconoscere la foto di quel ragazzo con i capelli corti biondo cenere, le spalle larghe e la canottiera bianca.
“Che cazzo ci fai con quello?” chiese irruento.
“È il tuo fascicolo.” rispose imperturbabile l'uomo dall'altra parte della scrivania, senza alzare gli occhi.
[…] “Che cosa volete?” chiese secco.
“Lavora per noi.” rispose risoluto Rick.
(sempre) dal secondo capitolo.
Eugene si alzò in piedi, si portò le mani rigide lungo i fianchi e lo guardò. “A settembre comincia il periodo di praticantato degli stagisti e ne è stato assegnato uno anche al nostro distretto. Stavo aspettando che qualcuno, uno qualunque di voi, facesse un passo falso per scegliere a chi scaricare quella zavorra. Hai vinto.”
Rick rimase allibito e per un momento non riuscì a dire nulla. […] Con le spalle al muro si arrese all'idea che la sua sorte fosse già decisa. “Si sa chi è?”
“La figlia minore del Generale Greene, Beth.”
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon, Michonne, Rick Grimes, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10
 
Beth guardò l'orologio per l'ennesima volta in pochi minuti.
 
Le dieci e mezzo.
 
Il turno era iniziato da quasi due ore, e di Rick e Daryl non c'era traccia. Le era subito parso strano che fossero in ritardo, ma per la prima mezz'ora era stata tranquilla ad aspettarli senza darsi troppa pena .
 
Verso le dieci aveva incominciato a chiedere se qualcuno li avesse visti o sentiti. Era arrivata a pensare che magari erano stati chiamati in fretta e furia per una qualche emergenza; invece non c'erano state segnalazioni. Ma in fondo era ancora relativamente presto, così si era detta di aspettare ancora un po'.
 
Appena aveva sentito le campane della chiesa lì vicino scoccare la mezza, era scattata in piedi ed aveva preso il cappotto. Passando di fronte al bancone d'ingresso aveva chiesto a Juliet di essere avvisata se i Duke si fossero fatti vivi; poi era salita in macchina e si era avviata verso casa di Daryl. Li aveva visti andare via insieme la sera prima, quindi probabilmente si trovavano insieme anche in quel momento.
 
 
Arrivata in periferia percorse una manciata di vie e arrivò a destinazione. Parcheggiò di fronte all'ingresso e dopo qualche istante di indecisione suonò il campanello. Ricordava che il trillo era piuttosto forte eppure in quel momento non sentiva nulla; forse era guasto o l'avevano staccato. Bussò un paio di volte ma dall'interno non sembrava provenire alcun segno di vita. Eppure era sicura che ci fossero, il pick-up di Daryl era lì di fronte.
 
Poi le venne un'idea. Le scale antincendio! Probabilmente sarebbe potuta salire da lì. Fece il giro dell'isolato e una volta arrivata nella via parallela, gioì quando vide le scale che serpeggiavano sulla facciata del palazzo. Cominciò a salire con cautela, stando attenta a dove metteva i piedi. Si sentiva come se fosse la protagonista di un film di spionaggio, ma si augurava che nessuno dei vicini la prendesse per una ladra. In effetti era abbastanza insolito entrare dalla finestra, soprattutto se non è quella di casa propria.
 
Quando arrivò sulla grata in ferro traballante si appoggiò al vetro della portafinestra e si fece ombra con le mani. Rimase qualche secondo a guardare ma niente, non c'era traccia dei due uomini. Accanto a lei però, si accorse che c'era anche una finestra. Posò l'orecchio sulla persiana ma non sentì nulla. Tanto valeva provare, se anche fosse stato tutto chiuso avrebbe potuto bussare sul vetro o chiamarli.
 
Aprì l'imposta e scrutò la stanza sperando che ci fosse qualcuno ma, quando realizzò quello che si trovava di fronte a lei, rimase immobile. La finestra non era della camera da letto come aveva pensato; dava sul bagno. E proprio in quel momento c'era Rick seduto sulla tazza. Non appena i raggi pallidi e freddi del sole entrarono nella stanza, lui si voltò di scatto e strizzò gli occhi cercando di abituarsi all'ondata di luce che aveva invaso la penombra. Dopo un po' riuscì a vedere con chiarezza e la fissò piuttosto perplesso.
 
Il corpo di Beth sembrò bloccarsi; gambe e braccia si irrigidirono e il suo cervello si spense. Le orecchie furono riempite da un ronzio e sentì il mondo attorno a lei ovattato e lontano. Non riuscì nemmeno a formulare un pensiero. Era come se tutto il suo sistema nervoso fosse andato in blackout nel giro di una frazione di secondo. Rimase lì con gli occhi sbarrati, a fissare Rick che la guardava stupito.
 
“Ehm... Potresti chiudere?” le chiese tranquillo dopo qualche istante.
 
Beth nemmeno rispose, riuscì solo a spalancare gli occhi e chiudere la persiana con uno scatto veloce, per poi correre giù dalle scale e lungo la via. Che figuraccia! Rick! In bagno! Solo queste parole le rimbombavano in testa mentre camminava e arrossiva ogni secondo di più. Oddio, sarebbe morta di vergogna! Non sarebbe mai più riuscita a guardarlo negli occhi in vita sua!
 
