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Autore: hikari_k    04/05/2017    2 recensioni
[Classicaloid]
Ludwig van Beethoven è alla ricerca di un alimento dal gusto tanto sublime da sconvolgere i sensi. Le sue ricerche lo portano in cucina, dove verrà aiutato da qualcuno che egli scoprirà tenere a cuore più di quanto si aspettasse. [Classicaloid - Beethoven/Schubert - PG13]
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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 Ciao! Grazie per aver cliccato sulla mia fic. Questa storia tratta i compositori di musica classica riadattati in salsa moderna di Classicaloid, in particolare la mia coppia preferita, ossia Beethoven e Schubert (ma anche gli altri faranno un cameo ☆). L'ispirazione per la parte iniziale mi è venuta da un sogno dopo svariati mesi di fangirleggiamento (esatto, sono arrivata a sognarmeli inconsciamente di notte! XD). Da ciò tutto il resto si è sviluppato abbastanza velocemente. Ringrazio tantissimo la mia cara Oyabun Rina Queen per avermi fatto da Beta reader :* nonché le amiche che mi hanno spronato a condividere questa storia! Che altro dire? Buona lettura!...

Music & Aphrodisiacs
 
— PROLOGO —

Alla residenza Otowakan sembrava un giorno come un altro; Kanae aveva approfittato degli ultimi raggi di sole di un tiepido crepuscolo primaverile per andare a far compere, Mozart era fuori per dilettarsi nella sua ultima scoperta —i mixer, o appuntamenti al buio—, Chopin era come sempre chiuso in camera sua, mentre Liszt ne aveva approfittato per andare ad una spa. C’erano, dunque, tutte le condizioni perchè Beethoven potesse usufruire della cucina comune senza troppi intoppi. In seguito al maleficio del lago dei cigni provocato dalla perdita di controllo della musik da parte di Tchaikovsky, Beethoven non riusciva a darsi pace. Allora, una particolare atmosfera si era diffusa per la casa, mutando l’aria stessa dentro la mansione. Era come se tutti fossero più atti a innamorarsi. Beethoven agitò il capo, cercando di scacciare il pensiero imbarazzante della sua faccia arrossita davanti allo sguardo della ragazza - Kanae, gli sembrava che fosse il suo nome. Ma non era la ragazza il fulcro delle sue preoccupazioni, bensì quella sensazione di farfalle volanti nello stomaco, di irrigidimento dei nervi, del sangue che scorreva vitale in tutto il suo corpo: qualcosa mai provato prima, caldo, spaventoso e incontrollabile, eppure terribilmente affascinante specialmente per lui, deciso più che mai ad avere il controllo su ogni aspetto della sua vita. Da allora non si era dato un secondo di riposo, chiudendosi in camera giorno e notte per ricercare il modo di ricreare su se stesso quella fortissima sensazione dalla forza così dirompente, e prenderne il controllo. Ed è così che le sue ricerche e tentativi, tra fallimenti vari (come attivare la musik sul tetto della villa durante un temporale per attirare un colpo di fulmine, o noleggiare l’occorrente perché Mozart, opportunamente vestito di azzurro e incoronato a bordo di un cavallo bianco, si presentasse dinanzi alla sua stanza), lo avevano portato in cucina. La parola del giorno su cui fare ricerca era “afrodisiaco”, ossia un qualche tipo di pietanza che, stando ai libri, una volta ingerita avrebbe dovuto ricordargli quella violenta sensazione che lo confondeva tanto quanto lo affascinava. Beethoven era tuttavia dubbioso che questo metodo potesse sortire qualche effetto: cosa poteva esserci di ancor più sublime dei ravioli alla pasta di fagioli rossi o del caffè? 
“Peperoncini, cacao.” Una voce interruppe il suo flusso di pensiero, facendogli quasi cadere le padelle tra le quali stava freneticamente cercando quella atta al suo scopo. “Tutto come richiesto, senpai.” dichiarò orgogliosamente Schubert che, senza bussare, s’era intromesso in cucina, incedendo a grandi passi verso il piano di lavoro, gettando una rapida occhiata a Beethoven. I loro sguardi si incrociarono per un attimo, le verdi iridi di Beethoven riflesse in quelle viola del più giovane. 
“Grazie…Franz”.
