Anime & Manga > Ranma
Segui la storia  |       
Autore: ayamehana    07/05/2017    9 recensioni
Certi amori sono destinati a durare in eterno; altri a bruciare e a estinguersi come la fiamma di una candela ormai consumata. Ranma e Akane hanno dovuto impararlo a loro spese, quando la loro relazione è terminata a pochi giorni dal matrimonio che li avrebbe legati per tutta la vita. Una rottura nata da un imbroglio, ma che l’erede della palestra Tendo ha interpretato come un «non siamo fatti per stare insieme».
Troppe parole, però, sono rimaste in sospeso. Sono passati sei lunghi anni; Akane è cresciuta ed è in procinto di sposare l’uomo di cui è innamorata… tuttavia, si è dimenticata di fare i conti con un’unica cosa: certi amori sono destinati a finire, solamente per ritornare ancora più forti.
---
Non erano mai andati molto d’accordo, loro due; si erano amati con quella caparbietà tipica degli adolescenti… ma la loro relazione era stata fragile, si era incrinata con eccessiva facilità. Se si sforzava, riusciva ancora a vederne le crepe… in una fidanzata di troppo, nelle pressioni di due genitori invadenti… nella propria impulsività e nella timidezza intrinseca di Ranma.
---
[MOMENTANEAMENTE SOSPESA]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Shan-pu, Shinnosuke
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Dedico questa fanfiction a tutti voi, che mi avete sempre incoraggiata a scrivere; mentre ringrazio la mia betareader, Veronica, che mi sta dando una grandissima mano a correggere questa storia. So di essere un'eterna indecisa, quindi, grazie per la pazienza e per tutti i buoni consigli! Un ringraziamento speciale va anche a Sofia per aver creato il banner di questa storia!
Ho inserito la nota OOC per sicurezza per alcuni personaggi, ma cercherò di rimanere fedele il più possibile alla loro caratterizzazione!
 
 
Tutti i personaggi di questa fanfiction sono maggiorenni e appartengono alla fantasia di Rumiko Takahashi.

 
CAPITOLO I

FUGA DAL VILLAGGIO JOKETSUZOKU



 
Come tutte le sere, la terrazza dello Sky Bar era gremita di gente che chiacchierava, flirtava, ballava al ritmo della musica assordante che proveniva dall’interno del locale. Sembravano essere tutti di buon umore, ad eccezione di Akane che – dannazione!– non riusciva a ricacciare indietro il nodo che si era formato all’altezza della sua gola. E dire che avrebbe dovuto fare i salti per la felicità, mentre invece si ritrovava lì a bere come una spugna! Sospirò, mentre la voce del suo ex ragazzo ritornava vivida nella sua mente; arrabbiata, ferita, disperata: «Dimmi che lo ami e io mi farò da parte. Tornerò in Cina, sparirò per sempre dalla tua vita.»

Bella domanda: lei lo amava? Per anni aveva creduto di sì, ma ora non ne era più tanto sicura. A dir la verità, da quando Ranma era ritornato nella sua vita, tutte le sue certezze erano crollate. Non avevo idea di essere così… debole, rimuginò Akane, fissando il bicchiere ormai mezzo vuoto.
Si era fatto tardi, forse avrebbe dovuto tornare a casa. In fondo, l’indomani sarebbe stato il grande giorno. Non poteva certo presentarsi al suo matrimonio con quell’aria stanca e sciupata!
Sospirò, mentre una folata di vento dispettosa le scompigliava i lunghi capelli scuri. Accidentaccio, che freddo! pensò, maledicendosi mentalmente per non essersi portata una giacca.

«Che ci fai qui fuori?» Mannaggia, penso così tanto a Ranma che credo anche di sentire la sua voce. Il sonno mi sta dando davvero alla testa!

«Terra chiama Akane! Sei anche diventata sorda, per caso?»

Si girò. Il codinato era proprio di fronte a lei, non se l’era immaginato! Indossava una vecchia tenuta da ginnastica che gli metteva in risalto i pettorali. I capelli neri, legati come al solito in una treccia, erano in disordine e gli coprivano malamente gli occhi, che ora la scrutavano con aria curiosa. «Ranma…»

 «Accidenti a te, vuoi prenderti un malanno?!» borbottò il ragazzo, sfilandosi la giacca prima di  lanciargliela.

Akane si inebriò per un breve attimo del suo odore: sapeva di profumo da uomo, di sudore… sapeva di Ranma.  Arrossì involontariamente. «G-Grazie. Cosa ci facevi qui?» Mi hai seguita?

«Ti ho vista entrare in palestra», rispose il suo ex fidanzato, ficcando le mani in tasca. «Mi chiedevo che cavolo stessi combinando… Non dovresti essere in giro con Akari e gli altri a festeggiare il tuo addio al nubilato?»

Akane abbassò la testa sul suo bicchiere. «No… cioè, sì. Abbiamo finito presto. E comunque, sono venuta in palestra perché avevo… dimenticato la borsa! Strano, non ti ho visto… C’erano tutte le luci spente. Quale idiota si allenerebbe al buio?!»

«Un vero artista marziale riesce ad allenarsi ovunque e in qualsiasi situazione», esclamò il ragazzo in tono tagliente. «Comunque, non sono affari tuoi quello che faccio e perché!»

