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Autore: Marss    04/05/2017    1 recensioni
Sono Martina, ho 17 anni e sono la povera vittima di un noioso ed obbligatorio stage aziendale. Un intero mese di lavoro alla reception di un villaggio turistico in Basilicata. Sì, perché dovevo per forza complicarmi la vita, non potevo certo scegliere un albergo a Milano, magari anche vicino a casa!
Comunque, le cose non andranno poi tanto male. Soprattutto quando incontrerò Davide, animatore romano dagli splendidi occhi neri e dal sorriso mozzafiato...
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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ANGOLO AUTRICE:
Vi prego, non dite nulla. Mi vergogno abbastanza da sola per aver aggiornato dopo due anni. 
Devo confessarvi che un po' mi faceva paura tornare a scrivere questa storia. Rivivere vecchie emozioni che sono ormai riuscita a nascondere, ripensare a quei momenti... non so, non ero per niente a mio agio. Ma poi ho avvertito la necessità di scrivere e tra le (troppe) storie che ho in sospeso, ho deciso che volevo aggiornare proprio questa. 
Quindi eccomi qui, resuscitata dopo due anni, con un nuovo capitolo. Come spesso mi accade, devo avvertirvi che è un capitolo "di passaggio", ma dai prossimi prometto che ci saranno altre novità!
Un bacione, e grazie a chi ha avuto la pazienza di aspettarmi! 





Capitolo ventotto – Lo spasmo
 

 
Un pensiero va a Marko “con la K”, che è da poco venuto a mancare. Eri un ragazzo fantastico, pieno di energia
e voglia di vivere, in grado di strappare un sorriso a chiunque. Ti ricorderemo tutti con grande affetto. Riposa in pace.
 
 

 
“A volte mi manca così tanto che non riesco a respirare”

 
10 luglio
La prima settimana di “convivenza” era passata piuttosto rapidamente, tra chiacchiere, risate e qualche (non troppo raro) momento di depressione. La presenza di Chiara mi era di grande aiuto, il semplice starle accanto distoglieva i miei pensieri da Davide, almeno per la maggior parte del tempo. Certo, pensavo a lui costantemente, ma riuscivo a limitare i pianti isterici a una sola volta al giorno, generalmente la notte. Beh, facevo grandi progressi…
Chiara e sua sorella continuavano a farmi vedere film horror, avevamo ormai finito la saga di Final Destination, composta da cinque “episodi”, ed erano in qualche modo riuscite a convincermi a guardare Hostel. Che poi, guardare era un parolone, considerando che avevo passato tutta la durata del film con un cuscino davanti alla faccia e le mani sulle orecchie, per non sentire le grida strazianti delle povere vittime di quel film malato. Passavamo la maggior parte delle nostre serate chiuse in casa, fuori il clima era decisamente troppo caldo e i ventilatori sparsi sembravano essere gli unici oggetti in grado di regalare un po’ di refrigerio. Tornavo a casa mia praticamente tutti i giorni, giusto per farmi una doccia veloce e prendere qualche vestito di ricambio. Stare un po’ lontana dai miei mi stava servendo molto, non vedere i loro sguardi pieni di compassione e incomprensione era di grande aiuto al mio già fragile stato d’animo.
Ogni tanto, la sera, uscivamo a fare un giro per il paese, giusto per prendere un gelato e una boccata d’aria.
 