”Senpai” - gli rispose Schubert, rivolgendogli un ampio sorriso. “Sempre al Suo servizio, lo son stato dall’inizio, lo dice ogni indizio” recitò orgogliosamente, tirando fuori dal nulla la sua radio da rap, che ultimamente amava portarsi in giro, e uscì dalla stanza. Beethoven non riuscì a trattenere mezzo sorriso. Franz… da quand’è che aveva cominciato a ricordarsi il nome di quell’uomo, pensò Beethoven, aprendo il sacchetto del cacao e dosandone attentamente una parte col latte nel pentolino. Sì…la sua presenza era sempre stata poco notata in quella casa, sia da parte sua che da parte degli altri, fino a poco tempo fa. In fondo Schubert non aveva mai avuto occasione di dar sfoggio del proprio talento, fino a quel giorno di pioggia in cui, infuriato per il trattamento riservatogli da tutti, aveva attivato la sua musik contro tutto il gruppo, incluso il suo idolo Beethoven. Da allora, il giovane aveva perso quella fastidiosa aura di attaccamento e devozione esagerata verso Beethoven, e questo provocava nell’uomo dai capelli argentei sensazioni contrastanti. Da una parte era sollevato che Schubert non lo seguisse ossessivamente dappertutto - l’avrebbe seguito anche in bagno! - dall’altra doveva ammettere che la fama di essere il modello di qualcuno, le lodi esagerate e gli sguardi ammirati del giovane… soddisfacevano quella parte del suo ego più capricciosa e vanitosa e lo rendevano segretamente orgoglioso. Ma questo non l’avrebbe mai saputo nessuno! Beethoven sorrise tra sé e sé al pensiero, racchiuso al sicuro tra le pareti della sua mente. 
“Dunque, dopo aver mischiato il cacao con il latte fino ad aver raggiunto una consistenza uniforme…mettere a bollitura per 20 minuti” lesse ad alta voce dal manuale “dopodiché…” 
”Lud-kuuuuun!!!!cosa stai faceeeendo?!?!” una voce spaventosamente familiare lo interruppe, e si girò sgomento verso l’ingresso della cucina, dove Mozart, evidentemente reduce da un fallimento al mixer e per questo tornato prima, stava sventolando convulsamente il braccio in segno di saluto. 
“W-wolf?…cosa ci fai qui?…” 
”Che buon profumoooooo!!” esordì Mozart ignorandolo. “Dolci? voglio assaggiare, su dai!” e con uno slancio si avvicinò pattinando a Beethoven che, pietrificato, teneva ancora il pentolino in mano, letteralmente paralizzato. Inavvertitamente, Mozart scivolò sul tappeto della cucina, andando così a sbattere addosso a Beethoven, che in un attimo rovesciò il cioccolato liquido sul piano cottura, imbrattandolo tutto. 
“W-wolf… cretino che non sei altro” digrignò i denti Beethoven, ma la sua rabbia si mutò rapidamente in terrore quando scorse Kanae all’ingresso della cucina, uno sguardo assassino rivolto furiosamente verso entrambi. 
“Voi… due… Beethes, quante volte ti ho detto di non usare la cucina prima di cena!!! E Motsu, non ti avevo forse vietato di pattinare in casa?!?! Impiastri! PULITE TUTTO SUBITOOOOOOOOOO!!!!” esplose di rabbia la ragazza, urlando così forte che nemmeno Chopin poté trattenersi da sbirciare dal piano superiore cosa diamine stesse accadendo. 
“Ah… i benefici della consegna del cibo a domicilio...” mormorò tra sé e sé lasciandosi sfuggire un sorrisetto, e con ciò si ritirò nuovamente in camera. 
Nel frattempo anche Liszt era rientrata a casa. “Oh, ma questo è amoooore!” esordì chiudendosi il portone dietro. “L’aria è dolce ed il mio cuore si solleva in volo leggero… Uhm. Cosa c’è che non va, piccola mia?” ma Kanae si limitò a sbuffare rassegnata, indicando da lontano la cucina.
