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Autore: LeoValdez00    08/05/2017    0 recensioni
Johnlock / postS2 / John's PoV
Raccolta di Flashfic e One-Shot non collegate fra loro se non per il tema principale (non sono in successione cronologica, sono solo what if del periodo tra la seconda e la terza stagione).
"Non ha mai capito quella storia del 'Mind Palace', anche se Sherlock ha provato a spiegarglielo diverse volte, ma John è certo che in questo momento la sua mente sia come un'enorme stanza.
È buia, impolverata, silenziosa."
"Le volte in cui l’altro lo aveva pregato di fare qualcosa si potevano contare sulle dita di una mano.
L’ultima volta che lo aveva fatto era stato l’inizio della fine"
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cristallo
 
 

John non sapeva esattamente quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che aveva parlato con qualcuno.

Forse due giorni prima, quando la signora Hudson era passata da lui per assicurarsi che stesse bene.

E c'era stata anche la telefonata di sua sorella quella stessa sera, durata fin troppo, fondata su banali scuse per iniziare una conversazione, solo per essere sicura che non avesse ancora fatto nessuna sciocchezza.

John mise il bollitore sul fuoco e si allungò verso il mobile vicino, recuperando due tazze e due bustine di tè.

Gli dava le spalle, ma sentiva ugualmente le sue lunghe dita tamburellare nervosamente sulla poltrona di pelle, sentiva i suoi piccoli sospiri impazienti.

Non disse nulla, ancora.

Versò il tè per entrambi e portò il piccolo vassoio sul tavolo tra loro, sedendosi al proprio posto.

Sherlock lo guardò di sottecchi, con uno sguardo che aveva tutta l’aria di un rimprovero.

Da che pulpito, poi.

Non rispose alla provocazione, nemmeno sapeva se avesse ancora una voce, e si mise a bere il tè come nulla fosse.

Sentiva lo sguardo dell’altro su di sé, sembrava poterlo trapassare senza alcuno sforzo, leggere nella sua anima.

“John..” mormorò piano, abbassando infine quegli occhi di ghiaccio.

Nessuno dei due aveva parlato fino a quel momento.

La voce bassa e tremula di Sherlock sembrò rompere il fragile equilibrio di cristallo che si era formato negli ultimi due giorni.

Un suono simile a quello che John immaginava dovesse essere quello di un cuore spezzato, il cristallo.

Posò lentamente la tazzina davanti a sé, entrambe le mani che tremavano in maniera quasi incontrollabile.

Psicosomatico.

Alzò lo sguardo su di lui, imponendosi un autocontrollo che in realtà non possedeva.

Si costrinse a rimanere impassibile.

Il sentimento più forte che scaturiva dal volto dell’altro era senza dubbio senso di colpa.

“Mi dispiace, lo sai che mi dispiace” continuò Sherlock, la voce rotta, sincera.

Troppo tardi, potevi pensarci prima.

Voleva tanto rispondergli, insultarlo probabilmente, ma non poteva.

Parlare avrebbe significato rendere tutto più reale e ancora non poteva permetterselo.

Il suo sguardo abbandonò la figura dell’altro, prima che troppi pensieri gli affollassero la mente.

Anche pensare non era un’opzione, avrebbe portato a farsi domande alle quali non voleva realmente dare risposta.

Doveva solo cercare di sopravvivere ad un’altra giornata, e ancora, e ancora, cercando di non impazzire.

“Guardami” disse Sherlock, la voce seria, una sottilissima vena di supplica nella voce.

Non iniziare ad immaginarti le cose.

Un pensiero fugace, una frase come un’altra che gli attraversava la mente, ma in quella situazione somigliava tanto allo Humor nero che aveva sempre odiato.

Un sorriso gli incrinò la linea dritta delle labbra sottili.

Falso, spento, amaro.

Uno dei sorrisi di facciata che da sempre gli crescevano spontanei sul viso per mascherare altre emozioni.

Rabbia, dolore.

Tanto dolore.

“Ti prego” sussurrò Sherlock “Guardami”

Le volte in cui l’altro lo aveva pregato di fare qualcosa si potevano contare sulle dita di una mano.

L’ultima volta che lo aveva fatto era stato l’inizio della fine.

Il suo corpo però reagì prima della sua mente e si ritrovò ad osservare i suoi occhi cristallini prima di potersi imporre il contrario.

Istintivo.

“John, devi ricordartelo..” continuò l’altro, una volta avuta la sua completa attenzione “È importante”

Sapeva cosa stava per dire, ma era troppo presto, non era ancora riuscito a realizzare ciò che era accaduto, sapeva che non avrebbe retto.

Non aprì bocca per protestare, non riusciva a parlare, non poteva.

Rimase immobile, in silenzio, ad aspettare che Sherlock gli provocasse altro dolore, era impotente di fronte all’evidenza.

“Io sono morto”
   
 
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