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Autore: carachiel    02/05/2017    2 recensioni
“La morte è compassionevole perché da essa non c’è ritorno ma chi emerge, pallido e carico di ricordi, dai recessi della notte, non avrà più pace.(da Hypnos, 1922)”
Howard Phillips Lovecraft.
Fanfiction scritta quasi di getto, per raccontare forse il peggior destino possibile o immaginabile.
Prima fanfic ispirata ai Tarocchi: Arcano Maggiore numero 16, La Torre (rottura, shock, sgretolamento, cambiamento, liberazione)
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Byron Arclight/Tron
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Dello sgretolarsi
 
Dedicata a Naoko_chan.
 
 
Stava cadendo.
Era strano, ma era riuscito a realizzare il peso di quelle due semplici parole che ormai si trovava già al suolo da qualche tempo ma, forse per effetto dello shock, aveva continuato a cadere per lungo tempo, forse più di quello che un angolo della sua mente non ancora invasa dal panico aveva recepito razionalmente.
 
E mentre sentiva il terreno sotto di sé spezzarsi e creparsi, una paura incontrollabile e atavica gli aveva stretto le viscere, impedendogli di pensare logicamente, mentre percepiva tutte le sue speranze andare in frantumi, cozzare contro la marmorea realtà.
 
Era scivolato giù assieme che a quello che un tempo avrebbe descritto come il proprio migliore amico, sentendosi tradito, ferito e disonorato da una persona con cui aveva lavorato a fianco tanti anni, eppure stupidamente non era riuscito a realizzare. Se era vero che l’occasione faceva uomo ladro, lui si era lasciato sacrificare come un toro sull’altare, lasciandosi cadere a terra.
E l’idea lo fece vergognare.
 
Quando finalmente era arrivato al termine di quel vortice di luci che in altro luogo avrebbe chiamato “morte”, gli ci era voluto del tempo prima di riuscire a ricomporsi, e a recuperare la lucidità necessaria per processare quello che gli era capitato nell’arco di sì e no un minuto, ma che molto più avanti avrebbe etichettato come i momenti peggiori della sua intera vita.
Byron non era mai stato uomo da credere razionalmente in una “vita dopo la morte”, di qualunque natura fosse.
L’aver studiato per anni la biologia e la chimica l’aveva poi condotto a pensare che quello che i credenti chiamavano Paradiso o inferno non era altro che un modo per addolcire alla mente l’idea del trapasso.
“E’ una sciocchezza” aveva pensato al tempo “agonizziamo, moriamo e ci decomponiamo. Non esiste altro.”
 
Eppure quella sciocchezza l’aveva spiazzato, e neppure il suo giudizio tagliente era riuscito a celare il disorientamento nello smarrire quel salvifico filo che adesso l’avrebbe tratto in salvo dal labirinto dell’incertezza, dalle cose che non passavano mai perché non sono mai passate.
E ‘adesso’ era tardi.
 
Quando si era rialzato, realizzando di essere solo, si era dovuto aggrappare con tutte le sue forze alla sua restante razionalità per non lasciarsi prendere dal panico davanti a ciò che gli si offriva alla vista.
Era stato allora, che aveva compreso per la prima volta cos’era, o cosa doveva essere l’inferno.
Uno sconcerto ripetuto all’infinito, l’orizzonte vacuo, un collasso dei sensi.
In pratica, un sole rosso che arroventava un mondo che non sembrava conoscere altro tono.
 
Davanti a quel gigante sabbioso, con le pietre stridenti sotto il suo passo, per la prima volta, aveva temuto l’Oltre. E se per i primi giorni, le prime ore forse, dato che quel mondo non sembrava conoscere tempo, l’aveva sospinto il pensiero di tornare dalla sua famiglia, pian piano anche quel pensiero confortante era stato abbandonato per far posto al dubbio del suo destino, mentre piccole luci passavano il cielo come fantasmi di lucciole di sangue.
La verità era che l’angoscia di quella prospettiva, tanto vicina e tanto lontana, lo terrorizzava forse meno del rompere quella silenziosa promessa che aveva fatto a Christopher abbracciandolo, quella notte di Settembre.
E tu no, non hai ancora dimenticato i suoi occhioni color del cielo mentre ti giurava che ti avrebbe aspettato.
Chissà per quanto.
 