Allora non dovresti impicciarti nemmeno tu, cretino! pensò Akane, facendogli la linguaccia.

In quel momento, un cameriere passò di fronte a loro e Ranma colse l’occasione per afferrare due piattini di sakè dal vassoio. «Non ho ancora avuto modo di farti le mie congratulazioni!» No, ti prego, non dirlo. Non voglio ascoltarti, mentre provi a spezzare il mio cuore già lacerato. «Lunga vita ad Akane e Shinnosuke! Spero che il vostro matrimonio vi porti felicità e possa durare in eterno!», esclamò il codinato, porgendole il bicchierino. «Su, bevi!»

«Ranma… Non mi sembra il caso…» provò a dire lei a disagio.

Il suo ex fidanzato sgranò gli occhi e si strozzò con il liquore. «Perché no? Tu lo ami!» affermò, dopo aver ripreso fiato. No, io pensavo di amarlo… ma quello che provo per lui non è amore.

Akane gli batté una mano sulla schiena. «Senti, Ranma, tempo fa mi hai chiesto se… lo amassi veramente. In realtà, non so nemmeno io che cos’è l’amore… Credevo di saperlo, ma poi sei arrivato tu.»

Ranma la guardò: vi era un lampo di sorpresa nei suoi occhi, misto a… qualcos’altro. Che fosse… tristezza? La giovane artista marziale distolse lo sguardo, puntandolo sulla città sottostante. «Non riesco a non pensare che, in tutto questo, ci sono due cose che rimpiango di non aver fatto… anni fa.» Il rossore le salì alle guance. «Avrei dovuto dirti addio quel giorno; invece, sono stata così codarda da non presentarmi nemmeno al porto, quando tu partisti…» Un singulto le bloccò le parole in gola e Akane scoprì di essere scoppiata in un pianto silenzioso.

«Akane, io…» cominciò Ranma, impacciato. «All’inizio ero arrabbiato con te… Ero furioso, dannazione! Ma poi, la mia rabbia si è dissolta… e ho capito che il sentimento che mi lacerava l’anima non era rancore, ma assoluto abbandono… Stavo per partire per un lungo viaggio e la mia ragazza, la mia futura moglie, non si è nemmeno presentata per salutarmi!»

Akane singhiozzò e il codinato la trasse a sé per consolarla. «Nonostante questo, non ho smesso – e non riesco a smettere - di provare quello che provo per te.»

La ragazza lo guardò con la coda dell’occhio: era letteralmente paonazzo! Che carino! Scosse la testa. «La seconda cosa che rimpiango… è di non aver… di non averti mai baciato.» Pronunciò queste ultime parole, chiudendo gli occhi. Non guardarmi, Ranma. Non…

«Ah… beh, io…», balbettò il suo ex fidanzato in imbarazzo. «Pensavo che tu… beh…» Akane gli mise un dito sulle labbra. Basta così. Non dire nulla che possa…

Il codinato le prese la mano e intrecciò le dita con le sue. «Akane, se tu lo vuoi… Sì, insomma… Se tu vuoi… Sappi che non è mai troppo tardi», le disse e la giovane poté giurare di sentire un velo di disperazione nella sua voce.

«Sbagli. È già troppo tardi. Mi dispiace.»
 
***
 
Tre mesi prima…  
 

«Ah-ah! Gliel’hai proprio fatta, Ranma!» urlò il suo vecchio, correndo al suo fianco. «Non pensavo che fossi così furbo! Sei proprio figlio di tuo padre!»

L’unica cosa di me che ti assomiglia è il fatto di avere un pisello, pensò Ranma, ridendosela sotto i baffi. Lanciò un’occhiata furtiva a suo padre: nonostante ormai fosse una mummia decrepita, riusciva a tenergli abilmente il passo. Non si sente affaticato…? Eppure stiamo correndo da ore! E quello…? Dove l’ha preso quello? si chiese, accorgendosi solo allora del grosso sacco di nylon che quell’imbecille stava trasportando sulle spalle. «Vecchio, dove l’hai preso quello?!»

«Oh, è solo un piccolo souvenir!» esclamò l’uomo-panda, distendendo le labbra in un ghigno divertito. Al codinato non piacque la luce che per un attimo gli brillò negli occhi. «Un souvenir dal villaggio delle amazzoni!»

«Non dirmi che…» mormorò Ranma con voce tremante. No, non dire quello che sto pensando, ti prego.

«Sì, figliolo! Ho depredato tutto il villaggio! Gioielli, tesori di famiglia, armi… Sono tutti miei!»

Il giovane frenò improvvisamente la sua corsa e quasi non cadde a terra. «Stai scherzando?! Ho passato sei anni della mia vita a cercare un modo per sottrarmi dalle grinfie di quella pazza di Shan-pu! E adesso tu… tu le dai un altro motivo per inseguirci! Come se non bastasse il fatto che siamo scappati!» sbraitò il ragazzo, portandosi le mani ai capelli. «Non ci posso credere, sei davvero un idiota!» Appena quella lì lo scoprirà, andrà sicuramente su tutte le furie! E non siamo nemmeno tanto lontani dal villaggio! rimuginò Ranma, guardandosi intorno.