-Chiara devi smetterla di cercare i sintomi su Google! Guarda che così la cosa non migliora
-Lo so, ma è troppo strano! Insomma, va avanti da due giorni
-Sarà il caldo! O lo stress accumulato…
-Ma se sono in vacanza da quasi un mese!
Da un paio di giorni, Chiara avvertiva uno strano tremolio al braccio e, da brava ipocondriaca, era corsa a cercare informazioni su Google.
-Lo spasmo al braccio è uno dei sintomi di moltissime malattie gravi…- cominciò, facendo scorrere gli occhi sulle mille pagine internet aperte
-Chiara…- provai a dissuaderla, ma sapevo che ogni parola sarebbe stata inutile
-Oddio, sto per morire!- esclamò, gli occhi sbarrati e la bocca spalancata.
-Di quale tragica malattia, sentiamo- dissi, alzando gli occhi al cielo
-Cancro
Mi trattenni dal riderle davanti alla faccia. Non potevo crederci, non poteva essere seria!
-Ti rendi conto di quello che stai dicendo?
-Ah aspetta… potrebbe anche essere diabete. Speriamo sia quello, con dei controlli regolari e le iniezioni giornaliere, posso continuare a vivere
-Ok, adesso basta!- esclamai spazientita. Le rubai il mouse e chiusi tutte le finestre del motore di ricerca –Non stai per morire, non hai il cancro e non hai il diabete. Smettila di torturarti cercando queste cose su internet, perché così peggiori solo la situazione, ti agiti inutilmente e il braccio continuerà a tremare.
Chiara mise il broncio, ma non replicò oltre.
-Meglio se ti distrai…
-Hai ragione. Guardiamo un horror?- propose, ridendo.
La fulminai con lo sguardo, non avrei potuto reggere un altro film dell’orrore con gente sbudellata e massacrata.
-Potremmo fare un po’ di sport per prepararci al mare…
Questa volta toccò alla mia amica fulminarmi con gli occhi. Noi e lo sport non andavamo proprio d’accordo, insieme avevamo provato varie attività, dal nuoto alla pallavolo, dall’atletica allo yoga, ma niente sembrava andare bene.
-Cos’è, una battuta?- chiese
-Hai ragione. Prendo due cucchiaini e la vaschetta di gelato.- conclusi, dirigendomi verso la cucina a passo spedito.
Alla fine ci ritrovammo a guardare uno stupidissimo programma di Real Time, ingozzandoci di gelato al cocco e cioccolato. Niente attività fisica per noi!
Chiara sembrò calmarsi un po’, non pensava più al braccio, o almeno così credevo io. C’era da dire che tutto questo mi aiutava a distrarmi ulteriormente dai pensieri che assillavano la mia mente.

Nel tardo pomeriggio tornai a casa a darmi una rinfrescata. Trovai l’appartamento deserto, mio fratello era fuori con i suoi amici e i miei genitori ancora al lavoro, così ne approfittai per godermi un po’ l’aria condizionata che i miei avevano fatto installare qualche mese prima.
Accoccolata sul divano, lasciai che le immagini e i pensieri che cercavo sempre di reprimere tornassero a invadere la mia mente. Davide mi mancava terribilmente, il dolore che provavo era costante e martellante, non mi abbandonava mai. La presenza di Chiara mi era d’aiuto, certo, ma non riuscivo comunque a scacciare del tutto quel pensiero.
Mi mancavano i momenti con lui, quando passava apposta per la reception solo per poterci scambiare uno sguardo, o quando facevo di tutto per farmi mandare in giro per il villaggio, per poterlo guardare di nascosto mentre lavorava. Mi mancava trovarlo ad aspettarmi davanti alla porta della camera, impaziente di poter finalmente passare qualche minuto insieme. Mi mancava tutto e ancora una volta mi ritrovai a pensare che era impossibile essermi affezionata così tanto a una persona con cui avevo trascorso così poco tempo. Ancora non riuscivo a dare un vero e proprio nome ai miei sentimenti, sapevo solo che i ricordi mi facevano mancare l’aria.
Mi buttai sotto la doccia fredda, sperando di far scivolare via la depressione. Pensai all’estate che avevo davanti, una settimana dopo sarei partita per Rimini con Chiara, il suo ragazzo Davide e Valentina, una mia amica di scuola, poi sarei finalmente andata a trovare i miei nonni in Toscana. Insomma, ne avevo di cose da fare e speravo che sarei riuscita a far affievolire almeno un po’ il dolore che provavo per la lontananza dal mio ragazzo.
Il mio ragazzo erano le parole che mi balenavano sempre in mente quando pensavo o parlavo di Davide. Alla fine era così che lo consideravo ancora, nonostante non ne avessimo mai discusso apertamente. Quelle tre semplici parole erano in grado di farmi stare bene e male allo stesso tempo.
Restai a lungo sotto il getto dell’acqua, mi piaceva la sensazione di pace che una semplice doccia fredda riusciva a darmi.