E proprio in cucina, dopo aver saldamente legato Mozart ad una sedia per evitare che facesse ulteriori danni, Beethoven era intento a pulire il tutto, depresso per il suo progetto culinario temporaneamente sospeso. Se ci fosse stata quella persona in quel momento, penso tra sé e sé, si sarebbe certamente offerta di pulire al suo posto, risparmiandogli un sacco di tempo e fatica…ma se era una prova del destino, l’avrebbe affrontata! Sì, non avrebbe certo rinunciato a creare il cibo “afrodisiaco” perfetto solo per le quisquilie dei suoi coinquilini! Loro non potevano capire il grande progetto a cui stava aspirando. Non avrebbero mai potuto capire. E così, radunando gli ingredienti o quello che ne restava, si diresse a grandi passi in camera sua, sbattendosi sonoramente la porta dietro, in attesa di un momento migliore per proseguire.
 
— MUSIK & APHRODISIACS —

Determinatissimo a proseguire il suo progetto “afrodisiaco” entro quella stessa sera, Beethoven aveva pazientemente aspettato che le acque si calmassero, che gli ultimi strascichi della cena si concludessero e che tutti si congedassero per la buonanotte. Ora o mai più! Doveva entrare immediatamente in azione, approfittando che la ragazza e gli altri stessero dormendo, per tenere fede alla ricerca sul termine “del giorno” che, altrimenti, non sarebbe più stato tale. Cacao puro, peperoncini, uova, latte, zucchero: gli ingredienti per creare il cioccolato al peperoncino perfetto, il più piccante e dolce che ci fosse mai stato; E chissà se, a mangiarlo, gli avrebbe donato quelle strane sensazioni per cui provava un insana curiosità. Ma quando entrò in cucina, nessun segno del suo precedentemente fallimento: il piano era lustro come se non fosse stato mai utilizzato, tutte le stoviglie lavate e asciugate al loro posto, perfino la ciotola di Hasshie era stata lavata e riposta al suo posto. Non poteva essere opera della ragazzina, pensò Beethoven. Per una che conviveva con quegli altri quattro coinquilini problematici a dir poco, sarebbe stato impossibile tenere le aree comuni in quello stato perfetto quotidianamente. Poteva essere opera di una sola persona. Una folta chioma di capelli ramati e ondulati e iridi color ametista incorniciate da un paio di occhiali rotondi si affacciarono alla sua mente. Franz. Di nuovo, e nonostante non fosse nemmeno restato per cena quella sera. Da quando aveva scoperto la sua vocazione hip-hop, Schubert era infatti solito uscire di sera per tornare a casa molto tardi o addirittura al mattino. E quella notte, a quanto pare, non faceva eccezione, sospirò Beethoven, facendo attenzione a non provocare rumori forti mentre prendeva ingredienti e strumenti necessari alla sua ricetta. “Sì…magari condividerò il frutto dei miei sforzi con te, una volta che sarai rientrato, per sdebitarmi” pensò Beethoven rivolgendosi mentalmente a Schubert. 
Il latte bolliva, tempo di versare il cacao in polvere; dopo aver mescolato abbondantemente, era ora il turno di polverizzare anche i peperoncini. Tutto stava andando liscio, e Beethoven s’era ormai lasciato andare, intonando uno dei suoi motivetti mentre spaccava un uovo. Ormai stufo delle sue stesse canzoni, iniziò inconsciamente a rappare l’Erlkoenig, l’ultima musik a cui aveva assistito; se non che le parole di Schubert erano state sostituite con le proprie, illustrando un profondo confronto tra se stesso e il destino e l’ardente, passionale ricerca della conoscenza, a cui si stava tuttora dedicando. La musica nella sua testa aumentava, gli pareva ormai di sentire in sottofondo le stesse note di accompagnamento del brano. Dubitando ma non troppo, si girò di scatto, verso la porta della cucina. E lì stava appoggiato su un lato nientemeno che l’autore del brano, la grossa radio da rap accostata su una spalla, ma opportunamente regolata a un volume che non svegliasse gli altri al piano di sopra.
“Non potevo aspettarmi di meno dal senpai” ridacchiò Schubert, lo sguardo illuminato alla vista del suo idolo.
“Una magistrale reinterpretazione che solo Lei avrebbe potuto mettere in atto…” 
“Franz” lo interruppe Beethoven. “L’ho notato anche prima. Vorrei che non mi dessi più del Lei quando ti rivolgi a me. Mi fai sentire un po'…avanti di età, ecco. Va bene Ludwig.” concluse, passandosi una mano tra i capelli.