Erano passate già alcune ore da quando si erano lasciati il Monte Hooh alle spalle ma, davanti a loro, la provincia di Chinhai si estendeva in tutta la sua grandezza con le sue alture pericolose e i suoi pendii rocciosi – che, a dirla tutta, non erano per niente semplici da scalare! Quelle erano le terre di Shan-pu: lei le conosceva meglio di chiunque altro e probabilmente, non ci sarebbe voluto molto prima che li scovasse per riportarli indietro. Ranma rabbrividì: aveva già passato fin troppo tempo come prigioniero in quel fottuto villaggio! Si morse il labbro. «Ora tu te ne torni indietro e restituisci quegli oggetti ai loro legittimi proprietari!» ringhiò il ragazzo, in preda a una rabbia cieca.

«Ma figliolo», piagnucolò suo padre, scartando di lato per evitare un cazzotto in piena faccia, «tu non capisci! Ho fatto tutto questo per noi… per la nostra famiglia… Non vuoi diventare ricco?»

No, voglio solo tornare a casa! Voglio liberarmi per sempre da quella pazza che ha reso la mia vita un inferno! urlò una voce nella sua mente. Per colpa sua ho dovuto rinunciare alla mia libertà… ho dovuto rinunciare ad… ad Akane! Akane… quel nome aveva ancora il potere di risvegliare in lui sentimenti contrastanti.

«… E poi, gliel’hai già fatta franca una volta, perché la seconda dovrebbe andarti male?» gli stava chiedendo suo padre, cercando di proteggersi dai suoi attacchi con il sacco, che Ranma, un secondo dopo, fece volare via con un calcio. 

«Codardo, fatti avanti e combatti!» sbraitò il ragazzo con il codino, pulendosi il sudore con la manica della casacca.

L’uomo sgranò gli occhi; poi si mise in posizione di attacco, alzò le braccia al cielo e… si prostrò di fronte a lui. «Imploro pietà! Scusami, non pensavo che il denaro ti facesse così… schifo! Credevo di renderti felice e, invece… tu ti fai beffe di questo povero vecchio! Sai, volevo regalare qualche gioiello a tua madre… per farmi perdonare per questa mia lunga assenza! Chissà quanto avrà sofferto, la mia dolce Nodoka!»

«Papà…» cominciò Ranma in tono riconciliante, «… sei così patetico! Dovrei lasciarti qui a marcire in pasto agli avvoltoi!» disse, indicando i grossi rapaci che, con occhio critico, si stavano beando della scena dall’alto.

«… Peccato che… Quello a marcire qui non sarò io, ma tu! Tecnica segreta della scuola di arti marziali Saotome: Spago annodante

«Cos...» cominciò il ragazzo, prima di perdere l’equilibrio e cadere a terra con entrambi i piedi legati. Il suo vecchio, invece, si alzò, si pulì con nonchalance i pantaloni dalla polvere e recuperò il suo sacco, abbandonato qualche metro più in là.  «Bastardo, dove credi di andare?! E slegami, dannazione!» gli urlò dietro Ranma, cercando di allentare il nodo. Invano.

«E se ti dicessi che non mi va?» ribatté Genma, facendogli la linguaccia. «Fossi in te, non mi agiterei molto. I nodi scorsoi hanno la caratteristica di stringersi al tendersi della corda», disse, prima di alzare gli occhi al cielo.

Il giovane seguì il suo sguardo: gli uccellacci erano scesi dalle loro montagne e ora stavano volando in cerchio esattamente sopra le loro teste. Maledizione, non mi va di fare da cena a questi pennuti spelacchiati! «Me la pagherai cara!»

«Ah, davvero? Vorrei proprio vedere come hai intenzione di vendicarti, legato in quel modo», lo sbeffeggiò suo padre, tornando a fissarlo. Scosse le spalle. «Va beh, pazienza! È stato bello finché è durato, figliolo! Io e tua madre piangeremo la tua dipartita ogni giorno, lo prometto!» aggiunse, sghignazzando. Quella risata fece venire a Ranma i nervi a fior di pelle: quanto avrebbe voluto strozzarlo in quel momento con le sue stesse mani!

«Maledetto!» sbottò a denti stretti. Provò a strisciare verso l’uomo, ma quest’ultimo lo batteva in velocità. «Vieni qui se ne hai il coraggio!»

«No! Addio!» rispose il suo vecchio a tono, per poi girarsi improvvisamente come se avesse dimenticato qualcosa. «Ah, nel caso in cui Shan-pu riesca a trovarti, dille che i suoi gioielli di famiglia sono davvero deliziosi. Chissà quanti soldi guadagnerò vendendoli! Diventerò ricco, ricco!»

Detto questo, si dileguò, lasciando Ranma solo e nero di rabbia.
 
***
 
Akane spostò, irrequieta, il proprio peso da un piede all’altro. Quella sera, lei e Shinnosuke avrebbero festeggiato il loro quarto anniversario e, per l’occasione, il suo fidanzato le aveva promesso di farle chissà quale sorpresa. Nonostante la giovane Tendo avesse provato con la sua curiosità a estorcere qualche informazione in più al suo ragazzo, quest’ultimo aveva ostinatamente tenuto la bocca cucita. E così, l’artista marziale si era ritrovata a sprofondare in domande e macchinazioni che non l’avevano lasciata in pace per giorni interi – nemmeno in quel momento!
Lanciò un’occhiata all’orologio. Le 19.30! Idiota di uno Shin! Prima mi ripeti fino allo sfinimento di non arrivare in ritardo e poi quello a tardare sei tu! pensò la ragazza, arricciando le labbra in una smorfia. Se c’era una cosa che Akane Tendo odiava fare, quella era proprio aspettare! Forse non verrà… Forse si è dimenticato come al suo solito… si disse, cercando il suo volto tra quelli dei passanti.  

