- Titolo: Sono un soldato, sono un mostro
- Autore: AtobeTezuka
- Fandom: Originale
- Tipologia + numero di parole: FlashFiction 391 parole
- Personaggi: Originali
- Pairing: //
- Genere: Angst, Introspettivo, Guerra
- Rating: Giallo
- Avvertimenti: //
- Introduzione:
- Note dell'autore (Se ce ne sono): //
- La storia partecipa al contest “Dall’altra parte” indetto da Milla4 sul forum di EFP.
- Ho visto il mio villaggio distrutto
- Ho visto i miei genitori uccisi sotto i miei stessi occhi
- Ho visto milioni di bambini subire il mio stesso destino.
- Fin dalla mia adolescenza, non ho conosciuto nient’altro che questi assurdi conflitti: gli odiavo con tutti il cuore, ma al tempo stesso desideravo fermali.
- Fermerò questa guerra
- Fermerò questo genocidio
- Salverò il mio popolo
- Non mi ero mai chiesto, prima di arruolarmi, se fosse giusto o sbagliato ammazzare in nome della guerra, ma ormai non faccio altro che pentirmi delle mie scelte.
- Sto sbagliando tutto
- Avrei voluto che quest’assurda distruzione cessasse, che questo sterminio non procedesse oltre. Avrei dovuto lottare, combattere e sconfiggere tutti i miei nemici, almeno quello era quello che avevo pensato all’inizio, ma ormai non ne sono più convinto.
- La mia era davvero la scelta migliore?
- Sto portando la stessa distruzione che vidi da bambino
- Sto uccidendo persone
- Sto sterminando famiglie
- Non merito di essere chiamato soldato
- Sono solamente un mostro
- Continuavo a sparare con il mio fucile: colpivo uomini, donne, ragazzi.
- All’inizio chi ammazzavo mi era indifferente, ma più tempo passava e tanto più il senso di colpa non faceva che tormentarmi l’animo.
- Chi è?
- Avrà una famiglia?
- Qualcuno starà attendendo la sua morte?
- Il figlio? La moglie? I Genitori?
- Ormai non facevo altro che chiedermelo, ogni volta che sparavo, ogni volta che vedevo le mie vittime cadere sotto i miei proiettili, uccidevo chiunque mi trovassi davanti.
- Sono un mostro.
- Osservavo quel giovane americano, l’ultimo ragazzo che avevo ammazzato: i suoi occhi si erano spenti così velocemente da non avere nemmeno il tempo di rimpiangere il mio gesto.
- Chi sei?
- Hai una famiglia che ti aspetta?
- Giovane americano, scusami.
- Non so chi tu sia,
- Ma voglio che tu possa riposare in pace.
- Non avevo nessun diritto di pormi simili domande, né di sperare simili cose, almeno non dopo averlo ucciso.
- Sono un soldato.
- Sono un mostro.
- Non merito di uccidere.
- Non merito di vivere.
- Non m’interessava in quale modo, ma i miei omicidi dovevano essere interrotti, continuavano a macchiare il mio animo in un modo imperdonabile.
- Per tutta la distruzione che ho causato, io, Kamal Kassis, dovevo essere fermato: volevo che tutto venisse stroncato allo stesso identico modo di quelle che avevo spento.
- Devo morire.
- Devo essere ucciso.
- Devo essere sparato.
- Perché?
- Sono un soldato.
- Sono un mostro.
- E resterò per sempre.