Tornò davanti alla porta d'ingresso e si sedette sul gradino aspettando Daryl, che dopo pochi minuti sbucò da uno dei vicoli lì vicino con la colazione. Appena la vide in lontananza un lampo di stupore attraversò i suoi occhi ma subito lo nascose, non riuscendo però ad evitare di assumere la sua solita posizione di difesa: spalle rigide e schiena dritta.
 
“Che ci fai qui?” le domandò, facendole un cenno mo di saluto.
 
“Sono le undici, sono passata a vedere se foste ancora vivi.” rispose alzandosi dal gradino.
 
“Potevi suonare, Rick è rimasto a casa.” le disse mentre apriva la porta.
 
“Sì, me ne sono accorta.” mormorò imbarazzata.
 
Mentre salivano al piano di sopra, Daryl si girò verso di lei e vide le sue guance rosse come pomodori. “Perché hai quella faccia?”
 
“Non hai idea della figura di m-” erano arrivati in cima alle scale e a quel punto aveva visto Rick in mezzo al salotto. “Rick! Mio dio, non sai quanto mi dispiace! Davvero, non volevo! Pensavo fosse la finestra della camera! Se avessi saputo che c'eri tu, non avrei mai aperto in quel modo!” cominciò a parlare velocemente.
 
Daryl era tra loro due e spostava lo sguardo confuso dall'uno all'altra, senza capire bene cosa fosse successo.
 
Rick si girò verso di lui e sorrise spiegandogli: “Beth ha aperto la persiana del bagno proprio mentre lo stavo usando.” poi ritornò a guardare la ragazza “Ma tranquilla, come se niente fosse successo.” la abbracciò ridendo. Lei seppellì il volto ancora paonazzo nel suo petto, ma entrambi la sentirono ridacchiare sommessamente.
 
“A proposito, come mai sei qui?” le domandò una volta che si allontanarono.
 
In quel momento si ricordò perché era andata a cercarli. “Ragazzi, siete stati a Las Vegas? Non avete un orologio?” gli domandò basita. Quando entrambi la guardarono come se non capissero cosa intendesse, continuò: “Sono le undici!”
 
Rick spalancò gli occhi e si girò di scatto verso l'uomo accanto a sé, fulminandolo con lo sguardo. “Daryl! Perché non me l'hai detto? Non ho mai fatto tanto ritardo!”
 
“Se ho il capo che mi giustifica non vedo perché avere fretta.” rispose semplicemente, cominciando a tirare fuori i cornetti e i due bicchieri di caffè dal sacchetto che aveva in mano.
 
“Non ci credo...” disse l'altro passandosi una mano in viso e facendo un respiro profondo. “Mi sento uno schifo.” mormorò qualche istante dopo.
 
Daryl emise una sorta di grugnito che somigliava a una risata. “E ci credo, dopo tutta quella birra e le-”
 
Ma fu subito interrotto dall'amico, che parlando a voce alta per sovrastare la sua, disse “Sì, grazie! Non c'è bisogno di ricordarmelo o di farlo sapere a terzi.” indicò Beth con un cenno del capo.
 
“Che avete combinato qui?” chiese lei con un sorrisino furbo. Dopo la reazione di Rick era praticamente cerca che fosse successo qualcosa.
 
“Niente!” rispose velocemente il diretto interessato. “Facciamo colazione.” tagliò corto.
 
Mentre il padrone di casa cercava dei tovaglioli su cui posare le brioche - e per fortuna ne aveva prese un paio in più - gli altri due si accomodarono sulle poltrone; Rick su quella a sinistra, dove era stato anche la sera prima e Beth a destra, su quella di Daryl. Appena questo si girò e la vide spaparanzata al suo posto non riuscì a trattenere uno sguardo infastidito, ma alla fine si arrese e si sedette sul tavolino di fronte a loro.
 
In pochi minuti spazzolarono la colazione e la ragazza rubò il caffè un po' all'uno e un po' all'altro, con la scusa che per lei non ce n'era. Ormai si erano fatte quasi le undici e mezzo, e avrebbero proprio dovuto tornare in ufficio.
 
“Sono uno straccio, ma vorrei evitare di andare in giro come ieri. Posso farmi una doccia?” domandò il vicecapitano.
 
“Certo. Vedo se trovo dei vestiti, ma non aspettarti troppo.” disse tranquillo Daryl “Sai dov'è il bagno.” si esibì in un sorrisetto sghembo pieno di sottintesi, mentre l'altro si avviava.
 
“Anche Beth lo sa.” ribatté Rick strizzandole l'occhio e chiudendo la porta.
 
“Che stronzi!” scoppiò a ridere lei per tutta risposta, sentendo un'altra risata provenire dal bagno.
 
Era mezzogiorno passato quando, finalmente, arrivarono in centrale. Appena le porte dell'ascensore si aprirono sul primo piano, dove c'erano tutti gli uffici, i loro colleghi li accolsero con un applauso. Beth fece un mezzo inchino e passando tra Jesus e Abraham batté il cinque ad entrambi.
 
Rick si grattò la nuca con imbarazzo, lanciando un sorrisino di sottecchi a quelli che gli stavano intorno; li capiva, il capo che faceva ritardo era un evento che non potevano lasciarsi sfuggire, così stette al gioco. Intanto Daryl cercò di togliersi dal centro dell'attenzione il più velocemente possibile. Con gli occhi bassi si appoggiò al muro, e quando li rialzò, ormai sicuro che non stessero più badando a lui, si trovò accanto a Michonne.
 
