Approccio l'introduzione a questa storia con una certa
titubanza e mettendo subito le mani avanti: io della Marvel non so niente. Sì,
ok, so che ci sono dei film, qualche fumetto e svariati telefilm, ma qui
finiscono le mie conoscenze.
Perché ti è venuto in mente di tradurre questa storia, quindi?, vi chiederete voi saggi lettori. Beh, non è colpa
mia, si tratta solo di un regalo di compleanno per una persona che sopra le Stony ci sbava come fossero l'ingrediente primario della
sua esistenza. In origine doveva essere qualcosa di privato, solo fra me e lei,
poi, parlando con l'autrice della fan fiction, mi è sembrato di intuire che
avrebbe avuto piacere a vedere la sua opera pubblicata anche in italiano.
Quindi eccomi qui, a condividerla con voi.
Data la mia ignoranza in materia, sono aperta a qualsiasi
suggerimento. Se volete propormi delle soluzioni traduttive migliori o dirmi
"guarda che in italiano questo personaggio si chiama così, non cosà",
sarò più che disposta ad accogliere i vostri suggerimenti, dopotutto il mio è
solo un maldestro tentativo e non sono per niente certa di essere riuscita a
trasmettere i sentimenti dell'opera originaria.
Per ora vi lascio alla storia, e ci si rivede in fondo con
altri sproloqui.
Auguri, Vero, spero che questa breve fan fiction ti piacerà almeno una parte
di quello che è piaciuta a me!
Buona lettura a tutti.
***
Seguendo le tue
orme
Il nome
compare raggiunta la pubertà. Tony lo sa non perché i suoi genitori si siano
mai seduti insieme a lui e ne abbiano discusso, come farebbe una normale
famiglia, ma perché legge tanto e nei libri sulla pubertà c’è sempre un
capitolo dedicato all’anima gemella, appena dopo quelli sulla crescita dei
peli, sul cambio di voce e sulla necessità di sostituire le coperte una volta
al giorno. In più, beh, gli altri ragazzi ne parlano, e possono anche
sbagliarsi su un sacco di cose, ma non su questa.
La tua anima gemella. Un nome
sul tuo polso, scritto nella grafia dell’altro. Potrebbe essere romantico, come
potrebbe non esserlo. Potrebbe essere vivo, come potrebbe non esserlo. Non è
una scienza esatta. I film mostrano tutti come ti senti diverso quando la
incontri, dicono che è amore a prima vista, ma Tony pensa che quello sia solo
il solito Hollywood. O almeno questa è l’opinione che esprime in pubblico.
Tony
ha dodici anni e frequenta il collegio quando il nome appare sul suo polso. È
nero, in un corsivo tutto elaborato. Uno degli altri ragazzini lo vede, ride,
lo chiama finocchio e Tony – un
bambino così adorabile, silenzioso e studioso, dicono i professori –
ringhia, in modo basso e cattivo, e gli sbatte la testa contro il muro. Dalla
lotta che segue, durata giusto il tempo di essere separati dagli insegnanti, il
ragazzino ne esce con il naso sanguinante e Tony con gli occhi neri.
È seduto in corridoio, calcia
l’aria e ha la maglia sporca del sangue di qualcun’altro, mentre aspetta che
chiamino Howard. Si rende conto che lo strano sentimento che gli galleggia in
petto è orgoglio. Sta difendendo la sua anima gemella. Anche se è gay cosa
importa? La sua anima gemella lo amerà comunque.
Quando infine arriva, Howard è raggiante.
È compiaciuto che Tony sia stato beccato a fare a botte,
perché questo è il genere di cose che fanno i veri uomini. È per questo che
Tony frequenta il collegio da cinque anni. Era debole. Era una pappamolla. Era
una principessina. Stanno
facendo di te un uomo, ragazzo, gli dice. È felice di constatare che i suoi
soldi sono stati ben spesi.
Poi vede il nome sul polso di
Tony e, beh…
A Tony non piace ricordare
cosa è successo dopo.
Ci sono dei database sulle anime gemelle.
Ovvio che ci sono dei database sulle anime gemelle. Come farebbero le persone a
trovarsi senza? Tony può solo vagamente immaginare come funzionassero le cose
prima dei computer. Sa che la gente finiva col viaggiare molto di più.
La maggior parte delle
persone è inserita in questi database.
Ma Tony non è la maggior parte delle persone.
Anche tralasciando i dettagli sul nome che ha al polso, lui è l’erede delle
Industrie Stark.
Un sacco di gente sarebbe disposta a falsificare il proprio polso per
l’opportunità di ottenere i suoi soldi. Quindi Tony non è nel database. La
maggior parte delle celebrità non lo è. Gli pare una cosa piuttosto ironica,
considerando che, a seconda di quale tipo di giornali scegli, puoi imbatterti
in diverse celebrità in vari stadi di svestizione. Si vede tutto escluso il
nome sul loro polso. Tony adesso ha quindici anni. È fissato con l’ironia. Con
l’ironia e con la progettazione di circuiti integrati.
La vera ragione per cui non è
nel database è che Howard non gliel’ha permesso. Nessun figlio mio sarà mai una
checca, ha detto, come se, insistendo, il nome sul suo polso o i suoi
sentimenti potessero cambiare. E, diavolo, Tony non sa neanche se la sua anima
gemella ricambia la natura del suo amore, ma ha annuito comunque ed ha evitato
di rispondere che forse è lui quello che non vuole essere suo figlio. Sua madre
è rimasta seduta, immobile, con l’espressione di qualcuno che sta per piangere,
ma ha lasciato che Howard lo fermasse. Forse non ha avuto scelta.
Ma Tony cerca ancora. In
silenzio. Anonimamente. Howard non lo scoprirà mai.