«Akane!» urlò una voce in lontananza, riecheggiando i suoi pensieri.

La giovane si girò, scorgendo la figura snella e slanciata del suo fidanzato. Indossava dei pantaloni scuri abbinati a una camicia bianca, chiusa fino al penultimo bottone. I capelli castani erano stati pettinati accuratamente all’indietro, lasciando scoperti gli occhi allungati, quasi felini. Nonostante la rabbia, Akane non riuscì a fare a meno di distendere le labbra in un sorriso. Shinnosuke non era muscoloso, forte, abbronzato…  Non era quel tipo di ragazzo, al cui passaggio le altre si giravano, sospirando… No, lui era ingenuo, smemorato e dannatamente goffo… ma lei lo amava e non lo avrebbe cambiato per niente al mondo. «Shin!» disse la ragazza, andandogli incontro. «Kami, sicuro di star bene? Hai il fiatone!»

Il suo fidanzato si piegò in due, prendendo grosse boccate d’aria. «Sì… Scusami», mormorò. «Stavo per uscire di casa, quando mi sono ricordato che forse stavo dimenticando una cosa importante…» Lanciò un’occhiata ad Akane, che ora lo guardava perplessa. «Solo che non riuscivo a ricordare cosa, dannazione! Sono rimasto a scervellarmi per un buon quarto d’ora… e mi sono reso conto solo allora di essere in ritardo! Odio la mia testa, a volte mi gioca davvero brutti scherzi!»

«Oh, Shin…» sussurrò l’artista marziale, afferrando un fazzoletto dalla borsetta per asciugare il sudore dalle tempie del suo amato. La rabbia era totalmente evaporata. «Non dovresti sforzarti così… I dottori dicono che non fa bene alla tua salute…»

«Akane…» mormorò Shinnosuke, guardando la sua ragazza negli occhi. «Caspita, ma come ti sei conciata?» esclamò tutto d’un tratto, facendo sussultare la povera Tendo.

«Cosa?» chiese Akane, sorpresa. Girò su se stessa, mostrando al suo fidanzato l’abitino azzurro che stava indossando. Caspita, era rimasta ore davanti all’armadio a pensare a cosa mettere e lui la smontava in quel modo! Eppure, era stata sicura di aver fatto la scelta migliore, puntando su quel vestitino lungo fin sopra le ginocchia, che le lasciava scoperta una piccola porzione di schiena. Si era pure pettinata decentemente, legando i lunghi capelli in una coda di cavallo! «Non ti piace, per caso? Forse avresti preferito che venissi in tuta come al mio solito…?»

«No… Scherzi?!» affermò il giovane. «Insomma, sei uno schianto! Allo stesso tempo, però, sei così… strana!»

Akane mise il broncio. «Spero che per strana, tu non intenda nulla di negativo», disse, prima di prenderlo per mano. «Dunque, vogliamo andare? Non mi darai nemmeno un piccolo suggerimento su dove mi vuoi portare?»

Shinnosuke scosse la testa. «Assolutamente no. È un segreto, ma vedrai: sono sicuro che ti piacerà!»
 

L’Aqua City era un complesso gigantesco, che si affacciava sulla baia di Odaiba. C’erano voluti circa venti minuti di taxi per arrivare fin lì, ma il viaggio valeva lo spettacolo. Akane si portò le mani alla bocca, estasiata: da quel punto della città, riusciva a vedere perfettamente il Rainbow Bridge che svettava sopra le acque nere del Sumida, illuminate da centinaia, migliaia di luci. Shinnosuke l’affiancò, passandole un braccio intorno alla vita. «Ti piace?» le chiese dolcemente, posandole un bacio sulla testa.

L’artista marziale si girò verso di lui, le veniva da piangere dall’emozione. «Se mi piace? Oh, Shin, mi hai fatto davvero una bellissima sorpresa! È tutto così… magico!»

«Sorpresa?» le domandò il ragazzo confuso, prima di capire il senso di quelle parole. Scoppiò a ridere. «Oh, no! Non è questa la sorpresa!»

Come no? Cos’altro vuole farmi vedere? pensò Akane, lanciando un’ultima occhiata al paesaggio circostante. Era davvero meraviglioso!
«Vieni con me!» le disse Shinnosuke, trascinandola verso uno dei tanti ristorantini di lusso che si trovavano all’interno dell’Aqua City.

La giovane Tendo aprì la bocca per ribattere: voleva davvero portarla a cena lì, dove costava tutto un occhio della testa?! Si fermò di colpo. «Shin, sei pazzo? Capisco che è il nostro anniversario e tutto, ma… a me basta stare con te! Non ho bisogno di mangiare in un posto simile… Non voglio essere viziata così, lo sai! In più, chissà quanto costa!» esclamò, agitando le braccia.

Il suo fidanzato la guardò per un momento, poi scosse la testa. «Akane, io ti amo. Sarei disposto a spendere qualsiasi cifra pur di  regalarti una serata indimenticabile. E poi…» Shinnosuke arrossì, «… il nonno ha insistito perché ti portassi qui e mi ha pure lasciato i soldi. Ha detto di essere contento di avere una nipotina graziosa come te.»