La donna guardava in modo strano il suo amico - oh cazzo, lo aveva pensato davvero? - ma non capiva a cosa fosse dovuta quella strana espressione. Quando Rick si girò e incrociò i suoi occhi, le sorrise ma lei si limitò ad ricambiare lo sguardo con freddezza e distacco. Il viso dell'uomo di fronte a loro si incupì e dopo aver detto a tutti di tornare al lavoro si diresse a passo lento e cadenzato verso il suo ufficio. Dopo un momento anche lui e Beth lo seguirono.
 
Ebbero a mala pena il tempo di controllare che non ci fossero novità sul caso che subito fu ora di pausa pranzo. Beth prese dalla borsa un piccolo recipiente di vetro e le posate; alzò gli occhi verso di loro per chiedergli se fossero rimasti in ufficio, ma li aveva trovati già in piedi con i giubbotti in mano. Appena Rick intercettò il suo sguardo le disse: “Noi... pensavamo di-”
 
Non ci fu nemmeno bisogno che finisse di parlare perché aveva già capito, infatti lo interruppe: “Andate Duke, oggi siete in libera uscita.” gli sorrise divertita. Si vedeva che avevano bisogno di un po' di tempo da soli; alla fine si erano avvicinati veramente solo la sera prima da quando si conoscevano. C'era sempre stata intesa, ma non avevano mai approfondito, eppure le era bastato uno sguardo per capire che la loro giornata tra uomini doveva ancora finire. Era contenta, quindi non le dispiaceva affatto farsi da parte.
 
Mentre Beth era stata gentilmente accolta alla scrivania di Michonne, Rick e Daryl avevano preso la macchina ed erano andati in una tavola calda dall'altra parte della città. Non avevano pensato nemmeno per un secondo di pranzare di fronte alla centrale, o non avrebbero avuto un momento di pace. Entrarono in un piccolo fast-food con i tavoli in legno e acciaio addossati alle pareti, le panche imbottite di stoffa lucida e rossa, e un bancone enorme che occupava tutto il lato di fronte all'ingresso. Era arredato in stile anni cinquanta, ma era carino.
 
Presero posto a un tavolo distante dall'entrata e lontano dai pochi clienti che c'erano in quel momento. Dopo un attimo arrivò la cameriera a prendere le ordinazioni e poi se ne andò velocemente verso la cucina a lasciare il loro menu.
 
Rick e Daryl erano l'uno di fronte all'altro, il primo con la gamba sinistra accavallata sulla destra e l'altro con un braccio poggiato sulla spalliera del divanetto e le gambe larghe.
 
“Stai bene così.” lo sfotté. Quando l'agente era sotto la doccia, gli aveva cercato dei vestiti; alla fine gli aveva portato una felpa nera con cappuccio e un paio di pantaloni di stoffa verde muschio, pieni di tasche. I pantaloni gli stavano bene anche se non erano nel suo stile, ma la felpa era un po' larga di spalle e sembrava un neonato imbottito di vestiti per non prendere freddo.
 
“Sì, non cercare di distrarmi.” gli lanciò uno sguardo eloquente.
 
“Non so di cosa parli.” ribatté asciutto l'altro.
 
“Ieri sera non abbiamo finito un discorso.” gli ricordò Rick, ma in quel momento arrivò la cameriera con i loro piatti. Daryl sperava che quell'interruzione avrebbe stroncato sul nascere un discorso che non voleva affrontare, ma a quanto pare si sbagliava perché appena la ragazza si allontanò, l'uomo di fronte a lui tornò alla carica. “Perché non ti lasci andare con Beth?” chiese diretto.
 
“Mi comporto con lei come faccio con tutti.” rispose cercando di tagliare corto.
 
“Menti sapendo di mentire.*1” lo rimbeccò Rick, puntandogli un dito contro. Ammorbidì lo sguardo e disse in tono più dolce “Sono io, non sto cercando qualcosa per giudicarti, vorrei solo capire.” Ci fu un momento di silenzio da parte di entrambi.
 
“Non ne vale la pena, basta così.” rispose l'altro.
 
“Cosa ti preoccupa tanto? Credi di non piacerle? Non sono completamente andato, so chi ha messo i cuoricini sulla foto in ufficio.” gli sorrise. A quel punto Daryl si strinse un po' nelle spalle, come se servisse ad allontanare quello che non voleva sentire. “E se non ti fosse importato non li avresti cancellati, piuttosto avresti tolto direttamente la foto.”
 
“Non capisco perché tu sia diventato uno sbirro se ti diverti a fare lo strizza-cervelli a tempo perso.” borbottò, sviando ancora la risposta.
 
Rick sorrise e scosse la testa. “Mi chiedo solo perché non cogli la palla al balzo. Se fossi in te, lo farei. È una bella ragazza, intelligente, dolce, estremamente sensibile ma anche forte e sono più che sicuro che sia interessata a te.” fece una pausa e poi aggiunse “E tu a lei. Non capisco quale sia il problema.” gli disse pacato.
 
“E allora perché non te la prendi tu? Mi sembra che siate già in confidenza.” rispose infastidito.
 