Quando compirà ventun’anni potrà mettere il suo nome nel
database, Howard non potrà fermarlo allora, non legalmente. Sa che qualcuno
mentirà. Che ci saranno degli impostori. Ma da qualche parte nel profondo del
suo ironico, cinico, ateo cuore, sa anche che lo riconoscerà subito. Incontrerà
Steve Rogers e in quel momento saprà. Ha immaginato
di incontrarlo in un centinaio di modi diversi. Un migliaio. Steve Rogers – alto, basso, grasso, magro, bianco,
nero – se ne starà in fila davanti a lui in un bar, e si guarderanno, e si
sorrideranno, e sapranno.
E lui sarà felice. Loro
saranno felici.
Si domanda proprio come
dev’essere l’amore incondizionato.
Per quando compie diciassette anni, ha provato qualsiasi Stephen, Steven e Steve Rogers nel
database. In tutti i database. In tutto l’elenco telefonico. In tutti i registi
che è riuscito a trovare. È piuttosto certo che non ci sia nessuno Steve
Rogers attualmente
in vita con il nome di Tony sul suo polso.
Niente.
A questo punto ci sono due opzioni: Steve Rogers non è ancora nato, oppure Steve Rogers
è già morto.
Beh, può impegnarsi per
depennare una delle due.
Trovare la gente morta è più difficile. Gli obitori di
solito non hanno liste sulle anime gemelle – almeno non delle persone che non
hanno trovato la loro. A proposito di cose tragiche e di cattivo gusto.
Tony ha diciott’anni anni quando gli viene in mente di
provare con gli archivi militari. I soldati, quando si arruolano, hanno
l’obbligo di registrare il nome della loro anima gemella sin dalla Prima Guerra
Mondiale. Se Steve Rogers è mai
stato un soldato, si troverà in un qualche database. Potrebbe essere in un file
riservato – e se questo fosse vero, spiegherebbe perché non è inerito in nessun
altra banca dati –, ma essere Tony Stark delle
Industrie Stark vorrà pur dir qualcosa e Tony conosce
persone che conoscono altre persone che possono procurargli quello che
desidera, sempre che riesca a inventarsi una balla credibile da rifilare a
Howard.
Diavolo, se ha partecipato
alla Guerra del Vietnam o a qualche conflitto successivo, ci sono buone
speranze che Steve Rogers sia ancora vivo.
Con l’eccitazione che sale,
si dirige al computer e apre l’Archivio Nazionale, perché tanto vale cominciare
con le informazioni pubbliche. Nessun indizio dal Vietnam, ma alcuni file
possono essere riservati, ci tornerà dopo. Nessun inizio dalla Corea.
Prova con la Seconda Guerra
Mondiale, inserisce Rogers, Steven – che è la sua ipotesi migliore per
quale sia il nome completo – e, nel campo riservato all’anima gemella, Tony Stark.
Potrebbe essere Anthony,
ma ne dubita, il nome sul suo polso è un soprannome, dopotutto, quindi perché
la sua anima gemella non dovrebbe aver scritto Tony?
Quando clicca sul pulsante di
ricerca, non si aspetta davvero dei risultati. Fino ad ora non ce ne sono
stati. Non ce ne sono mai stati in tutta la sua vita.
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Oddio. Oddio. Oddio. È lui.
ROGERS, STEVEN, c’è scritto. Residenza: New York City, New York. Luogo di arruolamento: New
York City, New York. Data di arruolamento: 1940. Anno di nascita: 1920. Segue un numero seriale.
Tony sta tremando.
Clicca sul documento per
espanderlo e di fronte a lui si dispongono i frammenti di una vita. Steven Rogers, apprende Tony, era bianco, un civile, aveva
completato quattro anni di istruzione superiore e prima di arruolarsi era un
artista. Era single, nessuna persona a carico. Era un soldato semplice
nell’Esercito degli Stati Uniti. E lì, proprio in fondo, sotto il campo nome dell’anima gemella c’è scritto Tony Stark.
È reale.
Ok, quindi Steve Rogers molto probabilmente è morto, ma Steve Rogers era andato in guerra con il nome di Tony sul suo
polso. Forse chiedendosi chi fosse Tony. Forse chiedendosi come fosse fatto
questo Tony, proprio come Tony si è chiesto come fosse fatto lui. Forse si era
chiesto se Tony lo avrebbe mai amato. Era un artista, forse si era immaginato
le fattezze di Tony e lo aveva disegnato. Anche lui era di New York, proprio
come Tony. Forse si sarebbero potuti incontrare, se non ci fossero stati
decenni a dividerli. Tony sente una lacrima rigargli la guancia. Gira il polso
e accarezza il nome all’interno. Il suo Steve.
È arrivato così lontano
ormai. È meglio sapere, no?
Ha un nome, un grado e un
numero di serie. Può scoprire cosa è accaduto. Se Steve è riuscito a tornare.
Se è ancora vivo.
Scrive al Dipartimento degli
Affari dei Veterani, all’esercito, al Centro Nazionale di Archiviazione. Invia
una richiesta al FOIA. E aspetta. Aspetta. È fortunato che lo sta facendo dal
Massachusetts Institute of Technology, così Holland non verrà mai a saperlo.
Poi le informazioni cominciano
ad arrivare. Il soldato semplice Steven Rogers si
arruola a New York, poi compare di nuovo in un luogo chiamato Camp Lehigh, in Virginia. Il soldato Steven Rogers è alto 188 cm e pesa 54 chili, Tony
inarca le sopracciglia perché, cielo, se è magro! Il soldato semplice Steven Rogers ha tutta una serie di patologie che, Tony ne è
piuttosto certo, butterebbero chiunque fuori dall’esercito, ma a quanto pare si
sbaglia. E poi… ci sono dei vuoti. Ci sono file corretti e cancellati, pagine
completamente annerite a eccezione di single parole. Nei documenti non c’è
niente. Non dice se è in congedo, se è disperso o morto in azione. C’è solo…
niente, se non censure. Il soldato semplice Steven Rogers
è entrato nell’esercito nel 1940 e non ne è mai uscito. È come se dopo di
allora non fosse più esistito.