Aveva continuato a camminare per quelli che gli erano parse miglia, fino a capire che non c’era traccia visibile di altre presenze umane a parte lui. Ad onor del vero, l’aveva capito già solo dall’aria di quel mondo, un ossigeno pesante, denso.
Non esistevano giorni né notti, in quella terra di sangue.
E se inizialmente aveva tentato di tenere il conto, aveva dovuto arrendersi.
Avrebbe potuto e dovuto essere morto in una decina di modi diversi, nel frattempo, ma fintantoché ogni minuto riusciva ad andare avanti, non si sarebbe fermato, sapendosi facile preda di fantasie e ricordi.
E così aveva continuato, percorrendo quello strano mondo dove il tempo non pareva scorrere o addirittura esistere, era chiaro che quel mondo rifiutava il concetto stesso di tempo, cancellando ogni segno del suo passaggio, mantenendo la mente occupata col ricordarsi formule e composizioni chimiche, tentando persino di indovinare il microclima di quel luogo, pur di non pensare.
 
E tutto ciò finche non aveva visto Lui.
L’unica presenza vagamente umana che era riuscito ad identificare, sebbene di umano paresse aver poco.
Era un essere dalla pelle grigiastra, adornata da piccole pietre viola che parevano essere un tutt’uno con la pelle stessa, sulla schiena due piccole ali nere. Il suo viso non presentava né naso né bocca, ma solo due occhi di un violetto acceso che lo guardavano con un’espressione di intenso divertimento.
L’unica parola con cui Byron sarebbe riuscito ad identificarlo era “demone”.
 
Dunque, quello doveva essere davvero l’inferno.
 
Rimasero a squadrarsi per qualche minuto, a qualche metro di distanza l’uno dall’altro, finché il demone o qualunque tipo di creatura fosse non gli rivolse la parola.
Era strano, pur non possedendo labbra come fosse stato in grado di far risuonare la sua voce… nella sua stessa mente.
“Bene, chi abbiamo qui… Non sembri di queste parti. Ah, ho capito, devi essere quell’umano che si è smarrito.”
Lui annuì, per poi chiedergli in tono disperato “Dimmi, questo è davvero l’inferno? Sto impazzendo…”
“Ci sei andato vicino, ma non esattamente.” rispose il demone alzando le spalle.
“Conosci un modo per uscire?”
“Forse. O forse no. Se questo è l’inferno tu dovrai aver commesso qualche forma di colpa per meritartelo, dunque. O forse non ti lascerei fuggire.”
 
Sotto il peso di quelle parole, mormorate in tono leggero, le sue viscere si annodarono, facendo rispuntare l’atavica paura dell’Ignoto.
 
“Te ne prego. Non posso andare avanti.”
“Tu stai morendo” continuò il demone in tono quasi svagato “Non è possibile per un umano come te sopravvivere in questo mondo, soprattutto, non così a lungo. Impressionante. La tua anima deve essere straordinariamente forte per non essersi disgregata al contatto con questo mondo.
Ma non credo durerai ancora a lungo. Forse un altro paio di giorni, forse tre. Ma sarebbe meglio andarsene velocemente, non credi?”
“Ma se dunque questo non sarebbe il meglio perché non mi uccidi subito invece di lasciarmi consumare qui?”
“L’idea mi tenta, ma no. Non ne varrebbe la pena. Però…” si interruppe, facendo un ghigno divertito “posso offrirti qualcosa.” fece una pausa, pregustandosi l’effetto che avrebbe sortito quella sua vaga promessa. “…Qualcosa per sopravvivere.”
 