Rick sorrise tra sé e sé; stentava a crederci ma... era geloso! Il tono non era dato dal terzo grado che gli stava facendo, ma dal fatto che quell'idiota che gli stava di fronte pensava che lui e Beth fossero vicini. Anche se la cosa lo divertiva, decise che non era il caso infierire o si sarebbe chiuso a riccio.
 
“Conosco Beth da una vita e non è lei che voglio, lo sai. Ma non capisco perché tu ti ostini a negare-”
 
“La vita è una puttana, ok?” lo interruppe Daryl in un moto di rabbia “Te lo mette in culo, sempre e nei modi più impensabili. E proprio chi ti sta vicino sferra i colpi più forti. Quando hai un padre ubriacone che picchia sua moglie e i suoi figli, non puoi fidarti. Quando tua madre di lascia, non puoi fidarti. Quando tuo fratello è un coglione che da fatto ti venderebbe al primo che passa, non puoi fidarti. Non puoi e non devi. E io non intendo farlo.” concluse lapidario.
 
Rick lo osservò attentamente. Immaginava che fosse qualche esperienza del passato a condizionarlo, ma doveva farglielo dire se voleva aiutarlo. E ora che aveva avuto quello che cercava, si sentiva male per l'uomo di fronte a lui.
 
“Hai ragione.” disse, attirando l'attenzione dell'altro, che lo guardò con gli occhi spalancati. “Ma non deve essere sempre così, Daryl. So cosa significa perdere qualcuno, ed è terribile. Quando ti viene strappato ciò a cui tieni, vorresti solo trovare un modo per riprendertelo.” Il tono era malinconico, intriso di tristezza. “Dopo una vita di calci, hai un'occasione!” sottolineò poi con enfasi “E sei tu a poter decidere. Tu e nessun altro.” lo guardò negli occhi. “Non lasciartela scappare.”
 
Rimasero in silenzio per qualche minuto, finendo gli hamburger nei loro piatti. Poi quell'equilibrio fu spezzato da una voce gracchiante proveniente dal walky talky di Rick. “Avviso a tutte le unità, c'è stata una sparatoria nei pressi del parco tra Georgia Avenue e Ami Street.
 
“Qui India Golf 9-9*2. Siamo vicini, andiamo noi.” rispose prontamente il vice capitano, già in piedi diretto verso la cassa. Dopo aver pagato, uscirono dalla tavola calda e andarono spediti verso la macchina.
 
Mentre erano in strada, Daryl non riuscì a impedirsi di chiedere: “Cos'è India Golf 9-9?”
 
“Sono io. La mia squadra si chiama sempre così.” rispose Rick divertito.
 
“Dove l'hai pescato?” chiese allibito l'uomo al posto del passeggero.
 
“Ha deciso Judy. L'ha trovato in un cartone animato.” sorrise “All'inizio aveva optato per "P. Sherman, 42 Wallaby Way, Sidney*3" ma dopo una settimana le ragazze al centralino mi volevano ammazzare, così ho cambiato.” rise, pensando a quel giorno in cui se le era trovate tutte in ufficio con un diavolo per capello, e gli avevano imposto di scegliere un nome più corto. Era stata praticamente un'imboscata.
 
Daryl scosse la testa, nascondendo un sorriso. “Lei ha stile.” disse riferendosi alla piccola di casa Grimes “Ma tu sei un fighetto.” lo prese in giro.
 
Nonostante non sapessero esattamente in che punto del parco fosse avvenuta la sparatoria, non gli ci volle molto per capirlo: ammassate verso est c'erano un mare di persone che continuavano a parlare e fare domande. Quando si avvicinarono videro che fortunatamente un'altra pattuglia era già intervenuta e aveva iniziato ad allontanare la gente per non contaminare la scena del crimine.
 
Come se fosse stata una rappresentazione vivente di una battaglia campale, i corpi erano ben distinti in due fazioni. Da una parte tre uomini; due con il viso spiaccicato sulla terra battuta del sentiero e uno con gli occhi opachi rivolti verso il Sole. Dall'altra, due uomini in posizioni scomposte, il sangue che impregnava l'erbetta verde sulla quale erano accasciati.
 
Era la terza volta nel giro di una settimana che si ritrovavano un morto tra le mani. Le due volte precedenti era accaduto in luoghi insoliti come una strada in centro e il parcheggio di una scuola. Le vittime erano sempre membri di cosche mafiose; probabilmente si trattava solo di un regolamento di conti, ma essendo che si svolgevano sempre in posti pubblici molto frequentati, i cittadini erano in allarme. Ci mancava solo questa.
 
Finalmente dopo una ventina di minuti arrivarono i rinforzi e la scientifica. Da una delle automobili scese Maggie che, dopo averli salutati, si diresse verso i corpi pronta ad esaminarli e a dare la prima perizia. Nel frattempo segnalarono la zona isolandola con il nastro e cominciarono a interrogare i testimoni. Erano circa un centinaio di persone e ognuno aveva dato una versione diversa dall'altra. In casi come questi le persone si lasciano prendere dal panico e il cervello tenta di colmare i buchi di memoria creando situazioni logiche, con il risultato che ognuno vede tutto e niente.
 
Mentre Rick era impegnato, Daryl aveva cominciato ad andare in giro tra i testimoni. L'esperienza gli insegnava che spesso e volentieri gli indizi più importanti erano nascosti in bella vista. Il diavolo sta nei dettagli, si dice.
 