C’è una pagina, più o meno
all’inizio, a cui Tony tiene particolarmente. Dev’essere una stampa di una
scansione di una pellicola, qualcosa che è passato attraverso tre diversi mezzi
di riproduzione, sfocata dagli anni. È una copia del documento d’arruolamento
di Rogers, redatto con l’inchiostro, contiene le
stesse informazioni del sito. In cima c’è scritto Steven Rogers,
nella stessa grafia del nome che Tony ha sul polso, e Tony traccia la firma con
dita tremanti. C’è un indirizzo. E in fondo c’è il nome di Tony. Questo è il
massimo della vicinanza che riusciranno mai ad avere. È il massimo che riuscirà
mai a sapere su di lui.
Ma è reale. Steve è reale, il
suo Steve. E questo vorrà pur dire qualcosa.
Ciò non gli impedisce di
piangere.
Poi Tony riceve una chiamata.
“Sì?” chiede distrattamente, ancora concentrato sugli
ultimi e più grossi errori di cui lo sta informando il compilatore.
La voce dall’altro capo è sia
autoritaria che sconosciuta. “Sto parlando con Anthony Stark?”
“Sì” risponde con un po’ più
di cautela. “Chi parla?”
“Sono il colonnello Nicholas Fury” dice l’uomo, e oh, cazzo, che ha combinato adesso?
Ripensa agli eventi più
recenti. Non riesce a ricordare niente che possa meritare una chiamata da un
dannato colonnello. Non ha fatto nulla di illegale ultimamente, se si esclude
l’alcool. Che stia cercando di contattare le Industrie Stark e gli abbiano dato il numero
sbagliato? Sì, sicuramente è così.
“Signore,” dice Tony, perché
ha passato abbastanza tempo nella stanza in cui Howard lavorava sui contratti
militari da sapere che ai tizi dell’esercito piace essere chiamati signore. “credo stia parlando con la persona
sbagliata. Delle questioni relative agli affari delle Industrie Stark se ne occupa mio padre, posso darle il numero…”
“No, no,” lo blocca Fury. “sono certo di
avere la persona giusta. Sto cercando Anthony Stark
che ha richiesto informazioni sul soldato semplice Steven Rogers”.
Che diavolo sta succedendo?
Già la storia dei file riservati è di per sé abbastanza strana. Che gli abbiano
mandato per sbaglio qualcosa che non avrebbe dovuto vedere? Non è possibile. È
praticamente tutto censurato.
Tony si chiede se le prigioni
militari siano davvero come le immagina e se per caso non stia per scoprirlo in
prima persona.
Fury mugugna. “Non hai fatto
niente di sbagliato” concorda, e lo stomaco di Tony si rilassa un po’, prima di
contrarsi di nuovo quando Fury continua a parlare.
“Ma diciamo che sono… curioso… per il tuo improvviso interessamento a Rogers”.
Tony ingoia rumorosamente. È
il momento della verità. Di dire cose che non ha mai detto a nessuno.
“Quando avevo dodici anni”
comincia. “il nome Steve Rogers è apparso sul mio polso. Non sono
riuscito a trovarlo da nessuna parte fino ad ora. Ho cercato nei database
militari e ho avuto un riscontro: Steven Rogers ha
servito nella Seconda Guerra Mondiale e aveva un certo Tony Stark segnato come sua anima gemella. Lui…
lui è la mia anima gemella. Deve esserlo. E io…” le parole gli si fermano in
gola. “Io volevo solo sapere di più sul suo conto”.
Segue un lungo silenzio, così
lungo che Tony si chiede se non sia caduta la linea. Poi Fury
impreca di cuore con voce bassa e borbottante.
“Beh,” dice poi, sembrando
sorpreso. “questo cambia
le cose”. C’è un'altra pausa. “Quanti anni hai, ragazzo?”
“Diciotto, signore” risponde,
confuso.
“Dio,” mormora Fury. “diciotto”. Tony quasi
riesce a immaginarselo, questo sconosciuto senza volto, che si mette le mani in
testa per la disperazione. “Ok. Va bene. Ti andrebbe di venire a Whashington DC?”
“Come?”
“Whashington
DC” ripete Fury. “Abbiamo… alcune cose che ti
appartengono. E c’è una conversazione che mi piacerebbe avere con te, ma sono
disposto solo faccia a faccia”.
Beh, detto così suona davvero
poco misterioso.
“Certo” risponde. “Non vedo
l’ora”.
Durante la settimana che precede il viaggio, Tony non
riesce a pensare a altro. Si è più o meno immaginato come andrà: questo
Colonnello Fury gli farà leggere i documenti
originali, senza censure, o quasi. Probabilmente gli dirà qualcosa
sull’operazione in cui era coinvolto Steve, così dannatamente segreta da
richiedere riservatezza ancora oggi.
Prende un volo di linea per Washington DC. Una volta lì
sale su un taxi per raggiungere l’indirizzo che gli ha dato Fury.
Firma e passa attraverso un metal detector. Nessuno dei presenti sembra avere
le fattezze da Colonnello Nicholas Fury. C’è solo una
donna in uniforme. Quando Tony le dice il suo nome, lei gli passa dei moduli da
firmare. Tony gli dà un’occhiata rapida. Dichiarazione dello Status di Anima
Gemella. Ormai è ufficiale, pensa, mentre scarabocchia la firma. La donna la
compara con quella nella foto sul suo tablet, che lui
è in una posizione tutta sbagliata per riuscire a vedere, e annuisce.
