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Autore: _Reset_    03/05/2017    0 recensioni
non è facile essere diversi, non è facile opporsi alle forte ideologie di genitori e parenti, non è facile essere tanto forti da crescere da soli, oltre i limiti imposti. questo è un abbozzo della vita di un ragazzo che pian piano trova la forza di scrivere la sua storia.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Conoscete il modo di dire “la giornata si vede dalla mattina”? Bene, vi auguro di non avere mai mattine come le mie.
Ogni giorno mi sveglio all’alba perché quello stupido chihuahua di mamma si diverte a leccarmi i piedi a quell’ora, quindi vado a dargli da mangiare e nel frattempo preparo la colazione per me e i miei genitori. Vado poi a svegliarli nel modo più delicato possibile ed in seguito apro tutte le finestre per cambiare aria. Come tutte le mattine i miei genitori si dimenticano che magari pure io vorrei fare colazione e decidono di mangiare tutto ciò che ho preparato lavando i piatti mentre io sono in doccia, che dunque è ghiacciata, lasciandomi a stomaco vuoto e senza tempo per prepararmi qualcosa in quanto altrimenti arriverei tardi a lezione.
Tipica mattina orribile, tipica giornata orrenda.
Arrivo a lezione appena pochi secondi prima del professore. Riordino le mie biro in modo accurato sul banco e mi preparo a prendere appunti. Nella pausa mi squilla il cellulare che avevo dimenticato di silenziare.
-Ciao! Come stai? Come vanno le lezioni? Ti stai ambientando? - La voce di Nick mi giunge alle orecchie e subito la mia giornata non sembra più poi così orrenda. Sorrido sollevato e rispondo: - Ciao Nick! Qui tutto bene grazie, lì? Le lezioni continuano ad essere noiose e si, mi sto ambientando…- mento spudoratamente sull’ultimo punto mordendomi il labbro sentendomi un pochino in colpa, ma non voglio farlo preoccupare.
Nick mi sommerge letteralmente con i suoi racconti e non tralascia nemmeno un dettaglio, probabilmente per farmi sentire ancora a quella che era la mia casa, in quell’ambiente in cui mi trovavo così bene, tra quelle persone a cui volevo tanto bene.
-Senti, io e Ricky pensavamo di andare in montagna il prossimo fine settimana, ti va di venire con noi? - mi chiede all’improvviso, -Potremmo passare a prenderti e…-. –No! - esclamo subito impanicato pensando ai miei genitori, poi notando di esser stato un po’ troppo brusco aggiungo: - Io… ci sono delle attività in città… volevo fare un po’ di conoscenza…-. Lo sento sospirare, probabilmente sospettando che gli ho mentito spudoratamente, ma proprio in quell’istante vedo arrivare il professore della lezione seguente. –Nick grazie davvero per l’invito, ringrazia anche Ricky e scusami davvero. Ora devo andare, ciao. - esclamo in fretta e faccio per spegnere la chiamata, ma i sensi di colpa mi bloccano quindi aggiungo:- Ti voglio bene Nick.-. spengo la chiamata e corro al mio posto in prima fila.
Per pranzo mi siedo su una panchina nel parco vicino all’università e frugo nella borsa già pregustando il mio panino accuratamente preparato la sera prima. Sto fantasticando sul prosciutto sempre concentrato sulla borsa quando sento un eloquente “E-ehm” un po’ troppo vicino a me per non essermi rivolto. Sposto lo sguardo di poco giusto per prepararmi psicologicamente: a meno di un metro da me trovo tre paia di piedini rivolti verso di me. Timidamente alzo definitivamente lo sguardo non comprendendo cosa possano volere da me tre ragazze. Sono tre soggetti estremamente diversi: quella a me più vicina ha la tipica aria da Barbie, bionda, alta, bella e dall’aria arrogante e altezzosa, una delle due appena più distanti ha l’aria lunatica ed eccentrica, con capelli biondi ricci a ciocche colorate e un numero indefinito di braccialetti, mentre l’ultima pare quella più normale (e quindi a me più affine) si nasconde dietro la frangetta castana e gli occhiali stringendo a sé un libro dall’aria pesante in tutti i sensi.