Era arrivato fino all'ultima volante ben attento ad osservare che non ci fosse niente di strano; per il momento, non gli sembrava di aver visto nulla. Stava per tornarsene indietro, quando girandosi vide qualcuno allontanarsi dalla folla. La famigliare sensazione allo stomaco che gli faceva visita ogni volta che aveva un presentimento lo colpì con forza, quasi fosse stato un pugno.
 
Si voltò di nuovo, seguendo con gli occhi la traiettoria dell'uomo. Cercò di memorizzare ogni dettaglio, sicuro che gli sarebbe servito. Non era molto alto, indossava dei jeans chiari sporchi di quella che sembrava erba all'altezza delle cosce. Ma nessuno avrebbe potuto sporcarsi in quel modo; avrebbe dovuto sedersi a pancia in giù, mantenendo busto e gambe sollevate da terra; neanche facendo yoga avrebbe potuto conciarsi così. Non sembrava diverso da tanti altri, ma c'era qualcosa che gli sfuggiva.
 
Poi l'uomo commise un errore: si guardò alle spalle, e così facendo gli mostrò il suo viso. Ora sapeva cosa non lo aveva convinto; l'aveva già visto prima di allora.
 
§§§
 
Tornarono in ufficio circa tre ore dopo, carichi di deposizioni, referti medici, perizie balistiche e chi più ne ha più ne metta. Avevano ancora metà pomeriggio per poter catalogare tutto. Come avevano previsto le vittime erano davvero dei mafiosi che, uniti a quelli dei giorni precedenti, portavano a dieci il numero delle vittime. Dieci uomini in poco meno di una settimana. Sei erano tirapiedi di Chacòn, mentre gli altri quattro erano del clan dei Foster. A quanto pare era appena nata una faida.
 
Daryl andò verso la porta e la chiuse. “Deve arrivare qualcun'altro?” domandò, riferendosi agli agenti che li avevano aiutati a portare i documenti nell'ufficio di Rick.
 
“No, abbiamo finito.” rispose quest'ultimo sistemandosi sulla poltrona.
 
“Bene, devo dirvi una cosa.” prese la sua sedia e la portò dall'altra parte della scrivania, scansando Rick e facendosi posto di fronte al computer. Beth si alzò direttamente e si posizionò in piedi dietro di loro. “Oggi, mentre tu giocavi all'allegro poliziotto, ho fatto un giro tra i testimoni. Stavo per tornare verso la macchina quando ho visto un tipo che si allontanava dal parco. Lui.” mostrò la foto di un ragazzo dalla pelle chiara e i capelli corvini, piuttosto corti. “Quando l'ho riconosciuto, ho capito dove l'avevo già visto: era tra la folla presente alle altre due sparatorie di questa settimana.” disse eloquente.
 
“E...?” domandò la ragazza.
 
“Ed è piuttosto strano che un ragazzo di ventiquattro anni si trovi su tutte le scene del crimine che coinvolgono Foster e Chacòn. In più le sparatorie sono avvenute in luoghi diversi, molto distanti l'uno dall'altro. Così ho fatto qualche ricerca.” disse mentre apriva un file sul desktop. “Nico Russo, cugino di secondo grado del braccio destro di Chacòn, Mark Russo, che sembra essere sparito proprio con il boss, due anni fa. Il ragazzino lavora in un negozio di fiori. Non so nient'altro.” concluse, appoggiandosi allo schienale e guardando i due affianco a lui.
 
“Però, molto professionale.” si congratulò Beth con un sorrisino vagamente derisorio. Faceva tanto il distaccato, ma scommetteva che quel lavoro gli piaceva tanto quanto a lei.
 
“Meglio tenerlo d'occhio.” esordì Rick “Ma che rimanga tra noi. Se questo tipo dovesse rivelarsi un elemento prezioso, non voglio che svanisca nel nulla per una soffiata.”
 
“D'accordo, sarò muta. Se non avete bisogno di me, andrei da Maggie a sentire se c'è qualche novità.” si allontanò.
 
“Certo, tranquilla.” la congedò Rick con un sorriso. Quando uscì e chiuse la porta, Daryl sospirò, rilassandosi leggermente. Il vicecapitano lo guardò con un sorrisino soddisfatto e disse ironico “Hai ragione, non c'è assolutamente nulla.”
 
“Perché sei tutto storto? Vuoi venirmi in braccio?” domandò Daryl, ignorando debitamente l'osservazione dell'uomo accanto a sé e lanciandogli un'occhiataccia.
 
“No, ehm... niente, niente.” rispose imbarazzato cercando invano di sedersi normalmente.
 
“È tutto il giorno che stai come se avessi le tarantole nei pantaloni.” lo osservò.
 
“Mi fa male!” urlò indicandosi il sedere. “Mi hai preso a calci ieri sera? Sono caduto dalla scala?” chiese esasperato.
 
“Se fossi caduto ti farebbe male anche il resto no? E nonostante la tentazione no, niente calci. Però ti avevo detto che avrebbe fatto un po' male, hai messo la vasellina?”
 
“La vasellina?!” domandò sconvolto, con gli occhi spalancati.
 
“Sì.” rispose tranquillo.
 
“Che è successo ieri sera Daryl?” chiese sbiancando.
 
