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Autore: Julia Weasley    09/06/2009    23 recensioni
“È stato ucciso da un Auror?” chiese Harry esitante.
“Oh, no” rispose Sirius. “No, è stato assassinato da Voldemort. O per ordine di Voldemort, più probabilmente; dubito che Regulus sia mai stato così importante da scomodare Voldemort in persona. Da quanto ho scoperto dopo la sua morte, si era fatto coinvolgere fino a un certo punto, poi era stato preso dal panico per quello che gli era stato richiesto e ha cercato di fare marcia indietro. Bè, non si consegnano le dimissioni a Voldemort. È servizio a vita, o morte”.

I pensieri di Sirius Black, rinchiuso a Grimmauld Place, nei confronti del fratello Regulus, in una giornata apparentemente come le altre.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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X Agosto

“È stato ucciso da un Auror?” chiese Harry esitante.“Oh, no” rispose Sirius. “No, è stato assassinato da Voldemort. O per ordine di Voldemort, più probabilmente; dubito che Regulus sia mai stato così importante da scomodare Voldemort in persona. Da quanto ho scoperto dopo la sua morte, si era fatto coinvolgere fino a un certo punto, poi era stato preso dal panico per quello che gli era stato richiesto e ha cercato di fare marcia indietro. Bè, non si consegnano le dimissioni a Voldemort. È servizio a vita, o morte”.
“Il pranzo” annunciò la signora Weasley. (*)

[…]

“Tu non vieni, Sirius?” mi chiese Harry.
“Arrivo tra un po’” risposi, senza neanche sapere il perché. “Devo dar da mangiare a Fierobecco.
L’unica giustificazione che potevo addurre anche a me stesso.
Harry uscì dal salotto. Udii i suoi passi scendere le scale e mi dispiacque di aver cercato una scusa per rimanere solo. Il mio figlioccio era preoccupato per l’udienza imminente ed io non ero nemmeno in grado di tranquillizzarlo, se non di rivolgergli qualche parola consolatoria.
Ero di nuovo prigioniero di quella maledetta casa, con tutto quel che ne conseguiva. Neanche nei miei peggiori incubi avrei immaginato di potervi tornare, di udire di nuovo le urla di mia madre, di rivedere Kreacher, mentre ogni cosa, fino all’ultimo soprammobile, mi facevano tornare alla mente ricordi che avrei voluto rimuovere per sempre.
Ma la cosa peggiore era quel nome ricamato a filo d’oro sull’arazzo e che, se avesse avuto gli occhi, in quel momento mi avrebbe lanciato uno sguardo carico di accuse, le stesse che tormentavano i miei incubi da sedici anni.
Non sapevo perché avessi parlato in quel modo a Harry; anzi, lo sapevo ma non riuscivo ad ammetterlo nemmeno a me stesso. Forse mi era sembrato imbarazzante, quasi vergognoso, dimostrare di rimpiangere un fratello Mangiamorte.
In presenza di altri potevo anche far finta di niente, ostentare indifferenza e disprezzo, ma quando ero solo i sensi di colpa tornavano ad attanagliarmi come sempre tutti i maledetti giorni a partire da quella seconda data scritta sotto il nome di Regulus. 10 agosto 1979.
Oggi, 10 agosto 1994, erano trascorsi esattamente quindici anni, ma per me non era cambiato nulla.
Non volevo che gli altri lo sapessero, neanche Harry. Ecco perché avevo parlato in quel modo. D’altra parte, cosa avrei dovuto dirgli? La verità era fuori discussione: odiavo essere compatito, anche se al momento ero proprio io a compatire me stesso.
Durante il mio lungo soggiorno ad Azkaban, i Dissennatori mi facevano rivivere i due momenti peggiori della mia dannatissima vita: la morte del mio migliore amico e quella di mio fratello.
Rannicchiato in un angolo della mia cella, il viso poggiato sulle ginocchia flesse al petto, mi sembrava quasi di vederli dritti di fronte a me, mentre voci e urla si affollavano nella mia testa.
“Bella idea proporre Peter come Custode Segreto. Davvero una trovata geniale, Sirius, ti ringrazio” mi diceva l’immagine di James con un tono mostruosamente sarcastico.
Regulus invece non parlava ma il suo sguardo mi trafiggeva, ferendomi ancora più delle parole di James, come se stesse urlando:
“Mi hai lasciato solo. Non ti è mai importato niente di quello che mi succedeva…”
Udii il secondo richiamo di Molly e, nonostante la nostra recente discussione, le fui grato di avermi distolto da quei pensieri.
Senza guardare ancora l’arazzo, gli voltai le spalle e uscii, intenzionato a portare davvero il cibo a Fierobecco, ma mi fermai automaticamente all’ultimo piano.
Oltre la porta sulla destra c’era la mia stanza ma, nonostante vi dormissi da almeno due mesi, in tutto quel tempo avevo accuratamente ignorato la porta a sinistra. Oggi no.
Chissà cosa mi aveva preso: tutt’a un tratto ero diventato masochista.
Ritornai col pensiero ai giorni in cui quel pianerottolo era stato terra di nessuno, compreso tra le due trincee nemiche. Io avevo suppergiù nove anni, Regulus otto, e trascorrevamo le giornate a farci la guerra a vicenda.
Tuttavia a quei tempi andavamo ancora d’accordo…più o meno. Lui faceva la spia ai nostri genitori quando ne combinavo una delle mie ed io facevo il bulletto, senza risparmiargli nessun pugno. Poi però ciascuno dei due si ritrovava dietro la porta della propria camera, con la mano sulla maniglia, entrambi incerti se mettere da parte l’orgoglio o no.
Alla fine era sempre lui a cedere: non aveva la mia stessa forza di carattere.
Quando, spiando attraverso il buco della serratura, lo vedevo sbirciare oltre la porta socchiusa, uscivo sul pianerottolo esclamando:
“Ti ho visto! Ho vinto di nuovo!”
Anche se avevo tutte le intenzioni di approfittare della sua resa silenziosa per assestargli qualche calcio di sfogo, ogni volta rinunciavo solo guardandolo: aveva un anno in meno di me ma, mingherlino com’era, sembrava molto più piccolo e riusciva addirittura a farmi tenerezza.
Così le nostre battaglie terminavano con qualche battutina e delle pacche sulle spalle.
Questo prima, molto prima che, crescendo, prendessimo strade opposte.
Mi avvicinai a quella porta, con un accenno di sorriso amaro quando lessi la targa col familiare messaggio:

