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Autore: hibou    03/05/2017    1 recensioni
Vite a confronto, tempo che fluidamente scorre, si dilata e restringe.
Naruto conduceva un’esistenza tranquilla e all'insegna della monotonia.
Ogni giorno si susseguiva al successivo con ritmo cadenzato e precisione svizzera, le giornate scorrevano lisce esattamente come un torrente scivola dalle rocce al mare. (...)
Sasuke conduceva un’esistenza tranquilla e all'insegna della monotonia.
Ogni giorno si susseguiva al successivo con ritmo cadenzato, ridondante come il suono di una campana che sembrava non smettere mai di echeggiare in testa.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Naruto conduceva un’esistenza tranquilla e all’insegna della monotonia.

Ogni giorno si susseguiva al successivo con ritmo cadenzato e precisione svizzera, le giornate scorrevano lisce esattamente come un torrente scivola dalle rocce al mare; semplicemente Naruto non si preoccupava – o non dava l’impressione di essere preoccupato – dell’avanzare dei giorni che, inesorabilmente, lo avrebbero condotto alla destinazione finale come una goccia non conta la distanza temporale che la separa dalla grande foce nell’immenso blu.
Si svegliava la mattina, si preparava la solita colazione e seguiva il solito tragitto che lo avrebbe condotto all’accademia, dove puntualmente sarebbe stato rimproverato per qualche dispetto o marachella compiuta nel tempo libero. Perché di tempo libero ne aveva molto, lui. Non aveva orari prestabiliti per i pasti, poteva mangiare ogni qualvolta lo stomaco reclamasse una buona ciotola di ramen, non aveva orari per la messa a letto e non aveva orari precisi nemmeno per svolgere gli esercizi dell’accademia. Naruto era solo, nessuno scandiva lo scorrere delle lancette fissandogli appuntamenti o imponendogli obblighi. Era uno spirito libero, non per scelta ma per nascita.
Aveva un orologio sul comodino a fianco al letto che non funzionava, le batterie erano scariche chissà da quanto tempo e, certamente, lo sarebbero rimaste ancora a lungo. Possedeva un calendario però, unico oggetto a cui si premurava di segnare nascita e morte del sole quotidianamente. Lo teneva appeso ad una parete del suo spoglio e semplice monolocale, con atteggiamento quasi sacrale ogni sera segnava il tramontare del giorno ed ogni mese ne strappava con animo una pagina, oggetto sacrificale che finiva a morire nel cestino.
Naruto, pazientemente, aspettava e nel frattempo viveva, aggrappandosi al sogno che, giorno dopo giorno, cercava faticosamente di costruire, mattone dopo mattone, asse dopo asse: partire dalle fondamenta per poter erigere un castello. Svegliarsi solo e camminare, per il proprio sogno. Accettare le punizioni ed inventare altri dispetti, per il proprio sogno. Mangiare al chiosco del ramen, giocare nel cortile dell’accademia, fare la spesa, rassettare casa, dormire, cambiare una lampadina rotta, prepararsi il bagno scegliere i vestiti girovagare come un fantasma senza meta per il villaggio andare sull’altalena ascoltare i rombi del temporale la notte fuori dalla finestra da sotto le coperte da solo, per il proprio sogno.



Sasuke conduceva un’esistenza tranquilla e all’insegna della monotonia.
Ogni giorno si susseguiva al successivo con ritmo cadenzato, ridondante come il suono di campane che sembravano non smettere mai di echeggiare in testa. Le sentiva suonare la notte, tra le mura della sua grande casa: incessantemente, si infilavano tra le assi del pavimento, attraversavano le pareti sottili, pulsavano dove l’orecchio incontrava il cuscino.
I minuti si rincorrevano veloci, maratoneti professionisti e diligenti, scattanti e sicuri nei primi metri, le energie nel corpo per assicurare l’arrivo. Si svegliava la mattina, si preparava la solita colazione e andava all’accademia. Era il migliore della classe.
Le ore però incespicavano, si pestavano i piedi da sole. A metà corsa le energie mancavano, i maratoneti alleggerivano il passo, la strada si faceva tortuosa e la distanza sembrava più lunga che mai. Se ne tornava a casa, Sasuke, e si preparava il pranzo, solo. Sgomberava poi la cucina, eseguiva gli esercizi per il giorno dopo, correva nella foresta ad allenarsi.
Le giornate, invece, non si concludevano mai. Vedevano il traguardo i maratoneti, ma ad ogni passo sembrava allungarsi di un metro. Le forze ormai esaurite, la mente esausta e pesante, le gambe tremanti che minacciavano il collasso ad ogni passo. Sasuke allora si faceva la doccia, ogni tanto cenava e poi si coricava sotto le coperte, sentiva il freddo penetrare nelle ossa, ogni notte, ogni stagione. Le campane sempre nei timpani.
Ogni giorno la stessa monotonia, ogni giorno lo stringersi e dilatarsi del tempo lo accompagnavano in ogni azione.
Era solo, Sasuke. Uno spirito libero, non per scelta e non per nascita. Lo era dovuto diventare. Nessuno ad imporgli degli orari, nessuno a digli quando e come dovesse fare qualcosa, era lui a sancire il ritmo e la qualità delle sue ore, nessun altro. Non più.
Aveva un calendario appeso in cucina che segnava la data di molti anni prima, un giorno che mai avrebbe dimenticato. Avrebbe anche potuto cestinarlo, ma faceva male alla vista e al tatto avvicinarvisi. In compenso, aveva un piccolo orologio sul comodino a cui si premurava di cambiare la batteria e regolare l’ora ogni qualvolta ce ne fosse il bisogno. Lo impostava la mattina per svegliarsi, lo impostava per ricordarsi degli allenamenti che, strenuamente, occupavano tutta la giornata e non davano adito al tempo libero. Lo impostava e lo teneva con cura per ricordargli che il tempo era liquido, che un momento correva a l’altro inciampava, che ogni secondo era vitale per compiere un passo verso la meta, verso il proprio sogno, per il quale avrebbe sacrificato sé stesso. Svegliarsi solo la mattina, studiare ed allenarsi per il proprio sogno. Cucinare il riso, tagliare da solo i pomodori, fare la spesa per il proprio sogno. Evitare le persone, ignorare i bisbigli, ciondolare sul molo, attraversare il quartiere vuoto a testa alta, sentire risate di fantasmi negli angoli sperduti della casa stendere il bucato pulito raccogliere la legna per la stufa d’inverno abbassare la testa ogni tanto non dormire la notte e desiderare di non essere proprio del tutto solo, per il proprio sogno.













Un sentito grazie a tutti coloro che hanno scelto di aprire e leggere questa storia del tutto imprevista e che mi lascia piacevolmente sorpresa, a dimostranza che il tempo, per rimanere in tema, tanto si dilata man mano che gli anni passano e tanto si restringe non appena un pensiero ti coglie, facendoti fare un tuffo tra vecchi ricordi che mai avresti pensato di rivivere. Grazie.

Lasciatemi un pensiero del vostro passaggio, se vi va.
Un saluto,

hibou.


  
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