E solo quando si sentì chiamare in quel modo, si rese conto cosa frullava nella mente dell'uomo accanto a sé. “Ma che cazzo hai capito?! Non ti ricordi?”
 
“Di cosa mi devo ricordare?!” chiese agitato.
 
“Fossi in te andrei in bagno a controllare il culo.” Daryl sollevò l'angolo della bocca in un ghignò divertito.
 
Rick saltò su dalla sedia veloce come un razzo, spalancò la porta dell'ufficio senza preoccuparsi di richiuderla e corse come una furia verso il bagno al piano terra, l'unico con gli specchi. Appena entrò serrò la porta a chiave, si abbassò pantaloni e boxer in un gesto solo e poi, dando le spalle allo specchio, alzò la felpa e si girò.
 
Sulla sua chiappa sinistra c'era un dannatissimo tatuaggio! In un primo momento non fece nemmeno caso a cosa fosse, poi mise a fuoco e capì. Sul suo gluteo, in caratteri volutamente imperfetti, c'era scritto ACAB*4. Sentì la terra mancargli sotto i piedi, subito dopo divenne paonazzo e avvertì la rabbia montargli dentro.
 
Se avesse seguito il suo impulso avrebbe ammazzato Daryl e poi avrebbe commesso suicidio. Ma sapeva che la colpa era soltanto sua; ora che aveva visto, gli erano venuti in mente alcuni flash della notte prima. E, poco ma sicuro, era stato lui a volere quel tatuaggio. Si rivestì, si sciacquò il viso e uscì dal bagno cercando di mantenere un certo decoro. Era distratto e nervoso; ad un certo punto era anche andato a sbattere contro Juliet che aveva tra le mani una pila di fascicoli.
 
“Ma che cazzo!” sbottò “Oddio scusami, non volevo... Aspetta che ti aiuto.” le disse subito dopo in tono mortificato. Dopo aver raccolto tutte le cartelline sparse per l'ingresso e averle posate sul bancone, era andato verso il suo ufficio come un automa. Tutti erano rimasti a guardarlo straniti e solo quando era sparito dalla loro visuale avevano ripreso a parlare.
 
Daryl nel frattempo lo aveva seguito ed era rimasto appoggiato al bancone. Dopo qualche istante, affianco a lui era arrivata Michonne che doveva compilare un modulo. Non appena Rick era uscito dal bagno e l'aveva vista, aveva sbarrato gli occhi ed era sbiancato di nuovo. Da lì, il conseguente scontro con la povera centralinista.
 
Poco dopo Jesus passò accanto a Daryl e Michonne, e avvicinandosi le sussurrò malizioso: “Che gli fai agli uomini, eh?” per poi andare verso le scale.
 
“O cosa ha fatto lui a te.” aggiunse serio Daryl guardandola. Ciò che l'aveva sorpresa era il tono lapidario con cui aveva parlato, così diverso da quello che aveva usato il loro collega un istante prima. Non c'era malizia nella sua voce.
 
“Cosa intendi dire? Rick non mi ha fatto niente.” rispose perplessa.
 
“Lo so. Dovrebbe saperlo anche lui.” le disse prima di andarsene.
 
§§§
 
Finalmente quella sera, Rick tornò a casa; aveva proprio bisogno di un bagno caldo e di dormire nel suo letto. Dopo una cena veloce andò al piano di sopra, già pregustando il momento di relax di cui avrebbe potuto godere di lì a poco. Mentre saliva i gradini sentiva ancora un fastidio al sedere: quel tatuaggio era la sua vergogna, ma almeno sarebbe stato un monito per il futuro. Non capiva perché si ostinava a bere se sapeva di non reggere l'alcool.
 
Entrò in camera, dirigendosi come al solito verso la cassettiera ma non appena sollevò la testa, saltò sul posto per lo spavento. Sulla dannatissima parete di camera sua c'era... un dipinto! Si allontanò di qualche passo, fermandosi solo quando sentì il materasso all'altezza delle ginocchia.
 
Non poteva crederci. Sullo sfondo si intravvedeva un paesaggio collinare e in secondo piano c'era un boschetto di meli pieno di frutti rossi. Ma a sconvolgerlo maggiormente era stata la figura in primo piano. Un uomo tutto nudo - eccetto che per la foglia di fico a coprirgli i genitali - guardava fisso l'osservatore, mentre si apprestava a cogliere una mela da uno dei rami. E la cosa più inquietante è che quell'uomo era proprio lui! Un altro Rick Grimes di almeno due metri lo stava guardando con un sorriso gioioso!*5
 
Rimase come in stato catatonico per qualche minuto, ma all'improvviso sentì la rabbia montargli dentro al petto. Quella era senza dubbio un'idea di Daryl! Non sapeva dove avesse trovato la pittura e nemmeno gli interessava; passi il ritardo, passino i cartoni della pizza sparsi per l'ufficio, passi anche il tatuaggio (che alla fine era stato lui a volere), ma questo era troppo!
 
Come una furia prese il cellulare dalla tasca dei pantaloni pronto a chiamare il “collega” e urlargli contro tutto quello che gli passava per la mente, ma poi vide il disegno sulla parete tra lo stipite della porta e l'armadio a muro. In basso c'erano stampati i piedini di Judith in successione, come fossero un prato verde e rigoglioso; al centro si alzavano le impronte dei piedi di Carl che, con un bel arancione deciso, sembravano costituire il tronco di un albero; infine sulla sommità c'erano tante impronte di mani blu e rosse che a questo punto potevano essere solo di Beth e Daryl.
 