Nonno… «Prima o poi devo andare a trovarlo in casa di riposo. È da un po’ che non ci metto piede!» affermò Akane. Adorava quel vecchietto che, nel suo piccolo, pensava sempre e solamente alla felicità del nipote.

«Devi venire, sì», la appoggiò Shinnosuke, distendendo le labbra in un sorriso divertito. «E poi… qualcuno, lì dentro, chiede sempre di te!»

Happosai. Era da un sacco di tempo che non vedeva più quel vecchiaccio. Dopo che la palestra era caduta in rovina, suo padre aveva deciso di chiuderlo in una casa di riposo. Diceva di non avere più soldi per mantenerlo, ma Akane sapeva che la verità era tutt’altra: l’anziano maestro era solo un piantagrane e Soun Tendo non vedeva l’ora di sbarazzarsene.
Era stata lei ad accompagnarlo nella sua nuova dimora e lì, aveva incontrato Shinnosuke, che si era trasferito da poco in città per permettere a suo nonno di venire assistito da persone che avrebbero avuto cura di lui. 
Inoltre, anche Shin aveva bisogno di essere visitato da qualche dottore che gli permettesse di far luce sul suo caso… La sua memoria, infatti, era peggiorata ulteriormente. Per lui, era sempre più difficile ricordare le cose importanti, i nomi delle persone appena conosciute… Akane si era commossa a tal punto della sua situazione che aveva deciso di aiutarlo e, con il passare dei giorni, si era accorta di aver maturato dei sentimenti nei suoi confronti.

«… Comunque, questo ristorante fa i migliori takoyaki di tutto il Giappone. Vorrei farteli provare!» stava dicendo il suo ragazzo, che la giovane Tendo si rese conto di non star ascoltando.

«Oh, okay, vuoi che entriamo?»
 
***
 
«Ragazzo, hai bisogno di una mano?» gli chiese per l’ennesima volta l’anziano venditore alla cassa, tamburellando le dita sul bancone.

«Mi servirebbe una mappa dei ristoranti di Ningbo», mormorò Ranma sovrappensiero, sfilando qualche depliant da un espositore.

Il vecchio rise. «È la seconda volta che qualcuno mi fa una richiesta simile, oggi! Non pensavo che in questa città ci fossero così tanti turisti!»

Ma che stai dicendo, vecchio? È una città portuale, è normale che ci siano dei turisti! Scosse la testa. Io, comunque, non sono uno di loro. Non sono certo qui per divertirmi, avrebbe voluto dirgli il codinato che, invece, si morse la lingua. «E dove mi consiglia di andare lei?»

«Al Moon Lake!» rispose una bambina, battendo le mani. Ranma l’osservò: non l’aveva notata prima, da dove era sbucata? Era seduta su una sedia di fianco alla cassa, i piedi a penzoloni. Aveva i capelli neri legati in due odango sulla testa; gli occhi furbi e il viso paffutello. «Anche il panda è andato lì, ne sono sicura!»

«Mei!» la richiamò il vecchio con aria di rimprovero. «Torna dentro e non disturbare i clienti! Quante volte devo dirtelo?»

Ranma allargò le labbra in un sorriso compiaciuto. Un panda! Si tratta sicuramente di mio padre! Di chi altri, se no?! Rimise i depliant al loro posto e si avvicinò alla piccola Mei, che ora lo guardava diffidente. «Un panda, hai detto?»

«Non posso dirtelo, Panda-chan mi ha chiesto di non riferire nulla a nessuno… e per farmi tenere la bocca chiusa, mi ha regalato 37 yuan!* Però… » La bambina allungò una mano di fronte al viso, «… però, fratellone, potrei dirti qualcosa, se me ne offri il doppio!»

Cosa? Questa mocciosa ha la stoffa per divenire una seconda Nabiki! Il pensiero di quella vipera riusciva ancora a mettergli i brividi, nonostante fossero passati sei lunghi anni dall’ultima volta in cui l’aveva vista. Sbuffò, frugando in tasca per cercare gli ultimi spiccioli rimastagli. «Questo è tutto quello che ho, fattelo bastare!» disse, ficcando qualche monetina insignificante in mano alla ragazzina.

Quest’ultima guardò il suo tesoro con occhio critico e storse la bocca: «È troppo poco, mi dispiace. Dalle mie labbra non uscirà una singola parola.»

Dopo aver congedato un cliente, il vecchio si girò nuovamente verso loro due. Sembrava arrabbiato, anzi, lo era. «Piccola monella, mi farai scappare tutti i clienti così! Tornatene in casa o riferirò tutto a tua madre!» disse, afferrando Mei per la collottola. «E restituisci i soldi a questo gentile ragazzo, altrimenti ti prenderò io stesso a sculacciate!»

«No, non voglio e lasciami, nonno!» frignò la bambina, scalciando e urlando. Ranma osservò la scena, reprimendo un sorriso divertito: anche lui veniva ripreso da suo padre in quel modo, ogni volta che commetteva una qualche furbata! E ogni volta, la punizione era sempre peggiore. C’era stato addirittura un periodo in cui Genma, per castigarlo, aveva preso la strana abitudine di legarlo insieme a dei salumi, per poi gettarlo in una cantina piena zeppa di gatti randagi!