“Il tuo polso, per favore”
dice.
Ed è così che il nome della
sua anima gemela finisce con l’essere fotografato e
registrato dall’esercito degli Stati Uniti d’America. Dio, se solo Howard
sapesse, sarebbe furioso. Ecco perché non verrà mai a saperlo.
“Abbiamo fatto” dice. “Prego,
da questa parte, Signor Stark”.
Nella stanza in cui lo porta
non c’è nessun Colonnello Nicholas Fury. Ci sono un
paio di sedie, un tavolo e una scatola al centro di suddetto tavolo. C’è anche
un proiettore a bobine.
“Il Capitano Rogers non ha lasciato nessun testamento”
disse la donna e Tony sbatte le palpebre perché era la prima volta che sente il
nome di Roger associato a un grado che non sia quello di soldato semplice. “La
persona a lui più vicina – ha insistito per inserire un collega come legatario
– è stata dichiarata disperso in azione durante la stessa operazione in cui
abbiamo perso il Capitano Rogers. Non aveva nessun familiare in vita”.
Dio. Non… non ha mai fatto
ritorno a casa. Egoisticamente, Tony si chiede se Steve ha pensato a lui, poi
prega Dio che non lo abbia fatto. Non vuole immaginarselo mentre muore da solo,
sapendo che non incontrerà mai la sua anima gemella.
“Come sua anima gemella”
continua la donna. “hai ereditato tutti gli averi e gli
effetti personali del Capitano Rogers. Ovviamente molto di quello che resta è al momento
in possesso dello Smithsonian, e per la maggior parte
è già in esposizione, in qualità di anima gemella sei più che benvenuto a
prendere un appuntamento per prendere visione del resto dei suoi lasciti. Sei
legalmente abilitato a prendere qualsiasi cosa tu voglia, anche se,
naturalmente, ci farebbe piacere se fossi disposto a lasciarli in prestito allo Smithsonian”.
Sta scherzando, vero? Deve essere
per forza uno scherzo. Ok, forse alcune parti del suo armamento possono far
parte di una qualche esposizione sulla Seconda Guerra Mondiale. Avrebbe senso.
In parte.
La donna picchietta sulla
scatola. “Quello che abbiamo qui è la sua documentazione completa e i suoi
restanti effetti personali. Questo è materiale che non può essere reso
pubblico, sia perché alcuni dettagli sull’operazione sono ancora segreti, sia
perché contiene collegamenti sull’identità civile e su quella professionale del
Capitano”.
Niente ha senso.
“Mi dispiace,” comincia Tony.
“io… cosa? Non capisco. Cosa vuol dire identità
professionale?”
La donna inclina leggermente
il capo da un lato. “Il colonnello non te l’ha detto?” chiede e Tony la guarda
confuso. “Steve Rogers era Capitan America”.
“Ma che cazzo…?” dice Tony.
Tutti conoscono ogni cosa su Capitan America. Cavolo,
persino Tony conosce ogni cosa su Capitan America. Da bambino era il suo eroe.
Era l’eroe di tutti. Capitan America aveva preso a pugni i nazisti, fermato i supercattivi,
salvato l’America infinite volte. Aveva subito un qualche trattamento
scientifico ed era diventato il primo e unico supersoldato, un uomo la cui forza era più che umana, le
cui ferite si curavano alla velocità della luce, munito di sensi e riflessi che
avevano dell’incredibile. Era stato uno dei primi supereroi, aveva combattuto
al fianco degli Invasori. Era la personificazione di una divinità. Era libertà
e giustizia.
E tutti sapevano cosa gli era successo. Appena prima della
fine della guerra, non aveva fatto ritorno. Un aereo rubato. Un tragico
incidente. Capitan America e il suo aiutante Bucky Barnes erano
scomparsi nell’oceano.
In tutte le foto, in tutti i
filmati d’epoca, Capitan America è sempre in uniforme, il cappuccio sempre
calato in testa. Nessuno conosce il suo volto. E di certo nessuno pronuncia il
suo vero nome.
Tony apre la scatola con
foga. Ci sono dei documenti – nessuno revisionato – e fotografie, un sacco di
fotografie. Quella in cima è la foto di un braccio – un polso sottile e ossuto
– un polso sul quale si trova il nome di Tony scritto nella sua stessa grafia.
Ci sono bobine, etichettate con serie di lettere incomprensibili e le parole
PROGETTO RINASCITA. E in fondo alla scatola, in una sacchetta, c’è una lettera.
Sulla busta c’è scritto Tony Stark scritto dalla stessa mano che ha
compilato il modulo di arruolamento. Una lettera. La sua anima gemella gli ha
scritto una lettera.
“Qualcuno,” comincia, poi la
voce lo abbandona e deve provare di nuovo. “Qualcuno l’ha letta?”
La donna scuote la testa. “È
tua” dice e accenna un piccolo sorriso.
Tony si schiarisce la gola.
La sua vista diventa liquida. “Mi… mi piacerebbe restare per un po’ da solo,
per favore” dice.
“Certo, fammi sapere se hai
bisogno di aiuto con il proiettore”.
E così se ne va e Tony siede
al tavolo insieme a tutto ciò che resta della sua anima gemella. La sua anima
gemella, che era Capitan America. Dio. Non sta succedendo davvero.
Non comincia dalla lettera. Sa che sarà la parte migliore
– una lettera scritta dalla sua anima gemella per lui – e vuole tenerla per
ultima.