“Senpai….voglio dire, Ludwig…! eheh” rise allegramente Schubert, riponendo la radio. “Ti…ringrazio. Nessuno mi ha mai permesso di chiamarlo per nome…a meno che non lo volessi io, s’intende” sogghignò, mentre un riflesso fece brevemente capolino negli occhiali.
“Inoltre, non c’era bisogno che pulissi la cucina…” Beethoven s’interruppe, cercando lo sguardo del più giovane. “Come vedi…non ho ancora finito di usarla.”
“Ahaha, immagino sia la forza delle vecchie abitudini.” chiocciò Schubert, un po' imbarazzato. “Giusto sen…Ludwig --Cosa stai preparando che richiede così tanta concentrazione?”
“E’ una ricerca! Una ricetta in grado di turbare gli equilibri dell’anima! Una rivoluzione dei sensi!!” s’infuocò Beethoven, impugnando il mestolo come uno scettro. “E se lo vuoi…Tu, Franz Peter Schubert, avrai l’onore di assaporane i risultati insieme al sottoscritto!!!” Le parole di Beethoven erano sempre più veloci e più urlate, mentre l’uomo dai capelli argentei, buttando il mestolo da una parte, si era freneticamente avventato su Schubert, prendendogli entrambe le mani tra le sue. “Hai capito Franz? I picchi dello spirito! Qualcosa in grado di contrastare anche il destino a noi avvers…” 
“Ehm, Ludwig” lo interruppe a bassa voce Schubert. “Sono onorato di prendere parte a quest’impresa…ma potresti parlare un po' più piano?” “Inoltre…ehm…” il giovane s’interruppe, volgendo lo sguardo di lato. E fu solo allora che Beethoven si rese conto di quant’erano vicini, nonché della sfumatura rossa su tutto il viso del giovane, evidentemente a disagio. 
“Uhm, ehm…scusa Franz!” e con ciò, gli lasciò andare bruscamente le mani. Che strana reazione, pensò Beethoven. “Comunque… è un alimento. Qualcosa di dolce e piccante allo stesso tempo, per dirlo in termini gustativi”. Schubert rialzò lo sguardo, curioso. 
“Una pietanza dolce e piccante?” ripeté Schubert. “I-in ogni caso fa un buon profumo. Posso vederlo da vicino?”
“Va bene. Ma non toccare nulla.” 
Contento per il permesso accordatogli, Schubert si avvicinò curioso ai fornelli, mentre Beethoven, subito dietro lui, teneva sotto controllo la situazione. “Ludwig, se hai bisogno di aiuto dimmi tutto, sono a tua… disposizione… ” le parole si bloccarono nella bocca del giovane mentre si rendeva conto di quali fossero gli ingredienti mescolati. 
“Q-questo…non sarà mica…" 
qualcosa in grado di turbare i sensi… 
"Capisco.” 
Dopo qualche istante di silenzio, Schubert si girò verso Beethoven, la decisa sfumatura rossa che gli copriva il volto ancora più accentuata. 
“Ludwig… cacao e peperoncino… questi sono ingredienti afrodisiaci” balbettò Schubert. 
“!” Beethoven cercò di mascherare lo stupore. Allora anche Franz conosceva quella parola. 
“è dunque… quella… la sensazione che stai ricercando, preparando il cioccolato al peperoncino?” chiese, sistemandosi gli occhiali. 
“Non saprei come definirla” rispose Beethoven. “però è qualcosa di forte, fortissimo, io… l’ho provata solo una volta, di recente, solo per qualche breve istante.” 
“…” Schubert alzò lo sguardo, fissando intensamente Beethoven, il quale lo sovrastava leggermente di statura. Le violacee iridi del giovane fissavano, quasi perforando, le verdi pupille del suo maestro. 