La rabbia gli passò immediatamente, come se pensare ai suoi bambini che si divertivano fosse un calmante. Era come se avessero sgonfiato il palloncino di tensione che fino a un momento prima sentiva dentro di sé.
 
Bene, non avrebbe fatto nulla, non quella sera; la vendetta è un piatto che va servito freddo.
 
§§§
 
Beth si lasciò cadere sul divano con un gemito; quella settimana era stata terribile, ma finalmente era giunta al termine. Da quando i due clan mafiosi avevano iniziato a scontrarsi, non avevano avuto un momento libero. Negli ultimi giorni invece tutto era apparentemente calmo, ma in centrale c'era comunque movimento; tutti erano all'opera per trovare un collegamento, un movente e un mandante delle tre sparatorie. Erano rimasti in ufficio a crogiolarsi nella frustrazione, sommersi di fascicoli, foto, deposizioni, referti medici e balistici. La pista di Daryl fortunatamente non era stata un vicolo cieco, ma non avevano ancora avuto notizie su quel fronte.
 
“Finalmente è venerdì. Non avrei retto un altro giorno.” mormorò mentre Maggie si sedeva accanto a lei.
 
“Ti capisco ma ti prego, non parliamo di lavoro: la scorsa notte ho sognato una delle vittime che ballava Mamma Mia.” disse con un tono schifato e corrucciando gli occhi. L'altra la guardò e sorrise divertita.
 
“A proposito sorellina, è un po' che non ne parliamo, come stanno andando le tue tecniche di seduzione?” chiese ricambiando il sorrisino.
 
“Malissimo, mi ignora completamente!” esclamò Beth avvilita “Da quando ne abbiamo parlato ho provato di tutto. Ho disegnato i cuoricini sulla foto in ufficio, ma quando sono passata nel pomeriggio non c'erano già più. Un'altra volta ho preparato da mangiare ad entrambi; sono stata bravissima, era un pranzetto coi fiocchi! Erano come i cestini del pranzo giapponesi; in quello di Rick c'erano verdurine saltate, una piccola omelette, ovviamente il riso e del pesce crudo. In quello di Daryl invece ho messo i wurstel saltati in padella che sembrano polipetti, il pesce crudo e sul riso...” si fermò incerta. Si decise a parlare solo dopo lo sguardo insistente dell'altra.
 
“Ho disegnato la sua faccia stilizzata con l'alga nori.” concluse in fretta, scoppiando a ridere seguita da Maggie. “Dovevi vedere la sua espressione quando ha aperto il cestino! Ha spalancato gli occhi ed ha trangugiato tutto prima che qualcuno potesse vederlo. Quando Rick ha detto che li vizio e che qualche volta avrei dovuto farlo di nuovo, pensavo si sarebbe strozzato! E poi-” si bloccò all'improvviso, spalancando gli occhi.
 
“E poi?” Beth non rispose, scuotendo la testa. “Cosa hai combinato?” chiese sollevandosi un po' sui gomiti per guardarla meglio in faccia.
 
“Potrei avergli mandato dei messaggi.” sorrise imbarazzata.
 
“Messaggi?! Dammi il telefono!” Maggie rise buttandosi su di lei cercando di prendere il cellulare. Dopo qualche istante di lotta riuscì a conquistare il telefono, si sedette sul bracciolo e iniziò a leggere.
 
“Durante il corteggiamento, il piccione maschio gonfia molto il collo, sollevando un po' le piume iridescenti, lo muove ritmicamente su e giù, gira su sé stesso ed emette un particolare suono gutturale; quando la coppia si è formata, i due strusciano le guance vicendevolmente ed hanno atteggiamenti molto teneri. Sono monogami, il loro legame dura per tutta la vita e termina solo con la morte di uno dei due.” fece una pausa ad effetto, guardando l'altra attraverso la frangia e poi lesse il messaggio successivo: “Il pesce angelo dei Caraibi ama viaggiare e andare a caccia in coppia. Il legame che forma con il proprio compagno spesso dura per la vita e, se questo muore, il pesce rimasto sceglie di continuare a vivere in solitudine piuttosto che 'risposarsi'.”*6
 
Beth aveva le guance in fiamme ma sorrideva.
 
“Ah, ha anche risposto? Allora una possibilità ce l'hai davvero!” ricambiò il sorriso, si schiarì la gola e riprese:
 
“Sarei sopravvissuto anche senza saperlo alle due di notte.”
 
“Non riuscivo a dormire.”
 
“Mai provato con una birra?”
 
“Avrei dovuto scriverti prima, così avresti potuto offrirmela. Ti ho svegliato?”
 
Qui ti ha mandato la foto di una birra.
 
“Buonanotte Daryl.”
 
“'Notte.”
 
“Cos'hai intenzione di fare la prossima volta? Andare sotto casa sua vestita da pavone?” la prese in giro Maggie.
 
“Ah. Ah. Tu piuttosto, come va con Glenn?” chiese con un sorriso malizioso.
 
“Niente di che.” la liquidò.
 
“Se pensi che non abbia notato quando un paio di settimane fa vi siete dileguati quando tutti festeggiarono, ti sbagli.” le disse trionfante.
 