Quindi parte dai documenti. Steven Rogers era un orfano, che sopravviveva a
stento e dipingeva poster per la WPA, mentre tentava di arruolarsi e veniva
ripetutamente rifiutato. Ci sono foto di lui prima della Rinascita. Tony non
crede sarebbe mai riuscito ad associarlo a Capitan America. Steve è appena più
vecchio di Tony, fa quasi strano pensarlo. È alto, magro, ossuto e ha l’aria di
uno pronto a fare a botte, a cui non importa se finisce per essere lui quello
steso a terra. Tony, in un certo senso lo ammira. E deve ammettere che ha
sembra adorabile. C’è qualcosa in lui che lo eccita. Anche se un paio di panini
in più non gli avrebbero fatto male. Tony fissa la foto di un uomo del 1940 e
vuole portarlo a casa per rifilargli un panino, e… e…
Si rende conto che gli sta
fissando le labbra. Scuote la testa e passa oltre.
Alle pressioni dello
scienziato a capo del programma, che aveva visto in Steve qualcosa di speciale,
lo avevano accettato per il Progetto Rinascita. Tony scorre in fretta i
dettagli tecnici, che sono fastidiosamente assenti anche in questo file; il
documento spiega che solo lo scienziato a capo del progetto era a conoscenza di
tutto, e che era morto qualche minuto dopo la procedura. Steve doveva essere il
primo supersoldato di una serie. Alla fine era rimasto
l’unico.
Ci sono foto che seguono la
Rinascita, e Tony può compararle quelle che la precedono. Ci manca poco che
l’intero file gli sfugga di mano perché, Dio, sembra una foto soft porno
questa! Steve sta in piedi, indossa solo dell’intimo attillato, e cielo, guarda
quei muscoli. Se non avesse saputo che era reale, non lo avrebbe creduto
possibile. Ma poi Tony guarda oltre i muscoli, e vede che la faccia di Steve è
la stessa. Sembra meno arrabbiato, ma ha la stessa determinazione. Forse è un
po’ sopraffatto dalle emozioni. Tony non può biasimarlo. Probabilmente ha la
stessa espressione al momento.
Forse è una cosa buona che
non si sono incontrati. Capitan America non lo avrebbe di certo voluto. Perché,
a conti fatti, cosa ha Tony da offrirgli?
Poi vengono le foto in
uniforme, sia in quella dell’esercito che in quella di Capitan America, in posa
e senza il solito scudo triangolare. Lo scudo di vibranio è scomparso con lui. Ma ora che può
mettere le foto in ordine cronologico, sa che si tratta dello stesso uomo; non
riuscirà più a guardare una foto di Capitan America senza vedere gli occhi di
Steve, il suo volto sotto il cappuccio.
Il resto dei documenti
riguarda le missioni di Capitan America, con Bucky e con
gli Invasori. Tony, da bravo fan boy, ne conosceva già la maggior parte. Ma ci
sono altre foto pinzate alle pagine, scatti spontanei. Steve con il cappuccio
abbassato, mentre ride con Bucky. Steve e gli Invasori in abiti più o meno civili.
Steve che legge. Steve che scarabocchia su un quadernino lo studio di un corpo
umano, mentre la Torcia Umana e Toro posano schiena contro schiena. Le mani
tremanti di Steve insieme a un uomo dalla mandibola squadrata con i colori di
un sergente su una manica. Nessuno dei libri su Capitan America e nessuna
mostra le hanno mai fatte vedere, perché questo è Steve Rogers,
l’uomo la cui identità è ancora oggi un segreto.
Tony cerca di immaginarsi lì
con lui. Non ci riesce.
L’ultima foto è di Steve di nuovo
a petto nudo, la maglia sulle ginocchia. Sembra stia riparando l’uniforme. E
l’angolo è perfetto per mostrare il polso nudo di Steve, mentre solleva in alto
l’ago. E Tony sa, sa che quello è il suo nome. Può vederlo. Proprio lì. Dio.
Fruga nella scatola e tira
fuori una bobina a caso. Dopo alcuni tentativi, riesce a mettere su il filmato.
Preme un pulsante e il proiettore ronza, mentre si accende, luminoso e
lampeggiante.
È in bianco e nero e produce
uno strano scoppiettio. C’è Steve, prima del siero, che siede a un tavolo da
interrogatorio. Non indossa l’uniforme, e anche se Tony sa che Steve è sempre
stato alto, adesso incurva un po’ la schiena. È così vivo, in movimento, i suoi
occhi che corrono lungo la stanza e per un istante Tony immagina che Steve
riesca a vederlo.
“C’è la questione del tuo
polso” dice un uomo fuori dall’inquadratura e Tony capisce che deve trattarsi
di una qualche intervista, mentre il suo stomaco si attorciglia, perché c’è il
suo nome sul polso di Steve e di certo diranno che c’è qualcosa di sbagliato.
C’è qualcosa di sbagliato con Tony. C’è sempre qualcosa di sbagliato con Tony.
“Cosa c’è che non va?” chiede
Steve e Tony vuole ridere, perché per qualche ragione non si era mai immaginato
Capitan America con il più stereotipico accento newyorkese. È piuttosto
adorabile.
Steve accarezza il nome sul
suo polso, proprio come è solito fare Tony.
“Beh,” dice l’uomo. “Di certo
saprai che Stark è un cognome di origine tedesca. E che
Tony potrebbe essere l’abbreviazione del nome italiano Antonio”.
Tony aspetta che Steve
annuisca, che dica non c’è
problema, non è che di lui mi porti qualcosa.
Ma Steve solleva il capo e
sorride di un sorriso tutto denti e dice: “Signore, so bene che lo scienziato a
capo del progetto è anche lui di origine tedesca. Dovrei giudicare la mia anima
gemella basandomi solo sul suo nome?”