«Ahi, piccola impertinente!» urlò il vecchio, lasciando la presa su Mei, che sgusciò via come un’anguilla in fuga. Ma che ha fatto? L’ha morso? si chiese il codinato, cadendo improvvisamente dalle nuvole.

«Mi dispiace, ragazzo. Mia nipote è davvero una maleducata. Ti restituirò tutti i soldi per farmi perdonare», gli disse il venditore, succhiandosi la mano ferita.

Ranma scosse la testa. «No, non serve. Piuttosto, ho bisogno di un favore: la piccola Mei ha detto di aver visto un panda. Vorrei che mi raccontiate per filo e per segno cosa vi ha detto e cos’ha fatto.»
 

Era già calata la sera quando Ranma uscì dal negozietto. Secondo quanto gli aveva riferito il vecchio, suo padre era arrivato lì fradicio e tutto trafelato. Genma gli aveva chiesto subito una mappa dei ristoranti del posto, aggiungendo che gli serviva un locale con molta acqua calda. Per quanto quella richiesta gli fosse sembrata strana e inusuale, l’anziano venditore non aveva perso tempo in domande e gli aveva subito indicato il Moon Lake, una graziosa locanda sulla riva del lago Yue, un piccolo specchio d’acqua al centro di un bellissimo parco. Quel posto era rinomato in città per le sue benefiche sorgenti termali, frequentate soprattutto da vecchietti afflitti dai reumatismi e zitelle in cerca di qualche succulento gossip da raccontare in giro. Il luogo perfetto, insomma, per una persona caduta nelle fonti di Xhou Chuan Xiang!

Il codinato rilesse per l’ultima volta l’insegna della locanda: era arrivato finalmente a destinazione! Scostò la tenda di perline che lo separava dall’ingresso ed entrò in un bel locale arredato in modo piuttosto rustico. Ai tavolini, sparsi per tutta la stanza, sedevano diverse persone: alcune di loro discutevano animatamente senza badarsi a disturbare il resto dei commensali; altri erano concentratissimi sul loro piatto e mangiavano gli spaghetti,  emettendo di tanto in tanto qualche fastidioso risucchio; altri ancora erano silenziosi e chini su riviste o giornali. Nessuno parve far caso all’entrata di Ranma, ad eccezione di una cameriera dai capelli tinti e Genma, che balzò subito in piedi.  Il ragazzo lo osservò per qualche minuto: era tornato nella sua forma umana e ora, quei suoi occhietti da sorcio lo scrutavano da dietro gli occhiali. «Figliolo! Che bello vederti di nuovo! Pensavo di averti perso per sempre!» esclamò il suo vecchio con una punta di ironia nella voce. «Prego, accomodati, siediti accanto a me! Stavo giusto per ordinare un bel piatto di spaghetti di soia! Cameriera, me ne porti due!» disse, facendo segno alla giovincella al bancone che, dopo aver annuito con la testa, si dileguò in cucina.

Ranma serrò i pugni di fronte al viso. «Vecchio...» mormorò a denti stretti. «Che cazzo stai dicendo?! Pensavi di avermi perso per sempre, eh?! Ma se sei stato tu a legarmi e a lasciarmi in pasto agli avvoltoi, ricordi?!» E se mi avesse trovato Shan-pu, sarebbe stato ancora peggio! Me lo sarei sognato il Giappone, altroché!

Genma si lasciò scivolare su una sedia, mordicchiando uno stuzzicadenti. «Oh, è vero… Mi chiedo come tu sia riuscito a liberarti dal mio nodo scorsoio…» disse sovrappensiero, afferrando tra pollice e indice una monetina abbandonata sul tavolo. «… Sai, quella tecnica mi è stata insegnata da un marinaio, quando ero in viaggio di nozze con tua madre… Ah, che bei tempi!»

«Come sono riuscito a liberarmi, dici?!» affermò Ranma, ficcando le mani in tasca per estrarne un paio di minuscole forbicine da unghie. «Ho usato queste! E non sai che faticaccia a tagliare quel dannato spago! Ci ho messo la bellezza di tre ore… Tre ore, mannaggia a te!»

Suo padre, che in quel momento stava togliendo la sporcizia dalla moneta, alzò gli occhi e li posò sul tagliaunghie del figlio. Una risata gli fuggì dalle labbra. «Una forbicina per unghie, eh? Ma cosa se ne fa mio figlio di una forbicina per unghie?! Ah, che vita triste… Il mio ragazzo è cresciuto come un deviato! Eppure, ho fatto di tutto, per insegnargli a essere un vero uomo!»

Il codinato, preso dalla rabbia, si avvicinò al tavolo accanto cui era seduto il suo vecchio e gli sferrò un pugno in testa. «Deviato? Forse non ricordi quello che ho passato per ben sei anni, costretto a vivere in un corpo femminile, senza poter tornare ragazzo!» urlò, attirando inevitabilmente l’attenzione degli altri commensali nella stanza.

Un fruscio di voci si levò tutto intorno a loro. «Ma che stanno dicendo quei due?» bisbigliarono alcuni in cinese.

«Boh, io non capisco il giapponese…» risposero cert’altri, sempre sottovoce. «Quello più vecchio, però, ha pronunciato la parola deviato… intende dire che è gay?»

«Ma certo, guarda i suoi vestiti! Non può che essere gay!»