“Dove vuoi andare a parare? Non ho nulla da offrire, in cambio, e so che col Demonio non si stringe patto senza offrire, in qualche misura, qualcosa di pari valore. Il processo del tempo è una ragnatela di effetti e cause e offrire una qualsiasi merce, infima o meno, sarebbe non dissimile dal chiedere che si rompa uno di quegli anelli o pregare che si sia già rotto.”
“Tut, tut, so di cosa parli e il soggetto non mi è ignaro. Potrei offrirti la libertà di tornare indietro, ad esempio… O la possibilità di vendicarti.”
“Come lo sai?” domandò Byron arretrando
“Oh, è molto semplice. Potresti entrare in questo mondo solo che chiedendo di vendicarti, e rompendo il sigillo. Lo stesso, presumo, da cui tu sia precipitato.”
“…”
 
Il demone, intanto, si era alzato dalla roccia su cui si era seduto ed aveva socchiuso la mano, dotata di quelli che sembravano lunghi artigli. Riaprendola, su di essa si era formata una piccola sfera rossastra, del medesimo colore del sole di quello strano mondo.
 
“Energia Bariana.” disse, davanti al suo sguardo perplesso. “Se davvero vuoi andartene, questa è l’unica via. Puoi usarla per entrare… o per uscire.”
“Non ti seguo.”
“Naturale. Proverò a spiegartelo in altri termini: l’energia è l’anima stessa di questo mondo e la ragione stessa per cui ti consumi. La tua anima e quest’energia si equivalgono, e tu potresti resistere solo che con quest’ energia dentro di te, che fungerebbe da pedaggio.”
 
Byron annuì, senza trovare parole adatte ad esprimere lo sconcerto e il tormento che quelle rivelazioni andavano procurandogli.
 
Dunque anche Faker era andato lì per cercare vendetta… e dunque l’idea che si fosse trattato solo di un incidente, come aveva pensato, veniva doppiamente smentita.
Lo aveva usato. Ingannato, ben sapendo quale fosse il pedaggio richiesto per arrivare. E tutto questo esigeva una sola cosa: vendetta, perché il perdono, la dimenticanza è atto di altri. E il perdono purifica l’offensore, non l’offeso.
E per ciò a lui rimaneva che una sola scelta.
 
 
“Va bene, demone. Accetto la tua offerta.”
L’altro senza dire una parola rilasciò la sfera di energia verso di lui, entrandogli dentro, rivelandosi non calda come l’aveva immaginata, ma fredda.
 
“Mantieni l’obiettivo, e vedrai che riuscirai a trovare il varco.” Disse, svanendo il una vaga nebbiolina rossastra e lasciandolo di nuovo solo con quelle strane parole.
 
Ma quello che lo fece star meglio, riprendendo il cammino, fu l’idea che un giorno giustizia sarebbe stata fatta, ora che aveva visto quante anime idiote, putride e marce, si nascondessero in quei margini di sanità.
Dunque davvero l’unico luogo dove trovare la salvezza, era l’inferno, pensò lasciando che le sue restanti emozioni trovassero espressione in una lunga, quasi delirante, risata.
E dunque anche la memoria di quel tempo passato non sarebbe valsa, cancellandosi.
 
Ora lui poteva solo che appartenere a quel mondo nuovo, dove quello che l’attendeva era tutt’altro che vita.
Oh sì… Oramai più nulla ne sarebbe valsa la pena*…
 
Non finché quel bastardo non avrebbe pagato il merito di avergli fatto sfiorare le porte dell’inferno.
 
(1.575 parole)
 
*citando i sottotitoli dell’episodio “Even if we fail in our quest it will be worth the effort”
 

Angolino dell’Autrice:
Ben poche parole per spiegare questa fanfic, nata un po’ per ipotesi, un po’ per sfida, nutrita avidamente di headcanons e di qualche riferimento per spiegare quello che presumibilmente è avvenuto.
Un caldo ringraziamento a Naoko, che sopporta sempre i miei farneticamenti e non mi ha ancora mandato a quel paese mentre fangirlo.
   
 
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