“Sei fantastico” gli dice
Tony. “Sei fantastico e io non ti merito”.
Comunque non è che Steve lo
avesse amato, giusto? Steve neanche lo conosceva. Steve non lo conoscerà mai.
“Sei consapevole” continua
l’uomo “del regolamento che riguarda gli uomini che hanno un altro uomo come
loro anima gemella, vero?”
Lo stomaco di Tony si contrae
e non vuole ascoltare. Sa cosa dirà Steve, e lo sa anche Steve.
“Gliel’ho già detto” dice
Steve. “Seguirò il regolamento dell’esercito come richiesto”.
Non vuole vedere Steve mentre
spiega quanto è disgustato da lui, o qualsiasi altra cosa sia necessaria per
passare l’esame. È successo e basta. Tony spegne il proiettore a metà di una
frase, nauseato.
Contempla la lettera ancora
nella sacchetta. Non vuole sapere, ma è meglio strappare il cerotto in fretta,
no?
Si rovescia la busta in una
mano, la apre e con attenzione fa scivolare fuori la carta piegata e
scricchiolante.
Caro Tony,
Se stai leggendo questa lettera,
vuol dire che non ce l’ho fatta. So che è un modo buffo di cominciare una
lettera quando io e te non ci siamo mai neanche incontrati, ma al momento
questa è la cosa più importante che sai su di me. Se ti ho incontrato, se sono
stato così fortunato da incontrati, non leggerai questa lettera. Ne riceverai
una diversa che parlerà del tempo che abbiamo trascorso insieme, dei ricordi
che preferisco, di quanto tu significhi per me. Ma non posso scrivere quella
lettera, quindi sto scrivendo questa. Ho chiesto al Sergente Fury di tenerla per me e di farla arrivare
in America, se verrai a cercarmi nell’esercito, riuscirai a trovarla.
Ma c’è una cosa che devi
sapere più di ogni altra, Tony: ti amo. Ti amo con tutto il cuore, con tutta la
mia anima, e ogni notte ti sogno. Sogno di incontrarti. Ti sto aspettando da
tutta una vita e so che se stai leggendo questa lettera, saprai anche che in
questa vita per noi non era destino. Ma sono convinto che ci saranno altre
opportunità.
Sono certo che tu sia
fantastico, e meraviglioso, e voglio che tu sia felice. È questo che voglio
sopra ogni cosa.
Mi chiedo cosa pensi di me.
Nel momento in cui stai leggendo dovresti già sapere che sono Capitan America.
Servire il mio paese, proteggere questo mondo erano per me la cosa più
importante. Ho dovuto mentire per riuscirci. Ho mentito così tante volte mentre
cercavo di arruolarmi, poi ho continuato a mentire. Ho dovuto dire che per te
non provavo niente di romantico. Ma non era così, non è così, non sarà mai
così. Mi dispiace, e mi vergogno, e spero che troverai in te la forza di
perdonarmi. Se ci fosse stato modo di dire la verità e di potermi comunque
arruolare, l’avrei fatto. Puoi dire alla gente di me, se vuoi, se, Dio voglia,
abbiamo vinto la guerra e non viviamo sotto Hitler. Ti prego, parla di me.
Voglio che sappiano che ti amavo. Sarai più coraggioso di quanto lo sia stato
io. Sono certo che sei coraggioso. Come potrebbe essere il contrario?
Fa freddo stanotte, e vorrei fossi
qui. Non in questa dannata guerra – non è qualcosa che augurerei a nessuno – ma
vorrei fossi qui, al mio fianco. Ho così tanta voglia di stringerti a me che mi
prudono le mani di desiderio. Voglio baciarti. Voglio disegnarti. Voglio
sussurrarti ogni mio segreto e voglio raccontarti battute scadenti, solo per
vederti sorridere. Scommetto che hai un sorriso bellissimo. Ne sono certo.
Ma se stai leggendo questa
lettera, non potrò mai saperlo, e ormai mi sono rassegnato. Qualsiasi cosa mi
sia successa, la mia morte ha avuto un senso. Sono morto per quello in cui
credevo. Sono morto per il mio paese. Suppongo tu sappia cosa mi sia successo.
Ma qualsiasi cosa sia, ho sempre pensato a te. Ti ho sempre amato, Tony, e ti
amerò sempre. Chiunque tu sia, qualunque cosa tu abbia fatto, sei la mia anima
gemella e io ti amo.
Ricordatelo sempre.
Tuo,
Steve
Una lacrima cade sul bordo
dell’ultima pagina, macchiando il foglio.
Poi la maniglia della porta sferraglia
e entra un uomo in uniforme. È un uomo di mezz’età, con una mascella dall’aria
familiare. I capelli sono grigi sulle tempie e ha una benda su un occhio.
“Tony Stark?”
chiede. “Sono Nick Fury” fa una pausa e lo osserva. “È un brutto momento?”
Tony tira su col naso. “No,
sto benissimo” dice, perché se le sue emozioni sono tutte in subbuglio, tanto
vale che ne renda partecipe il resto del mondo. “Si sieda”.
Fury si siede, poi annuisce verso il foglio di fronte a Tony.
“L’hai letta”.
“L’ho letta” anuisce Tony, la sua voce trema. “Lui… lui mi
amava”.
E Fury lo guarda come se capisse. “Sì,” dice
piano. “ti amava
davvero. Non poteva dirlo a nessuno perché Dio non voglia che Capitan America
sia gay, ma ti amava. Ci riempiva di chiacchiere su cosa sarebbe successo
quando finalmente vi sareste incontrati”.
Ne parla come se fosse stato
presente. Ma non è possibile.