Non entrare
senza il permesso
di Regulus Arcturus Black

Naturalmente, non gli avevo mai chiesto il permesso per entrare, nonostante l’intimidazione fosse rivolta soprattutto a me. Anzi, era proprio per quel motivo che spesso irrompevo nella sua camera all’improvviso, solo per il gusto di dare fastidio. Ripensandoci, ero un ragazzino davvero odioso a quei tempi…
Non mi accorsi nemmeno di aver aperto la porta. Me ne resi conto solo quando mi ritrovai sulla soglia di quella stanza in cui, diversamente dalla mia, i colori verde e argento dominavano incontrastati.
Fui assalito da una cupa desolazione nel vederla così vuota e abbandonata. Erano secoli che non vi mettevo piede e il solo fatto che stavolta non vi fosse nessuno a sbattermi la porta in faccia mi fece stare male.
Osservai con rassegnazione lo stemma dei Black dipinto sopra il letto impolverato, mi avvicinai a guardare gli articoli della Gazzetta del Profeta attaccati alla parete e mi trattenni a stento dal cedere alla tentazione di strapparli.
Avevo cercato di farglielo capire in tutti i modi, con le buone e con le cattive, ma non mi aveva dato retta.
Non mi dava mai retta, come io non ne davo a lui. Aveva perso gli ultimi anni della sua breve vita a seguire ad ammirare quello che sarebbe stato il suo assassino.
I miei occhi s’inumidirono ma trattenei le lacrime sbattendo velocemente le palpebre. Sapevo che non sarei dovuto entrare.
Mio fratello mi guardava dalla foto di gruppo della sua squadra di Quidditch. I Grifondoro spesso accusavano i Serpeverde di avere giocatori che si distinguevano solo per la forza bruta e l’inclinazione a commettere falli, ma Regulus era davvero bravo, e a dimostralo contribuivano le continue lamentele di James, che non poteva sopportare l’idea di avere un rivale alla propria altezza a minacciare la sua nomea di miglior Cercatore di Hogwarts.
“Senti, Felpato” mi diceva spesso alla vigilia di una partita, “io ti voglio tanto bene, ma se quel moccioso domani oserà prendere il Boccino, sarò costretto a renderti figlio unico”.
“Questo dipende solo da te. Invece di pensare alla Evans, concentrati” gli rispondevo io con un ghigno.
In realtà, anche se non osavo ammetterlo, ero orgoglioso del fatto che Regulus desse del filo da torcere a James.
Ripensando a quelle parole, mi dissi che sarei diventato davvero figlio unico, già dal momento in cui me ne andai di casa.
Era stato comodo scappare da Grimmauld Place: in quel modo ero riuscito a vivere serenamente per qualche anno, ma non avevo risolto i problemi che mi ero lasciato alle spalle; li avevo semplicemente aggirati.
Ero così desideroso di mandare tutti al diavolo che non mi era neanche passato per la testa di pensare al fratello che lasciavo solo.
Avevo rinunciato alla mia opera di convincimento, ed era questo a tormentarmi. Quasi ogni notte, dopo incubi che ormai avevo imparato ad accettare come parte di me, mi risvegliavo con la consapevolezza che, se non lo avessi lasciato solo, forse non sarebbe diventato un Mangiamorte…o che almeno avrebbe chiesto il mio aiuto.
Fatto sta che, quando aveva avuto bisogno di e, io non c’ero. E Regulus non sarebbe mai venuto a cercarmi, non era nel suo stile da perfetto Black orgoglioso… tale e quale a me.
Cercai di nuovo di trattenermi. Non potevo mettermi a piangere, dannazione…
Mi alzai dal letto, desideroso di andarmene al più presto, perché non ne potevo più di stare lì. Il senso di colpa mi soffocava.
Nella fretta di uscire, urtai col piede qualcosa che spuntava da sotto l’armadio e abbassai lo sguardo su quel qualcosa: era un piccolo baule, più una scatola, per la verità, il classico ripostiglio per gli oggetti di troppo, ma anche il posto perfetto per nascondere qualcosa di compromettente.
Ormai non ragionavo più, quindi nemmeno mi chiesi perché tirai fuori la scatola e la aprii.
Era piena di cianfrusaglie, ma anche di oggetti cui Regulus teneva molto, come la miniatura della Nimbus 1000 che gli aveva regalato nostro padre.
Quando mi ritrovai una fotografia per le mani, ebbi un tuffo al cuore, chiedendomi se facesse parte delle cianfrusaglie o delle cose importanti. Ma doveva per forza appartenere alla seconda categoria.
Due bambini sui quattro o cinque anni con i lisci capelli neri e gli occhi grigi si picchiavano per gioco, per poi scoppiare a ridere e salutare allegramente con la mano. Sullo sfondo c’era un vasto prato molto familiare.
La foto era stata strappata e accartocciata, ma qualcuno l’aveva stirata e aggiustata con del Magiscotch, probabilmente la stessa persona, dopo qualche violento scatto di rabbia.
Mi ricordavo di quella giornata trascorsa nella villa di campagna dello zio Alphard. Sembrava passato un secolo…