“Ludwig” Schubert socchiuse le labbra. “Io…penso di capirti. Penso di sapere cosa si provi. Io…” ma non riuscì a finire il resto della frase, descrivendo chi fosse l’oggetto delle sue attenzioni, e quali incredibili reazioni gli suscitasse, da sempre, il suo pensiero: Ludwig era da sempre la sua figura di riferimento, presenza fissa nei suoi pensieri e nei suoi sogni, un uomo da ammirare, che gli infuocava il sangue nelle vene ogni volta che gli lanciava uno sguardo, e che gli faceva battere forte il cuore ogniqualvolta gli rivolgeva la parola. Senza aspettare oltre, Schubert fece un passo verso Beethoven, abbracciandolo gentilmente. Le mani gli tremavano leggermente, tradendo le emozioni dell’uomo, un mix di timidezza e curiosità, mentre il battito del cuore gli aumentava vertiginosamente. 
“Io…mi sento così quando ti sto vicino… puoi sentirlo…? t-tu non provi nulla?” ma per Schubert non fu necessario che il senpai aprisse bocca per rispondere: i suoi muscoli, in parte irrigiditi sotto il tocco dell’allievo, tradivano una sorta di disagio da parte di Beethoven. 
“F-Franz!”… Beethoven s’interruppe, sorpreso nuovamente da quel vortice d’emozioni che aveva già vissuto una sola volta sotto l’effetto della musik. La sensazione di farfalle nello stomaco, il calore che si diffondeva lungo tutto il suo corpo, un battito del cuore incontrollabile, la sensazione di non reggersi in piedi. Cercò di parlare senza riuscirvi, in compenso un largo sospiro si fece largo tra le sue labbra. Beethoven avvertì il corpo del giovane tremare leggermente a contatto col suo. Sì…ne era sicuro. Quel giovane provava quelle stesse sensazioni sconvolgenti, a causa sua. Beethoven si rese conto che in passato non aveva pensato troppo né ai propri sentimenti, né a quelli di quell’uomo che ora gli stava così vicino. Forse aveva sempre confuso le sue intenzioni, non aveva mai pensato che sotto l’aria allegra e un po' appiccicosa di Schubert si celassero dei sentimenti così profondi per lui. Il flusso di pensieri fu bruscamente interrotto dal rosso che, approfittando dell’apparente calma del senpai, si era spinto in avanti, affondando il viso tra i capelli argentei di Beethoven. Non gli pareva vero di stargli così vicino, di poterlo finalmente abbracciare, di accarezzargli le spalle e sentirlo nei suoi capelli. Sarebbe potuto morire di gioia da un momento all’altro. Ma non ora. Lo voleva, solo un poco in più, pensò, mentre con un passo in avanti lo chiudeva tra di sé e l’angolo del piano cottura. Leggermente sorpreso dalle attenzioni di Schubert, Beethoven gettò uno sguardo verso il viso del giovane, che però rimaneva nascosto oltre la propria spalla. Beethoven chiuse gli occhi, abbandonandosi al gentile tocco di Franz tra i suoi capelli, trovandolo inaspettatamente calmante. Questa era un’altra nuova sensazione per Beethoven. Tutto ciò riusciva a donargli Schubert, il quale dopo qualche istante si tirò indietro, permettendogli di vederlo. Aveva gli occhi lucidi. 
“…Ludwig. Sono così contento” disse, strofinandosi gli occhi. “Io spero…che tu provi lo stesso” ma Beethoven non percepì che un muto movimento da parte delle labbra del giovane, troppo incantato per sentire le sue ultime parole. Provava una voglia immensa di…assaporare, come se fossero il cibo stesso che stava preparando, le labbra di quell’allievo che lo stava provocando a sua insaputa. Si accorse di quanto trovasse attraente il profilo di quell’uomo chiamato Franz Schubert: quello sguardo diretto, che dall’ammirazione passava talvolta all’irriverenza, e che ora piangeva di gioia per lui. Quel viso così morbido, quasi delicato, incorniciato dalle lenti tonde e dagli iconici capelli color bronzo, leggermente ondulati e lunghi fino alle spalle, che invitavano le sue mani a infilarvisi dentro e a giocarci. 
“Franz” mormorò Beethoven. 