“Nella lettera viene nominato
un certo Sergente Fury” dice Tony. “e c’è un tizio in una delle foto che le
assomiglia… suo padre? Suo nonno?”
“Sono io, ragazzo” risponde Fury. “Porto
solo bene i miei anni”.
“E poteva dirmelo” dice Tony
“ma poi avrebbe dovuto…”
“Ora capisci, ragazzo”
continua Fury e la cosa spaventosa è che Tony non sa
se stia scherzando. “Ho servito nell’esercito con Cap. Io e gli Howling Commandos. A
volte ci accoppiavano con gli Invasori, o solo con Cap e Bucky, fatto
sta che l’ho incontrato diverse volte”.
“Lui com’era?”
Fury sospirò pensieroso. “Sapevo me lo avresti chiesto, e per
due settimane ho cercato una risposta da darti, ma non l’ho trovata. Lui era… è
l’uomo migliore che abbia mai conosciuto. L’uomo migliore che tutti noi abbiamo
mai conosciuto. Non ci sarà mai nessun altro come lui. Se lo avessi chiesto a
lui, probabilmente ti avrebbe detto che non era speciale, ma non è questo che
dicono i migliori? Lui era… era così dannatamente bravo, è stato un onore
conoscerlo.” abbozza un sorriso. “Gli saresti piaciuto”.
“Neanche mi conosce”.
“Ti ho cercato su Google” Fury solleva un sopracciglio. “Ho letto
quello che ti riguardava. Ho fatto un controllo sul tuo passato. Sei un genio, Stark. Gli
saresti piaciuto. Gli era sempre piaciuta la gente intelligente. La gente
capace di tenergli testa, che non aveva paura di affrontare Capitan America, ma
che comunque lo rispettava. Sareste andati d’accordo. Siete anime gemelle. Non
fare lo stupido”.
Tony grugnisce. “Ok, ok, non
farò lo stupido” pensa a quello che gli ha detto Fury. “Aveva
dei piani per me?”
“Cap era un romantico”
rispose Fury.
“Lo prendevamo tutti in giro per questo, per il fatto di non voler ammettere
che… Uh…” tossisce. “Comunque, era davvero dolce quando si trattava di te.
Parlava di come sarebbe tornado a New York e di come ti avrebbe incontrato per
caso, di come ti avrebbe invitato a cena e al cinema. Eravamo sempre informati
sulle ultime uscite e lui continuava a chiederci se pensassimo che questo o
quell’altro film ti sarebbe piaciuto, come se potessimo avere una opinione in
proposito. Namoruna
volta gli tirò un dannato pesce in testa e lui non si tappò
comunque la bocca”.
Tony ride. “Mai letta questa
storia nei libri di storia”.
“Sì, beh,” disse Fury. “non avresti
potuto”.
“No,” concorda Tony. “immagino di
no”.
La sua anima gemella è nei
libri di storia. La sua anima gemella è Capitan America. Che diavolo di vita!
Fury si riaccomoda sulla sedia e passa in rassegna i fogli
sparsi sul tavolo. “Posso chiederti cos’hai intenzione di prendere? Immagino la
mia assistente ti abbia detto che tutto ciò che era di Steve adesso appartiene a
te. Tutto ciò che è in questa scatola è tuo senza ombra di dubbio. Ma anche
tutto il resto ti appartiene comunque. Steve avrebbe voluto che avessi le sue
cose. Anche lo Smithsonianvuole continuare ad averle, e mi hanno chiesto
di riferirti il loro desiderio, ma sei liberissimo di fare come preferisci”.
Onestamente, ciò che Tony
vuole è qualcosa di fisico. Qualcosa di Steve. Qualcosa che aveva toccato, o
tenuto, o indossato. Qualcosa che possa toccare e pensare che una volta era
stato fra le mani della sua anima gemella. Le medagliette sarebbero l’ideale,
ma le medagliette di Steve sono insieme al suo corpo, e il suo corpo è disperso
da qualche parte nell’Atlantico. Non può averle.
Tony solleva la lettera.
“Posso prendere questa?”
“Ragazzo,” dice Fury. “tengo stretta
quella lettera dal 1941, ti sembra che voglia continuare a farlo? Sarà meglio
che la prendi”.
Tony ride. “E una foto?”
chiede con un po’ di esitazione. “Posso avere una foto?”
“Ti faccio un fottuto album
fotografico” dice Fury, ed ecco come Tony si porta a casa un USB con dentro
la versione digitale di tutte le foto, tutti i documenti e tutti i filmati.
Lo Smithsonian può anche tenersi Capitan America. Lui
avrà Steve Rogers.
Sa che Steve voleva fosse coraggioso. Che Steve voleva
dicesse alla gente di lui. Di loro.
Ma Tony non può dirlo ad Howard. Non può. Se lo dicesse a
Howard macchierebbe quello che c’è fra loro. Howard non sarebbe felice di
sapere che Capitan America è la sua anima gemella.
Lo dice a Jarvis e pensa che in qualche modo questo
conti lo stesso.
Quando quell’anno torna a
casa per natale, lo dice anche a sua madre e lei sorride e lo abbraccia, e gli
dice che gli vuole bene, e che è fiera di lui, e che avrebbe tanto voluto che
lui e Steve si fossero incontrati.
È uno dei ricordi migliori
che ha di sua madre.
Quando Tony a vent’anni i suoi genitori muoiono.
Meno parla della cosa, meglio è.
Quando ha ventun’anni, calpesta una mina. Ed è tutta colpa sua,
davvero.
Non ricorda granché della cosa, il che è probabilmente
positivo, solo un ciclo di sonno e veglia senza fine, in cui Yinsen cerca di tenerlo fermo mentre gli tira
fuori frammenti dal petto.