-Quella è la nostra panchina di solito, ti spiace liberarcela? – sbotta la Barbie. La fisso un istante senza parole, poi sospiro abbandonando la ricerca del panino per spostarmi. Come si sarà già capito non sono esattamente molto bravo a farmi valere. Prima che io mi possa spostare interviene però la seconda bionda esclamando: - Ma no Cassy non fare la cattiva! Poverino ci sta anche lui, basta che ci stringiamo un po’! – aggiudicandosi una occhiataccia dalla Barbie, poi rivolta verso di me e sorridendo in modo estremamente ingenuo aggiunge: - Non ti spiace vero, amico? -. Sono un po’ stupito da questo appellativo, ma scuoto la testa spostandomi nell’angolo cercando di occupare il minor spazio possibile. A quanto pare non sono l’unico confuso dalla parola “amico” proferita così facilmente in quanto le altre due ragazze sembrano altrettanto confuse. Quella con il libro, sedendosi nell’angolo opposto al mio, sottolinea infatti: - Meggy, non chiamarlo amico se nemmeno lo conosci. Se no lo metti in imbarazzo. -. La Barbie annuisce con vigore sedendosi il più vicino possibile all’amica. Lo spazio tra di noi viene subito colmato dall’eccentrica che con quella che pare una illimitata quantità di energia esclama: - Ma io lo conosco! Gabriel Collins, soprannominato Gabi dagli amici più stretti, 21 anni, appena trasferito in città tre settimane fa, vive in una villetta a schiera in via Trafalgar numero 13, figlio unico, perfetto casalingo, pessimo in tutti gli sport, media del 30 e unico abitante della prima fila in classe. -.
Cala il silenzio. In questo istante probabilmente la sto fissando con aria molto sconcertata: come diavolo fa a sapere tutte queste cose su di me?
-Inoltre so che è mancino, probabilmente suona la chitarra classica e ha un migliore amico di nome Nick a cui mente di continuo. – aggiunge con aria soddisfatta. La ragazza con la frangetta le sussurra: - Meggy, così lo avrai spaventato! Non è carino stalkerare una persona e dirglielo in faccia. -. La mia attuale vicina di panchina scoppia a ridere poi spiega: - è il nuovo vicino di casa di mia nonna, per questo so nome, cognome, quando e dove si è trasferito. Inoltre è il nostro nuovo compagno di corso quindi essendo curiosa l’ho studiato un po’: essendo nella nostra stessa classe e avendo una media così alta (scoperta controllando tutti i numeri di matricola negli ultimi esami) deve avere la nostra età, arriva al terzo piano dell’edificio con il fiatone quindi non è affatto sportivo, l’ho fissato a prendere appunti quindi è mancino di sicuro, ha le unghie sulla mano destra più lunghe che sulla mano sinistra quindi suona la chitarra classica e beh ho sentito casualmente una sua telefonata con il suo migliore amico… -. Le altre due ragazze scuotono la testa notando che questa spiegazione sottolinea ulteriormente lo stalking, ma io scoppio a ridere, guadagnandomi ovviamente delle occhiatacce.
Finalmente trovo il mio panino sul fondo dello zaino e dopo averlo ammirato per alcuni istanti lo addento affamato. Il mio povero stomaco stava iniziando a brontolare dato che non ho fatto colazione…
-Comunque io sono Megan, l’altra bionda qui di fianco è Cassandra e miss “adotta un libro pesante” è Jennifer. – aggiunge ancora la mia vicina di panchina facendomi sorridere: non mi è mai capitato di incontrare una persona che volesse così tanto parlare con me. Avendo la bocca piena con il mio squisito panino faccio un lieve gesto con la mano.
Torno a concentrarmi sul mio panino ma non c’è verso: ogni trenta secondi Megan si volta verso di me con quel suo sorriso così ingenuo e mi pone una domanda, oppure mi racconta un qualche aneddoto divertente su di lei o sulle sue amiche o mi parla delle lezioni oppure trova un qualsiasi spesso assurdo topic per fare conversazione. Pian piano anche le amiche vengono introdotte del colloquio quindi in pratica si, mi trovo a parlare liberamente con queste tre ragazze e a discutere su quanto sarebbe bello essere un unicorno così come quanto sia difficile disegnare la conformazione a sedia del cicloesano.
Finita la pausa pranzo tutte e tre mi salutano sorridendo senza alcun segno di diffidenza (neppure Cassandra-Barbie). Torno in classe forse un po’ troppo sorridente, ma non mi importa: sono forse riuscito a farmi le prime amiche?
Appena tornato a casa chiamo Nicholas per raccontargli l’avvenimento, poi mi corico sul letto sorridendo e provando una immensa gioia. Sono ormai abituato ad avere più amiche femmine che maschi, quindi ciò non mi turba affatto. Inoltre Megan, Cassandra e Jennifer sembrano anche abbastanza popolari quindi diventare loro amico potrebbe farmi conoscere altre persone e quindi farmi fare nuove amicizie.
Mi trovo a fantasticare sui mille e più scenari in cui mi potrei trovare da domani e le ore passano veloci.
Come ogni sera preparo la cena, ma oggi essendo particolarmente felice mi trovo a canticchiare una canzone. Preparo il tavolo e dispongo i piatti, poi una volta finito il telegiornale i miei genitori si siedono a tavola e ceniamo in silenzio. Una volta pulito e riordinato tutto torno in camera mia. Mentre sono in bagno per prepararmi ad andare a letto mi guardo allo specchio. Per la prima volta in tre settimane mi vedo sorridere.
Vado a dormire pregustando il mio pranzo di domani e fantasticando su cosa potrebbe succedere.
Non ne sono completamente certo, ma credo di aver sognato di essere un unicorno…
  
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