“Cos-” Ma Schubert non riuscì a finire la domanda, le labbra zittite da quelle di Beethoven sulle sue. Schubert si sentì quasi mancare. Ci vollero degli attimi perché si rendesse conto che il suo senpai, l’uomo che lui aveva elevato a ideale, stava facendo ciò che solo qualche volta, quasi con imbarazzo e senso di vergogna, aveva osato fantasticare, per poi ricacciare tale fantasia nel limbo più profondo. Ma mai si sarebbe immaginato che sogno e realtà differissero così tanto. Le labbra di Ludwig erano così…calde, potenti e forti…, pensò, cercando a stento di tenere il passo frenetico impostato dal senpai, che non gli dava tregua, mordicchiando e leccandogli il labbro inferiore, chiedendo l’accesso alla sua bocca. Beethoven, da parte sua, non aveva più dubbi. Contatto, ci voleva contatto, e soprattutto come quello che stavano intrattenendo ora, baciandosi appassionatamente, in una danza di movimenti e respiri un po' irregolare. Ah, com’erano calde e soffici le labbra di questo giovane, quante sensazioni incredibili sapevano condividere! A un tratto Beethoven sentì le morbide guantate mani di Schubert sul suo viso, che indugiarono un po' sulle sue guance, quasi con reverenza, prima di prenderlo tra sé per facilitare ancor più questo tenero scambio d’affetto. Un muto messaggio da parte di Schubert, il quale aveva quasi paura che quell’istante finisse troppo in fretta, senza che fosse riuscito a trasmettere chiaramente a Beethoven tutto l’amore che provava per lui. Ma finché fosse stato possibile condividere quest’intimità, non avrebbe esitato neanche un secondo. Traendo leggermente il senpai verso se stesso, lasciò che la sua lingua indugiasse nella sua bocca e trovasse la propria, la quale non esitò ad avvinghiarvisi, strappando un sospiro di piacere all’uomo dai capelli argentei. Gradualmente, le mani di Beethoven raggiunsero quelle di Schubert, infilandosi con fatica sotto i guanti del giovane, che gemette sorpreso non appena sentì il contatto diretto tra le loro pelli, caldissime. 
“Questi…non ti serviranno…per cucinare” scandì Beethoven sulle labbra del giovane sfilandogli i guanti, lasciando che le morbide mani di Schubert, ora denudate, tracciassero dolcemente le linee del suo volto, infuocandolo dovunque passassero, accompagnando la danza vorticosa delle loro bocche. Ansimanti, i due si staccarono senza però allontanarsi, appoggiati fronte a fronte: Gli occhi annebbiati dal piacere di Beethoven guardavano ciecamente in quelli parzialmente socchiusi di Schubert, a loro volta ebbri da quest’improvvisa voluttà.
“Ludwig…” sospirò Schubert, mentre un sorriso faceva capolino sulle sue labbra. “Sei…tutto rosso …ahahaha” concluse, lasciandosi sfuggire una risata un po' nervosa. 
“I-io…ah! Dunque è questa una reazione visibile! Di questa! Emozione!! ahahahah!” sputò meccanicamente Beethoven. Da uomo solitario che era sempre stato, non era abituato a condividere le sue reazioni, tantomeno questi sentimenti con cui non poteva giurare di sentirsi ancora del tutto a proprio agio. 
“Uhm” riprese Beethoven, serio. ”Anche tu lo sei, Franz. Però…mi piace la tua faccia così…soprattutto se so che è a causa mia”. Schubert si sentì infiammare. Se era già arrossito da prima, avrebbe potuto giurare di essere diventato bordeaux in quel momento. Beethoven senpai… come riusciva a dire una cosa del genere come se fossero le previsioni del tempo?! A Schubert sfuggì una risata. 
“Beethoven-senpai…” 
”Uhm?” 
“Nulla…ma quest’ultima frase è così carina da parte tua, Ludwig” sorrise Schubert, chiudendo gli occhi e sfiorandogli le labbra in un lieve bacio senza smettere di sorridere. Anche Beethoven si lasciò gradualmente andare ad una risata sincera, mentre il dolce turbine di emozioni che aveva scoperto assieme a Franz si mescolava con l’aroma della cioccolata ormai pronta per essere scolata e infornata. 
 
— EPILOGO —

I due proseguirono tranquillamente nella preparazione del dolce, sorridendo silenziosamente e scambiandosi delle occhiate d’intesa. Utilizzando degli stampini a forma di nota musicale appartenenti a Kanae, i due versarono la cioccolata calda sulla teglia, infine Schubert si curò di infornare il tutto (anche per evitare che Beethoven, patito di lanciafiamme e cotture rapide, mandasse all’aria in un istante tutti i frutti del loro lavoro). 