Poco dopo tornai da Chiara, sperando di non trovarla ancora intenta a cercare strani sintomi su Google. Il cancello del suo condominio era aperto e mi aveva detto che non avrebbe chiuso a chiave la porta di casa, quindi salii senza citofonare.
Quando entrai in casa sua, Tigro venne ad accogliermi, con il solito sguardo sospetto e la coda dritta. Non c’era un buon rapporto tra me e lui, così gli girai attorno cercando di ignorarlo e mi diressi in salotto, dove trovai Chiara sul divano intenta a chiacchierare al telefono con il suo Davide. Le loro conversazioni mi facevano sempre ridacchiare, anche se un po’ invidiavo il loro rapporto.
Cercava sempre di chiamarlo quando io tornavo a casa, forse per non farsi sentire o per non farmi stare peggio.
Era sdraiata a pancia in giù, con le gambe sollevate e la faccia rivolta verso la finestra. Giocherellava con i capelli mentre rideva, e riuscivo a percepire tutta la serenità che quella nuova relazione le stava trasmettendo.
La osservai per un po’, sorridendo tra me, poi decisi di farmi sentire, tossicchiando leggermente.
Lei si girò di scatto, mi sorrise imbarazzata, e poi cercò di chiudere il più in fretta possibile la conversazione.
-Dai, ci sentiamo dopo. Si… anche io, ciao!
Mise giù il telefono e mi guardò senza dire niente.
-Potevi anche salutarmelo!- esclamai, sedendomi accanto a lei -Allora, sta già preparando la valigia per settimana prossima?
-Lo sai com’è fatto, è in ansia peggio di noi per i vestiti da portare!
Davide era un ragazzo particolarmente fissato con la moda e lo shopping, aveva più vestiti di me e Chiara messe insieme!
Risi, alzandomi per andare a prendere un bicchiere d’acqua in cucina.
Per poco non inciampai nel gatto, che vedendomi andare verso la credenza corse tra le mie gambe.
-Stupido gatto!- urlai, cercando di spostarmi senza calpestarlo
-Non insultare il mio bimbo!- mi urlò Chiara di rimando, divertita dal rapporto conflittuale che io e il suo animale avevamo.

Cercai di evitare di parlare del suo braccio, sperando di riuscire a distrarla in qualche modo, ma quando mi spaparanzai sul divano fu lei a tirare fuori l’argomento.
-Ho ancora questa fastidiosa sensazione- iniziò, incrociando le gambe e guardandosi preoccupata il braccio
-Ancora non è passato? Secondo me è un po’ di stress Chia, cosa potrebbe essere se no?
-Non lo so, ma comincio a preoccuparmi. Insomma, non è normale che uno spasmo vada avanti per così tanto giusto?
Sospirai, cercando di trovare qualcosa di intelligente da dire in modo da poter calmare la mia amica.
-Ti farebbe stare più tranquilla fare un salto dal dottore domani mattina?- proposi.
Mi sembrava la soluzione migliore: saremmo andate dal medico di base che le avrebbe confermato che non aveva assolutamente nulla di grave, poi avremmo potuto prendere un gelato ridendo dell’accaduto e nel giro di poche ore tutto sarebbe stato risolto.
Chiara mi guardò dubbiosa -Non so… ho paura di quello che potrebbe dirmi.
-Starò accanto a te. Stai tranquilla, sono sicura che non è niente. Ora lo chiamo per prendere appuntamento.
Mi alzai dal divano e telefonai al medico, accordandomi per il giorno seguente, poi mi rimisi accanto a Chiara a guardare la televisione.
Non facevamo altro da giorni, ma a me andava bene così. Guardare quei programmi idioti mi faceva dimenticare per qualche ora tutto lo schifo che mi girava per la testa.