«Shh… Guarda che ti sente!»

«Ma che ti frega… Pensi davvero che quei due conoscano il cinese?»

Ranma, però, che aveva vissuto in Cina per anni, conosceva abbastanza la lingua da capire quello che quei tizi stavano dicendo e scoccò loro un’occhiataccia. Questi lo guardarono basiti per un momento, poi, imbarazzati, abbassarono gli occhi sulla loro cena.  

Tornò quindi a rivolgersi a Genma, ma si accorse che suo padre era scomparso! Digrignò i denti: quel farabutto approfittava di ogni attimo di distrazione per darsela a gambe! «Papà…» mormorò, mentre la rabbia cominciava ad accecargli letteralmente i sensi.

«Se stai cercando quello strano tizio con la bandana e gli occhiali… beh, è andato di là!» disse la cameriera dai capelli tinti, tornata al loro tavolo con due piatti fumanti di spaghetti. «Oh, ha pure dimenticato di pagare il conto… Sono… la bellezza di 1473.5 yuan!**»

Cosa?! Ma io non ho neanche uno spicciolo con me! pensò Ranma in preda al panico. Beh… se così stanno le cose… «Tecnica finale della scuola Saotome… La Fuga a gambe levate
 
***
 
Quando entrarono nel ristorante, vennero accolti da una graziosa cameriera dal viso candido e gli occhi scuri, che li scortò a un tavolino per due affianco a una gigantesca finestra. Ad Akane sfuggì un gridolino eccitato, quando si accorse che da quel punto poteva rimirare il bellissimo panorama che aveva intravisto qualche minuto prima. 

Shinnosuke rise. «Ti piace proprio, eh?» le chiese, appoggiando una guancia sul palmo della mano.

La giovane lo osservò con la coda dell’occhio e arrossì. «Certamente! Perché? Tu non pensi che sia una meraviglia?» 

«Oh, qualsiasi meraviglia sbiadisce ai miei occhi, quando vedo te», sussurrò il suo ragazzo con voce roca, distogliendo lo sguardo.

Akane si sentì le guance in fiamme e non disse nulla per l’imbarazzo. Shin aveva l’abilità innata di dire sempre quello che pensava e, per questo, lo invidiava un po’. «Ordiniamo qualcosa? Ho una gran fame!» esclamò la giovane di punto in bianco, afferrando un menu e sprofondandoci letteralmente dentro. In quel ristorante servivano davvero una gran quantità di piatti a base di polipo e altri pesci e il costo non era per nulla accessibile al suo mero stipendio di insegnante di arti marziali! Ma dove li trova tutti questi soldi il nonno?! «Ho deciso: prendo i takoyaki alla griglia con verdure miste!» esclamò, scegliendo a caso uno dei piatti più economici.

«Solo questo?» le rispose Shinnosuke deluso, alzando un sopracciglio. «E non dirmi che da bere vuoi prendere una bottiglia di acqua naturale!»

La ragazza allargò un po’ gli occhi: cosa c’era di così strano nell’acqua naturale? «Perché no? Tu cosa volevi prendere?»

Shin scorse velocemente il menu con lo sguardo. «Branzino al vapore e da bere… una bottiglia di vino bianco! Dobbiamo festeggiare e non si festeggia con l’acqua naturale.»

«Ma… Shin, così è troppo e…» cominciò Akane, ma venne interrotta dall’arrivo della cameriera.

«Allora, avete deciso?»
 

La cena arrivò dopo una buona mezz’ora, visti i clienti che affollavano il locale. I suoi takoyaki avevano un aspetto davvero delizioso ed emanavano anche un buon profumo; ma non erano nulla in confronto al branzino che aveva ordinato Shinnosuke: quello sì che doveva essere ottimo. Ad Akane venne l’acquolina in bocca e quasi si pentì di aver ordinato il piatto più economico sul menu.

«Non fare complimenti, questa è la tua serata», le disse Shinnosuke, versandole il vino bianco in un bicchiere.

«La nostra serata, volevi dire», lo corresse l’artista marziale, prendendo delicatamente il calice di cristallo e facendo cenno al ragazzo di fare lo stesso.

Shin fece tintinnare lievemente il suo bicchiere contro quello della fidanzata. «Sì… beh, a noi, allora.»

A noi, pensò Akane, saggiando un sorso di quel delizioso vino italiano. Era dolciastro, frizzante, un perfetto accompagnamento a quel pesce così prelibato. Fece per afferrare uno spiedino con le mani, quando Shin le posò le dita sulle sue. «Stavo dimenticando una cosa importante: prima di cenare, vorrei… sì, vorrei darti il mio regalo.» Ora? Ma io sto morendo di fame! si lamentò controvoglia la piccola Tendo, prima di alzare lo sguardo sul giovane di fronte a lei.

Shinnosuke trafficò un po’ con le tasche della giacca, borbottando imprecazioni sconnesse che Akane non comprese appieno. «Dannazione!» esclamò poi il ragazzo, facendola sussultare. Ma che succede, ora? «Oh, Akane… Sono un disastro! Io… beh, io… volevo chiederti di sposarmi, ma ho lasciato a casa il cofanetto con l’anello! Sapevo di aver dimenticato qualcosa, maledizione!» affermò lui disperato, portandosi le mani alla testa.