“Ecco fatto” disse Schubert guardando orgoglioso i cioccolatini che cuocevano. “Questione di un’ora circa e…Lud…wig?” s’interruppe, in preda all’imbarazzo. Senza dire nulla, Beethoven aveva difatti preso in bocca un paio di dita della mano sinistra del giovane, le cui estremità erano ancora sporche di cioccolato. Schubert non potè non sospirare sentendo la calda e potente lingua dell'altro scorrere forte tra le sue dita, premendo tra i polpastrelli come se fossero i tasti di un pianoforte, e tornando più e più volte dove il gusto lo conduceva, in una sensuale melodia. Ogni movimento lo faceva fremere, donandogli brividi di piacere che mai aveva sentito prima; ma a differenza di Beethoven, Schubert era perfettamente consapevole di che tipo di sensazioni fossero, e l’innocente piattezza con cui Beethoven lo guardava mentre la sua lingua ripuliva le sue dita lo mandava a dir poco fuori di testa. “Ahh…Ludwig” ansimò Schubert quando l’altro gli lasciò finalmente andare la mano. Beethoven lo guardò con fare interrogativo. 
“C’era del cacao sulle tue mani…Franz… volevo assaggiarlo. Non era male, per niente.” concluse semplicemente, leccandosi le labbra, come per confermare quanto detto. 
Schubert rimase silenzioso a guardarlo per qualche istante, infine parlò.
“Ludwig.” le labbra del giovane si piegarono in un sorriso leggero, mentre Schubert si sistemava nuovamente gli occhiali. “Ricordati che hai promesso di condividere con me il risultato del tuo…anzi, del nostro esperimento.” L’occhiata perforante e quasi inquisitoria, stavolta condita con una nota autoritaria, era tornata sul suo volto. Ormai si sentiva legittimamente coinvolto in questo folle “esperimento”, come lo chiamava Beethoven-senpai. Non era sicuro di ciò che stava facendo in quell’istante, ma non gli importava più nulla. Dal resto, non era nemmeno sicuro che Beethoven fosse stato totalmente ingenuo nel compiere quel gesto che lo aveva eccitato oltre ogni limite. 
“Se posso permettermi di darti un parere” proseguì Schubert, che avanzò verso Beethoven fino a far combaciare i loro corpi, “Credo che… ci sia ancora parecchio da esplorare…nel campo di afrodisiaci e affini. Oserei dire che il bacio era solo un assaggio” bisbigliò infine nel suo orecchio, mentre una gamba avanzò accavallandosi tra quelle di Beethoven, che arrossì non poco. 
“Uhm…in questo caso, Franz…devo chiederti di assistermi fino alla fine…” borbottò Beethoven incrociando le braccia e guardando di lato. 
Rallegrato, Schubert annuì e tornò a sistemare le ultime cose canticchiando. 
Beethoven sorrise tra sé e sé. Doveva ringraziare Franz, il quale l’aveva e l’avrebbe guidato alla scoperta di quel vortice di piacere così vorticoso e sublime. Non sapeva quale fosse il limite a cui sarebbe andato incontro, sempre se fosse esistito, ma sentì che erano sulla buona strada. Per la prima volta, era felice di avere qualcuno al suo fianco. 
 
~end~


Infine... qualche ulteriore chiacchera nota dell'autrice:

- Non sono sicura che il metodo di preparazione del cioccolato al peperoncino sia questo... pardon! mi sono basata su quel poco che ho visto nei manga e anime shoujo... in teoria si può fare in casa?!
- Doveva essere comica e fluff con un bacio, ma alla fine è diventata un po' smut XD ma mi sono fermata in tempo, spero! è così dura tenere a bada questi due quando il vento spinge la ship a destra e a manca...  OTL
- Beethoven è davvero uno tsundere al quadrato in fatto di sentimenti, forse Schubert per una volta ha qualcosa da insegnargli!
- Infine, grazie davvero per aver letto fin qui! Il fatto che Classicaloid sia una serie di super-nicchia rende difficile trovare persone con questo stesso interesse. Perciò, al di là della fic, contattatemi pure (vi prego ;_;) se volete condividere questa serie!!<3
Saluti~
hikari_k
   
 
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