Gli pare di aver delirato
roba sul morire vergine, un pensiero piuttosto divertente, considerando che
Steve è morto e che non sa davvero cosa stia aspettando, perché mica uno può
aspettare la sua anima gemella se tale anima gemella è bella che andata. Ma sa
anche che nessuna delle persone con cui è uscito lo ha amato tanto quanto il
ragazzo che gli ha scritto quella lettera.
A un certo punto gli pare
persino di aver chiesto a Yinsen se
Steve stesse bene. Yinsen ha
risposto di sì. Ha detto che Steve stava bene, ha detto che tutti loro
sarebbero stati bene, ed è in quel momento che capisce che Yinsen è un bugiardo.
Tony tiene due foto di Steve nel portafoglio. Nessuna in
cui indossi l’uniforme, nessuna che possa aiutare a identificarlo come Capitan
America, perché l’esercito vuole ancora tenere il fatto segreto. In entrambe le
foto è senza maglia, che nessuno dica che l’aspetto di Steve lo lascia del
tutto indifferente. Una è prima del siero, l’altra dopo. È la dichiarazione
tutta personale di Tony: ti
avrei amato a prescindere.
Gli piace guardare quelle
foto e chiedersi: cosa farebbe
Steve?
Tony è certo che non avrebbe approvato se avesse saputo.
Tony ne
esce vivo. Yinsen no.
Non è proprio il suo anno migliore, fino ad ora.
E
il mondo sta più o meno impazzendo e c’è questo folle dio nordico e, beh, Tony ha
un armatura volante e sa esattamente cosa farebbe Steve. Steve farebbe il
dannato supereroe.
“Gli Avengers!”
dice Jan van Dyne, e Tony solleva il pugno in aria, insieme a tutti gli
altri.
O la va o la spacca.
Quindi apre la sua casa agli Avengers, e
lui è Iron Man, ed è anche Tony Stark, e
pensa che forse così può essere felice. Non troverà mai la sua anima gemella,
ma non importa. La sua vita non deve per forza ruotare attorno a quello. Ha una
squadra a cui tiene. Può prendersi cura di loro. Mantenerli in vita. Salvare il
mondo.
È piuttosto certo che è una cosa che Steve amerebbe.
Se lo farà bastare.
Due mesi dopo Hulk è fuori
dalla squadra e loro sono in un sottomarino e c’è un corpo in mezzo all’acqua.
Un corpo in un iceberg.
Giant-Man si
ingrandisce e si protende, tirando il corpo a bordo, e quando Tony lo vede
pensa che il cuore, adesso, gli si fermerà davvero. Può anche morire
nell’armatura. Il resto della squadra non se ne accorgerà fin quando non cadrà
in ginocchio.
L’uniforme è lacerata, rossa,
bianca e blu. Lo scudo di vibranio giace
sul suo petto. Il cappuccio è tirato all’indietro e quello è il volto di Steve,
Dio, il volto di Steve, un volto che Tony ha memorizzato a forza di foto e
filmati, un volto di cui ha tracciato i contorni su carta migliaia di volte. Ma
ora è pallido e immobile. Se potesse toccarlo sarebbe rigido e freddo.
Tony non è certo di ricordare
come si respira e il cuore gli martella in petto tanto forte che è certo possa
esplodere, è piuttosto sicuro che sta piangendo, e se non sta attento le
lacrime manderanno in corto circuito metà dei dannati transistor della tuta.
Tony è immobile, incredulo,
mentre Jan realizza che quello è Capitan America
e lo annuncia al resto della squadra.
Almeno possono portarne il
corpo a casa. Fury sarà felice di saperlo,
pensa Tony. Almeno possono finalmente seppellirlo.
Poi…
“Sentite!” dice Jan,
concentrata, protesa sopra il corpo di Steve. “Non è morto! Respira!”
Oddio, pensa Tony. Oddio, oddio,
è un miracolo. È un miracolo e cosa ha fatto nella sua vita per meritarselo,
oh, ti prego, ti prego, fa che Steve stia bene, farà qualsiasi cosa, rinuncerà
a qualsiasi cosa per lui…
Steve apre gli occhi ed è la
cosa più bella che Tony abbia mai visto.
All’inizio sembra confuso.
Vuole sapere dove si trova. Chi sono loro.
Tony non riesce a parlare.
Non ci sono parole, perché Steve è vivo, perché Steve non può essere vivo ma lo
è, proprio lì…
“Ha dormito a lungo,
Capitano” dice Jan, e grazie a Dio, qualcuno ha ancora il dono della
parola. “Noi siamo gli Avengers. Io sono Wasp, e questi sono Giant-Man,
Thor e Iron Man”.
“No.” dice Tony. “No,
aspetta.”
La squadra lo fissa.
Ha una sola opportunità, un
solo primo incontro e ha intenzione di farlo nel modo giusto.
Sblocca il casco e se lo
leva, poi fa lo stesso con i guanti.
Jan spalanca gli occhi. “Tony?” dice incerta. “Sei…”
“Tony?” ripete Steve, e i
suoi occhi risplendono di una fragile speranza, e Tony sa esattamente cosa
desidera Steve, ed è vero. È tutto vero. Adesso possono averlo.
È proprio come promettono I
film. È anche meglio che nei film. Mio,
dice qualcosa dentro di lui. Mio,
mio, mio. Come io sono tuo.
“Sono Tony Stark.” dice
e ha paura, ma non riesce a smettere di sorridere. “E tu sei Steve Rogers. È un
sacco di tempo che ti aspetto”.
Poi Steve lo guarda, sorride
luminoso e felice, il più bel sorrido del mondo, e Steve è fra le sue braccia e
lo bacia, e sono insieme finalmente, sono insieme e sono vivi.