“E va bene! Sei impossibile.” le lanciò un cuscino, mal celando il divertimento. “Quella sera siamo andati nello sgabuzzino delle scope e ci siamo baciati.”
 
“Di nuovo.” sorrise soddisfatta Beth.
 
“Sì, di nuovo. Abbiamo iniziato a sentirci, qualche volta abbiamo passeggiato mentre era in pausa. Non so se ricordi quel giorno di settimana scorsa che ha iniziato a piovere a dirotto, e proprio quella mattina avevo deciso di andare a lavoro a piedi.” sua sorella annuì, invitandola a continuare “Quando è passato a consegnare le pizze per Jesus e Abe, e ha visto che ero senza macchina mi ha portata a casa con il furgoncino. Solo per caso, ho scoperto che il capo gli ha fatto una lavata di testa per il ritardo.” sorrise dolcemente al ricordo di qualcosa “Lunedì avresti dovuto vederlo.”
 
“Che è successo?”
 
“Ero in laboratorio per fare l'autopsia a una delle vittime, e mi sembrava ci fosse qualcosa di strano. Lui era venuto come al solito per una consegna ed è passato a salutarmi. Stavo guardando dei residui di polvere da sparo al microscopio e gli ho fatto segno di avvicinarsi. È rimasto un po' in silenzio e proprio quando stava per dirmi qualcosa gli ho chiesto "Mi dai la mano?" e lui mi ha risposto con un tono stranito "Certo... cosa posso fare?". L'ho guardato e gli ho detto "Passami la mano.". Accanto a lui c'era una vaschetta con dentro un moncherino. Ha fatto un'espressione che avrei voluto fotografare. Penso stesse per vomitare!” raccontò tra le risate. “Ha deglutito, ha respirato profondamente e trattenendo il fiato me l'ha portata in tutta velocità.”
 
Ormai entrambe stavano ridendo a crepapelle; c'era da dire che tra tutte e due erano messe bene. Con la sola distinzione che tra loro era Maggie a condurre il gioco, mentre Beth azzardava solo qualche tentativo.
 
“È carino, è dolce, ma è anche... non so, ha un qualcosa di speciale.” concluse con un tono strano.
 
“Oh - oh, sei proprio cotta.” sorrise l'altra. “Perché non ci provi sul serio? Capisco la reticenza dei primi tempi, ma ormai sono più di due mesi che vi girate intorno come le falene alla lampadina.”
 
“Ce l'hai su con gli animali, eh?” le fece notare, strappandole un altro sorriso. “Comunque non lo so... forse dovrei.” mormorò incerta.
 
“Certo che devi sorellona!” disse abbracciandola.
 
“Dai, andiamo a letto.”
 
“Va bene.” rispose l'altra alzandosi “A meno che tu non voglia ordinare una pizza.” le fece l'occhiolino e corse verso la sua camera.
 
“BETH!” urlò, scattando in piedi e rincorrendola.




Angolo autrice:
 
*1 2 single a nozze, 2005. Jeremy Grey.
*2 Gli incredibili, 2004. Helen Parr / Elastigirl.
*3 Alla ricerca di Nemo, 2003.
*4 ACAB: All Cops Are Bastard.
*5 Anche la scena del dipinto è direttamente ispirata al film "2 single a nozze". Il dipinto in questione lo trovate QUI -> http://www.canvasmatch.com/images/comm/475.jpg
*6 I rituali di corteggiamento e accoppiamento degli animali sono tratti da reali articoli reperibili su internet.
 
Eccoci qui! Ne sono successe di cose eh? Finalmente Rick ha visto il murales e anche noi abbiamo scoperto cosa raffigurava. Abbiamo anche visto che tatuaggio ha fatto Daryl al suo amico e soprattutto dove gliel'ha fatto ahahahaha Per quanto riguarda la scena di Beth e Rick in bagno è tratta niente meno che da una diretta esperienza della sottoscritta. Stendiamo un velo pietoso ahahahahaha
A proposito, negli scorsi capitoli non ho spiegato molto bene la faccenda dei soprannomi legati ad "Hazzard" che in centrale danno a Rick, Beth e Daryl.
Hazzard è una serie degli anni '80 che guardavo da piccolina (io in realtà guardavo le repliche delle repliche, ancora non c'ero all'epoca della prima messa in onda ahahahaha). In breve: la storia si svolge in Georgia ai tempi dell'America proibizionista e narra le vicende di Luke, Bo e Daisy, tre cugini che si cacciano sempre nei guai con lo sceriffo locale. I tre guidano il Generale Lee, una Dodge Charger rossa (ormai diventata un simbolo). Di solito Luke è alla guida, Bo sta al posto del passeggero mentre Daisy sta in mezzo (come infatti accade rispettivamente a Rick, Daryl e Beth quando sono in giro insieme).
Non voglio tediarvi con informazioni inutili, ma siccome questa cosa dei soprannomi ritornerà in futuro e avrà anche una certa importanza volevo che fosse tutto chiaro^^ Quest'angolo sta diventando davvero troppo lungo, quindi non vi trattengo oltre :*
Come sempre ringrazio chi ha messo la storia tra preferite/seguite/ricordate e soprattutto chi recensisce. Fatemi sapere che cosa ne pensate di questo capitolo!^^
·Machaira·
   
 
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