L’artista marziale sgranò gli occhi sotto shock. Sposarmi? Ho sentito bene? Oddio, Shin vuole… sposarmi. La vista le si annebbiò a causa delle lacrime, che cominciarono a rotolarle, copiose, lungo le guance. «Oh, Shin… io non sapevo… non immaginavo… Oddio, la mia risposta è , voglio sposarti! Voglio passare la mia vita con te!»

Shinnosuke alzò lo sguardo e incontrò quello di lei. «Non sei… arrabbiata perché non ho portato l’anello?» le chiese a disagio, facendosi piccolo piccolo sulla sedia.

Akane si alzò, fece il giro del tavolo e gettò le braccia al collo del suo fidanzato. «No. Al diavolo l’anello, non è importante.»
 
***
 
Genma Saotome non era andato molto lontano, quando Ranma lo raggiunse. Suo padre si era nascosto all’ombra di un grande albero sulle rive del lago Yue e stava sonnecchiando beatamente, seduto a gambe incrociate. Il codinato gli sferrò un cazzotto su una guancia, facendolo volare dritto dritto dentro le acque scure del lago.

«Che cazzo fai?!» gli disse il suo vecchio, quando vi riemerse, fradicio fino al midollo.

Ranma si scrocchiò le nocche della mano. «Questo è per avermi fatto fare una figura barbina dentro quel ristorante! Per colpa tua, tutti i presenti hanno pensato che fossi gay!» ringhiò in preda all’esasperazione.

Genma scosse le ampie spalle da panda e alzò un secondo cartello. «Non credo siano affari che mi riguardino, figliolo.» L’animale aprì le fauci in un sorriso tra il mostruoso e il divertito. «E poi, vorrei ricordarti che fino a poco tempo fa, eri per metà donna… o vorrei dire, una donna completa.»

Ranma strinse le mani a pugno. «Io ti ammazzo!» urlò, fiondandosi nuovamente contro suo padre, che lo scansò pesantemente di lato, schizzando acqua ovunque. Il codinato colpì l’aria e cadde nel lago con un tonfo. «Maledetto!» ululò, riemergendo e afferrando il panda per un braccio. Questi scivolò sul fango e si trascinò dietro il figlio urlante.

«Non puoi uccidermi», disse, rotolando sull’acqua bassa e sovrastando Ranma con la sua grossa mole.

«Perché no?! Avrei dovuto farlo anni fa, dopo che mi portasti alle fonti maledette per allenarci! Che razza di stupido sceglie un luogo di addestramento a caso, senza prima documentarsi?!» ringhiò il ragazzo, prendendo a pugni il gigantesco ventre del padre.

«Ancora con questa storia? Quante volte devo ripeterti che, al tempo, non sapevo una singola parola di cinese?! Mi sembrava un bel posto, tutto qui!»

«Queste sono tutte… scuse! Per colpa tua, sono diventato una ragazza! E, al posto di aiutarmi a trovare una soluzione, mi hai trascinato in Giappone per sposare la figlia di un tuo amico!»

«Non mi sembra che la piccola Akane ti facesse poi così schifo…» disse il panda e Ranma si fermò di colpo. Genma approfittò della situazione per bloccare le braccia del figlio, che lo guardò con astio.

«Non pronunciare quel nome come se nulla fosse!» urlò il ragazzo in preda al dolore, riuscendo a liberarsi per ribaltare la situazione e salire sulla pancia del suo vecchio. «Io ti ammazzo!»

Nonostante Ranma cercasse di soffocarlo, spingendolo sott’acqua, Genma sogghignò. «Non puoi uccidermi. In fondo, sono tuo padre e mi vuoi bene… e poi, ho preso due posti in prima classe per tornare a Tokyo. Hai bisogno di me, Ranma.»

Il codinato sgranò gli occhi e lasciò la presa. «Come? Due posti in prima classe?» Vuol dire che non torneremo in Giappone a nuoto?

Suo padre annuì e Ranma si sentì come se qualcosa stesse ricominciando a muoversi dentro di lui dopo tanto tempo. Due posti in prima classe… Vuol dire che domani o dopodomani potrei già essere a Tokyo… e potrei far ritorno da lei, dalla mia Akane, che ho dovuto lasciare anni fa.

 
* 37 yuan corrispondono ai nostri 5 euro. Ho fatto un calcolo veloce con un convertitore di monete.
** 1473.5 yuan sono più o meno 200 euro, che ovviamente Ranma non ha.

Angolo Autrice: Ciao a tutti! Questa è la primissima long che pubblico qui e sto sprofondando nella vergogna! In verità, non è la prima che scrivo ma, in genere, non riesco mai a concludere nulla. Tempi Supplementari è una piccola eccezione alla mia regola, visto che voglio assolutamente arrivare al finale che ho pensato (e che io, sinceramente, adoro!)

Ho deciso di pubblicare il primo capitolo come test, sotto consiglio della mia beta: ultimamente la mia autostima è calata a picco, voglio vedere se vale la pena continuare a scrivere questa schifezza! - Per la cronaca, sono già al quarto capitolo e ho già imbastito una scaletta, ma non so se la trama funziona!

Penso che aggiornerò mensilmente: con il lavoro e tutto non riesco a scrivere tutti i giorni, purtroppo!

A presto e grazie per aver letto fin qui!

Ayamehana.
  
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Ranma / Vai alla pagina dell'autore: ayamehana