“Sei proprio una schiappa, Regulus!” Quante storie per aver fatto quattro passi in un prato!”
Un ghignetto divertito era dipinto sul volto del bambino più grande, circondato dall’erba alta, mentre osservava il fratellino arrancare per raggiungerlo.
“Mi sono preso una storta!” piagnucolò l’altro. “Non è colpa mia”.
“Smettila di frignare” lo canzonò Sirius, ma tornò indietro per aiutarlo a camminare, concedendogli di aggrapparsi a lui per tornare alla villa.
Ovviamente Walburga se la prese con Sirius. Secondo lei era colpa sua se Regulus si era fatto male. Avrebbe dovuto tenerlo d’occhio, invece di comportarsi da irresponsabile, eccetera: ormai Sirius aveva capito che fosse meglio tacere, invece di replicare.
Quella sera stessa, dopo cena, Sirius e Regulus ottennero il permesso di salire su nella grande terrazza. C’erano anche le loro cugine.
“Come va la caviglia, Reg?” chiese Andromeda, accarezzandogli i capelli con affetto.
“Adesso sto bene” rispose lui, osservando ammirato il cielo notturno. Quella terrazza era un ottimo osservatorio.
“Andromeda, mi fai rivedere dove sta la mia stella?” chiese Sirius, ignorando Narcissa e Bellatrix che sospiravano: loro non avevano la pazienza di dare retta a due bambini, diversamente da loro sorella.
“In questo periodo non si vede bene, però è da quella parte” spiegò lei, indicando un punto indefinito del cielo.
“E Regolo?” domandò Regulus, tirandola per la manica del vestito.
“È lì. Guarda, si vede perfettamente” rispose Andromeda, voltandolo verso la costellazione del Leone.
Regulus rimase in silenzio per un po’, poi fu colto da un dubbio e chiese:
“Cosa succede quando ci sono le stelle cadenti? Perché cadono?”
“Perché muoiono” intervenne Sirius, ostentando un’aria saputa.
Suo fratello lo guardò male.
“No che non muoiono. Le stelle non possono morire…vero?” aggiunse poi, rivolgendosi di nuovo alla cugina, improvvisamente preoccupato. “Io non voglio che la stella di cui porto il nome muoia”.
Andromeda sorrise.
“In realtà non è così. Quelle che vediamo cadere non sono stelle vere e proprie, ma meteore che bruciano quando attraversano l’atmosfera…”
“Per favore, sembra che tu ti sia letta un libro di astronomia babbana, Andromeda” osservò Bellatrix apparentemente sarcastica, ma lo sguardo d’intesa che rivolse a Narcissa aveva un’aria pericolosa.
La sorella tuttavia non rispose, ignorando le altre due.
Ignari dei significati più profondi di quel silenzio, i due fratelli continuavano a fissare il cielo, scambiandosi di tanto in tanto qualche sorriso.
Bastava poco a far divertire due bambini. Bastava poco anche a riappacificarli dopo una discussione.
In fondo, alla loro età, si litigava per sciocchezze…