Una parte di me era felice che Chiara fosse occupata dalle sue preoccupazioni per il braccio, almeno non avrebbe dovuto preoccuparsi ancora per me.
Era la mia migliore amica, ma mi dispiaceva da morire assillarla continuamente con i miei problemi con Davide.
Davide, Davide, Davide. Quel nome continuava a riecheggiarmi nella mente, non mi abbandonava mai. Lo sentivo ovunque, usciva dalla bocca di Chiara continuamente, e restava intrappolato nei pensieri.
Fui improvvisamente colta da un insano desiderio di scrivergli, di vederlo, di riabbracciarlo e stringerlo forte a me. La nostalgia era talmente forte da farmi mancare il fiato.
Mi alzai con la scusa di andare in bagno e mi chiusi dentro, lasciandomi scivolare contro la porta. Cercai con tutte le mie forze di non piangere ancora, non volevo che Chiara dovesse preoccuparsi nuovamente. Mi premetti una mano sulla bocca, strizzando gli occhi e sforzandomi di respirare profondamente. Avevo la sua immagine talmente ben stampata in fronte che, per un momento, mi parve di vederlo lì accanto a me, seduto sul pavimento del bagno, ad osservarmi con quei suoi grandi occhi neri. Scossi la testa, dandomi mentalmente della pazza e mi alzai, sciacquandomi il viso con l’acqua fredda per far scomparire il rossore. Feci un altro paio di profondi respiri, reggendomi al lavandino e osservando la mia immagine allo specchio.
-Va tutto bene- mormorai a me stessa -va tutto bene. Sei forte, puoi superare questa cosa. Si risolverà tutto.
Mi guardai intensamente, come a volermi sfidare. Non mi piaceva quello che vedevo riflesso, avevo un velo di tristezza calato sugli occhi, ma cercai di ignorare la cosa.
Tirai lo sciacquone per non destare sospetti e poi uscii, cercando di sembrare normale.
-Va tutto bene?- la domanda di Chiara mi fece sussultare. Mi stava osservando con un’aria strana. Accidenti, a quella ragazza non sfuggiva proprio nulla. Cercai di stamparmi in faccia il sorriso più vero che riuscissi a fare
-Certo! Mi sono solo incantata a guardare il cellulare, scusa…- provai a dire.
Chiara si voltò a guardare il mio telefono, abbandonato accanto a lei sul divano, ma non disse nulla. Si limitò a sorridermi e a farmi segno di tornare accanto a lei. La ringraziai mentalmente per questo, non avrei sopportato un’altra chiacchierata sull’argomento.
 
Dopo la cena con la sorella di Chiara e l’ennesimo film, decidemmo di andare a dormire.
-Allora, come va il braccio?- chiesi alla mia amica.
Non aveva osato lamentarsi per tutto il resto della giornata, anche se vedevo dalle facce che faceva che avvertiva ancora quello strano fastidio.
-Mi sembra vada leggermente meglio di prima, ma ho ancora questa sensazione. Spero che non sia nulla di grave, potrei andare fuori di testa!- esclamò, buttandosi sotto il lenzuolo.
-Sono sicura che non è niente, davvero. Sarà il caldo, o magari l’ansia di partire…- dissi, provando a scherzare.
-Ma figurati! Sai che roba, andiamo a Rimini mica in capo al mondo.
Continuammo a chiacchierare per parecchio tempo, immaginando come sarebbe stata la prima vera vacanza da sole, senza genitori.
Quella notte mi addormentai subito e, per la prima volta da quando ero tornata, non sognai Davide.
 

-Allora signorina, mi faccia dare un’occhiata a questo braccio- disse il medico, indicando a Chiara un lettino ricoperto di carta bianca.
Era un uomo piuttosto giovane, alto e magro. Molte signore del paese lo trovavano attraente, anche se aveva un piccolo difetto: un pollice decisamente troppo grande!
Chiara era visibilmente spaventata. Era terrorizzata da quello che il dottore avrebbe potuto dire e continuava a guardarsi attorno con aria attonita.
Il medico le tastò un po’ il braccio, sollevandolo e torcendolo leggermente
-Stress- sentenziò infine.
Chiara la fissò diffidente -Tutto qui? È sicuro?
-Assolutamente sì. I muscoli sono un po’ tesi, ma è normale considerando l’ansia che riesco a leggerle negli occhi. In questo periodo è assolutamente naturale, il caldo, la fine della scuola, la preparazione per le vacanze… sta “buttando fuori” tutto lo stress accumulato in questi mesi.
Sorrisi, ero sicura che non avesse nulla di grave
-Scusa se te lo dico ma… io te l’avevo detto!- esclamai, andandole vicino.
Il medico tornò alla sua postazione e le prescrisse degli integratori, poi ci congedò, riuscendo a stento a trattenere una risata.
-Tutte queste preoccupazioni per un po’ di stress arretrato- borbottò Chiara uscendo dallo studio.
Era sollevata, anche se cercava di dimostrarsi scettica e distaccata. La presi in giro per un po’, cercando di farla sorridere, e le offrii un gelato, anche se non avevamo ancora pranzato. In estate, per noi ogni ora era buona per mangiare un bel gelato.
Tornammo a casa camminando a braccetto, ridendo come matte. Finalmente qualche bella notizia anche per noi!
Ora potevamo dedicarci completamente ai preparativi per la partenza della settimana successiva. Ero contenta di fare quel viaggio, avevo bisogno di svagarmi un po’ e speravo di riuscire a dimenticare, almeno per qualche giorno, il ragazzo che riempiva tutti i miei pensieri. 
  
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