Non riuscivo più a fingere: le lacrime ormai mi rigavano il viso, e la vista appannata m’impediva di guardare con nitidezza la foto che ancora tenevo in mano.
Forse Andromeda si era sbagliata.
Perché quella notte di quindici anni fa, il dieci agosto, era la notte delle stelle cadenti, e Regulus era caduto.
Neanche udii i passi di qualcuno che saliva le scale, almeno finchè non si fermarono con una chiara esitazione sul pianerottolo.
Udii quel qualcuno bussare alla porta.
“Sirius, sei qui?” chiese la voce gentile e cauta di Remus.
Risposi con un mugugno e mi affrettai ad asciugarmi gli occhi, inutilmente. Tuttavia Remus non si azzardò a entrare e gliene fui grato. Lui aveva sempre saputo quanto tenessi a Regulus, fin da quando avevamo undici anni; l’aveva capito molto prima di James stesso.
“Volevo solo dirti che siamo tutti a tavola. Scendi quando vuoi”.
“O-ok…” risposi, la voce spezzata.
Remus tornò in cucina ed io chiusi gli occhi nella speranza di bloccare il pianto. Quasi riuscivo a vederlo, Regulus, strappare e accartocciare quella foto dopo la mia fuga, per poi pentirsene e provare ad aggiustarla. Non pensavo che anche lui avesse desiderato di avermi di nuovo accanto. Credevo che mi avesse dimenticato: aveva interpretato bene la sua parte, ed io pure.
Mi chiesi se sapesse quel che avevo fatto dopo la sua morte. Ero stato così ingenuo da pensare che una simile disgrazia avrebbe potuto riavvicinarmi ai miei genitori. Ero addirittura tornato a trovarli proprio qui, ma le loro reazioni erano state prevedibili.
Mio padre finse di non conoscermi. Non si arrabbiò neanche perché era troppo debole. Già da allora avevo capito che sarebbe morto di lì a poco.
Mia madre invece m’impedì di entrare, urlandomi in faccia, fuori di sé. Mi accusò di essere responsabile della morte di mio fratello e mi disse di non tornare mai più.
Capii fino a che punto fossero giunti a odiarmi e mi convinsi che Regulus avesse fatto altrettanto.
Ora sapevo di essermi sbagliato.
“Scusa” pensai, come se potesse sentirmi. “Mi dispiace…”
Non l’avrei mai detto a voce alta.
Asciugandomi il viso bagnato, tornai in piedi e diedi un’ultima occhiata alla foto. Infine, me la infilai nella tasca della giacca. Se Regulus aveva voluto conservarla, io avrei fatto altrettanto.
E magari avrei smesso di fare incubi e odiare me stesso, se mi fossi ricordato di riguardare quella foto, dalla quale mio fratello continuava a sorridermi.

(*) da Harry Potter e l’Ordine della Fenice, capitolo 6, pagina 116

*Angolo autrice*

Qualche giorno fa stavo rileggendo alcune parti dell'Ordine della Fenice, e in particolare il capitolo in cui Sirius mostra a Harry l'albero genealogico della famiglia Black e, ripensando alle sue parole su Regulus, mi è venuta fuori questa one-shot.
Naturalmente, il fatto che Regulus sia morto il 10 agosto è un'invenzione tutta mia. Ipotizzando che sia successo durante l'estate, ho scelto questa data sia per il collegamento con le stelle cadenti, sia perchè mi è tornata in mente la poesia di Pascoli, intitolata proprio così. Insomma, tutto tornava, perciò non potevo non pubblicarla!
Spero che vi sia piaciuta. Ci tenevo a rifarmi viva! XD Al momento sto lavorando ad un'altra long fiction sempre su Regulus (per maggiori informazioni, guardate la mia pagina personale su EFP!)

Giulia

8/01/2010

La fanfiction ha partecipato al "Flash contest" indetto da Addison89/CallieAM. Questo è stato il giudizio:

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4^ classificata (a pari merito con ISI e HermioneForever92) Julia Weasley con X Agosto
Metri Di Giudizio:
Grammatica e sintassi: 10 – 8.5
Lessico e Stile: 10 - 8
Originalità: 15 - 15
Caratterizzazione dei Personaggi: 10 - 10
Giudizio Personale: 15 - 15
Per un totale di 56.8 su 60


  
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